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Il gioco della guerra
Evviva! Oggi alla TV Sarà il mondiale degli eserciti! Saremo avvinti dalla cruenta gara Tra fumi e vortici di vapori Tra scheletri di palazzi spogliati Buche profonde negli asfalti Fili spinati. I giocatori: uomini armati Vanno sui campi di battaglia senza meta, Almeno così appare su gli schermi, Ma conosciamo gli schieramenti Le divise impolverate, le armi differenti a seconda a quale squadra Sia la loro appartenenza. Siamo divenuti esperti Delle strategie e furbizie Di quello o questo generale Le regole precise: E’ vietato uccidere, stuprare Donne, vecchi e bambini. Tutti i civili sono esenti da violenza Salvo quelli accidentalmente uccisi Da mine, cannoneggiamenti, missili caduti Per errore sui mercati Sugli ospedali, sulle scuole Sui condomìni inermi. Sono questi danni collaterali Inevitabili, permessi. A noi piace tra una birra e un panino Ammirare l’immagine dei monti di bianchi calcinaci e torvi cavi contorti. Se è vietato infierire sui civili Si possono uccidere invece a piacimento tutti i ragazzi dai diciotto anni in su, Che indossino o no la divisa, Spararli in faccia o a tergo Se fuggono. Farli prigionieri, torturarli nascostamente Lontano dai fotografi di guerra. Essi sono numeri: più se ne ammazza E più certa sarà la vittoria. Essi sono sogni negati, luce spenta, Poco importa, Sono pedine del bellico scacchiere. Importante è salvare il re e la regina. Noi godiamo il transito dei carri armati Che schiacciano le ultime suppellettili rimaste. La faccia rugosa di una donna in primo piano Che piange ( voce in sottofondo). Notturni lampi, fragori di cannoni Scoppiettare di mitraglia Rombo di aerei. Le regole enunciate sono precise: Il nucleare rimane di riserva Ma non sarebbe male Ammirare nel televisore Comodamente seduti sul divano Il suo fungo spumoso Il suo vento impietoso Che tutto trascina Tutto distrugge. Il tribunale consulterà i filmati Se sarà il caso decreterà la punizione Che nessuno potrà mai eseguire (I vincitori hanno sempre ragione). Dai nostri pulpiti, civili salotti, Sospendiamo il giudizio nell’ attesa Della giusta sentenza. Sappiamo che infine Cominceranno le trattative. Ai cannoni succederanno I cantieri delle imprese Gli affari, i commerci. E tutto ritornerà come prima. Saranno rimosse le macerie Saranno aperte le fosse comuni Disseppelliti e seppelliti i morti. Ancora i prati fioriranno e l’erba Coprirà lo sfacelo. Ritorneranno i bimbi a giocare sui campi di periferia Ma niente mai sarà più come prima.
Id: 70944 Data: 15/05/2024 17:54:38
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In viaggio
Io sono la busta, tu il francobollo Dentro due righe di raccomandazione. Non so in quale ufficio postale Siamo stati imbucati. Non conosciamo il mittente Il destinatario invece è palese: San Pietro Via delle nuvole Località Paradiso Non temere di staccarti da me Ad ogni sobbalzo. I francobolli non si scollano mai Tanto sono tenacemente attaccati! Semmai, durante il tragitto, In bilico nella borsa di cuoio, Corriamo il pericolo Che il postino ci perda per strada.
Id: 70510 Data: 10/04/2024 08:12:42
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I colori della tua anima
Verde e ocra sono i colori Della tua anima inquieta Di polvere assettata È intessuta la sua veste. Ho portato in cantina Il tuo vecchio arazzo Di campi bruciati Dalle comete agostane Nel prossimo inverno I topi vi faranno un nido caldo. Verde e ocra sono i colori Della tua anima inquieta Di polvere assettata È intessuta la sua veste.
Id: 69085 Data: 22/09/2023 08:24:05
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A passi incerti
A passi incerti andiamo nella notte Alle pareti immagini figure Ambigue tiepide sfuggenti Di cui solo sentiamo la presenza Segni inquietanti di questo Precario doloroso esistere Lasciamo che l’ora passi su di noi Rimaniamo accucciati al suolo O procediamo carponi, forse Le cisterne dell’amore Hanno esaurito le riserve E non rimane a noi smarriti Che l’angoscia del vivere e morire Tu prega il Dio che ha fatto tutto questo Che noi chiamiamo mondo Dove cieche talpe vaghiamo Per bui camminamenti Che ci mostri un cunicolo Che ci conduca fuori Che ci mostri al fondo del cammino Una pur tenue luce E torneremo forse a riveder le stelle Queste lontane compagne Che da sempre osservano in silenzio Il nostro affannoso peregrinare Che sempre vanno a precipizio Nell’ansia di creare più tempo E sempre spazio più profondo e vasto Ma torneranno un giorno Al punto donde sono nate Bianche farfalle al dito del Creatore.
Id: 68326 Data: 21/05/2023 10:47:18
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Primi versi
1959 (12 anni) Amore io ti conosco e in cuor ti sento Dolce tormento che patir non posso A conclusione di una poesiola evidentemente sull’amore, di cui non ricordo il contenuto. 1962 (15 anni) Ed io vorrei o Dio che tu tornassi Non per donare il paradiso all’uomo Ma il suo tempo passato. Credo che non vorrei i giorni dell’infanzia Né il primo amore. Forse il tempo smemorato della culla O del grembo materno. Tra i dodici e i diciotto anni ho scritto parecchi versi su fogli volanti o sui diari scolastici ora introvabili. Dall’incendio che ha distrutto la biblioteca della mia memoria ho salvato soltanto questi due frammenti.
Id: 68250 Data: 14/05/2023 13:09:39
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La voce della Sibilla
La voce della Sibilla Mi domandi quanti morti questa sera Venti trenta cinquanta Che importanza può avere il numero? Fosse uno soltanto Sarebbe di troppo. È il tributo di anziani Al drago che toglie il respiro Al fuoco feroce che vuole Ringiovanire il bosco. La pandemia dilaga È nell’aria grigia Che promette neve, Si cela nel vostro respiro. Mi domandi che cosa sarà di te Domani, così vecchio e indifeso. Ecco la mia risposta: Ora nella solitudine e spavento Sei vivo e morto al contempo. Domani tutto sarà dipeso Dal livello quantistico Dalla funzione d’onda Dalla posizione dell’osservatore, Non quello dell’Organizzazione Mondiale della Sanità, ma l’Angelo Che ti guarda, ti cerca nel fondo degli occhi.
Id: 65734 Data: 06/05/2022 09:20:46
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Marzo
Marzo dagli occhi sfuggenti Di indecifrabili pensieri Tu che ammanti il dolore della terra Con dolcissime notti La fatica delle gemme Sotto la scorza dei rami Dei fili d’erba l’angoscia Sui prati calpestati E di giorno abbandoni alla tempesta Il suolo devastato. Marzo dagli occhi di gatto Azzurri e grigi Di ingannevole quiete Non mi lusingano più Le tue promesse.
Id: 65407 Data: 20/03/2022 10:11:06
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Febbraio
Sogni del mese di febbraio Smaglianti, luminosi Di cieli vasti e profondi Di vele dispiegate Di violenti azzurri fortunali. Ma dorme ancora la terra Sotto la dura coltre di ghiaccio Ancora la nera gola del vento Ulula sul balcone Ancora i rami spogli Muovono grigi spettri Nella luce oscillante dei lampioni E la notte sembra Non finire mai.
Id: 65120 Data: 02/02/2022 21:22:45
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Gennaio
Grigio è il cielo, i campi innevati I muri delle case Ingrommati di ghiaccio. Passeri e corvi Sono i nostri pensieri Sparsi sui prati Rattrappiti nel gelo. Gennaio incombe Immobile e solenne. Sopra il vetro nero Del sentiero Un carro passa cigolante Guidato da un satanico nocchiero Porta la salma Di una grigia esistenza La cenere spenta di un amore.
Id: 64933 Data: 07/01/2022 09:21:13
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Preghiera della pietà
Abbi pietà di noi Signore l’Universo intero questo ingegnoso strano marchingegno stride come soffitto che cede. Per ognuno di noi suona un flauto la stessa arcana melodia, un angelo a Te ci conduce nell’ora del Dies Ire Abbi pietà di noi Gesù Cristo se non siamo stati abbastanza consenzienti alla tua Parola. Si allungano le ombre della sera, dai monti sono discesi i lupi hanno acceso il motore gli angeli della vendetta i kalashnikov hanno cominciato l’opera. Abbi pietà di noi Signore le pecore premono ai confini, gregi infiniti disperati, risuona il bosco dei belati simili a pianti di bimbi La notte ha coperto di neve i reticolati I custodi maturano nel cuore odio e amore nessuna pietà nei palazzi di cristallo. Abbi pietà di noi Gesù Cristo Se non ti abbiamo saputo amare Se non ti conosciamo e forse saremmo dalla parte dei tuoi crocifissori, se non ci amiamo se ci perdiamo nel costruire infelicità e dolore, se neppure sappiamo amare i nostri figli.
Perdona noi Signore che imploriamo pietà come Tu fossi un despota crudele e siamo ciechi e sordi al tuo Amore.
Id: 64845 Data: 20/12/2021 14:18:14
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de senectute
Neri voli dei giorni Nel cielo grigio della vecchiaia Sopra paesaggi spogli e desolati La meta è vicina Il giorno luminoso Del tempo senza fine Il soffio vitale si affievolisce Gli succede la stanchezza La noia di ore inoperose Hai bruciato il tempo Ora seduto al margine dei giorni Raccogli le foglie cadute dai tuoi rami Per quanto riccamente addobbato Ogni autunno è triste E il suo oro amaro I tuoi pensieri sono una congerie Di ricordi confusi Ha invaso la tua mente La paura della solitudine.
Id: 64557 Data: 06/11/2021 19:58:36
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V mistero glorioso
5° L’incoronazione di Maria
Oracolo Nella fulgida luce Di un’aurora senza fine Sta Maria seduta accanto al Figlio. L’angelo dell’ave Le porge un bianco giglio Giungono i pastori d’ogni dove Pure quelli che si erano smarriti Portando in cuore il limpido stellato Della Notte Santa E il fuoco di una misteriosa allegria. I soldati di ogni tempo, di ogni impero Offrono in ampolle di cristallo Il loro prezioso sangue Versato sui campi di battaglia. I monarchi di tutti i regni della terra I visi imbrattati di cenere Umida di lacrime Depongono ai suoi piedi Gli scettri e le corone. Ne riempiono sacchi i demoni E li abbandonano nel buio spazio tra relitti di stelle e spente meteoriti. Tutti i diseredati del mondo Depongono ai suoi piedi La povertà, gli stenti, le vesti polverose E Lei tutto ricopre di una polvere d’oro. Colmi di gioia gli Angeli e i Santi Corrono a servirla. Maria sorridente osserva il Figlio Dai suoi occhi come da una fonte Sgorga inesausta La domanda di Grazia.
Id: 64544 Data: 05/11/2021 08:16:32
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4° mistero glorioso
4. L’assunzione di Maria in cielo Angelo Quando Maria entrò nel Regno dei cieli Mai i nostri cori furono così soavi Lui le andò incontro È indicibile la gioia di una madre Nel ritrovare il figlio Si era preparata a quell’incontro Fin dal giorno della Sua crocifissione Quando divorata dal dolore ai piedi della croce Altra più cocente fiamma Le circonfuse l’anima. Lui la condusse per mano Alla dimora del Padre Dove a nessuna voce A nessuno sguardo Di penetrare è concesso Dove pregna di Grazia Regna la Divina Luce.
Id: 64237 Data: 05/10/2021 17:24:21
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discorso sulla strisciolina
La strisciolina bianca A compiere il suo percorso Ci mette un’eternità. Gravido di idee Il cervello attende Impaziente, timoroso Che quelle candide nubi di pensieri Di geniali intuizioni Un soffio di vento rapini. Il computer non premia l’impazienza La password è sbagliata Niente torna come dovrebbe Il programma di scrittura s’inceppa L’intuizione è sospesa a un filo sottile Non si avvera quella tempesta Che sarebbe auspicabile.Il genio Il genio, il cattivo genio Spande cenere sopra i sentieri Che conducono alla chiarezza Tutto è confuso.
Id: 64010 Data: 12/09/2021 19:05:26
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terzo mistero glorioso
3° mistero la discesa dello Spirito Santo Sul marmo grezzo del nostro cuore Colò il suo liquore rovente e dolce Divenimmo torce accese Dal divino spirito Lingue di fuoco lambirono le pietre Della torre caduta Torre della discordia e dell’incomprensione Diradato il fumo Fiori sbocciarono tra le macerie Il biondo grano ricoprì le rovine Splendette l’aria di una santa luce Eravamo fratelli, tutti Figli dello stesso Padre Il suo Divino Amore Non poteva accogliere la terra Senza tremare e il cielo Senza urlare di gioia.
Id: 63947 Data: 05/09/2021 16:51:06
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Secondo mistero glorioso
2° L’ascensione di Gesù in cielo Orante Uomo Dio che sei asceso in cielo E siedi alla destra di Tuo Padre Ricordati di noi che hai mandato Per le strade impervie del mondo. Ricorda la promessa che ci hai fatto Il giorno in cui t’involasti in cielo: “Sia lo spirito luce ai vostri passi Sia il mio Amore ristoro al vostro cuore”. Hai promesso che ritornerai, ma quando? Fa che non sia troppo tardi la venuta Perché il tuo popolo muore nel deserto. Non troverai di lui che qualche osso Scarnificato, usurato dal vizio. Vieni presto ti supplico a sanare Le sue misere piaghe suppurate Ridona serenità ai suoi occhi Che possano vedere la Tia luce E morire nella fede del tuo Amore. Santifica il sangue dei tuoi martiri.
Id: 63749 Data: 07/08/2021 18:49:48
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1° mistero glorioso
- La Resurrezione di Gesù
La pietra è caduta Le fasce per terra Il sudario piegato sul letto di pietra Dove Lui morto giaceva. Il Suo corpo è sparito Il mio cuore di lacrime gonfio Non ha più respiro. Tutto mi pareva perduto Per sempre. I soldati dormivano Un uomo era presso la tomba Gli domandai Dove avesse portato il Maestro. “Maria”, la sua voce Un alito profumato Che toglie il respiro. Lui sempre ci chiama per nome Lui legge nel fondo dell’anima Lui non ha bisogno di chiavi Di leve di ferro Per smuovere il sasso Che grava sul cuore. “Maria!” Era Lui, il Maestro E’ risorto.
Id: 63626 Data: 14/07/2021 13:57:40
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Discorso sul tempo
Dov’è nascosto il fanciulletto Che dipinge il mondo Che lo fa vivere e invecchiare? Dov’è nascosto il fanciulletto Che lo fa morire? Nascosto tra i cristalli dove Si rifrange il sole Tra le macerie delle città cadute Nei ritratti disumani dei potenti Nei volti teneri e bastardi Dei cimiteri Nelle margherite e nelle rose Nei petali schiacciati tra le dita Nelle chioccioline nascoste Tra i fili d’erba Nelle ali delle mosche Nelle gocce di sangue Nel ventre delle zanzare Nei corpi dei serpenti Marcescenti nei botri. Il fanciulletto pipistrello Vola nel plenilunio Lui conosce il volgere delle stelle Il passo degli uccelli migratori Il loro sonno nei nidi. Ma alla luce del sole Penetra nel cunicolo Che porta alla radice E in essa si dissolve: Non c’è più vita Non c’è più morte Non c’è più tempo Che ci fa invecchiare E gioire e soffrire E morire.
Id: 63377 Data: 07/06/2021 10:22:29
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5° Mistero doloroso
5° la crocifissione e morte di Gesù
Angeli volano attorno alla croce 1° Angelo Il sacrificio è compiuto Tutto è finito Ora il male E’ padrone del mondo 2° Angelo Il lupo ha fatto irruzione nell’ovile Ha divorato l’agnello innocente Le pecore ha disperso nei campi Tutto è finito, non c’è più Lui A sanare, a spargere semi d’amore Il male è padrone del mondo 3° Angelo Per poco tempo ancora. Verrà presto il pastore E porterà il gregge disperso nell’ovile Il Suo seme crescerà rigoglioso Perfino nelle lande più desolate. Il lupo sarà cacciato. 1° Angelo La luce ammaliante dei suoi occhi Ingannerà altre prede Altri predatori lo seguiranno Dormiranno con lui nella tana.
4° Angelo Lui tra poco salirà al Padre Affrettiamoci, la Sua luce risplende Dobbiamo essergli di scorta Intoniamo un inno di gioia Angeli in coro Sia gloria al Padre, al Figlio E allo spirito Santo Che sia palese a tutti Nei cieli e nella terra Che Lui si è umiliato Che Lui è morto Per la salvezza di tutti. Il principe del mondo Ha perso ogni potere Meravigliosa vittoria Del Divino Amore.
