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My short life 1

di Danilo Marletta
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Pubblicato il 24/11/2012 15:43:44

(...)Aspettavo alla fermata del treno, mentre la notte giocava.

     Non vi era nessuno in vista, solo la mia memoria e quel vento che non mi abbandonava mai. Sedevo su di una panchina vicino ai binari, poco lontano dalla stazione, alle mie spalle, illuminato da un incessante luce fredda di vecchi neon troppo affaticati, saltuariamente abbellito da qualche orfano foglio volante, gettato da qualcuno disinteressato il giorno stesso, nonché da logorate locandine affisse al muro, semi-scollate dal tempo. Tante volte, chiedevo alle stelle il motivo delle mie sfortune e l'unica risposta avuta era la visione di quel cielo notturno, affascinante, il blu profondo che mi persuadeva, come la corte di una donna ammaliante e tentatrice, allontanando le mie domande e lasciando solo lo spazio, con il tempo in aiuto disteso su di un inviolabile silenzio, alla riflessione, forse, in effetti, unico e più saggio dei rimedi.

     Troneggiava, quella volta, una luna bianchissima che copriva ogni mio oscuro terrore, soverchiando ogni ombra e mia solitudine ed onorando ogni dove di una tenue luce ma, così tenace che sembrava quasi fungere da grande faro, per un singolo uomo seduto su di una panchina, in uno spazio, in quel momento, fin troppo generoso. Ero così grato, ricordo, di quella luce perché, sentivo come se fosse la manifestazione della veglia di qualcuno, dal cielo, che mi sosteneva, la fredda luce lunare come luce del suo pensiero, una mano tesa da lontano, dandomi certezza sulle strade che vedevo davanti, sul mio presente, quasi per sorreggere un futuro che sarebbe valso molto. Magari, era proprio lei, la ragazza verso cui tendevo e per cui mi trovavo lì, in quel momento, che mi sosteneva. E forse lo era davvero, chi lo sa.

Ed era lei la persona per cui aspettavo, che dava senso a ciò che facevo e riempiva gli spazi che si aprivano durante le attese di pensiero ed alimentavano l’unico mio grande desiderio;  non aspettavo altro che vederla ed ogni volta che mi capitava pensarlo, tutto perdeva di valore, sciogliendo ogni dettaglio, già, di per sé, poco fornito. E' buffo, quanto dei semplici pezzi di carta trascinati dal vento possano diventare interessanti, in certi momenti, o quanto una luce ovattata di una stazione desolata possa diventare familiare: poche cose si hanno, ed alle volte ci vogliono, per rendere appagati ed, in quel momento, me ne resi conto. Solo una cosa non mi bastava ed era l'amore per lei: un amore che sarebbe finito in un modo per cui mi spinse a pensare, anche, di non averlo mai voluto iniziare.

 

 

Con il suo consueto ritardo, arrivò il treno ed io m'imbarcai, frettolosamente scegliendo la cabina in cui dovevo stare, preparandomi per il viaggio che mi avrebbe aspettato. (...)


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