Pubblicato il 22/10/2015 19:16:06
Quello che mangiamo non lo conosciamo ma probabilmente ciò che mangiamo conosce noi o meglio, il nostro sistema immunitario. Ignoriamo anche l’effettiva quantità di glucosio che il cibo trattato contiene ; questo cibo è il medesimo che ,inconsciamente o no, finisce sulle nostre tavole per essere preparato e servito. William Dufty nel 1975 pubblica “Sugar Blues”, libro scientifico-divulgativo divenuto poi best seller mondiale. In tale scritto Dufty attacca la negligenza delle istituzioni riguardo al trattamento di saccarosio delle industrie alimentari americane. Dov’è finito lo “Sugar Blues” dagl’anni ’70 ad oggi? Questa è la domanda che Andrea Culkovà, (regista e visual artist originaria della Repubblica Ceca) cerca di far risuonare con il suo documentario, omonimo dell’ormai dimenticato libro di Dufty. Sugar Blues mostra una storia comune, come potrebbe essere per chiunque, in cui la regista Ceca si affida alla vita personale per rafforzare il concetto di problema socialmente comune. La vita di Andrea cambia quando le viene diagnosticata un diabete gestazionale durante la sua gravidanza ; l’evitare ogni possibile zucchero diviene una necessità ma al contempo una difficoltà immensa : questo è la tesi dello Sugar Blues di Andrea Culkovà. La regista consulta numerosi esperti tra scienziati, dietologi e dottori generici e giunge alla conclusione che sul mercato alimentare i cibi vengano trattati chimicamente acquisendo una particolare quantità di glucosio. Le multinazionali per la “trattazione” del cibo sono un grosso potere lobbistico che ha portato la regista negli USA, poi in Germania (nel gelido regno di Haribo) fino alla parte meridionale del Sudan. Proprio in quest’ultima locazione la regista ha messo in luce il tentativo di innestare anche in popolazioni del terzo mondo lo zucchero con apparenti ed innocenti merendine ; il circolo vizioso economico che produce assuefazione. Lo studio che effettua Andrea tende a scardinare la visione quotidiana alimentare di tutti, senza fare distinzioni e , per riuscirci, la regista giunge al tentativo che ritiene più efficace : l’informazione. Il film ,infatti, non tende mai a forzare il cambiamento delle abitudini alimentari in modo drastico ; tuttavia, lo studio condotto durante lo svolgimento mette in luce che la società ,con gli attuali trattamenti di cibo , è prediabetica. Sugar Blues è lo strumento più diretto e funzionale per la campagna a nome “Sugar can Kill” , uno slogan secco che risuona dunque fondamentale in un discorso che la regista ci porta all’attenzione . Il film , spiega successivamente , è indirizzato a tutti che vogliano comprendere e , usando le parole della regista “a persone che siano aperte mentalmente e che vogliano cambiare la propria vita”. La campagna è proseguita anche nel nostro paese ; il film è stato presentato in anteprima italiana al Festival del Cinema Africano, d’Asia e America Latina a Milano nel 2014. Ha seguito anche una presenza al Biografilm Festival 2015 di Bologna. In entrambi gli eventi Andrea si è dimostrata impegnata e determinata , offrendo –nel caso milanese- perfino dei workshop di cucina priva di ogni forma di zucchero. La forza di questo documentario risiede proprio nel fare il documentario stesso uno strumento per tutto l’intero eco-sistema all’interno di Sugar Blues. Il coinvolgimento , le discussioni , le attività promozionali , le foto, gli articoli fanno parte dello Sugar Blues, proseguendo là dove la regista vuole continuare : le persone.
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