Ogni lettore, quando legge, legge se stesso. L'opera dello scrittore è soltanto una specie di strumento ottico che egli offre al lettore per permettergli di discernere quello che, senza libro, non avrebbe forse visto in se stesso. (da "Il tempo ritrovato" - Marcel Proust)
Se esistesse il Paradiso potremmo ipotizzare un suo ordine morale? Questa è l’inquietante domanda che non può non porsi chiunque legga il nuovo interessante libro di Roberto Maggiani. Si tratta di un lavoro complesso che è un romanzo, ma anche un saggio, è denuncia e confessione, narrazione autobiografica e della vita dell’uomo contemporaneo, è discesa nell’interiorità e cammino attraverso la realtà che ci circonda. Campeggia un problema: come l’ordine morale che la società ci impone si possa conciliare con l’ordine morale che ciascun uomo porta dentro di sé, specialmente se è un cristiano credente. Una società civile che non accetta la diversità, che avvalla l’omofobia, che condanna, insieme alla chiesa, l’amore omosessuale, può arrogarsi il diritto di imporre le proprie regole assurde, fondate su credenze sbagliate, definendole “ordine morale” da rispettare e seguire tout court? Si apre un ventaglio di argomentazioni che Maggiani affronta narrativamente articolandole in una storia di singolare struttura, più simile all’intervista che al racconto e che è portata avanti non da un solo io narrante, ma da tre, col risultato immediato di confondere e fondere l’autore con i personaggi, in un serrato dialogo di domande e risposte, attraverso le quali si viene disegnando una vicenda, reale e immaginaria, secondo il principio che tutto ciò che è reale è immaginabile e viceversa ciò che è immaginabile è reale, nonché realizzabile.
I tre io narranti sono Daniele, il vescovo (chiamato sempre “Eccellenza”) e Simone, il compagno amato. Naturalmente la figura che più sorprende il lettore è quella del vescovo, perché non incarna certo l’intransigenza della chiesa cattolica, ma si mostra aperto, sensibile e disposto ad accogliere le confessioni di Daniele, non per giustificarle, ma per condividerle, perché, come si scopre in seguito, egli stesso ha vissuto delle esperienze analoghe, dalle quali la sua fede, lungi che essere compromessa, è uscita rafforzata e più autentica. Perché Daniele va dal vescovo a raccontare la sua storia? Perché crede in Dio e ha bisogno di conferme circa la sua identità, ha bisogno di sentirsi in armonia col creato, con l’universo, ma anche con la società che invece lo respinge e lo emargina come omosessuale. Il suo ragionamento è semplice: se l’amore è il fondamento della creazione, nonché il fondamento della vita, lo è in tutte le sue espressioni e quindi non può essere considerato innaturale, o peggio, peccaminoso, se diretto da un uomo verso un altro uomo. E invece l’omosessuale è spesso visto come un malato, come un essere contro natura, esattamente come lo concepiva la chiesa del medioevo, concezione alla quale non fu estraneo nemmeno il grande Dante, che non esitò a giudicare il suo amato maestro Brunetto Latini, relegandolo tra i sodomiti nel terzo girone del settimo cerchio dell’inferno.
Intorno a questo tema, profondamente sentito e messo a fuoco, tramite un’analisi attenta e puntuale delle varie situazioni che si presentano nel corso della narrazione, si dipanano una serie di riflessioni filosofiche, metafisiche direi, specialmente per quanto riguarda l’esistenza di Dio che è certamente la meta desiderata e cercata per tutto il romanzo. Basta rileggere alcune battute iniziali come questa. “forse Dio esiste, almeno nella speranza, sarebbe bello se Dio esistesse, è meglio che esista”. Si tratta di un pensiero di Daniele, il più combattuto dei tre io narranti, perché è quello che maggiormente ricerca Dio ed è in qualche modo costretto a rivedere e riesaminare la propria fede, sentendosi sempre in bilico tra la sua volontà di bene e il rischio permanente e continuo di incorrere nelle opere di male. In ciò la cifra etica del libro che ripropone, in modo innocente e sincero, il più antico problema dell’uomo, la lotta tra il bene e il male, nella consapevolezza che l’amore contiene tutto l’universo, ma senza renderlo immune dal male. Dal che gli innamoramenti di Daniele, vissuti ogni volta come una scoperta dell’altro e della propria nudità, non solo come fatto esteriore e fisico, ma come indifesa disponibilità ad esporsi e a donarsi.