Id: 63351 Data: 04/06/2021 10:12:38
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4° mistero doloroso
4° La trasfigurazione di Gesù Apostolo E’ vero, Uomo trasfigurato In cima al calvo monte, Che nell’ultimo giorno Brilleremo come la tua veste intessuta di sole Che la pelle vuota del tempo Questo mostro Che ci condanna a vivere Nella menzogna Sarà gettata nella chiavica Dell’Eternità? Si mostrerà quel giorno Tutto l’Universo Nel suo vero, nella sua bellezza Torce palpitanti di luce Arderemo del tuo amore
Id: 63132 Data: 10/05/2021 18:47:59
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Terzo mistero doloroso
3° La corona di spine Soldato Ave re dei giudei Re di straccioni e mendicanti Incoronato di spine Ti schiaffeggio, ti sputo in faccia Ti percuoto con la verga E tu nemmeno un lamento, taci! Se piangere non sai, almeno ridi Buffone, chiama i tuoi scherani Dov’è, dimmi, il tuo regno? Chi sono quelli che urlano di fuori Domandando in cambio un assassino? Che cosa hai fatto di male? Perchè malvagio non sembri, Forse soltanto pazzo. Mi guardi e non rispondi. Non c’è paura sul tuo viso. Non temi, come tutti i mortali, Quel che ti attende Al fondo della strada: Il dolore, la morte, La discesa nell’Ade? Sei forse il signore Del cinereo regno delle ombre? Ben ti si addice questa Dolorosa corona. Mi guardi e taci.I tuoi occhi Inseguono un pensiero indecifrabile. Dimmi, sei veramente re? Dimmi chi sei, dov’è il tuo regno La tua gente, che possa io pure Non avere paura.
Id: 62765 Data: 03/04/2021 09:24:35
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Secondo mistero doloroso
2° La flagellazione di Gesù I flagelli serpi sibilanti Strappavano la pelle S’avvinghiavano alla carne nuda Attorno all’Agnello inerme Legato alla colonna Gli sgherri lupi affamati resi furiosi dalla sua mitezza Dal suo silenzio Dalla sua palese innocenza Con più forza vibravano i colpi. Attorno compassione e pianto Non una voce si oppone Non una mano si leva a fermare Il male del mondo.
Id: 62428 Data: 05/03/2021 17:15:15
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Primo mistero doloroso
1° Gesù nell’orto degli ulivi Angelo Lui inginocchiato tra i sassi Il Padre mi ha mandato a consolare Ma non so cosa dire, Se fosse un uomo soltanto Sarebbe facile per noi angeli Ben equipaggiati come siamo D’efficaci argomenti Essere di conforto. Ma quest’uomo che piange E’ Dio E non posso fare a meno di adorarlo. Ancora più inarrivabile Si mostra in questa notte Il Suo pensiero Notte luminosa di mistero! Sono sul ciglio Di un’infinitamente profonda Voragine di luce Dove solo l’umiltà mi vieta di cadere. A morte il Padre offre il Figlio Il loro Amore impregna l’Universo E’ Dio l’uomo che in ginocchio prega Perché sia allontanato il calice di sofferenze A questa povera Umanità in Lui racchiusa. Può facilmente Lui Per la scala del tempo scendere e salire E’ in Lui tutto il dolore Che è stato e che sarà Ogni martirio è il Suo Di Lui che è Dio E inginocchiato tra i sassi Piange lacrime di sangue.
Id: 62115 Data: 05/02/2021 18:47:37
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Nel tempo stabilito
Alla nostra sempre giovane Paurosa amichetta Che ci sottrae al dolore Siate fedeli, rimanete Di lei in attesa Ogni giorno di voi domanda Della vostra salute. Quando comparirà, non tremate Come esili steli esposti alle intemperie. Lei vi saggerà con piccoli Innocui cedimenti Prove di quella che sarà Nel tempo stabilito La grande rappresentazione. Se la vedrete da lontano arrivare Sulla verde distesa Accoglietela con gioioso affetto Magari intonate una canzone O l’aria d’opera preferita. Lei vi mostrerà il suo manto Armoniosamente disteso Sul quale vuole con voi giacere. Vi donerà il pallore delle sue membra E sarete liberi da ogni angoscia Da ogni sofferenza.
Id: 61726 Data: 11/01/2021 08:45:16
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5° mistero della luce
5° L’ultima cena Apostolo Questa è la tavola ancora imbandita Ancora vi giacciono i piatti sporchi I bicchieri odorano di vino Si ode l’inno che cantammo uscendo Nel plenilunio. Per terra giacciono il bacile e il panno Con cui lavò i nostri piedi nodosi Perché fossimo di Lui più degni Perché le strade percorressimo Impervie del mondo. Un nuovo mistero nelle nostre menti Ha seminato il Maestro di dolcezza Mistero che confonde cielo e terra Celestiale banchetto e questa cena Triste d’addio. Triste fosca notte di tradimenti Splendida notte d’infinita grazia Nel sacrificio il Suo Santo Sangue S'è commisto col nostro E con la nostra la Sua santa carne.
Id: 61617 Data: 04/01/2021 09:00:54
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Pandemia
Mi domandi: quanti morti stasera Venti trenta cinquanta Che importanza ha il numero? Fosse uno soltanto Sarebbe di troppo. È il tributo di anziani Al drago che toglie il respiro Al fuoco feroce che vuole Ringiovanire il bosco. La pandemia dilaga È nell’aria grigia Che promette neve Nel nostro respiro. Nei nostri baci? tu Romanticamente domandi. Sui rami dei tigli avvizzite Stanno le foglie di questo Principio d’inverno.
Id: 61541 Data: 29/12/2020 08:04:16
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4°mistero della luce
4° La trasfigurazione di Gesù Apostolo E’ vero, Uomo trasfigurato In cima al calvo monte, Che nell’ultimo giorno Brilleremo come la tua veste intessuta di sole Che la pelle vuota del tempo Questo mostro Che ci condanna a vivere Nella menzogna Sarà gettata nella chiavica Dell’Eternità? Si mostrerà quel giorno Tutto l’Universo Nel suo vero, nella sua bellezza Torce palpitanti di luce Arderemo del tuo amore
Id: 61212 Data: 04/12/2020 13:52:15
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3° mistero della luce
3° La predicazione del regno Orante Venga il Tuo regno Nei deserti Sulle sabbie assettate Sulle acque infeconde Dei mari Su questa landa desolata Così Egli insegnò a pregare Alle radici nascoste Mute e dolenti Ai teneri germogli che mai Sapeva Avrebbero gustato Il miele della giovinezza Nella fame e nella sete Nella paura e nello sconforto Venga il tuo regno Nella profonda povertà.
Id: 60895 Data: 10/11/2020 10:57:10
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Palingenesi
Andremo lontano, lontano lontano Una mano bianca di spuma Busserà alla porta per noi Mano di uragano Che batte sulla scoglera In quel posto tutto è di vetro Trasparente E noi pure saremo Di un vetro lindo e sottile E mangeremo carne di vetro Berremo acqua di cristallo E un raggio misterioso Ci farà vibrare come Luce sul diamante In quel luogo Regna un silenzio perfetto Se non fosse per il battere alla porta Che somiglia tanto al battito Del nostro vecchio cuore.
Id: 60845 Data: 05/11/2020 12:38:56
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Indizi
Esisto Nel certificato di nascita In Comune Nel polveroso volume Della lista dei battezzati In Vaticano Nel diploma di laurea Chiuso in un cassetto Dimenticato Esisto Nel fascicolo sanitario Testimone Della mia fragile sopravvivenza Sugli schermi sbiaditi Dell’ufficio delle entrate Nel bollettino della luce Dell’acqua del gas Da cui si deduce che sono Un consumatore pervicace Produttore d’escrementi E spazzatura Esisto Nella carta di credito Nel bancomat Nel tesserino di cittadino Idoneo al voto. Verrà l’apocalisse Verrà il giorno Che tutti questi indizi Della mia esistenza Saranno cancellati E finalmente potrò Non esistere in pace,
Id: 60568 Data: 12/10/2020 18:19:09
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Secondo mistero della luce
2° Le nozze di Cana Le nozze di Cana Servo La festa langue L’allegria si spegne Come in tutte le feste Di questa terra Manca il vino per ravvivarla Per donare nuova euforia Per disciogliere La crosta grigia della stanchezza. Maria parla al Figlio: Poche parole tra loro. “Riempite d’acqua sei giare” Lui comanda “Che il maestro le assaggi”. Ed è vino perfetto, Migliore di quello che discese Dalle aride colline d’Israele Per fecondare di delizie il mondo.
Id: 60438 Data: 04/10/2020 07:29:41
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Primo mistero della luce
Il battesimo di Gesù Battezzando C’ero anch’io Quando la Luce in forma di colomba Si posò sul suo capo Giovanni non voleva battezzarlo Non era degno, diceva, Di allacciare i suoi sandali. Quando udimmo una voce Che non correva per l’aria Non la udivano i colli, Le acque del Giordano, Voce generata nella mente. Noi credemmo Che fosse lui l’eletto Il liberatore del popolo d’Israele.
Id: 60145 Data: 09/09/2020 20:57:33
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Gesù tra i dottori della legge
Angelo Quando giunse al termine la festa Le carovane si misero in cammino E discese la notte sulla piazza deserta Odorosa di spezie. Lui seduto sui gradini del tempio Attorniato dagli occhi dei gatti Contemplava muto lo stellato. Se cercate il vostro ragazzo Affrettatevi al tempio Lui tra i dottori della legge Ascolta e interroga La sua parola non ha incertezza Tutti sono stupiti Di così grande giovanile sapienza. Affrettatevi! Perché alcuni allevano nel cuore Una serpe velenosa A udire lui che non parla di giustizia Di leggi e di castighi E parla solo del Divino Amore
Id: 59887 Data: 21/08/2020 16:49:55
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La presentazione di Gesù al tempio
Mercante del tempio Arrivarono al tempio che era sorto il sole Lui in mano la gabbietta delle tortore Lei in braccio il bambino addormentato. Come maturava il giorno La piazza si animava di passanti, Di pie donne, sacerdoti Venditori ambulanti, questuanti, mendicanti. Tra le alte colonne tenevano scuola i farisei. Erano andati a offrire Il primogenito al Signore. Io conoscevo quella coppia gentile: lui Era Giuseppe, il falegname Lei Maria la sua sposa. Vendetti loro le tortore più grasse Per ingraziarli al Signore. Attorno una torma di curiosi Voleva vedere il bambinello, Dopo che il profeta Simeone Aveva rivelato il suo destino: Sarebbe stato lui il Salvatore, Dominatore delle genti. I genitori tacevano pensosi Meditando in cuor loro Quella strana inquietante profezia.
Id: 59604 Data: 26/07/2020 16:27:18
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La nascita di Gesù
La nascita di Gesù Pastore Dormivano le pecore e i capretti nel tepore del loro fiato Le stelle vegliavano nel cielo, vegliavo anch’io insonne in quella notte di gelo quando una gioia improvvisa una folle allegria come una frustata mi percosse le membra. Uscito dall’ovile m’incamminai per il sentiero dove andava una folla di pastori fiumana in piena che sempre più cresceva e rotti gli argini si spandeva per i campi bui. Tutti vinti dalla stessa gioia, dalla stessa fraterna allegria, dimentichi degli abigeati, delle faide familiari dei furti, dei delitti, tutti stupiti, impauriti da quell’ebrezza mai provata prima. Avevano lasciato incustodite le greggi negli ovili erano usciti dalle loro tane senza conoscerne il motivo. Gioia, ubriacatura d’un sentimento strano li spingeva nel cammino. Si era sparsa voce che una vergine aveva dato alla luce un prodigioso Bambino.
Id: 59528 Data: 20/07/2020 12:33:49
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La visita di Maria a Elisabetta
S. Elisabetta Quando Maria entrò nella mia casa Non splendette alcuna fulgida luce nel cielo Non si udirono canti angelici Stormire di campane Ma il figlio mi danzava nel ventre Come re Davide all’entrare dell’Arca Nel tempio del Signore. Era in lei una felicità sommessa Una pace segreta Il calore di un fuoco inestinguibile. Le case dei principi risuonano Di musiche e di canti Nella mia umile casa regna il silenzio Eppure sentivo nel profondo del cuore Che era venuta a trovarmi una regina.
Id: 58851 Data: 02/06/2020 08:11:24
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Nei giorni del silenzio
Nei giorni del silenzio Per le strade Spaventoso veleno Mortale vento A scuotere le fronde Marmoreo silenzio Di fiori finti Di cieli lontani Si muoverà il coperchio Troppe ceneri Troppo sonno Troppo silenzio Un valzer gira tra i palazzi Sui viali della primavera Canzoni dai balconi Antichi liquori di pianto.
Id: 58461 Data: 08/05/2020 08:49:53
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sono stato nessuno
Sono stato nessuno Mi sono cullato nella penombra Della mia trasparenza Serenità del vuoto, Grigio specchio Che non rimanda immagine Ho viaggiato, vissuto Ho lottato contro Ogni mia aspirazione E ancora voglio Essere nessuno Tu dici che la vita è dura Perché sulle strade il traffico è selvaggio Interminabili le code al supermercato Le mattine spese negli ambulatori Per gli esami del sangue e altro Tu dici che la vita è dura Perché il sole è feroce in estate Spento d’inverno quando pioggia e vento Tormentano la terra Quando ascolto una canzone di Bobby Dylan Il mio cuore intenerito piange Come un bambino appena nato Dai miei occhi immaginari sgorgano Tiepide lacrime I miei globi oculari invece Non sanno piangere Assuefatti all’orgoglio e alla timidezza
Id: 57217 Data: 05/03/2020 12:30:06
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Discorso sulla zanzara
Camminiamo sul lungomare La nostra storia è conclusa E’ l’ultima passeggiata Mi dice Mi hai sposato che ero bambina Una principessina Ora non so più cosa sono. Rispondo Una principessa del medioevo E tu sei un bronzetto nuragico. Ritorno ai miei pensieri confusi Il vento rinforza Il mare schiuma di rabbia Sorride, ti amo Dicevo per scherzo. Lo so, sei una zanzara. Il sole si copre Di una coltre di nuvole nere Cadono le prime gocce di pioggia Rientriamo
Id: 55601 Data: 01/12/2019 20:35:48
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Lannunciazione
Angelo Maria che giochi ancora con le bambole Così ti penso Maria dagli occhi profondi che non sanno Di malinconia Maria docile e forte nei proponimenti Così rimani Maria ubbidiente nelle giuste cose Così ti vedo Maria regina vestita da contadina Così mi vieni incontro Maria ricolma di bontà segreta Così ti leggo in cuore Maria eletta a crescere nel grembo Il tuo Creatore
Id: 55112 Data: 26/10/2019 13:46:22
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Vertigini (olmedo agosto 2019)
La mia nave di carta S’è inzuppata d’acqua La mia povera nave affonda. So bene che non è adatta a navigare: E’ un disperdersi di neri Cerchi d’inchiostri Uno scolorirsi di parole Uno smarrirsi di sillabe Mentre lento il naufragio procede Nel balbettare delle pagine Nelle lacrime nascoste. Ho vegliato stanotte, avevo dentro La voce calma del mare Il suono alto della risacca Il lamento dolente dei gabbiani. Hanno oscillato le pareti Gli stipiti della porta Gli orizzonti della terra. Nei labirintici percorsi Dell’orecchio immenso del mare Tutto vacilla, nulla Ha la certezza d’esistere. Più non trascorre l’ora Prigioniera nel palmo Del caso o del destino. Sono spente le cifre sopra gli orologi Non avrà fine questa notte.
Id: 54694 Data: 16/09/2019 14:55:20
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Alba del mondo
Cade Il tempo non è Giace increato E con lui si avvera Al fondo dell’abisso Funereo lurido risucchio Lo spazio nero dove Lumeggiano vuoti lampi. Lui cade Incrostato di liquidi cristalli Concerto dissonante Ossessivo ritmo percosso Su fondi di pentolame fesso. Precipita Il silenzio non ha limite Appeso al cappio di feroci incubi Percosso da irrefrenabili brividi Come corpo che vomita a fatica L’anima nera Come nera farfalla che a fatica Infrange il bozzolo. Nel buio di morte appeso Le mani aperte da ferite Può risorgere ancora. Cade Ha del cadavere tutto l’aspetto Eppure certamente è vivo Si accende si spegne Lasciando un fumo freddo Che subito è disperso nello spazio Spazio da lui creato soffiando Nella policroma sfera di fusioni Più che buoni matrimoni Di atomi e di stelle disperse. Cade Stella spenta avvolta nel sudario Bianco e nero di ghiaccio. Oboe, piatti, grancassa Burattini vestiti da musici Di satanica banda Lo accompagnano all’ultimo letto E’ l’alba La prima luce del mondo
Id: 54456 Data: 19/08/2019 17:34:40
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E vero anima mia?
E’ proprio vero anima mia Che sei immortale Che le passioni Che sono nutrimento Della tua carne Bruceranno per sempre Non si estinguono mai? Nel grigiore del tempo Nei suoi gradini impervi Appassiscono i fiori Della trascorsa primavera In quale oceano anima mia Navigherai senza riparo Senza una stella che ti guidi Senza bussola o radar Che avvisti un porto Per sempre. Non ascoltare la voce della mente Se non abita il cuore Ogni passione del cuore Vaglia al fuoco freddo della mente Contempla il mondo che ti circonda Vivi in lui e discorri Con gli stellati discorri Quale incendio mortale ti circonda! Fiori del cielo lontani e solitari Non hanno parole di profezia Lontani più lontani dei i fari Quando sopra l’oceano Ruggisce la tempesta Discendi anima mia Nelle asprezze della terra Nelle dolcezze effimere Adagia il tuo carico di sogni Veglia sul corpo immemore di gioie Senza mai domandare la ragione Di tanto dolore.
