Pubblicato il 12/01/2009 17:33:22
Il porto c’è Il porto esiste! Ecco che appare dietro A questo nuovo promontorio Sconosciuto a tutte Le carte nautiche A tutti i naviganti. La costa è strapiombo sul mare, Un orribile dirupo. Dentro una profonda insenatura In fondo al golfo La lama d’oro della sua banchisa Si protende sull’onda Entrarci non è facile C’è una lunga noiosa Trafila burocratica Bisogna compilare Decine e decine di moduli Rispondere a noiosi questionari Che indagano indiscreti Se ti levi all’alba O impigrisci fino a mezzogiorno Se vai a lavoro O passeggi nel parco Le tue abitudini sessuali E quelle alimentari Quando hai fatto l’ultimo pasto (Molti arrivano a stomaco vuoto Pochi ce l’hanno pieno) Indagano pure Il tuo stato di salute: Certificati medici Cartelle di pregressi ricoveri Malattie, raffreddori Medicine assunte, veleni Stato dei denti, del pannicolo adiposo Se rispondi in modo veritiero T’è permesso d’entrare. Percorri strade d’aria Meraviglie si parano ai tuoi occhi Che descrivere non sai Né fermare puoi nella memoria Ricordo soltanto una piazzetta Dai muri screziati di perle e di rubini Numerosa gente adunata Uomini e donne I più anziani sopra la camicia Portavano il galletto, i giovincelli Maglie sgargianti di flanella A fiori, così pure le donne Un signore leggeva da uno schermo Con voce calda e commossa le poesie Mi fece segno di sedere Sopra uno scranno d’avorio Con piccoli teschi incastonati Lascito di barbarie medioevale. “Vi ho letto finora le poesie Di quelli patentati. Oggi sentirete i versi Dei neoteroi, dei nuovi!” “Chi sarebbero questi?” Gli domandò un vecchio Dalla voce stridula e acidiosa “Son tutti spiriti liberi Fuori dai lacci delle librerie Del commercio, della letterarietà Del testo: ognuno scrive Come più gl’ispira Son tutti alla Ricerca Guidati con pazienza E perizia d’amichevoli giudizi Da un manipolo di giovani poeti E bravi scrittori: Maria, Roberto Greta, Giuliano ed altri” “Sarebbe bello che queste guide Fossero qui tra noi!” “Che dici? Quelli son tutti giovani E non c’è fretta che si compia il fato!” “Già, questo tratto di mare Fa paura a molti Però oggi un infarto, un ictus Pure in tenera età Un palo a lato della strada Di sabato dopo discoteca Che tanti ne miete Non è una novità che più commuove nessuno al mondo!” Il lettore chinò la testa E dopo un lungo sospiro Riprese a leggere Una poesia di danza Mi pare un tango Che fece lacrimare Più d’una delle anziane Intente a far di maglia e ad ascoltare Quando dal cielo un punto luminoso Discese velocissimo Le ali dilatando e la corona Un profondo silenzio Carico d’apprensione Si distese nell’aria “Sono ancora per rimproverarvi Ed è la dodicesima occasione Come i Dodici apostoli! Che qui è vietato leggere ogni cosa Dove credete d’essere, Al mercato? Leggete Le Scritture Sacre, La Bibbia, e nient’altro! Fatte che non abbia a ritornare O per voi saran guai!” Quando la voce tra l’agro e il dolce Fu spenta, l’angiolo ritornò A farsi come un punto Di luce nella volta del cielo. “Uffa queste Scritture Che nausea, beato colui che le capisce Neppure in Terra le leggono oramai! E poi a dirla tutta questo luogo M’è venuto a noia Questa luce che non si spegne mai Questo eterno meriggio… Ricordi Eugenio” Disse il vecchio accidioso A colui che leggeva “I tuoi primi versi: Meriggiare pallido e assorto Presso un rovente muro d’orto Tu eri il più musicale della tua stagione Quanto ci hai fatto sognare!” A quelle parole Eugenio Prese a singhiozzare “Piangi, piangi dolce usignolo In questa fredda eterna primavera Senza profumi Senza un pomo d’orto Soltanto pietre ed oro Tutto è bello, ma tutto è morto. Dimmi, perché i poeti patentati Rifuggono la musica dei versi Per insabbiarsi in una prosa spoglia Che di poesia ha soltanto Il ritorno a capo? Perché all’oscurità pura e gratuita È succeduta un’opaca grigia Chiarezza? Cosa aspetta A rinascere il bel canto?” “Così hanno voluto i cretini Anzi scusami il lapsus “i critici” Ma quelli son finiti tutti In pasto ai pescicani Nessuno n’è arrivato a questa riva”. “E questi tuoi neoteroi Quanto son buoni?” “Magari non son buoni, ma son tanti Tra essi prima o poi nascerà il poeta Da vera linfa nutrito. Si sa, la messe è molta Ma chi raccoglie è sempre Una mosca rara. Che importa… Chi poi potrà deciderne il valore? Una consorteria d’amici Il club degli scrittori Il sindacato, l’audience Il Tempo… Anche lui s’è privato d’ogni forza Tutto si fa e si disfa in un istante Tutto all’oggi è fragile, effimero Come bene dimostrano le ceneri Delle torri gemelle Sarà colpa dei materiali usati Ma io credo che sia qualcosa d’altro Che tocca lo spirito, il cervello. Di certo chi scrive le poesie Non fa la guerra Non sfrutta gli operai Non ruba, non imbroglia! Se tutti scrivessero Dipingessero quadri Scolpissero marmi Intrecciassero note Sia pure malamente Come sarebbe più felice il mondo! Tutti gli astanti diedero un sospiro Così caldo e profondo Che mi svegliai dal sonno In stazione Era arrivato il treno E con lui la mia donna Avevo in tasca per lei Questi poveri versi grigi e opachi Il mio pensiero… Sapevo che avrebbe riso alla lettura Di quella pacata parodia dell’altro mondo Un abbraccio, un bacio e tra le mani L’Universo intero!
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