La complessità del personaggio di Daniele sta nel suo amare il mondo a trecentosessanta gradi e quindi ad andare incontro alla vita con naturalezza e fiducia, senza infingimenti. Coloro che si imbattono sul suo cammino, Lorenzo, Simone, l’Eccellenza, ma anche alcune figure femminili amiche, finiscono per essere coinvolti dalla sua spontaneità e dalla sua purezza.
Il cammino di formazione è lungo e impervio e passa attraverso l’idea, o meglio il sospetto, di avere una vocazione religiosa, tanto che la scena d’apertura del libro, nella cella di un eremo, ritorna in seguito, quasi a voler materializzare iconograficamente l’aspirazione di Daniele. L’adolescenza del ragazzo si riempie di progetti, di stupori anche per la sua straordinaria crescita fisica e di passioni come quella per la scienza, in una parola di sete di conoscenza dell’Universo. E sono questi i momenti in cui la scrittura fa silenzio da sola e si libra in estatiche contemplazioni. Si legga ad esempio questo passo: “Talvolta nelle fredde notti invernali, mi sedevo nel giardino in compagnia della Luna, era maestosa nel cielo a sud; quando transitava dietro l’abete, cresciuto con me, sembrava rallentare nel suo andare, come imbrigliata dalle fronde. Restavo a lungo, nonostante l’ora tarda, immerso nel silenzio della notte, circondato dai sogni delle persone nelle case vicine, meditavo sul senso dell’esistenza: mi stavo rendendo conto che la nostra non è soltanto Terra ma anche Luna, pianeti, stelle Universo.”
Il personaggio si confessa, parla delle sue esperienze sentimentali, le studia in qualche modo nel riferirle e le assolve tutte, anche quando le riconosce sbagliate, come quelle con qualche sua compagna di scuola. Potrebbe sembrare Daniele un personaggio straripante nel romanzo, ma lo struttura di quest’ultimo, pensata e realizzata dall’autore, non glielo consente, perché non appena cambia l’io narrante, passando il testimone da Daniele all’Eccellenza e poi a Simone, l’equilibrio si ristabilisce, pure destabilizzando il filone della storia che subisce una sorta di inversione di marcia. Ad un tratto però qualcosa muta nella dinamica degli eventi raccontati, entra infatti in azione un forte elemento favolistico, quasi appartenente ad una sorta di realismo magico, alla maniera dell’Ortese o di Landolfi, che introduce nelle pagine altri scenari, fantastici e misteriosi: un viaggio al largo di Madeira, verso isole sconosciute, più simile ad un itinerario onirico che ad un percorso reale. Si tratta di un viaggio preceduto da un sogno fatto da Daniele, per due volte di seguito, di un naufrago in mezzo ad una spiaggia bianca, bello come un “dio caduto dal cielo” che sembra voler trasmettere una richiesta di aiuto, un SOS in una particolare frequenza. Dopo il sogno, il giovane fa di tutto per effettuare il viaggio e parte, con l’amico Simone, per Madeira, da dove poi cercherà di proseguire da solo, per l’isola Selvagem Pequena, dove si trova la lunga spiaggia bianca da lui sognata.
Non è nuovo nelle opere di Maggiani il paesaggio portoghese, anzi si potrebbe affermare che le coordinate del Portogallo gli appartengono, perché delimitano la sua mappa geografica preferita, una mappa del cuore. Su questo scenario a lui familiare, si intrecciano le fantasie più bizzarre che possono condurlo molto lontano e il romanzo, a questo punto, muta anche registro, per assumere l’andamento di un diario di bordo, redatto attraverso messaggi inviati dal cellulare di Daniele a Simone, con l’indicazione delle date, giorno per giorno, fino al momento in cui avviene l’incontro con l’uomo bellissimo visto in sogno, a riprova che ai sogni bisogna sempre credere. Colpo di scena: il diario di bordo si interrompe e viene sostituito dal report di Simone che perde le tracce dell’amico e inizia a disperare di poterlo mai ritrovare. Daniele ha avuto un grave incidente, è rimasto in coma per giorni ma poi si riprende e il suo cammino di discernimento continua. Molti punti si chiariscono nella sua mente, grazie alla ripresa del dialogo con sua Eccellenza, per esempio il suo anelito al Paradiso, manifestatosi proprio attraverso il sogno-viaggio, l’ansia di conciliare la vita dello spirito con le esigenze naturali del corpo e la conclusione che il godimento di quest’ultimo non possa e non debba essere in contrasto con lo spirito ed essere ritenuto peccato. Ed è qui che si intravede il nuovo ordine morale a cui l’autore aspira, un ordine morale che il mondo non riconosce, ma che ha la sua affermazione nel Paradiso.