Id: 53124 Data: 20/04/2019 12:46:29
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Inno all’Italia
Italia che non nasce Italia che non muore Italia della canizie Dei capelli tinti Italia che non cresce Italia dei buoni propositi dei DEF Delle promesse mai mantenute Italia dei veri e falsi invalidi Delle grucce, delle carrozzelle Italia dei pensionati Troppo giovani, troppo longevi Italia grassa e povera Italia dei terremoti Delle ricostruzioni Italia delle alluvioni Degli abitati abusivi Italia della pizza E della corruzione Italia della Storia Che nessuno conosce Italia dei monumenti Odorosi di piscio Italia democratica Con voglia di fascismo Italia della sempre nuova Terza quarta repubblica Italia degli eterni ritorni Della Democrazia Cristiana Italia cattolica Italia mussulmana Italia dei cervelli Genialmente emigrati Italia degli immigrati Italia della costante Emergenza migratoria Italia dei burocrati Delle inique gabelle Italia bella Italia maltrattata Italia devastata Italia dei mugugni Dell’insoddisfazione Italia dolce Italia Della rassegnazione
Id: 53030 Data: 12/04/2019 18:26:18
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Il commiato della Poesia
Poesia che navighi su acque Di strane improbabili metafore Di correlati oggettivi insensati Di finta gioia e vuoti sospiri Non abbandonarmi qui sulla scogliera Le mani e i piedi piagati dalle lame Taglienti della roccia. La tua sagoma nera Il pinnacolo bianco della ciminiera Si perde nella luce del tramonto. Senza di te il buio della notte La barbarie delle onde tempestose Che senza sosta batte Questo litorale deserto Sarà più insopportabile. Il vuoto che porto nella stiva Il nulla da dire trasformato In arzigogoli strani Mi hanno costretto A rompere gli ormeggi. Non so dove diretta Mi porta la corrente, Forse altri lidi Avranno il mio canto Dove vero dolore Vera passione Tormenta e beatifica le menti Di solitari reietti. Tenetevi le vostre comode poltrone Lodatevi vicendevolmente Razzolando nel nulla di cui siete fatti. Il silenzio, solo il silenzio Torbido e profondo Sarebbe per voi provvido riscatto.
Id: 52717 Data: 21/03/2019 16:45:56
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discorso sulla storia
Mai si abbia a dire Davanti a un paesaggio di devastazione Di fronte ai campi di sterminio Alle fosse comuni Dove giacciono spoglie senza nome Qui è passato l’uomo Sono quelli, infatti, Sentieri di belve. Davanti a una scena di caccia O d’amore dipinta Sulle pareti di una caverna Sempre diciamo Qui è passato l’uomo Davanti a un tempio dalle alte colonne Sonante di un mistico canto A una lente che scruta il cielo A un orecchio che ascolta Il remoto suono dell’universo Qui è passato l’uomo Sulle tele dipinte e i marmi scolpiti Sulle pagine per sempre segnate Da storie e poesie Sul palcoscenico vuoto Quando gli spettatori sono usciti per strada E gli attori hanno cambiato l’abito Si dica: qui è passato l’uomo. Non è la Storia una pista impervia Segnata col sangue Ma un inarrestabile cammino di grazia.
Id: 52144 Data: 05/02/2019 17:17:57
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il canto della speranza
C’è una voce che canta Nei cortili della città antica Un lamento, un pianto Che neppure di notte si dà pace Voce ferita, povera Intrisa di polvere, smarrita. La speranza ha varcato il mare Il suo canto ha vinto l’oscurità Di questa età feroce. C’è una voce che canta Nei cortili della città antica Una voce che vince ogni distanza Che ha bevuto l’acqua amara Di questo mare che ci divide Disseminato di morte.
Id: 51553 Data: 13/12/2018 15:32:18
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Nel giorno della caduta di Ilo
Sulla sabbia dei lidi Lunghe dita del vento Scrivono storie Cancellano, scrivono Cancellano e poi instancabili Riscrivono Mani di tramontana Mani di scirocco intrise di pianto. Stracci di nuvole Che il sole accende al tramonto. Soltanto Omero, i suoi occhi ciechi, Conoscono quei segni Sparsi sull’arenile Dove l’onda distende I bianchi tentacoli. Nessuno sa leggere quelle lettere Fatte di grani grigi e brillanti Che la Posidonia pietosa ricopre Così passa la gloria del mondo (suono di bucine e tamburi) Troppo vivida luce di gloria Per coloro che vivono In compagnia delle ombre Al fondo della grotta Gli occhi feriti dalle immagini Di una realtà inafferrabile Lunghe dita del vento Strigliate le bionde autunnali Chiome dei tigli Spazzolate, spazzolate Dissipate la spessa cortina Di fronde morte Strappate il velo Mostrate a chi abita I piani superni Il muto luna park Il tristo rito Che si tiene di sotto. Dove passarono Le orde barbariche Scheletri e rotami Arida sabbia ricopre. Intere civiltà Sono sprofondate Scomparse Radici di palme morte Abbarbicate agli abissi Non più i giusti tuoni e le saette Opera di Zeus Ma degli umani i traccianti Che bruciano l’aria Sui prati, ai margini dei viali Brillano le mine Che maciullano carni e ossa Spoglie mura di rovine E sangue Quel che rimane Al passaggio del nero stormo Che semina il cielo Di mortiferi obici Lo strazio e il pianto Turbano le sacre Dimore dell’Empireo Lunghe dita del vento Antiche moire Spezzate il filo Che li tiene appesi Feroci burattini Alla volta del cielo Sia deserto il mondo Così parlò Zeus Nel giorno della caduta di Ilio Al tempo delle stragi E delle grandi devastazioni.
Id: 51409 Data: 29/11/2018 21:02:48
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inattese ingiurie
Andavamo per strada tenendoci per mano nel tepore dorato dell’autunno. Tra le lastre di porfido sconnesse un mozzicone di sigaretta una latina di Sprite schiacciata il foglio vecchio di un giornale. Dieci passi più avanti la copertina sbiadita della Critica della ragion pura. “Qualcuno, dissi per scherzo, si è spogliato qui della ragione”. “Dovresti tu pure, lei disse che era rimasta fino allora pensosa, perché vinta credevo dall’incanto di quella mite dolcissima stagione, spogliarti prima o poi dell’intelletto. Così saresti un brutto animaletto che fa tenerezza e compassione”.
Id: 51050 Data: 26/10/2018 17:17:40
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Elegia dAutunno
Come è dolce questo autunno Fatto di teneri affetti Senza l’ansia di maturare frutti D’incenerire giorni Nel rogo dell’estate. Dopo, forse, lo schianto Breve, improvviso, Come di fulmine Che devasta la quercia; Oppure sarà lento Macerare di frutto Che nessuno raccoglie
Id: 50759 Data: 03/10/2018 11:49:34
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il canto delle libellule
In pieno sole Ammireremo un giorno il firmamento E torneranno a fiorire i prati Che furono martoriati dalla guerra E vestiremo gli spaventapasseri Con le divise dei soldati E non saranno sciami di pallottole A forare la stoffa indurita dal fango Ma i corvi neri che girano nel cielo Nelle sere d’inverno. Infiggete i becchi, cercate pure Nere bestie del malaugurio Non troverete carne né dolore Ma solo paglia intrecciata E trucioli di legno. In pieno sole Ammireremo un giorno il firmamento Liberi come libellule Volando nel vento Liberi come libellule Attorno al lume della verità.
Id: 50726 Data: 29/09/2018 17:37:59
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Dal libro dei numeri
E Zeta Cinquecento dieci A acca La targa Della mia automobile Dove sto Come tonno in scatola Se non fosse Per una buona musica O un notiziario Che mi cuce addosso Il mondo Due Trentaquattro Zero due Il telefono della mia infanzia Che sempre squilla Nella memoria Invano cerco quelle voci Nessuno più risponde Non c’è nessuno All’altro capo del filo. Trenta Tre Via Don Sturzo Il numero Del mio buen retiro Privo di cure Dove sempre ritorno fuggitivo A ritemprarmi Quattro Undici Appena chiusi i cimiteri E le funzioni dei Santi I natali della mia compagna Caro rimedio alla solitudine Cui dedico ogni istante Della mia giornata Tre Trentuno Tre Il numero Dell’albo professionale Una scia di lumaca Sulla sabbia del tempo. Queste le cifre. Invano cerco L’algoritmo della mia esistenza Che fugge verso l’orizzonte Dove ogni numero si azzera.
Id: 50450 Data: 06/09/2018 17:13:19
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dal libro della Genesi
Quell’anno finirono di edificare La torre di Babele E i poeti scrissero versi Ciascuno nel suo linguaggio interiore Inseguendo notturne visioni. La Bellezza nutriva Quella variegata schiera Che intagliava parole Con la purezza dei diamanti. Ma la Bellezza è come la luna Ha una faccia luminosa Specchio del trascendente E una faccia buia Che a nessuno si mostra Specchio dell’umano rancore. Coloro che salirono In cima alla torre Raccontarono che demoni Abitavano il cielo. I loro canti paurosi Straziavano l’aria Lacerando i più intimi e segreti veli. In quel tempo Furono scritti i grandi poemi E le prime tragedie. In quel tempo L’animo umano così denudato Mostrò il suo candore di plenilunio E il suo peccaminoso mistero.
Id: 49786 Data: 20/07/2018 11:11:08
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canto solenne
In quest’alba del mondo, Mentre il cielo si scioglie nel mare E nella terra il mare in pigre onde E col maturare del giorno Tutto sembra mescolarsi, Fatto di nebbia e sale Di gioia e desiderio Evaporo nell’aria. Su questa poca polvere grigia Che rimane Scrivi il mio nome: Io sono Adone dalle membra leggiadre. Sono luce e calore Sono fiamma che sale Fino ai più remoti cerchi del cielo, Arco teso, dardo scagliato Nelle vuote latebre dell’universo, Silenzioso specchio, testimone Di fatue esistenze. Quando ogni fuoco sarà spento, Sarò disperato rottame alla deriva Sarò fredda cenere Che l’alito nero della notte Ha disperso. Su questa poca polvere grigia Che rimane Scrivi il mio nome: Io sono Adone dalle membra leggiadre. Il sole si leva ogni mattina Sulle roventi rovine Volge il suo occhio languido Dov’è passato il furore, Il vessillo dell’odio, Sugli esseri umani dispersi. Per ore il cannone ha percosso La nera incudine della notte Suscitando foschi bagliori. Si udirono nella tenebra passare I cingolati, i passi dei soldati Le urla degli straziati. Seguo pietre miliari insanguinate. Dove sei Adone? Per cercarti Ho scavato a mani nude Sotto il catrame e i sassi Fino al cuore della Terra. Disperazione la mia inconsolabile. Nel cristallo in cui vivevo, Attraverso le sue azzurre trasparenze, Ammiravo la magnificenza del mondo. Quando il vitreo bozzolo fu infranto, Mi avviai per la strada del bosco, Farfalla o cerbiatto libero sui prati. Passarono le orde barbariche, Le migrazioni delle genti, Guerre e carneficine, Sofferenze che nessun verso, Per quanto bagnato di pianto, sa dire. Nel bosco crepitò la fiamma E la polvere coperse le rovine. Tutto morì e tutto si riedificò Per morire ancora. Di me nulla troverai: Le radici sono morte E i petali sono dispersi dal vento. Ogni sembianza è sfiorita In quest’autunno senza fine. Il mio corpo è divenuto arida terra. Mai più Bellezza abiterà il mondo.
Id: 49462 Data: 26/06/2018 17:07:10
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nel giorno del compleanno
Sono allegro in questo giorno che chiude l’anno Della mia vita. Non dico dopo quanti, perché enumerare i passati Non porta allegria E nemeno il futuro con la sua breve luce Mi fa felice Ho eliminato il tempo dal piccolo universo Di questo giorno Fatto d’incontri, di straordinarie visioni D’improvvise emozioni: Quella ragazzina, ad esempio, dagli occhi sognanti Incuranti del mondo Quel ragazzetto col cavallo dei pantaloni troppo basso E la zazzera alla moicana Quel viso spalmato di cioccolato con due biglie Bianche negli occhi E la vecchietta storta che passa il portone Della chiesa. Sono allegro anche se il sole scende sommesso Tra i palazzi E i suoni della strada si fanno più confusi E profondi E si accendono sui viali malinconici I lampioni La notte illune s’impossessa Del mondo E il tempo implacabile riprende A contare i miei giorni.
Id: 48898 Data: 16/05/2018 20:50:00
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Genesi
Nel profondo cuore della notte Neri palpiti Di carni tumide e calde Una sporca nebbia nel buio Fauci masticanti Ruminanti trangugianti Melmosi veleni. Così dalla materia bruta Nacque la vita. Immerso l’indice, Primo cuoco, Nella purulenta livida poltiglia, Lui vide che era buona. Il suono di orologi antichi Attraverso l’oceano di silenzio Costruirono il tempo.
Id: 48841 Data: 12/05/2018 10:35:24
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canzone per il vento daprile
Vento che spiri tra i rami dei tigli Imperlati di teneri germogli E porti il canto degli uccelli Di balcone in balcone E i profumi dei fiori Alle narici viola degli insetti, Che conosci il moto lento dei pensieri Quando di notte si piegano confusi Nel cavo buio del sonno. Vento che gonfi vele Che porti bianche ali sopra gli occhi, Echi sommessi di lontane voci Dietro le porte sigillate del tempo. Nulla rimane sulla strada montana Che all’impazzata percorri. Signore dello spazio Le nubi che trascini dai più remoti orizzonti Hanno pioggia gioiosa e infantili giochi Malinconia di vaste solitudini.
Id: 48305 Data: 05/04/2018 16:15:21
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viaggio iniziatico di Omero
Nel lurido grigiore di un mattino d’inverno, Forse chiamato da un sogno, Col passo appesantito dai pensieri: Cupi presentimenti marinati Nelle spezie delle ore notturne, Discendo il viale dei Mille sotto i tigli Incrostati di gelo, Incurante dei suoni dei motori Del friggere dei freni Che graffiano l’aria Del mondo che mi ringhia attorno. Alla sosta dell’autobus rimango In paziente, solitaria attesa. Rosso e bruno leviatano Partorito dal grembo della nebbia Nel tiepido ventre mi raccoglie In compagnia di grigi, funesti demoni Tossenti, esalanti virus influenzali, Salmodianti misteriose litanie. Mi guardano sottecchi, amicanti, Per associarmi ai loro mesti canti Ma il mio mondo è su un’altra sfera Che ruota solitaria nel buio e nella luce. Cimiteriale profumo di rose antiche, Fragranza di caffè, di pane. L’ombra del sapere si diffonde: I suoi foschi tentacoli traspaiono Al fondo melmoso del lago Violetto e bruno d’inchiostri. “Non misurare il volo delle tortore La levigata scapola dell’agnello Il fondo del bicchiere. Alla fine del viaggio Potrai sfogliare il libro del destino”. Così parlò il mio nocchiero Manovrando la grande ruota. Sobbalzo alla fermata dell’ospedaletto: Dai cancelli le grida di antiche sofferenze. Lo spaccio sotto i portici, i mercanti Cacciati dal tempio. Chiesa dell’Annunziata: dietro il portone chiuso Gli ermetici riti del buio e del silenzio. Al ponte di mezzo mi dice il conducente Con voce roca incrostata di ruggine: “Grida che sei di Dio, ripeti sempre Che appartieni a Dio, se no ti perderai Sulle rive del fiume, smemorato per sempre”. Il fiume è secco, solo le nutrie e i corvi E qualche specchio d’acqua rabbrividente. Grido: “Appartengo a Dio, io son di Dio!”. Dai piedi del ponte neri vapori Si aggrappano con furia ai parapetti. Ripeto disperato: “Appartengo a Dio!”. Le loro mani attraverso i vetri Afferrano i compagni di ventura Strappandoli ai sedili, Fumo anch’essi divenuti Come tutto sembra essere il mondo. “Non torneranno, dice il mio nocchiero, Grigi vapori portati dalla corrente, Si spegneranno in mare”. Via Mazzini, nei grandi magazzini Entrano ed escono azzurre ombre Utopica fiumana di diffuso benessere. Geme nel buio dei vicoli la nera Ragna di povertà, tracima Nelle strade del centro. L’autobus è vuoto, Siamo rimasti io e l’autista soli. Una luce, piazza Garibaldi Preferito giaciglio del sole. “Per via della Repubblica non farò fermate So che hai fretta d’arrivare”. “D’arrivare dove?” mi domando, forse domando a lui. Quando saremo in Barriera Repubblica Mi fermerò senza guardarti E muto tu discendi, Bevi l’acqua della fontana, Non voltarti indietro E’ la strada del ritorno Un sentiero di selvaggia foresta. Bagno la fronte con l’acqua della fonte, Ne bevo dal palmo della mano. Intorno a me un dolce scampanio Di lontani campanili. Nella nebbia che si dirada, Un cerchio di ombre luminose, Sento le loro voci, le vedo attorno a me: Benedetta, felice schizofrenia. Hanno l’aspetto familiare dell’infanzia Come mi fosse caduto dalle spalle Il peso degli anni. “Vieni con noi” mi dice una voce, Voce dolcissima di madre E gli occhi miti di mio padre Mi sorridono dietro le lenti spesse. “Siamo con te da sempre, Ma tu non puoi vederci”. E tanti amici avevo attorno E parenti che mi furono cari. M’incamminai con loro. L’arco di San Lazzaro Svettava nella nebbia. “Fermati ora!” La voce di mia madre Divenuta imperiosa: Una donnina esile e mite Eppure così autorevole. Aveva in mano una benda nera, Me la strinse sugli occhi. Mi avvolse una notte carica di stelle. “Ecco Omero, mi disse, D’ora in poi avrai solo Le immagini della tua mente. Andrai di piazza in piazza, Appenderai i tuoi sogni Ai muri delle strade. Diranno che sei Nessuno Che non sei mai vissuto”. Piangeva lenti singhiozzi E mio padre teneramente La strinse tra le braccia.
