Pubblicato il 01/04/2012 09:27:51
C'è acqua quando è vuota la sorgente?
Favole di fondali, voci di oscurità generano inquietudine e nascosta nel tempo risvegliano la fonte che cade, cade attraverso la pace nel buio delle profondità e sogna, sogna la propria origine fino ai dolori della nascita.
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solo a causa dell'acqua pesante penso silenziose galee è l'acqua ad attirarmi nel fluire degli scrosci delle onde in fuga che non sommergono mai i loro bordi
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dovrei dubitare della gravità terrestre essere ancora incerta della gravità della terra che mi porta addosso che mi prende in sé
puntini scintillanti nella spirale del vento di grida biforcute come serpenti generano il cielo attraverso l'occhio cieco di dio attraverso le tenebre del tempo che si spegne che si spegne
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quando te ne stai andando dall'altra parte ti aspetta sempre qualcuno pur sapendo che sei completamente solo e totalmente tuo e sconosciuto e te ne vai quando da questa parte è ancora giorno
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Essere identico
essere un altro in te estraneo a te e a sé nella realtà di nessuno con una metà fissare assorto il deserto correre verso il nulla sul cordone ombelicale oscillare nella morte essere lo stesso intero a metà chiuso-aperto
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Porta sbarrata
questa porta che ogni giorno si apre e si chiude piena di correnti d'aria piena di polvere dalla strada dirupata sopra la terra battuta questa porta dai cardini che cigolano appesa alla maniglia come volesse uscire anche lei questa porta spalancata nel vuoto sbarrata nel vuoto davanti a chissà chi
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Angelico fremito
l'ultima spira dell'incenso odoroso promette la salvezza posa in modo così seducente le labbra sulle gelide pietre da provocare dolore dolore nel corpo dolore negli angoli degli occhi il bianco pulviscolo nevica oltre l'orizzonte pizzica le mani vuote cent'anni di solitudine traversano veloci il mare le rondini perdono il volo le passiflore chiudono in sè le loro corolle coprimi coprimi davanti a questo bianco freddo forse dio avrà pietà avvertendo l'angelico fremito
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Fulgura
non scolpire lettere alfabetiche sull'orlo dell'inesprimibile sull'orlo dell'inavvertibile
che orlino l'oscurità nell'albero genealogico delle rocce
che il triduum pascal sia il preludio nell'imprevedibile
tra le spine sull'abisso marino nei sepolcri dei corpi
che la danza sia stupore di una lettera segmentata
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Angor
silenzio d'aquila allungata come un uragano oltre la cresta montana
silenzio d'Aquilonia* limpidezza di un contatto fascinoso intimità – serenità morbidezze – sostanze turgidezza della pupilla oltre il nucleo marino
la fragranza della salvia ammorbidisce dolcemente il margine roccioso della paura e dell'audacia
nuotare nuotare nelle profondità che assorbono il riflesso del cielo sotto le ali dell'aquila avvinti dalla sacralità
* Orlec - località sull'isola Cres che significa aquilotto, sotto l'Italia veniva chiamata Aquilonia.
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Nascor
quale lingua infiamma la veste alla rosa risveglia l'assonnata conoscenza delle labbra slega lo sguardo nella spontaneità delle erbe nel germogliare del fuoco
quale lingua nuova profetizza la diversità scopre la casa perduta contorce il corpo nella precocità nell'armonia delle metamorfosi
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Desideratio
risvegliare l'aurora senza interrogativi senza sguardo retroattivo senza civetteria senza sogni portarla nel giorno
vegliare con lei fino a notte
incatenarla come l'aura-alone intorno all'asse dello strale di occhi misteriosi a una sillaba della visione che palesa la nudità smarrita
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Fascinatio
amo questo smembramento queste reminiscenze che in alcun modo riescono a congiungersi in un'unità questa spaccatura negli abissi incolmabili luce-tenebre che si riversano amalgamente attraverso i labirinti del quipresente indescrivibili solo auspicabili
attraverso cui irreale penetro divento una nebulosa una volpe un segugio
ogni tanto palpo il remo apparente affinché rinasca il senso di solidità e l'acqua non si trasformi in ghiaccio
amo questa spaccatura dell'acqua attraverso il remo che si gonfia dall'umidità rianima il suo legno questa carenza d'acqua che scorrendo via trapela nei colpi di remo nei colpi delle braccia che il ritmo desta in ondeggiamento lasciando attraverso sé il cammino nei sogni nel linguaggio acquisito con ritardo in circoli interiori ignari di se stessi e della perseveranza di un'incessante fusione
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ho ancora la lingua di terra d'acqua di erbe dai continui mutamenti che tace nel silenzio che genera nel buio segni invisibili sigilli di bava e di inalterabile corno di giorni antidiluviani del vuoto del principio della pienezza della fine
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dono l'imene - Dio santo! che una buona volta questo mondo mi piombi addosso affinché io possa morire per me che questa rosa irrori di sangue la sorda argilla della nascita e io resti esclusa dalla triplicità che di continuo mi insidia e non mi permette di alzare la mano sul fratello che cattura il mio cuore in una trappola e ogni mattina ricompone un collage nella vetrata della verginità ermetica
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Trafigurazione
cerco di decifrare tra i versi un torrente di parole risplendenti che il fulmine sta scolpendo tra gli strati del paradiso e l'inferno
attraverso uno spiraglio brilla un raggio
cerco di decifrarmi sul bianco lenzuolo pulito evocato da scritte di palinsesti in cui cerco il mio posto la mia fuga nella trasfigurazione di tutte le immagini impresse in un cupo canto l'eco che predomini il sangue che doni la resurrezione del primo pensiero dell'immagine e dell'unica parola nata per l'eternità
attraverso uno spiraglio brilla un raggio
senza tracce di contatti di sguardi di spostamenti
non resta che la luminosità della crescita rinchiusa tra mani intrecciate in preghiera ammantate
(I testi sono stati scelti dalle raccolte Globoko zgoraj (Profondamente in alto), 1991; Vmes (In mezzo), 1998 e Svetlobnica (Lucernario), 2005)
(Traduzione dallo sloveno di Jolka Milič, vedi sito http://www.filidaquilone.it/num023milic.html)
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