L’ultimo io narrante a prendere la parola è Daniele che scrive una lettera all’Eccellenza in cui dichiara di aver intercettato uno scambio di informazioni tra due creature non terrestri (o extraterrestri) a cui attribuisce dei nomi fantastici, i quali parlano della terra e delle abitudini e credenze dei suoi abitanti. Ancora una volta cambia il registro linguistico, divenendo in parte umoristico e scanzonato, in parte fantascientifico e stellare. Qualcosa accadrà, uno dei due esseri suggerisce all’altro cosa fare, come nuotare quando cadrà in mare e aggiunge che c’è un umano che intercetta le loro vibrazioni, un umano che dovrà dimenticare, certamente Daniele, che racconta tutto ciò quando esce dal coma.
Dunque mistero, fantascienza, scienza e metafisica si alternano in una narrazione convulsa, scattante, che prende il lettore e lo fa riflettere, trascinandolo però per diversi sentieri emotivi, in cui nulla è mai fisso e determinato, perché l’imprevisto è la regola di questo romanzo. Nella fase finale, lo stile multiforme che è passato dal dialogo-intervista, al diario, dal racconto al rapporto, senza far venir meno la continuità della vicenda, cambia ulteriormente e diviene stile epistolare, perché è ad una lettera che l’autore affida la conclusione degli eventi, una lettera che Simone scrive a Daniele, in cui gli annuncia che ha composto un romanzo con tutte le trascrizioni dei colloqui avuti con sua Eccellenza, ma soprattutto esprime il suo amore per lui e la speranza che la chiesa possa finalmente cambiare giudizio nei confronti dell’omosessualità.
È dunque un libro che si apre alla libertà e alla speranza, auspicando da parte di tutti, non solo della chiesa, un atteggiamento nuovo, una revisione totale dei pregiudizi e degli errori commessi nei confronti di chi ama qualcuno del proprio sesso, un radicale rinnovamento dell’ordine morale, che ponga finalmente al centro di tutto l’amore e non una falsa concezione dei soggetti amati. Tutto questo in un modo assolutamente nuovo e inconsueto, in un libro che sconvolge le regole del romanzo, per segnare un sentiero diverso, tortuoso positivamente, in alcuni punti forse anche un po’ farraginoso, ma certamente spontaneo e profondamente autentico.
Del resto le aspettative create dall’autore nella introduzione, non vengono tradite: la linea di demarcazione tra realtà e immaginazione è stata annullata, le situazioni e i personaggi immaginati sono divenuti reali e l’ordine naturale delle cose stabilito dalla società è stato rovesciato. Ma l’effetto maggiore prodotto da questa originale narrazione è quello di aver allargato le porte e gli orizzonti della Casa–Universo prospettata e vagheggiata nel prologo, che conferma Maggiani come poeta dello spazio, uno spazio metafisico in cui infinito ed eterno sono un tutt’uno, in cui il pensiero sposta “le pareti universali fino alla soglia dell’assurdo, dove scopriamo che l’intelletto non possiede i concetti di fine e di inizio”. Se davvero l’autore ha pensato, come dichiara, ad una “cosmonità”, cioè ad un popolo cosmico di cui l’umanità fa parte, la cosmonità emerge chiaramente alla fine del romanzo, quando esseri terrestri ed extraterrestri appaiono insieme a frequentare una delle pagine più curiose e movimentate dell’opera.
Che dire ancora? Roberto non finisce di stupirci per la straordinaria sintesi che riesce a fare tra elementi scientifici ed elementi fantastici, tra valori morali e valori naturali, tra fisica e metafisica, il tutto usando lo strumento della parola, con incredibile rispetto e assoluta devozione.
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