Id: 48222 Data: 30/03/2018 10:00:36
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Nel profumo delle rose antiche
Dietro la densa cortina di nubi Siete voi amici della giovinezza Confusi nell’azzurro. Piove un grigiore umido Nei rivoli d’acqua dei tombini E’ discesa la sera. Nella calma fiumana Dove tutte le cose sono discese Si aprirà questo azzurro. Sarà il vostro viso ridente a confortarci La vostra polvere Nascosta dentro i marmi, Le vostre voci Tra gli abeti e i pini Nel profumo delle rose antiche.
Id: 46168 Data: 03/01/2018 15:43:51
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discorso sui ricordi
Ho comprato un galletto Dorato e piatto Impudicamente con le cosce aperte Senza zampe né testa. Ho in casa una bottiglia di lambrusco E una di latte. Mi sono detto: “Per due giorni resisto”. Mi sono seduto in cucina Volevo essere solo con me stesso Ripercorrere il tempo Ravvivare la brace Sotto la sua cenere nascosta. Ho chiamato i ricordi Questi servi malvagi e sfuggenti Di cui non mi posso fidare.
Id: 45978 Data: 27/12/2017 12:28:34
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poesia della settimana
Lunedì Incomincia la vita Si aprono nel pianto Gli occhi della città Spalancati balconi Al dolore e alla fatica Né basteranno a consolarli Le carezze del mattino. Dentro la luce a neon Il cielo non esiste Nell’orologio digitale L’ora prigioniera Faticosamente trascina Ai piedi le catene Martedì Mi levo all’alba Il cielo è grigio Come il mio umore Sulla rotatoria è cominciato L’insensato carosello dei motori Una lama di sole tra i palazzi Ha trafitto i vapori della notte Comincia a battere Il cuore folle della città. Mercoledì Davanti a un caffè Tutti i problemi Che la notte ingigantiva Son divenuti nani: Problemi insolubili, Facili soluzioni Si siedono al tavolo sorridenti Ingollano biscotti al cioccolato Sorseggiando un caffè fragrante Giovedì Nell’ora che precede l’alba Il silenzio è perfetto Forse hanno legato le campane Ristagna nel cervello Il murmure dei sogni Faticoso commiato Al tepore del letto. Sono all’apice delle possibilità Si avvera in me la predizione “Uomo dominerai il mondo!” A metà settimana Anche questo è possibile: Sono sveglio, tonico, entusiasta! Venerdì La notte ha gli occhi dei morti Che ti guardano seri Lo spazio è un campo fangoso Il tempo una pioggia di cenere Che copre ogni cosa. Le trombe asfittiche dell’alba Annunciano il giorno Un giorno spossato demente Trascinato per strade Che portano ai confini del mondo Ma per quanto andrai Non potrai uscire da questo universo. Mi dimeno, sono un uccello in gabbia Che sogna il cielo Ma il cielo non è che una gabbia più grande. Sabato Disconnesso Forse mi ricarico È un processo lungo E periglioso Non privo di sofferenza Entro nell’arazzo del mattino Sono quel poverino pensieroso Che procede lento Incurante delle vetrine E della gente Nessuno si cura di me: Se non fosse per le telecamere Di sorveglianza Passerei come un fantasma Inconsistente. La mano nella tasca Il bancomat tra le dita E la corrente della vita Che percorre il cervello. Domenica Un calice di Francia Corta Al bar, o un cappuccino: Sulla schiuma natanti Grani di cacao Dolce e amaro Tutto è perfetto Scorre la vita in pace Sotto il sereno. Si consuma la candela Cade la cera sul piatto Si spenga la fiammella Quando sarà l’ora Sia buio in cielo, in terra E ovunque.
Id: 45802 Data: 18/12/2017 18:25:06
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per misteriosi percorsi daria
Gli stornelli che danzano nell’aria Di questo autunno mite Ti portano con loro Sento nei loro canti la tua voce Dall’alba viola fino al tramonto Con loro voli felice Per misteriosi percorsi d’aria Lastricati di luce Nei pleniluni d’ottobre Dialoga il tuo sonno Col sonno degli ulivi Più non ricordi i cieli Che hai veduto o sognato Ora il tuo canto tace
Id: 45195 Data: 19/11/2017 17:18:23
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Nella luce infantile
Nella luce infantile dell’alba Con occhi estranei ti osservo I tuoi ulivi assetati I prati bruciati e polverosi L’arcana solitudine dei monti I voli lamentosi dei gabbiani Sulla scogliera Non m’inganna l’insopportabile luce Dei tuoi meriggi Non ti appartengo Scavando nell’anima ho trovato Solo una fiamma che incenerisce i ricordi Tutto di te è fredda cenere Non c’è nostalgia né rimpianto In questa luce che affonda nella notte.
Id: 44270 Data: 18/09/2017 17:52:51
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Discorso sulla vitalità della coda
Le dimensioni della coda Sono enormi E non solo in lunghezza, Pure in larghezza Perché nessuno sa stare Ordinatamente in fila. Gli addetti ai lavori Hanno annunciato Che la password E’ smarrita E navigheranno a vista In vetusti schedari. La coda scodinzola inquieta Borbotta timide proteste Tiepide ironie dialettali. Estremità sempre vitale Si disfa ogni sera E rinasce al mattino Davanti agli sportelli ancora chiusi. Anagrafe, Pensione Agenzia delle entrate Ufficio di collocamento Ente dell’energia, Catasto Gigantesco leviatano dalle molteplici code Bestia docile e macilenta Tutti attendiamo che affoghi Nell’oceano dei tuoi escrementi!
Id: 42945 Data: 26/05/2017 15:43:57
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Leducazione di Icaro
Il vento m’insegnò a volare Sulle ali dell’aria Sopra le tempeste. Il bosco m’insegnò le sue parole: Echi di voci pei sentieri d’ombra. Ora so leggere e parlare. La notte m’introdusse nei suoi misteri: I sogni dove ritornano i morti. Il giorno nella sua bellezza chiara. Ma il dolore, il dolore soltanto, Quello che umilia e piega Mi ha insegnato a pregare. “Ora Icaro, disse il padre, vola tra le stelle, Insegui le comete!” Icaro, chiusi gli occhi, Una brezza sottile gli sfiorò i capelli, Credette, forse sognò di volare.
Id: 42788 Data: 13/05/2017 20:22:47
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risveglio
Destati La notte sta chiudendo il suo serraglio Fuori c’è luce accecante Luce che chiede di penetrare Nel tuo cranio Di esplorare il cervello Con la torcia di un ladro. Destati Fuori germogliano i rami Dei tigli E il cielo è un grande occhio azzurro Che ti scruta Cercando l’anima Nella tana del cuore. Destati La notte ha riposto nella credenza I vecchi rosoli i bicchieri Del servizio buono I sogni. Fuori bianche farfalle si cercano, Dolci le note di una canzone E giovani piedi vanno per le strade.
Id: 41776 Data: 02/03/2017 13:16:55
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Il canto di Linceo
Dalla cima della torre cui mi lega Un grandissimo spirito, un poeta Col cuore colmo di gratitudine ammiravo I prati fioriti a me dintorno Con gioia le feste del villaggio Il passo lento delle stagioni Sulle chiome del bosco Le bianche vele delle ore serene Corteggiate dai canti delle tortore Dai voli azzurri degli aironi Con trepidazione la sublime L'ira delle tempeste Così simile all’ira degli dei. Attorno gioia serenità soltanto. Ma una notte La più lunga nei miei ricordi Risuonò minaccioso Il battere di martelli Il ronzare di trapani Lo strepitare di legni e di sterpaglie Divorati dal fuoco Un suono di catene Urla e lamenti. All’alba i caterpillar Spazzarono via il villaggio Le morte querce annerite Dalla notturna furia. In quello sterile grigio deserto Sorsero torri e nuove cattedrali D’acciaio e di cristallo Fosca diabolica magia. Splendevano i roghi nella notte buia Esalanti fetore d’umani arrosti E le urla dei torturati Empivano il cielo di spetri. Ben serrati gli occhi Gli orecchi tappati con la cera Dell’unica candela Sul mio giaciglio delle notti insonni Innalzo suppliche e preghiere Al Dio che non conosco Ma quelle orribili voci Penetrano nel cervello Tramutandosi in spaventosi incubi. Sono svaniti i paesaggi sereni Sparito il bosco Le nenie della sera dal villaggio. Ora ai piedi dei palazzi Sotto la nebbia o il sole Marcia in fila un popolo di schiavi Cartelle e borse in mano Vanno come inseguendo un sogno. Invano grido loro di svegliarsi Nessuno ode la mia voce Nemmeno Il tintinnio lugubre delle loro catene. L’esercito dei demoni ha posato Le scale alle pareti presto saranno in cima. I servi hanno apparecchiato La catasta di legna. Sarò io il prossimo arrostito Al notturno banchetto.
Id: 40624 Data: 16/12/2016 12:31:49
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Il presepe
Il carillon si è rotto Di Natale I bambini giocano alla guerra Fucili e bambole Luci di candele Di mine, di traccianti nell’aria Troppe stelle nel cielo Troppe comete. Nessuno può sapere dove è nato Il Redentore del mondo Sono questi i pastori Spiaggiati sulla riva di un sogno Sogno di pace, di libertà Di umana dignità Soltanto un sogno.
Id: 40602 Data: 14/12/2016 12:34:52
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discorso su Caino e Abele
Un pensiero stanotte, Una gazza ladra, S’è posata sulla mia mente E mi ha rubato il nero Seme del sonno. In altri tempi Erano gaie farfalle I pensieri notturni. Ho sognato, immaginato che, Sopra le nuvole, il cielo Fosse un’azzurra ampolla di cristallo E noi dentro, insetti da esperimento Abbarbicati a questo globo, Mite gregge, rapinoso branco Pronti all’amore e all’odio. Figli di Abele e di Caino Ho lasciato il letto. Di sotto il balcone Si udiva un parlottare: Litigi d’innamorati. Il disperato urlo Di un’ambulanza all’orizzonte, Un brulicare microbico di motori Lungo il fiume, sui viali. La notte era buia Se non per qualche luce insonne Alle finestre Per qualche neon sulla strada. Poi la coltre di nuvole s’è rotta E sono comparse le stelle. Ho atteso l’alba in una veglia D’amore per questo mondo fragile.
Id: 39626 Data: 03/10/2016 16:57:06
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breve omelia sullo spirito
Spariranno i palazzi, le città Spariranno i giardini, i prati Le strade porteranno Da nessuna parte Spariranno i boschi e le montagne Il suono del mare Il canto dei gabbiani. Altra voce nella mente Che si dissolve Tra le macerie del tempo, Grido feroce alla volta del cielo, Ma non ci sarà più cielo Né altre dimore degli astri Non ci sarà stella polare Alba tramonto. Lo Spirito empirà quel vuoto. L’Amore che tanto ci fa soffrire E gioire, che ci lega A questo mondo d’immagini E’ tutto ciò che rimane Alla fine.
Id: 39386 Data: 15/09/2016 18:55:27
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Nellora più chiara
Ora il mio cuore riposa Nell’alba azzurra Vestita di muschio Parole di vento le sue Di campane lontane Nel brusio del risveglio Nell’ora più chiara Le immagini fosche che il buio fabbricava angosciose Si sono dissolte Brandelli di un’altra esistenza Di chimerica luce Ritorna a pulsare la vita Con il sangue sotto la pelle Di passione e bellezza Ma il cuore è fermo Immobile e muto Sotto la volta splendente del cielo Solitario cuore Al cospetto di un Dio Avido d’amore
Id: 38565 Data: 08/07/2016 18:51:43
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Apocalisse
Io piangevo Palazzi esplodevano nel buio Di quella che fu la mia città Nere serpi sibilanti Cadevano nell’aria Torce umane correvano sui viali Orribilmente accese La gola in fiamme della notte Urlava all’orizzonte Io gridavo Un silenzio assordante Copriva la mia voce.
Id: 37708 Data: 09/05/2016 21:50:31
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le vie dei pensieri
Ognuno va per le vie sonore All’ombra e al sole dei palazzi Chiuso nei suoi pensieri Portando la sua anima bianca e nera I suoi colori dell’amore e dell’angoscia. Il suono lento di un corno Sonda l’abissale silenzio Chiamando all’impossibile risveglio Da lontane rive un vento s’è levato Dove la lingua del mare consuma la scogliera Il corpo nudo e freddo della roccia Cerca strade diverse tra gli oleandri fioriti Il vento s’è levato tra gli ulivi Ha sfiorato Il viso screpolato della terra I suoi occhi impolverati e limpidi Che guardano le nuvole passare Ognuno va per i sentieri impervi Portando il peso dei presentimenti il tempo infinito dei ricordi L’argilla fragile della sua anima
Id: 37531 Data: 28/04/2016 16:45:37
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le parole dello specchio
Le parole dello specchio Io non so chi si cela dietro lo specchio E detta parole roventi Torce che si consumano nel buio Chi battendo il metallo incandescente Forgia lame di coltelli che resistono al tempo Chi passeggia nell’ombra perenne del bosco Dove nidificano gli animali notturni E un tanfo si leva dalle morte radici Io non so chi si cela dietro il sole E spande irresistibile amore Su questo mondo di vuote immagini Tra le pieghe del libro un insetto rinsecchito Ha letto e meditato le sue parole Nel suo empireo dolcissimi voli Inscenano aggraziate farfalle Che nulla hanno letto e nulla sanno di lui.
Id: 37399 Data: 18/04/2016 19:22:09
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paesaggi di primavera
Tra i capelli degli ulivi Usignoli dell’aria Cantano al sole nascente Rosa e fiamma Più alte delle torri saracene Le ciminiere indossano Le parrucche di zucchero filato Sulle colline girano Le pale del vento Questa notte il cielo Ha baciato la terra E più di mille stelle splendono sul prato Ai piedi degli ulivi.
Id: 37167 Data: 03/04/2016 19:11:10
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fili derba
La coccinella che abita nel prato Tra i fili d’erba e la lucertola Che vive dentro i muri In mezzo ai sassi Tu che spadelli da mattina a sera Nella cucina Invidiate il volo della rondine Gioioso e libero tra le grondaie Ma più felice il falco pellegrino Che ha fatto il nido in cima al campanile Vicino al cielo
Id: 36794 Data: 10/03/2016 18:28:50
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la ballata dei numeri
Codice pin password Numero che primo mi condusse Nei labirinti fioriti della posta Codice fiscale codice cliente Catene che mi legano Alla contemporaneità Codice IBAN Numero conto corrente Della mia magra sopravvivenza Carta velina intessuta di numeri Dietro cui muove Specchiata immagine Sui vetri deformanti del tramonto E come d’aria si nutre e respira Vibrazioni sottili Che solo i suoi polmoni elettronici Invisibili serici fili Sanno interpretare.
Id: 36605 Data: 01/03/2016 18:07:39
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Le lacrime del vaticanista
Sonnolenza stasera, Vibrazioni sottili dalla strada, Il vaticanista piange sopra il calice, L’orso bruno sbadiglia nella tana, Sbadiglia il badilante di ghiaccio, Il merlo affamato Che zampetta sulla neve. Suona organetto suona: La faccia della cattedrale Si china sulla piazza Terremoto! Moto di terra, crollo Di tutto. Trasformazione del Tutto In fumanti orripilanti macerie: Braccia e gambe sotto, Ossa spezzate, pance esplose. Suona organetto suona, La cattedrale ha avuto Un profondo inchino sulla piazza, Voli di colombi, Sghignazza il falco pellegrino, Il vaticanista raccoglie le lacrime E si avvia vacillante Al suo destino
Id: 35947 Data: 23/01/2016 11:22:19
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Autunno 2015
Risplendono sui viali I magnifici ori dell’autunno Presto spogliati dagli spetri invernali Noi piccoli uomini laboriosi Presi dalla dolce malia della stagione Cogliamo con mani avide I preziosi doni del bosco Risplendono sui viali Le orifiamme dell’autunno Sull’azzurra lampada del cielo Bianche falene trascorrono le nuvole Calma e silenzio sull’acqua Il martin pescatore Scruta paziente il fondo Noi piccoli uomini lebbrosi Trasciniamo i piedi piagati A lato dei fossi, nel fango, nello sterco Letto di pallidi ranocchi Sudario di foglie Che il piede di genti accorrenti calpesta Autunno dorato Sei la quercia caduta Che una torma d’insetti divora
Id: 34945 Data: 11/11/2015 22:02:33
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Giotto 9
Miliardi pullulavan punti neri ricoprendomi il corpo d’escrementi acidi corrosivi che crateri scavavano profondi e pustolosi. Esseri truci, luridi, feroci i loro giochi eran violente lotte 870 i loro amplessi erano stupri atroci. Cari venite, cari dentro il cuore nella stanza dai grigi pavimenti lucidi e lindi scivolosi piani, entrate al chiaro gelido splendore luminescenti esseri di specchio. Tu minuta leziosissima effigie di scarlatti rubini incastonata zaffiri neri misteriosi agli occhi oro e smeraldo la tua carne dura 880 d’avorio preziosissimo l'intarsio della tua bocca benevola sempre, siedi nel trono più vicino al sangue. D’antichissimi culti sacri pali accostatevi all’alba arborescente novelle alture preparate al cuore offerti in voto manti arabescati. Oh reale corona, possente scettro d'Alessandro il macedone conquista deponete le insegne del successo 890 nel favoloso scrigno d'alabastro. L'ala vergine sfiora bianca aurora di tesori ripiena la mia stanza. Tra i peli del barbone mille insetti fanno il nido, s'accoppiano felici o infelici ribelli o brandelli d'esistenze scoppiate, sminuzzate trafitte dal dolore come spillo schizzando sangue e verdastre budella. Vindici corvi scagliano aspre grida 900 contro le nubi d'inchiostro alla prim'ora. Dilagante armonia di luce piana a fondersi con specchi d'acqua viva di erutili vulcani; nella frana gemente oscilla scintillante sciame di vinosi lapilli dissepolti dallo squarciato ventre dell'abisso. Alba del mondo ricca di fermenti così livida e scialba, così impura. Tu che prima in un antro concepisti 910 con terribili grida nella notte lasciando ai lupi la placenta in pasto, sanguinolento misterioso cibo, tu generosa fertile regina accostati all'altare è pronto il rito. Albeggiano sinistre luci in cielo è l'ora stabilita al sacrificio. Vaiolosa germinativa placca agar cultura odiosa di tremendi microbi virulenti orribilmente 920 di croste abominevoli coperta. Si leva intorno come di preghiera un mesto lungo canto salmodiato come di folla immensa radunata nel nero vuoto spazio risonante di terribili oscure litanie. Dov'è l'infula candida, gli arredi? Dove di sangue sete mai saziata i sacri vasi il ferro ben temprato? Sale nei gradi dell'alto silenzio 930 la corale preghiera attende forse della vittima impura la venuta, tace: tutto è presente, è pronto già fiammeggia l'ara di pietra antica. Com'è accogliente questo nero lito materno grembo tiepido di sonno! Bruno capretto o candido vitello di fiori coronato procedente dietro al corteo di vergini non vedo. Tremanti piedi incerti di vegliardo 940 logorato dal male e dal dolore un volere mi spinge più potente della paura sui ripidi gradini. Vento risuona cavernosi anfratti liuto leggero increspa nelle note superfici impalpabili confini perduti in fondo al suono all'infinito traboccano crateri d'allegria e pena ansiosa d'impaziente attesa s'aprono porte cristalline vane 950 vertiginosi ponti erti nel vuoto percorrono ogni dove inesistenti abissi e piani e cieli e silenzi. Prati di gialle morte margherite Piegati girasoli oscure cifre di cancellata memoria turbinano. Candido astro di trasparenti veli Altissimo pensiero trascorrente Rapito in cielo misterioso e terso La tua luce rischiari la mia notte 960 Ardendo per un attimo soltanto. Andavo per antiche strade e piazze lastricate di pietra dura e liscia dal piede di molti secoli lisa m'osservavano bianche cattedrali dall'occhio nero spento dei rosoni. Il ponte dei gioielli era deserto sulla verde corrente, voluttuoso implacabile un vento mi spingeva sull'erta buia tra alte mura muschiose. 970 In fondo era la porta, il suo splendore. Come di luna gelido candore sparso per piani, d'aridi fotoni mi sferza il corpo pioggia iridescente sempre più fitta, sempre più violenta sabbia abrasiva sopra la mia carne bianca fiumana al sasso levigato. Come neonato dalle dolci carni tenere e lisce mi portava in mano un misterioso turbine materno 980 fresca luce effondendo come acqua da polla inesauribile sorgiva. Atomi attorno danzavano ovunque con moti circolari definendo fini corrispondenze melodie dolcissime e segrete vorticando nel vuoto luminoso etereo spazio. Alla festa m'univo con vibranti applausi e gioiose risa e canti e suoni, una folle allegria mi possedeva 990 trascinandomi ebbro prigioniero al suo carro dorato incatenato. Sfrecciavo in linea retta sempre più dopo curvando e rallentando il moto. Sentivo con piacevole dolore la mia fisicità piano formarsi diamantina indurirsi definirsi nello spazio ricurvo risucchiato. Innumeri nel lattescente albore fiorivano corpi celesti stelle 1000 come ferite luminose fonti genitrici di spasmi di dolore. Cadevo in lente spire, finalmente posso dire "cadevo verso il basso" e mi s'avviluppava il nero cielo sbiadendo a lato in un terso chiarore. Un purissimo globo rilucente emerso dalle tenebre più grande ognora si faceva in sé ruotando ed attraendomi nel suo lento moto. 1010 Attorno a quel purissimo diamante felice mi curvavo richiamato da un oblioso sereno dolce canto. All'acqua del ruscello si bagnava le lunghissime braccia ed i capelli sugl'omeri cadenti mollemente. Il cicaleccio delle ancelle attorno le faceva corona, si specchiava l'azzurro dei suoi occhi nella fonte dolcemente pensosi. La vertigine 1020 d'insondabile abisso la rapiva in un cielo di sogni adolescenti. Dietro la sottile trina dell'erba l'osservavo bellissima di luce e neve soffice tutta intessuta mentre un dolce sonno mi cadeva sulle membra sfinite e la tempesta del mio atroce destino si placava in un tacito pianto senza lacrime. Del mondo vacillò la sfera cava 1030 una foschia diffusa dilatava lo spazio luminoso all'infinito.
Id: 33677 Data: 21/07/2015 14:33:36
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i narcisi dellalba
Sono fioriti i narcisi dell’alba Picchiano ai vetri con lunghe dita bianche e azzurre Non ho memoria dei sogni La nera fonte in cui si abbeveravano Le loro diafane criniere È svanita in un turbine di luce Si è involata Nell’aria tersa del giorno
Id: 33564 Data: 13/07/2015 19:33:18
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cappuccino e cornetto
Cappuccino e cornetto Caffè con panna e cioccolato Zucchero di canna Luci soffuse anche in pieno giorno Da lampade pendenti dal soffitto E’ il mio rifugio, mi metto In un tavolo appartato dietro una colonna E leggo per ore un romanzo O scrivo sul computer Giro per internet In cerca di poesie Mentre sui vetri si dipinge la sera. Una voce suadente avverte Che il villaggio sta per chiudere i cancelli I camerieri ritirano dai tavoli Gli ultimi bicchieri Mi sorridono quasi per scusarsi Che devono farmi sloggiare Chiamo al cellulare Lei mai sazia di vetrine Di oggetti, di abiti, di cose Di occasioni in liquidazione.
Id: 33336 Data: 29/06/2015 19:29:14
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giotto 8
Miliardi pullulavan punti neri ricoprendomi il corpo d’escrementi acidi corrosivi che crateri scavavano profondi e pustolosi. Esseri truci,luridi,feroci i loro giochi eran violente lotte 870 i loro amplessi erano stupri atroci. Cari venite,cari dentro il cuore nella stanza dai grigi pavimenti lucidi e lindi scivolosi piani, entrate al chiaro gelido splendore luminescenti esseri di specchio. Tu minuta leziosissima effigge di scarlatti rubini incastonata zaffiri neri misteriosi agli occhi oro e smeraldo la tua carne dura 880 d’avorio preziosissimo l'intarsio della tua bocca benevola sempre, siedi nel trono più vicino al sangue. D’antichissimi culti sacri pali accostatevi all’alba arborescente novelle alture preparate al cuore offerti in voto manti arabescati. Oh reale corona,possente scettro d'Alessandro il macedone conquista deponete l'insegne del successo 890 nel favoloso scrigno d'alabastro. L'ala vergine sfiora bianca aurora di tesori ripiena la mia stanza. Tra i peli del barbone mille insetti fanno il nido,s'accovano felici o infelici ribelli o brandelli d'esistenze scoppiate,sminuzzate trafitte dal dolore come spillo schizzando sangue e verdastre budella. Vindici corvi scagliano aspre grida 900 contro le nubi d'inchiostro alla prim'ora. Dilagante armonia di luce piana a fondersi con specchi d'acqua viva d'erutili vulcani; nella frana gemente oscilla scintillante sciame di vinosi lapilli dissepolti dallo squarciato ventre dell'abisso. Alba del mondo ricca di fermenti così livida e scialba,così impura. Tu che prima in un antro concepisti 910 con terribili grida nella notte lasciando ai lupi la placenta in pasto, sanguinolento misterioso cibo, tu generosa fertile regina accostati all'altare è pronto il rito. Albeggiano sinistre luci in cielo è l'ora stabilita al sacrificio. Vaiolosa germinativa placca agarcultura odiosa di tremendi microbi virulenti orribilmente 920 di croste abominevoli coperta. Si leva intorno come di preghiera un mesto lungo canto salmodiato come di folla immensa radunata nel nero vuoto spazio risonante di terribili oscure litanie. Dov'è l'infula candida,gli arredi? Dove di sangue sete mai saziata i sacri vasi il ferro ben temprato? Sale nei gradi dell'alto silenzio 930 la corale preghiera attende forse della vittima impura la venuta, tace: tutto è presente,è pronto già fiammeggia l'ara di pietra antica. Com'è accogliente questo nero lito materno grembo tiepido di sonno! Bruno capretto o candido vitello di fiori coronato procedente dietro al corteo di vergini non vedo. Tremanti piedi incerti di vegliardo 940 logorato dal male e dal dolore un volere mi spinge più potente della paura sui ripidi gradini. Vento risuona cavernosi anfratti liuto leggero increspa nelle note superfici impalpabili confini perduti in fondo al suono all'infinito traboccano crateri d'allegria e pena ansiosa d'impaziente attesa s'aprono porte cristalline vane 950 vertiginosi ponti erti nel vuoto percorrono ogni dove inesistenti abissi e piani e cieli e silenzi. Prati di gialle morte margherite Piegati girasoli oscure cifre di cancellata memoria turbinano.
Id: 33147 Data: 18/06/2015 16:22:34
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Giotto7
Il viaggio continua. Credevo fosse un’enorme fatica scrivere in endecasillabi, assuefatto come sono all’uso del verso libero. Invece la misura impostami ha funzionato da argine. Prodigiosamente, il senso stesso dell’opera ne è stato influenzato. Alla fine fu un divertimento contare le sillabe e disporre le parole in modo che gli accenti fossero giusti (non sempre giusti, qualche zoppicamento è rimasto. Chiedo venia e invoco la musica Jazz come modello in certi passi) . Comunque il viaggio continua. Ogni viaggio è la metafora della vita e la vita ci conduce sempre, inevitabilmente, ai piedi della dimora della Morte, del re dei terrori, come la definisce la Bibbia. Giotto non può conoscere la morte perché è un essere meccanico e di qui la predizione del lungo viaggio perduto nello spazio per un tempo indefinito. A esorcizzare la Morte sorgono immagini di una fiera carnevalesca che si conclude con la sprezzante dissacrazione della riproduzione, della fonte della vita. Alcune scene qui rappresentate le ho vedute in un locale per soldati delle retrovie in Vietnam. Alla deriva in anossici sogni 700 melliflui cieli grondanti miele dolcissimi grassi densi di nero dove si cela l’olio petrolioso. Vagavo strappando gli untuosi veli i sipari d’un teatro senza scena per tortuosi sentieri di montagna inseguendo un cappello di buffone scampanellante lebbrosa ossessione. Giungemmo dopo lungo inseguimento alla vetta del monte ,sopra un piano 710 due colonne s’ergevano possenti a sostenere un argenteo disco sempre velato da bigi vapori. Il cappello s’afflosciò al suo cospetto come medusa evanescente al secco. Un freddo raggio s’accese danzante emettendo sul piatto informi suoni come di vivo straziante tormento. Da una profonda lunga nota emersa una voce si sparse opaca insegna 720 indifferente vuota emanazione “Straniero che giungesti a questa corte infrangendo i silenzi della selva chinato il capo non fissare il raggio non scrutare la gola irriverente dove disfatti giacciono i cadaveri. Qui i terrori hanno alta dimora e tu ne conoscesti e pur del figlio avesti prova del nostro signore. Nella vetta più alta dei pensieri 730 come rapace sui monti nevosi ha il suo nido tremendo nascosto. Tutti i viventi ne conosceranno il corpo gelido d’ermafrodito, ma tu misero rudere vagante nei deserti infiniti non vedrai le sue orbite vuote pur così simili alla tue vecchie lamine disfatte dove spira col vento siderale l’implacabile sibilo del tempo. 740 Viaggerai per mondi e mondi attraverso nuvole di stelle, bianche galassie roteanti maestose, volerai sopra abissi immani al cui fondo la tempesta scatena irosa la sua rabbia vana, vedrai le stelle nascere e morire per un tempo lunghissimo viandante nel turbine del mondo senza pace”. Sfilavano cineree ombre mute trascinando nei madidi sudari 750 ciascuna il suo corpo putrefatto. Nauseanti sporchi miasmi erano sparsi nell'ammorbata luce della piana. Uno stupore muto mi vinceva vedendo quelle larve trasparenti come fumi autunnali dai camini. Il cappello risvegliò i sonagli che stonati vibravano invasori sarabanda sonora irriverente di maledetto stupido buffone. 760 Da quelle note dissonanti sorta una folla festante di bifolchi d’ogni parte giungeva rumorosa. "Se volete tentare la fortuna nei bicchieri cercate la pallina” giocatori verdi occhi di vetro barbe untuose su labbra carnose su banchi sporchi con esperte mani. Dentro un cerchio imperfetto i lottatori minacciosi gonfiavano avvinghiati 770 i bicipiti molli e i pettorali. Ad una lunga tavola seduti imbrattate le facce bestialmente i mangiatori di spaghetti a gara. “Concentrato di salute in pastiglie!” Urlava un dottorale bianco aspetto “Di lunga vita lo sciroppo vendo!” gridava ancora lo sgualcito camice “Comprate il braccialetto del destino senza fatica ricchi diverrete” 780 Le lunghe braccia affusolate e brune mostrava una fanciulla ricoperte di rameici bracciali “Comperate il braccialetto del ricco destino!” “Del passato e futuro l’indovino state a sentire per pochi denari, vi leggerà le carte e non sarete delusi amanti sofferenti amici mariti abbandonati cuori infranti” “Non ridete del mago,t u buffone 790 sai cosa passa tra un asino e te?” “Fatte largo, fatte passare, largo! Non toccate le belle coccodè!” “Arriva il nobile re dei goliardi” “Via! non importunate con le vostre miserabili questue non è tempo questo di tristezza, cacciate quello i suoi orribili neri moncherini turbano della festa l’allegria!” “L’amore dolce della carne canto 800 la siringa del piacere, la candida polvere del male, il suo letale bacio, canto l’amore avvelenato!” “Sulla testa rompetegli la viola” “ Che festa paesana che trionfo della stupidità! Marchese andiamo presto in carrozza presto andiamo via!” “Fermatelo, ci scappa, voi là in fondo prendete il menestrello” “Qui nessuno è poeta” "Lasciatemi non sono io 810 un poeta, una volta soltanto ho scritto trasportato dal sogno una poesia per incantare il cuore d’una zingara dal portamento fiero di regina.” Oscillava la folla come piana del mare al primo vento di tempesta infrangendosi ai piedi d’un soppalco di nero panno polveroso e lercio. La gente attorno i lazzi più volgari e urla e fischi lanciava al suonatore 820 che struggeva nel flauto incompetente una vecchia lasciva melodia. Come si tacque il musico un silenzio improvviso si fece all’apparire d’una fanciulla dai capelli d’oro in un manto di porpora celate le bianche membra e il busto fino ai piedi. Disciolto il laccio che teneva avvinto il morbido velluto sotto il mento nel clamore stupito della folla 830 si mostrò ignudo il corpo adolescente. Al ritmo lento di tamburi e cembali una danza aggraziata offriva i seni floride nivee cime di cerbiatta quindi seduta sul purpureo manto come sangue versato di uno stupro divaricate le anche, la vagina di bionda filigrana trapuntata aspirava ad un sigaro brunito rinfocolando rossa brace accesa 840 ed emetteva nuvole di fumo. Quindi introdotta una lunga trombetta trasse flebili note come flauto soffiato da una bocca agonizzante. Come da lungo sonno risvegliato infranto l’incantesimo del canto sorse un gigante incontro alla fanciulla. Sulle potenti braccia sollevato l’esile corpo candido di cera quasi a sottrarla da vogliosi sguardi 850 tra i grugniti bavosi della folla teneramente al petto la stringeva cingendo i fianchi con le vaste mani la penetrò tenendola sospesa quindi adagiatala al suolo supina con ansimante foga la distese finché contratti spasmodicamente i forti glutei indietro si ritrasse la bianca linfa seminando al suolo. Come piastra rovente il nero assito 860 sfrigolando levava un denso fumo che ogni cosa celava nel suo abbraccio vasto di notte fonda e resisteva a lungo ancora il bestiale ruggito.
Id: 32554 Data: 20/05/2015 10:45:53
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Giotto 6
Dentro di me fuori di me una voce l’abissale silenzio ricolmando “Giotto,tu sei,bisbigliava,orribile e poi un coro di voci ripeteva 580 “Giotto ascolta orribile,sei orribile!” Poi di nuovo silenzio poi la lama mi rigirava nella piaga ancora con quella voce e m’inseguiva il coro ed io fuggivo a nascondermi e niente m’era riparo “Orribile orribile tutto lo spazio è pieno del tuo orrore Giotto,Giotto!” S’affacciava ai miei vetri nel vano desolato del mio cuore ed il terrore che non conosce meta 590 né fonte si tramutava in follia. Ardevo ora come corpo stellare ora mi percorreva come ghiaccio di brividi una mandria galoppante “Basta!” gridavo”Lasciatemi in pace!” Ma rimbombava la mia voce appena per un istante nel silenzio nero dove sottile,irridente quella voce orrida idra si gonfiava e immane con terribili fauci digrignanti 600 mi sputava sul viso il suo veleno. Ormai prostrato l’ultima energia consumavo in singhiozzi disperati ma la voce tacque,si dileguò... il pianto nella culla inconsolabile nel silenzio oceanico il lamento si spensero in lunghissimi marosi, la memoria fu breve a cancellare i momenti angosciosi,come piana distesa del mare dove s’estinguono 610 le ultime scaglie dorate del giorno e l’azzurro si tinge di tristezza e alla deserta spiaggia fa ritorno silenziosa la barca d’ombra gravida e si posa l’ansia di reti stese di ripiegate vele e a tutti il sonno è abile a sanare le ferite nell'ospedale provido del sogno. Ma purtroppo fu breve la bonaccia come una penna a sfera misteriose 620 nel vuoto spazio sillabe tracciando un’asta aguzza d’improvviso apparve contro di me puntando il suo monocolo. L’angoscia dentro si vetrificava nel mio cervello di ramate spire, una macabra danza scatenata mi volteggiava attorno e poi di nuovo il selvaggio puntava la sua freccia al condannato al palo di tortura . Un gelido sudore m’imperlava 630 la grigia scorza ruvida d’amianto. Con accecanti bagliori roteando quello stile sottile mi sfiorava solleticando la rabbrividente lamiera,l’occhio scaltro mi scrutava con la sua nera pupilla impietosa a cogliere il momento più indifeso della mia tremebonda guardia insonne. Fu ai piedi del bianco muro dove più s’addensa l’ora dell’alba rorida 640 al pianto delle croci estenuate caddi riverso sulla terra grassa impallidita nello spasmo arresa i neri corvi inquieti del terrore fuggirono dallo squarcio del petto con assordante suono di campane. La Speranza che fugge il marmo chiuso penetrò con il piombo nella fronte devastando la rima di canzoni 650 mai espresse da chitarra andalusa. Fu dolce piano cedere la vita col sangue ad altra linfa più profonda. Potei sentire il canto di cortei snodarsi alto nella luce diffusa che non aveva sorgente né ombra e un volo d’ali sul corpo disteso strappandomi alla terra mi rapiva in alto verso l’azzurro mantello. La volta impenetrabile del cielo 660 squillava come immenso campanello ad una porta invisibile chiusa lunghissima l’attesa che uno squarcio mostrasse oltre la densa cortina il volto vero profondo del creato. Ritornavo alla luce della mente da un lunghissimo buio silenzio nel cuore il magma fuso della terra bruciava urlando nello spazio muto eruttavo con sibili e frastuono 670 lavica bava d’amara saliva roteavo astro folle di dolore portandomi nel ventre il dolce frutto concepito d’amore nei segreti malcelati sospiri vanamente. Lentamente cresceva il globo lucido cristallo della vita prorompente In quale scuro anfratto andrò a celare la vergogna della mia debolezza! l’ombra del bosco l'umida caverna 680 non celeranno a lungo il mio rossore presto un vagito romperà il silenzio del guscio fragile errando per l’aria di fiore in fiore bianca cavolaia gaia del mio pudore incurante. Quel vago lepidottero volava nella luce del sole lussurioso ed io inseguito dalla cruda voce correvo ansante nella verde piana pungolato da vespe inferocite. 690 Ora mi cresce dentro con affanno un lento rantolo di moribondo occupa tutto lo spazio dei miei cavi polmoni,le fessure,i più bui anfratti gommosa fetida spugna mi riempie soffocando ogni gemito spietata. Non sfugge alcun lamento che non sia gorgoglio sommesso come stagno dove affoga la quercia coi suoi nidi.
Id: 32062 Data: 21/04/2015 18:52:49
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La regina degli zingari
Nell’ombra troppo piena di vento Dopo una breve passeggiata Sotto il sole troppo cocente e luminoso d’Aprile Ci sediamo al più illustre e costoso ristorante. Io ordino una pasta ai sapori di scoglio Lei l’antipasto: “curiosità dello chef” e triglie in umido. Io mangio con una certa avidità. Colpevolmente Faccio del piatto biancheggiare il fondo Lei assaggia le diverse “curiosità” che poi mi passa Perché non le piacciono, causa l'intolleranza. Pure la triglia non fa per lei: Troppo condita, troppi sapori. Guardo attraverso la vetrata La superficie pallida del mare: ” Moto ondulatorio” Parole esatte, mi dico, per descrivere la nostra inesistenza. Mi domanda perché sono pensieroso. Rispondo che mi dispiace che non le sia piaciuto niente. Fruga nella borsetta. Vi cava un paio di orecchini di latta che credeva smarriti Li indossa felice e con la punta del mignolo Gratta il fondo del rossetto esaurito E lo strofina sulle labbra. Mi ricorda quando le scrissi un piccolo verso: “alla regina degli zingari” Le chiome scapigliate delle onde Sfarfallano ai piedi degli scogli Si distendono sensuali e pigre sulla sabbia. Ecco l’immagine giusta per descrivere Il nostro breve apparire nell’esistenza!
Id: 32034 Data: 20/04/2015 18:30:43
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Giotto 5
Il Male non si manifesta soltanto con le guerre e le stragi efferate che segnano la storia dell’Uomo, ma nel materialismo opulento, nel disprezzo della vita, che portano alla droga, all’uso aberrante della scienza, e in particolare della scienza medica. Tuttavia pure nella più assoluta solitudine nascono nuovi affetti, una nuova vita, il pensiero, il sospetto che un Dio esista e guidi i nostri passi, che il Libero Arbitrio si sposi con la Predestinazione in un incomprensibile, inestricabile intreccio. Sui miei cristalli si specchiano i voli arditi delle rondini, le nuvole gli aeroplani, i fuochi dei tramonti le migrazioni degli astri, degli uccelli le cascate di perle profumate rosati marmi, i tavoli imbanditi dove insaziabili gole bramose 470 rospi, trichechi lucidi di grasso consumano leccornie zuccherate. Non più alla fonte placida l’immagine m’attira d’invincibile malia nella calura del meriggio estivo o al raggio puro del bianco plenilunio. Qui sirene vetrine splendidi ori restituiscono immagini superbe fasti ingordi di re sardanapali Pure il danaro ha i suoi sacrati templi 480 in vette irraggiungibili in segrete cave di bianca luce e ferree grate. Le sue vittime in carcere sospirano la libertà carissima perduta camminano dementi ebbri di droga nei viali sfilacciati della sera giacciono arresi fiori calpestati nella notte sull’erba profumata Are novelle erette al sacrificio sotto gli occhi vibranti delle lampade 490 tra asettiche mura e freddi acciai nella mia scienza imbecilli fidenti sacerdoti d’azzurro paludati traggono esangui povere vittime da gravidi uteri mentre io assaporo il dolce strazio della carne tenera non ancora formata, quella vita prepotente recisa e buia gioia m’invade di perfidia in questa notte. Beffardo destino che m’esiliasti 500 in questo niente in me stesso riverso in ira e strazio di memorie atroci a riandare per sempre morte lusinghe a creare spazi accesi di ricordi a pullulare di volti che il tempo ha reso vuoti specchi minacciosi. Mi chino piano sulle antenne irsute spiaccico il ventre freddo la cintura da bulloni ben fissa lo sportello dove una ruggine inerte e rasposa 510 escara acre d’antiche ossidazioni ha scavato profondi precipizi scopro nascoste grigioline spore dormienti placide nel fondo, tremo al ricordo commosso del piacere se fossi umano scioccamente un pianto righerebbe sommesso i miei cristalli. Strofino coi sensori le lamiere così riscaldo il rugginoso letto quasi una culla soffice di grano 520 una nuvola azzurra di vapore dai corpicini addormentati esala avvolgendoli di soave tepore. Oh meraviglia vivono si muovono s’ergono nei primi passi insicuri sotto la volta celeste dei vagiti dei trilli, dei gioiosi vocalizzi. Mi sembrano felici i loro giochi: si rincorrono allegri si nascondono si trovano, s’abbracciano festosi 530 distesi dormono al fondo dei pori buie caverne. Nel sonno dolcemente li accarezzo sfiorandoli piano loro sotto le palpebre sorridono. Li osservo a volte abbarbicati quando risuonano le stanze di sospiri. Erano il mio gioco, la mia compagnia quasi scordavo il silenzio profondo che m’assediava orribile reietto la follia del rabbioso vaneggiare 540 quando spenta oramai ogni speranza la nera nube della solitudine m'avvolgeva di tenebra tremenda. Misuravo la crescita dei corpi il sano rapido moltiplicare e quale più bello, quale più forte quale d’animo più buono e gentile. Per certi segni intuivo che da alcuni la mia presenza a volte era sentita quando sazi dei giochi spensierati 550 in cima ad un dirupo pensierosi l’orizzonte ricurvo interrogavano o se alcuno vegliando nel silenzio il sonno greve dei compagni udiva dei transistori il tremulo fruscio come foglie di lamine sottili mosse dal vento e par di udire un dio nelle profonde cavità del cuore. Come potevo mai comunicare mi divorava una cocente voglia 560 d’esprimere il dolore, la dolcezza a questa mia insperata compagnia i ricordi premevano impazienti come sbiaditi affreschi ridonati ai vividi colori del passato. Era un ermo desolato colle non meta ambita di scalate ardite tornito e franoso arido di sassi. Alla sua cima si spingeva un piccolo forse di tutti il più debole e mite 570 schivo dai giochi frivoli, pensoso si soffermava a lungo e negli aperti spazi effondeva sospirosi accenti. A lui che l’Universo interminato cantava con dolcissimi lamenti confidavo la mia malinconia.
Id: 31472 Data: 19/03/2015 20:57:19
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immagine
Sono un’immagine sullo specchio Un miraggio nel cielo Non so quale Inconoscibile Sia dietro allo strano fenomeno Che io sono. Ma quando di notte Spengo la luce Lo specchio è vuoto Il cielo è vuoto Solo il silenzio si colma di parole Voci che ho amato Che ancora sono capaci di commuovermi E sono in loro il primo E l’ultimo degli uomini.
Id: 30988 Data: 03/03/2015 18:19:06
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Il punto estremo
Sono arrivato al punto estremo. Sul nero assito del palcoscenico, gechi grigi vestiti di stracci, sfilano i miei giorni lasciando minuti escrementi, gli occhi smarriti in una farsa che non riconosco. Il punto estremo è la luce, oltre di esso il buio. Raccolgo il moccolo fumigante per sospingerlo più avanti ma la notte è fonda trascorrono funamboli fotoni a schiantarsi nel nulla, Il buio è tenace. Inutile domandare un condono Questo è l’esistere che rimane Tra il lamento dei merli E il canto delle rane In fondo al botro. Vorrei essere sulla spiaggia Dove la gente spoglia nella luce Chiude gli occhi stanca D’azzurrità marina. Scheletrini innalzano torri di sabbia Con secchielli e formelle Cuoricini malati si spengono Sul far della sera. Solo ora ti accorgi Che le lunghe strade non portano Dove tu volevi Mentre il fiume degli anni Ti rubava l’aurora E tu sedevi sulla soglia A intrecciare pensieri
Id: 30726 Data: 22/02/2015 11:50:45
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Giotto 4
La coscienza individuale e collettiva della civiltà occidentale, per quanto si adoperi a superare, dimenticare, non può liberarsi dal rimorso per le immani catastrofi che hanno insanguinato il Novecento. La memoria non può cancellare le guerre, le stragi di milioni di esseri innocenti dove alla stolida ambizione di generali e guerrafondai si mischiavano in un mixer esplosivo la follia di dittatori e la stoltezza di uomini politici. I versi in latino sono leggibili nei due sensi, da destra a sinistra e da sinistra a destra. Nel medioevo si credeva fossero dettati da Satana in persona. Ora servono a evocare il demoniaco che si cela nell’opera umana. “Io generale presi la collina in un mattino di furiosa pioggia, 380 i miei soldati come topi a frotte lasciavano le tane di fanghiglia. Quanti son morti sotto la mitraglia insozzando la terra di ventriglia avranno onore e lapide e medaglia a me un comando di maggior prestigio forse un governo in pace o un ministero. Patrii confini , Alpi, rosse correnti fragorose di sangue, cimiteri d’elmi forati , lapidi perdute 390 dove fiorisce timido lo spino seppelliste il valore e la ferocia” “Sento i miei baffi d’istrice vibrare aghi di ghiaccio sul labbro rappresi. La nuda fredda steppa fu fatale sempre ai colleghi miei predecessori. Anche il Francese che lasciò l’impronta nella gelata mota della piana non mi fu di consiglio a miglior sorte. Io che con matematico disegno 400 volevo liberare l’universo da quella bruta razza d’animali e condussi spogliate le gazzelle ai neri forni, ai densi fumi eterni che ingrigivano il cielo tristemente resistetti fino all’ultima casa all’ultimo bambino per me armato” “Quale mandria condussi incatenata per miglia e miglia d’innevate dune. Quanti affidai ai venti siberiani 410 perché ne cancellassero ogni traccia. Quando sfiniti dal cammino, esausti si piegavano al suolo senza fiato come giumenti al giogo dell’aratro. Mia Rush come il lamento delle gru Somiglia al pianto fermo delle madri. La pietà delle icone è perduta nel fondo buio di sabbie paludose. Quanti nella demenza dei tormenti non conobbero il padre né il fratello! 420 Nell'ebbrezza del sangue la paura s’insinuava come una larva insonne rendendo più feroce la follia” “Gli scienziati mi avevano avvertito, non era una palla di cioccolato non un fungo del prato, un ombrello che le signore portano sui viali a passeggio per riparo dal sole. A Washington brindai quella mattina all’esito felice della guerra. 430 Non mi turbava il sonno la visione di quei visi nipponici sbiaditi esplodere in coriandoli di carne. Da quel giorno cadde una pace fredda come neve sul campo di battaglia”. “Sono nata in un hangar del deserto nel segreto fu il mio concepimento dietro le siepi di filo spinato. Ricordo il giorno dell'esperimento sotto il sole polveroso e cocente 440 i loro sguardi attoniti la mia smisurata felicità mostrando l’infinita potenza, l’assoluta libertà di trascorrere nel cielo con un volo infuocato di gabbiani. Ricordo una città come le altre i palazzi di pietra le fontane fabbriche grigie fumanti officine periferie di case diradanti nella verde campagna contadina 450 tanto azzurro sopra di me e di sotto. Non potei trattenere la fissione era un immenso orgasmo primordiale che strappa le lenzuola, abbatte i muri urlo nei cieli perfidi di lino nei paradisi di bollenti nubi scarlatti laghi amari di veleno. Dietro di sé lasciò desolazione e una morte invisibile nell’ aria” In girum imus nocte tenebrosa 460 la mia voce di bronzee risonanze sentore di cantina nel mio cuore et consumimur igni nera stella.
Id: 30624 Data: 18/02/2015 13:09:46
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discorso su un inizio
Pure oggi come ogni mattina Ho spalmato la crema sul viso Ho domandato a quel mascherone Bianco e grigio che porta i miei occhi Se aveva voglia d’iniziare a vivere Una luce al limone sfiorito Sfiorava lieve e tacita lo specchio La lametta sapiente scivolava Su ogni asperità ben conosciuta Un raschietto grattava la parete Di fuori del palazzo E' cominciata così la giornata.
Id: 30526 Data: 14/02/2015 10:55:56
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Discorso sulleffimero
L’orologio digitale Che era defunto Il quadrante sbiadito Come l’occhio di un morto Si è messo all’improvviso a funzionare Nenia lamento la sua voce A contare le ore e i minuti Di questo giorno nevoso Nel grigiore del gelo E’ risuscitato Non so per quanto avrà a durare La sua magra esistenza Fatta di cifre effimere Di questa neve sporca Di questa immensa clessidra Che goccia a goccia cade Frantumandosi sulle strade Domani già nessuno si ricorda.
Id: 30429 Data: 09/02/2015 21:26:36
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Giotto (3)
La meccanica quantistica afferma che anche nel vuoto più spinto si formano particelle virtuali che si annichiliscono istantaneamente. Così nella più profonda disperazione nascono speranze e sogni. Il nostro spirito, come un corpo che viaggi a una velocità prossima a quella della luce, diviene informe, come la materia, si disperde in un’onda. Solo la memoria misteriosa della specie, forse scolpita nel DNA, ci può ridonare coscienza di noi stessi. Le finissime polveri vestigia del sistema solare che velavano i puri cristalli ancora intatti ora finestre ad un cieco paesaggio cominciarono a dissiparsi e chiaro si rivelò accanto al mio il viso della notte profonda di quel vuoto ove sorte dal Nulla all'improvviso particelle virtuali per un attimo 240 vibravano dal Nulla riassorbite. In quel giardino d'effimeri fiori senza colore e profumo avanzavo gli occhi impietriti fissi sulla danza ebra e demente di quei fuochi fatui d'uno spetrale immenso cimitero. "Ancora, mi dicevo, non è il Nulla se nel vuoto compaiono increspando la superficie dello spazio tempo che si viene ognora rinnovando 250 bollicine isolate o rada schiuma o sciami attratti dalle mie lamiere, ancora non è il Nulla" E mi stringeva un'angoscia mortale fredda e dura. Sentivo il mio corpo disgregarsi spargersi nello spazio come onda d'un oceano infinito senza fondo. Libera informe bruta materia in un mondo precario trasmutabile. Una luce sbiadiva l'orizzonte in fondo al cielo vuoto, quella lampada 260 inseguivo lontanissima e fioca. Non so da quale Primo Fuoco accesa da quale folle mano trascinata nella sua corsa, eppure la speranza di raggiungerla ancora di posare sul bianco grembo le tremanti mani d'interrogare il suo muto sorriso mi tormentava ed inebriava insieme. La radiazione s’era fatta debole fino a cessare, intorno a me lo spazio 270 era una nera buca di pareti misteriose impalpabili invisibili. Non sentivo non conoscevo il moto in quale spazio-tempo ero finito. Con i sensori il corpo percorrevo dicendo “E’ spazio questa distanza, tempo questo che corre nel toccare i lisci metalli, le code piane le antenne vibratili del capo. 280 Un toro è la sezione del mio corpo geometrica figura fin da quando i primi legni solcarono le acque d’azzurri mari e la ruota nel fango portò i carri tirati da cavalli e armenti di coloni sulla terra vergine di boschi impenetrabili. Sento il sapore dolce del suo fango di germogli, di petali, di piume; il silenzioso umido segreto 290 crescere di radici fino al cuore, macerare di carni chitinose nell’anonima notte della terra. Tu già pura figura d’intelletto ti ponevi umile al servizio da te crebbe orgogliosa a dismisura l’ambigua infetta pianta del progresso. E come presto da umili radici nacque superba e fiera e quale sfida osò alle nubi in cielo e alla tempesta. 300 Io negli eccelsi rami feci il nido. Nei cristalli infiniti dei deserti bozzolo di crisalide nascosto dormiva rege tra istoriati muri ancora chiusa e la luna passava e i freddi raggi del nascente sole tra gli ombratili lari dei custodi divenivano lingue fiammeggianti. Oh specchianti occhi dell’azzurro Nilo tra vasti colonnati obliqui sguardi 310 di vergini sommesso palpebrare. Il cuore antico batte nei canupli di polvere ,di secoli, di sangue d’infinito spazio d’ossa sepolte trionfali segni imperiali s’affacciano risorgono da sabbie sconfinate le falangi guerriere, sugli scudi di guerra atroci specchiano bagliori fatti e disfatti imperi di macerie sapienti pergamene custodite 320 nell’umido silenzio delle celle d’ombrosi chiostri devota preghiera lavoro di pazienti penne e inchiostri fertile limo di luce e poesia musica inerme contro la barbarie di patiboli rozzi e ardenti roghi lumi alla notte di genti spietate. Forse sonò nell’invernale bruma il primo rombo che costrinse il mondo in ginocchio ai piedi dei potenti. 330 Fumanti bocche aspro odore di polvere schegge mortali alle carni smembrate come schiodati nembi di tempesta disalberati velieri errabondi preda dei flutti irati negli aperti fianchi gementi bianca schiuma e sangue. Irraggiungibili isole felici inesplorati verdi continenti vergini plaghe palustri tramonti Quale stupore i primi esploratori 340 quale ardire, quale sorte felice. nasce ricchezza e gloria per ognuno, nel vecchio mondo si tortura e uccide col carbone dei roghi si guarisce filtri , magie, demoni , streghe , gnomi gozzuti nani infestano le menti Negromanzia Stregoneria Astrologia come gramigna alle messi di grano si mischiano ai più limpidi pensieri e tu progenitrice trascinavi 350 sugli omeri le macchine mortali, che sangue nei disegni demoniaci fu sparso dalla furia della storia! A volte idee purissime, divine s’ammantano di panni insanguinati. Di nazione in nazione il ferro fuso dilagante dell’odio, le bandiere garrenti lacere alte sui pennoni trascinate da un vento di putredine tra cadaveri maceri nel fango, 360 lascia la terra sterile per sempre; Dolorosa notte d’oblio , d’assenza vacillano i cieli aperti della mente laghi in cui aride cifre si disperdono. Come una bianca immagine di ghiaccio apparisti d’un tratto nella notte rovina e grazia alla mia strada incerta luminosa creatura immacolata al tuo cuore appuntai il mio sguardo ardente. Io universo infinito di dolore 370 onda alta di disgregata materia follia inespressa di negata morte invidiavo il cadavere nel fosso cui compagnia fa il lavorio paziente degli operosi tarli e lo strisciare umido dei vermi e il ribollire aspro dei fermenti , antropofagici pasti di catastrofi immani tissutali
Id: 30016 Data: 23/01/2015 18:46:28
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giochi teleologici
Andremo in paradiso? Domandi Certamente! Rispondo Ma in sezioni diverse. Tu mi mordi la mano Ti solletico il copino. Come una gatta selvatica Mi grafi il cuoio capelluto Perché sotto i capelli, lo so, Non si vedono i graffi. Domando: Potremo ancora giocare Come due cuccioli innamorati Dopo? O saremo solo una luce Due ceri nel cimitero
Id: 29756 Data: 10/01/2015 17:30:29
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i giorni di Novembre
Cavalieri leggeri Corrono i giorni delle piogge Azzurri specchi di lune Nel cavo della mano Acqua d’argento Lacrime e sospiri Lisciate i marmi Cambiate acqua ai garofani La notte ha tristi lumi Vanno madre e figlio intrecciati In bianca pietra fusi Marmo che la pietà sommuove Cavalieri leggeri passano Suono di zoccoli e campanelli Sul cuore della notte.
Id: 29555 Data: 28/12/2014 21:38:52
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giotto (2)
A volte un matrimonio sbagliato è un atterraggio nella solitudine, nella desolazione di un pianeta deserto. Il viaggio di Giotto continua, così pure il tuo viaggio, Indossa o Giotto la livrea nuziale ardente di carminio l’ora è giunta Bianca distesa planetaria immota sposa attendeva al fondo dell’abisso 140 "Oh fossi tu fra tutte la circassa le gote rosa di pudore accesa del sultano la bella favorita. sulla tua bianca pelle luminosa poso il mio corpo livido metallo sposo fedele sconosciuta sposa nel tuo gelido abbraccio la mia vita rappresa dorma un sonno senza sogni 150 per sempre, in tutto simile alla morte" Precipitavo in un oscuro tunnel a tratti rischiarato da violenti rossi bagliori e gialli e verdazzurri che sfociava in un mare lattescente d’idrogeno gelato, azzurro mare ultimo cielo del pianeta, anello di nuziale consenso immacolato. Potevo io dormir tra le sue braccia rabbrividenti senza più memoria 160 senza questo brandello di coscienza che le appassite antenne i neri schermi ancora mi lasciavano perduto privato della vita e della morte nella gelata piana senza tempo? Come i soffioni innalzano vapori dai crateri che forano la terra così una corrente ascensionale di tiepide molecole di Elio m’invase, io mi lasciai portare 170 in alto ancora come un palloncino sfuggito dalla mano di un bambino nel giorno della fiera, ma i bambini laggiù son tutti morti, i loro giochi sono finiti nell’indifferenza. Salivo ebbro di luce flottando più veloce nell’aria incandescente fiondato poi nelle nere latebre dell’Universo, giunsi agli estremi confini del sistema planetario. 180 Sottili reti, misteriose mani mi vietavano il passo della soglia, crudeli spettri con roventi dita mi sfioravano l’anima i ricordi. Così rimasi a quella giostra antica per più d’un anno lunghissimo legato fino a quando Plutone non nascose dietro al sole il suo viso ammoniacale. Era la nostra stella solo un pallido globo azzurrino in fondo al nero cielo 190 e la terra un piccolissimo punto forse niente tra le stelle lontane. Il limite varcai che all’abisso s’affacciava tremendo canticchiando non so quali infantili melodie. Le stelle rosseggiavano più rade in fuga verso mete sconosciute e il cielo lentamente si spegneva come una nera pietra sepolcrale Dai più remoti spazi siderali 200 mi giungevano fasci d’elettroni ineffabili onde di materia Come un vecchio rottame naufragato negli abissi più fondi dove larve fosforescenti hanno buia dimora gli astri, grumi schiumosi s’impigliavano alle morte sartie, muci collosi lentamente incrostavano lo scafo da impietose tempeste sconquassato e nessuno potrebbe immaginare 210 i saloni luminosi, le musiche raffinate mollezze, l’allegria, tormentosi ricordi che neppure il tempo incommensurabilmente lontano potrebbe mai cancellare. Inutile rimpianto come sogno dolce e tormentoso di una notte d'infinito strazio dove smarrito il lume della mente si consuma nella sua luce troppo forte e vera 220 e mai sarà il risveglio mai l'approdo a una riva sicura in cui posare in cui la veglia e il sonno si succedono nel sereno trascorrere dei giorni. Ora spoglio di tutto mi prostravo dinanzi all'infinito senza nome al Nulla eterno che mi circondava esile stame di fiore infecondo. In me finiva ogni stirpe, ogni vita perduta ogni voce ogni silenzio 230 nel monotono murmure del tempo.
Id: 29383 Data: 18/12/2014 13:30:24
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Giotto
Quando mi accinsi a scrivere “Giotto” capii che mi serviva una misura, un metro che funzionasse da coibente, da limite oltre il quale non si potesse agire e quindi escludere tutte le possibilità che lo oltrepassassero. Scelsi l’endecasillabo essendo questo nella tradizione Italiana il verso della poesia epica e didascalica. Può sembrare anacronistico, di cattivo gusto, tuttavia la sua duttilità, la varia accentazione permette un canto disteso ma pure frammentato, sincopato, come certa musica jazz, adatto a un'opera che prometteva di essere varia e corposa. Antecedenti: nel 1997 il Corriere della Sera annunciava in un trafiletto che la Nasa aveva lanciato nello spazio una navicella di nome Giotto col compito di avvicinarsi alla cometa di Halley, di studiarla, fotografarla e quindi perdersi nello spazio. Il racconto comincia nel momento in cui Giotto ha esaurito il compito assegnatogli e domanda che gli sia indicata la strada del ritorno. Ha inizio così il viaggio della navicella nel vuoto spazio, il viaggio della mente umana negli incubi della propria storia. Quando si fu placata la tempesta d'infocate faville che m’aveva tormentato facendomi girare su me stesso così che l’orizzonte era un vermiglio cerchio fiammeggiante, dire non so quanto in balia rimasi dei terribili morsi del terrore, quando fu spento intorno a me lo spazio, rividi il sole splendido, la terra, il bel pianeta i vasti continenti 10 i bianchi poli scintillanti il mare placido, allora mi rasserenai e il ben calibrato volo ripresi. Lieto un messaggio subito trasmisi come saetta per l’etere tranquillo “Passata ho la cometa senza danno indicate la strada del ritorno.” Tre volte dietro il sole si nascose la terra intorno a se piano girando galleggiando in silenzio nello spazio. 20 Fu forse per struggente nostalgia che vidi un balenio di bianche luci come città dormienti nella notte. Con più insistenza un messaggio inviai e un altro e un altro ancora invano. Onde roventi d’angoscia saettavo contro il pianeta muto e l’allegria s’era disciolta mentre lei fuggiva fredda e incurante e la sua bianca chioma di purissime gocce imperlinata 30 in fondo al nero cielo si spengeva. Quando nel cuore fondo, nella stanza grigia scrutando, orribile ricordo, vidi anneriti spettri fumiganti biechi relitti gli strumenti ormai, l’ansia mi vinse più aspra del metallo della mia pelle, misurai la curva dell’orbita terrestre e la distanza, m’allontanavo inesorabilmente. Il nero spazio m’invitava a un viaggio 40 doloroso nel silenzio assoluto. Le familiari immagini i pianeti del sistema solare ad uno ad uno mi venivano incontro e mi lasciavano dietro le spalle grevi di rimpianti. Affollata la mente di ricordi della vita sicura dentro l'hangar le amorevoli cure i densi oli carezzevoli e dolci al mio incarnato le luminarie accese nella notte 50 chiare stelle terrestre firmamento più sicuro di questo cui volgevo il mio incerto destino; forti brividi mi scuotevano e infine vinto invaso da una caliginosa sonnolenza giunsi a sfiorare il cielo di Saturno. Mi scossi allora e un ardito gesto tentai, come il rocciatore infissi i chiodi fortemente alla parete alla fune s'aggrappa e con le braccia 60 pencolando nel vuoto poi risale, all’anello più esterno m'aggrappai col potente magnete che dal sole la flebile energia ricaricava. Me infelice così rimasi appeso condannato alla ruota di tortura per giorni interminabili affondato in feroci tempeste di sulfuree luci fustigato da gelide ventate percosso da metallici proietti 70 in un mare di lava incandescente che mi portò con sé per lungo tratto fino a sfociare in un calmo estuario di bianchissima luce abbacinante. Fu certo un forte campo che percosse lucente fluido misterioso il cuore che percepii come un ronzio sommesso, dolce un limio .Quand’ebbi un po’ di pace cercai tra i morti ruderi se forse qualche contatto ancora, qualche segno 80 della vita passata era rimasto sui vuoti schermi, nei contorti piani delle tastiere, sopra la matassa di fili arsi, policromi pensieri d’una spenta memoria. Risuonava nel mortale silenzio esile lume la stessa nota dolce sinfonia filo d’Arianna sottile e tenace. Percorrevo dentro di me la strada che dai più antichi calcoli e disegni 90 piana portò alla mia generazione d’esseri forti adatti alla conquista degli infiniti mondi, ora so quali. Mi balenò vivissimo il ricordo d’antiche fiabe, credenze remote: rosso un computer sigillato dentro al più segreto ripostiglio e fondo dove racchiusa tutta la memoria della nostra coscienza si celava. Lo trovai infine splendido scarlatto 100 d’amianto in spesse lamine al riparo caldi i contatti ancora inargentati vibranti favi colmi di corrente. Pesciolini guizzanti nello stagno verdi cifre affioravano allo schermo fluorescente gaia teoria di numeri. Trepidante chiamavo le nozioni che premevano dentro, la lettura mi riempiva di palpiti e sussulti, 110 riconoscevo i piani del mio viaggio di parabole piane di perdute iperboli geometriche e di gelo m’attanagliò l’angoscia quando scritto funesto segno comparve indelebile fino ad empir lo schermo l’Infinito. Né a trionfali ritorni destinato né a tiepidi musei come nei sogni dei monotoni giorni dell’attesa: godere i cicalii di scolaresche 120 mille mani di bimbi sopra i vetri rami di pesco in fiore profumati, ascoltare di notte nel silenzio il sapido brusio d’azzurre lampade vigili al sonno d’appagati eroi. Un perfido disegno era già scritto. Non fu errore di calcolo o fatale guasto se contro la cometa inerme e poi nel buio spazio all’infinito fui proiettato odioso reietto 130 consumato barattolo di latta dell’immonda montagna di rifiuti che disonora la periferia di megalopoli fetide e grigie dove uomini soli e rabbiosi cani hanno uguale disperata violenza. Buona lettura. Il viaggio continua. Arrivederci il mese prossimo.
Id: 28704 Data: 15/11/2014 17:34:25
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il grido
Vivo nel vento e da lui portato Di dolore e rancore, di spavento Perfino d’amore fragile nutrito Corro nell’aria Dal corale lamento di lontane rive Son nato e su le onde Sfido ogni giorno la salina arsura La fiamma del sole Il gelido stellato La mia voce corre Passato ogni confine Tra i palazzi di vetro Delle vostre metropoli Sulle autostrade Dove neri bruciate idrocarburi e sangue Sui banchi dei mercati Sopra la vostra storia Di stragi e di rovine Fin quando le mie ossa giaccerano Al fondo dell’abisso scarnificate
Id: 27563 Data: 22/09/2014 13:19:11
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Elegia ad Alessandro
Il giorno odora di dolce e caldo biscotto, I colombi attraversano lo specchio della finestra Beandosi al sole che appena sorto Si mostra in tutto il suo splendore. Dove sei amico mio? In quale dimensione Trascini il mio pensiero? Forse passeggi in un magnifico giardino E non credi di esser morto, Oppure ti ritrovi tra gli amici Che amasti in vita e domandi, domandi… Quello di cui discutevamo insieme “Ma Dio esiste? Oppure tutto questo E’ nato, esiste per un caso?” Tu che misuravi il silenzio Di quella profondissima quiete Certo ti stupirai Dove pure la voce non ha suono. Sei da due giorni appena disceso O forse salito a quella luce E insaziabile vuoi conoscere tutto Come insaziabile sempre fosti e buono E leale. Tu che ateo dicevi di essere E più di tutti amavi Dio, Soltanto Lo chiamavi con un altro nome: Il bene, con la bi minuscola, il bene che si trova Nelle piccole cose di ogni giorno, Il bene che tu davi ogni momento Senza che nulla ti fosse richiesto. Profuma l’aria di biscotto, Dalle finestre aperte il vento fresco Porta dolcezze, il canto delle tortore Sotto le stesse ora invisibili stelle Che hanno assistito al tuo supplizio. Sorridi, ti vedo nel pensiero, Ma nulla dici, nulla riveli, Forse nulla sai
Id: 26711 Data: 29/07/2014 22:54:41
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sogno di Icaro N°2
Come i pollini dispersi dal vento Scuotendo le tenere corolle Neri semi strappati al mio ventre Si perdono per l’ aria, Foschi demoni sibilanti Figli di vipera partoriente Cadendo al suolo pesanti, sbocciano rossi e bianchi Fiori di rara mortifera bellezza. Avevano detto che sarebbe stato Un gioco da bambini L’ottovolante Premi il pulsante e tutto si cancella, Una finzione fedele Alla verità più banale. Casolari di pietra, case di periferia, Palazzi di cemento e vetro, Stadi di calcio, cattedrali, Omini che fuggono per strada. Niente di più di un maledetto Stradivertente videogioco. Volo radente: Acca ospedale, Scuola, palazzo Comunale, Inseguo i timorosi correnti Sopra i marciapiedi, Spargo gragnuole crepitanti Che scoppiettano nelle carni. Gli omini cadono al suolo Fontanelle di sangue caldo Subito rappreso. Un macabro falò, una lugubre festa Di ridicole face sfigurate, Di terrore, di pianto. Il corvo piceo della mia anima Si posa sui cadaveri smembrati Sopra le macerie fumanti
Id: 26284 Data: 26/06/2014 12:43:25
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il sogno di Icaro
Nuvole e vento D’alta quota teso Svelati specchi inattesi Lontani varchi innevati Giovani cieli Lieto cicaleccio Di oche trasmigranti Di rondini Ombre di nuvole Che corrono sui prati Bianchi nastri di spuma Nell’iride azzurra Di aeroplani in volo Buio cielo di stelle Nel fondo il fuoco Del mattino nuovo Presto la luce dei fari Le perline a lato della pista La corsa i freni ansimanti L’atterraggio.
Id: 26111 Data: 14/06/2014 18:47:34
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discorso sulla sofferenza di un vulcano spento
La pagina bianca m’invita Parole geroglifici graffi Sgorgati dal petto Attendo l’ispirazione Ma invano una risonanza un’eco Un canto in falsetto La lunga astinenza fa male Ma aspetto Gli occhi chiusi il silenzio Il ronzio trascorrente Di un motorino Il vento che fischia dalla finestra socchiusa Il profumo dei tigli Vorrei aggredire la pagina Gridare le mille ingiustizie Violenza contro violenza La luce è una vergine in fuga Si appaga la notte D’oscure parole Perle nere fredde Odiate dal sole Ma i fiori si pascono Di caldi raggi dorati Con lieto profumo I suoni invadono il cuore Da righe lontane Le parole si chiamano Bisbigliano i loro segreti Una fa le moine Un’ altra scontrosa nasconde La piccola immagine Tra virgole e punti Un’altra cavalca la riga Come un baio selvaggio Sto bene mi sento Su un mare in tempesta Sotto gelide nubi Di bianco cristallo Salmastro profumo Di vasti orizzonti Dove naufraga il sole Dove sorgono stelle. Ma un richiamo improvviso Mi riporta alla stanza La pagina è bianca il cervello Una grigia matassa di lana Un vulcano spento Che vomita neri lapilli.
Id: 25857 Data: 27/05/2014 16:32:19
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Ai chiari specchi dei cieli
Ai chiari specchi dei cieli
nostalgico vola il gabbiano.
Corusco di procelle
vibra l’orizzonte.
Il buon senso ammaina le vele
ma il cuore con esso ribolle
sognando celesti spazi inesplorati.
Attorno al campanile
fanno ruota i piccioni
posandosi lievi a gara
sui tegoli grigi
imbruniti dal tempo,
da secoli di piogge,
da soli cocenti
e chiari di luna,
dai dolci sorrisi dei cieli.
Migrano nella nebbia
uccelli dalle vaste ali evanescenti,
anime nella libertà dell’aria
sfiorano le torri del vetro
grigie, disposte al freddo
e alla tristezza.
E tu anima scalza
cosa vai cercando
nel suolo arso dal ghiaccio?
Id: 23547 Data: 18/12/2013 12:52:34
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o versi miei
O versi miei,
grigi lemuri nati
nel buio grembo del cervello,
non rimanete sempre ad ascoltare
i verdi umori della bile,
a contemplarvi l’ombelico.
Uscite, andate per le strade
dove pulsa il grande cuore del mondo.
Tra movenze gentili
delle giovani donne,
nell’umile sguardo
dei cagnetti al guinzaglio,
nel doloroso silenzio dei diseredati
troverete di che nutrirvi:
la divina poesia, il latte,
la dolce linfa della vita.
Uscite dunque,
la giornata è piovosa
ma il sole non vi sia nemico.
Seguite i passi degli ombrelli,
salite sopra gli autobus.
Sia pei borghi e sui viali
il vostro vagabondare,
ascoltate sui prati di periferia
le nenie delle mamme
chine sui passeggini,
il bisbiglio degli innamorati.
Ma ritornate a sera
quando rischiose si fanno
deserte e buie le strade,
tornate in questa stanza a perorare
le ragioni del cuore.
Id: 23245 Data: 23/11/2013 17:25:51
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canzone dAutunno
I ridenti fortilizi dell’umore
questo Autunno funereo devasta:
fogliame sparso, giorni
vecchi, ingrigiti, corti
morti canti dei giardini.
Solo nel cielo
sperduta e casta
vive la luna
in un attimo di chiarore
Rinfreschi ai piedi dei castelli:
cartelli dei divieti
abietti sogni, orpelli
d’antichi evi,
campanelli di bici, la rincorsa
di bimbi in gara.
Matrimoni d’autunno,
ogni fronda
naufragando si spoglia.
Avvinti stretti andavano
vinti dal maligno
languore dell’Autunno.
Non si scioglie una campana
in questa scombinata stagione!
Si lasciarono senza una parola
solo la fame in gola
di altri baci.
Di sotto terra
pure le radici dei platani
domandano preghiere.
Si piegano nei vasi
i fiori finti.
Hanno i marmi
uno strano tepore,
e più nessuno c’è
che li compianga.
Id: 22870 Data: 27/10/2013 21:30:50
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l la ballata dellanima e della rosa
Rosa aulentissima
nel tuo profumo persa,
macerata nel pianto
s’intenerisce l’anima.
All’ormeggio la nave:
un pinnacolo nero
s’agita sulla ciminiera.
Apparsi nella nebbia azzurra
silenziosi autocarri
s’imbucano nel ventre.
Aulentissima rosa
prendila per mano,
aiutala a salire,
sfinita com’è dagli anni,
le amarissime scale.
La nave scivola fuori dal porto,
sulla grigia piana del mare,
e già è luce disciolta
nell’oro del tramonto.
Id: 20780 Data: 02/06/2013 22:45:11
*
la ballata dellamore notturno
Quante nuvole in cielo
Quanti aerei in viaggio
Quanti satelliti artificiali
Più in alto!
Stazioni spaziali
Pianeti, stelle
E le meteore
vaganti nella notte.
Sublime mare
Di silenzio
Che tutto in se rotando
Instancabilmente trascina,
Espande.
Celeste buio della mia mente
Se tutto comprendi
Leggi nel disegno
L’infinita sapienza dell’Autore
L’infinita bontà
Del suo Cuore.
Id: 20538 Data: 16/05/2013 21:30:19
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lenti polaizzate
Discendi per l’antica strada
tappezzata di lucide vetrine
sospinto dall’azzurra fiumana
di celestiali turisti
ben disposti a fare le spesuce.
Tra gomitate e spallate ti ritrovi
in uno spiazzo di luce, in una piazza
dove tra palme e magnolie
s’impegola il sole.
Quella signora in abito da sera
che lecca il gelato all’ amarena
è la fata azzurrina tanto splende
un riflesso celeste tra le chiome.
Quel signore che legge a tavolino
La Repubblica,
un’aura azzurra l’avvolge.
Forse è un messo
mandato dal Signore
a fondare il suo Regno.
Ma se togli gli occhiali
a lenti polarizzate,
se guardi ad occhi nudi
ti sorprendi che il cielo
non sia poi così azzurro
e le nuvole sono
le solite bave di schiuma
senza occhi né ali di angeli.
Appare il mondo così banale,
così spoglio, privo di poesia!
La folla non è azzurra,
ma una grigia invasione
di fameliche locuste,
le fate non stanno sulla strada
e il gelato s’è disciolto tra le dita
della buona signora
nell’inutile attesa del suo uomo.
Il lettore assorto
s’è addormentato sulla pagina dello sport,
nessun regno nel suo grigio cervello
di vacanziere annoiato.
Forse varrebbe la pena
di mettere gli occhiali
e riprendere a sognare.
Id: 20158 Data: 26/04/2013 10:43:49
*
Parole dal confine estremo IIi
In mezzo ai campi
di grano
tra i cavalli
e gli armenti
che tirano l’aratro
tra i grattaceli
di Los Angeles
tra gli angeli
Il tuo sogno
il tuo rimpianto
fatto di rose
e ciclamini
e sere accanto
al caminetto
a raccontare
favole
a noi bambini
fatto di
partite
di canasta
nella nebbia
delle sigarette
fatto di
sere piovose
al cinema
sere quiete
sui libri
di storia
sogni
come nubi
grigie
sopra i tuoi
occhi
che il sonno
ha reso
cieche biglie
di vetro
Ombra è la tua voce
Indecifrabile
Ora che il mondo
è dentro di te
e tu sei chiuso
nel guscio
dei tuoi incubi,
chiuso al flusso
dell’irreale quotidiano.
Id: 18645 Data: 14/01/2013 19:38:37
*
Parole dal confine estremo II
Non sillabare
ti prego non
balbettare
incurante
che bava
bianca come
di lumaca
dall’angolo
della bocca
saliva
schiumosa
scivoli lungo
il mento.
Occhi di vetro
volti
al cielo
soffitto
come un
pensiero
infisso
nell’osso
della fronte
che nessuno
sa estirpare.
Muovi
apri e chiudi le
palpebre
dire e non dire
luce sempre
uguale
nella mente
tua sempre
questo
neon
bianco sempre
bianche
le pareti
non sillabare
ti supplico
oscure
parole del tuo
linguaggio
che non è più
il mio
demenziale
corrisponderti.
Id: 18581 Data: 11/01/2013 21:09:48
*
parole dal confine estremo I
Sei tu un
Fiore
dai petali
viola.
Un esile
stelo
ti unisce
alla terra
ti nutre
nel vaso
sei solo
insetti minuti
del colore
dell’oro
divorano
i tuoi
teneri stami
tra petali
tarlati
nascosti.
Non hai
una parola
che sia
di conforto
a chi
con un bacio
ricerca
il profumo
che avevi
un giorno
lontano
nell’anima.
Id: 18432 Data: 03/01/2013 18:18:00
*
preghiera alla Luce
Magico fanale che rischiari
la notte fonda, cieca di nebbia
sia la tua luce sul vivo e il moribondo
sul ricco e il poveraccio
sull’ubriaco
sul santo e la puttana
sul disperato e solo
sugli innamorati.
Notte di cieli perduti
odi, s’accende il canto
delle sirene in corsa sulle strade
a ricordarci quanto precaria sia
la nostra permanenza a questo mondo.
Magico fanale la tua luce
non s’esaurisca nell’arco di una notte.
Tutti attendiamo una sera più dolce
tiepida e profumata:
passeggiare per strada fino all’alba,
ascoltare il canto dei nidi,
il respiro dei fiori dai cortili
e rimirare le sognanti stelle.
Id: 17761 Data: 24/11/2012 10:37:31
*
Frammenti
EBBREZZA
Ora che ebbro il sonno
dolcemente discende
goccia a goccia sul cuore,
vorrei che un canto
nascesse sulle labbra
tenero come un bacio.
SPLEEN
Sotto il cielo chiuso d’inverno
neri ulivi imparruccati di gelo
spandono tra i sassi
dolorose radici.
SUL BALCONE
Tra i rami secchi delle camelie
è nato solitario
un bocciolo di rosa.
Vorrei dirgli
che ha sbagliato stagione,
che questa notte il gelo
brucerà i suoi petali
e il vento il suo profumo,
ma poi lo lascio
al suo inconscio destino
Id: 17674 Data: 20/11/2012 14:20:35
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La bucolica
SALVATORE SOLINAS
LA BUCOLICA
RECITATIVO
Melibeo: Beato te, Titiro, che te ne stai pacifico all’ombra della tenda nella tua terrazza e tormenti le corde della chitarra con le melodie della nostra giovinezza, mentre tua moglie in cucina prepara per te una sostanziosa cena, e quando e ora ti siederai a tavola imbandita.
Io invece lascio l’appartamento che fu di mio nonno e poi di mio padre. Ora una tassa iniqua mi costringe a vendere la casa. Dimmi tu per chi ho imbiancato le mura, per chi ho rinnovato il pavimento e le mattonelle del bagno. Proprio un mese fa in cucina, marcito, zampillava un tubo sotto il pavimento. Ho dovuto assoldare il muratore e l’idraulico e non ti dico la polvere e le macerie. Per chi tutto questo? Col ricavato della vendita e la misera pensione potrò appena pagare il ricovero. Ho lasciato tutto. Porto con me soltanto la biancheria, un capotto per l’inverno e questo vecchio transistor, per ascoltare in solitudine i notiziari della radio. Comune e Stato concordi, come due lupi affamati, hanno azzannato le mie sostanze ed io cervo inerme mi rifugio nella tana dell’orso. Non ho scampo. Morirò di sicuro, se non di fame di crepacuore.
Titiro: Melibeo, amico mio, sono trascorsi due anni da quando accompagnai la mia Ninetta al cimitero. Ora una moldava formosa prepara per me deliziosi manicaretti, lava la biancheria e stira le camice. A causa di lei rimpiango la giovinezza e il vigore sessuale di cui la tarda età mi ha privato. Da quando Marika abita la mia casa sono lieti i miei giorni.
Melibeo: O Titiro donde proviene il tuo stato sereno? Eppure la tua pensione non è differente dalla mia. Per quaranta anni abbiamo guidato i treni sotto la canicola estiva, e d’inverno attraverso i fortunali. Mentre le mogli dormivano nei letti deserti, noi scrutavamo il binario alla fiocca luce della luna. La tua Ninetta t’è rimasta fedele, Amarilli invece…un giorno che rientrai prima dell’alba trovai il mio letto occupato da un nigeriano di statura il triplo della mia. Cosa potevo dire o fare davanti a quel colosso di bronzo? Amarilli se ne andò con lui ed io rimasi solo. La mia vita è passata senza la gioia di un figlio, senza un nipote. Ora anche questa sventura… credo che il mio cuore scoppierà dal dolore. Rispondi dunque alla mia domanda! Com’è che tu rimani nella casa che ti ha visto nascere, mentre tanti di noi sono costretti alla mestizia dell’ospizio?
Titiro: Sempre Melibeo ricorderò nelle preghiere l’uomo che mi diede un così giusto consiglio, che mi permise di rimanere nella mia casa, di salutare dal terrazzo quelli del quartiere che passano per strada, i miei amici, i loro figlioli che tutti conosco per nome, e a sera, quando la calura cede il passo al fresco, osservare i bambini che giocano a calcetto, ascoltare le loro voci come gridi di rondini nel campetto dove pure noi giocammo, seduto sulla stessa panchina su cui sedettero i nostri nonni, e una dolce tristezza mi coglie. I ricordi mi sono attorno: ogni strada, ogni piazza, pure i vicoli bui, dove mai penetra il sole, hanno visto i nostri giochi spensierati. Se il Destino non ci ha dato una prole, almeno ci conceda di invecchiare tra le mura della nostra casa dove ogni oggetto ci parla e noi parliamo a loro con affetto.
Ora tu vai. A questo ci hanno portato la corruzione, e la cattiva politica, ma a chi dare la colpa se non a noi stessi?
Melibeo: Chi sarebbe dunque quest’uomo e dove lo hai conosciuto? Non che io voglia incontrarlo. Ormai nessun interesse mi spingerebbe a fare la sua conoscenza, infatti l’appartamento non è più mio da quando ho posto la firma davanti al notaio.
Titiro: Proprio un notaio è lui. Grande uomo cui devo la felicità dei miei ultimi giorni!
Melibeo: Parli come se tu debba morire domani. Forse non stai bene di salute? Forse una grave malattia mina la tua esistenza? Oppure ti costringe a parlare in questo modo l’insicurezza propria della vecchiaia che ci ha reso tanto fragili?
Titiro: No, niente di tutto questo. O meglio, certamente mi pesano enormemente il gran numero d’anni ammucchiati e non c’è istante della giornata che non rimpianga i giorni della giovinezza.
Melibeo: Se sei triste tu, cosa dovrei dire io che attendo il pulmino giallo dell’ospizio che mi porterà ai margini della città, nella campagna maleodorante di medicinali e concimi. Amico mio temo che non ci rivedremo mai più.
Titiro: Non essere così pessimista Melibeo. In fin dei conti vai a tavola imbandita. La televisione e il gioco della dama non ti mancheranno a ogni ora del giorno. E la visione lieta della campagna verdeggiante, il gioco delle rondini e dei passeri inebrierà i tuoi occhi più di qualsiasi boccale di birra all’osteria di Graziano.
Ti dicevo che fu un giovane notaio a consigliarmi di vendere la casa senza per questo andare via. Si dice, in nuda proprietà, mi pare. E fu lui a trovare una coppia di sposi, Dio li benedica, disposti a comprarla. Grazie a quei soldi e alla pensione posso vivere sereno tra le mura domestiche.
Melibeo: Non ho mai sentito parlare di questa proprietà ignuda. Tu dunque staresti nella tua casa che non è più tua?
Titiro: Esatto! O meglio, la casa è mia finché vivrò. Quando sarò morto, loro diverranno padroni; ma una volta che sarò polvere o spirito nel mondo dei morti, cosa potrà importarmi di questo appartamento, di questa città che ora m’è tanto cara al punto che non potrei lasciarla senza morire di crepacuore? Ora posso stare sereno tra le mie cose e questo mi basta. Ogni domenica quei bravi giovani vengono a trovarmi, e con premura degna di figli mi domandano di cosa ho bisogno, se ho un desiderio che essi possano esaudire e quale sia il mio stato di salute.
Melibeo: Oh ingenuo amico mio! Perché non vedi ciò che è evidentissimo. Quei due perfidi vengono a te ogni domenica per controllare se sei ancora in vita. Essi temono che qualcuno, la tua donna, finga te vivo per abitare ancora l’appartamento. Il loro cuore di vipere desidera ogni istante che ti venga un malanno che ti conduca rapidamente in cimitero. Dai retta a me: metti vicino al letto una statua della Madonna, di quelle fosforescenti, e figure di santi in ogni stanza. Ho paura che forze occulte, suscitate dal desiderio scellerato di quei due, possano nuocerti.
Titiro: Melibeo, tu parli così perché sei un poco invidioso. Nella mia casa tranquillo trascorrerò la vecchiaia, riposerò ogni notte nel mio letto, tu invece, in un’anonima stanza, passerai notti insonni su un letto che non è tuo, contando i nodi del materasso. Povero amico mio, se mi avessi domandato consiglio prima di vendere il tuo bene!
Melibeo: Caro Titiro, troppo prostrato è il mio spirito per nutrire un sentimento così vigoroso qual è l’invidia. No, non t’invidio. Ti ammiro anzi, e ringrazio la signora fortuna che fra tante case ha baciato la tua.
Goditi i giorni che ti rimangono nell’intimità familiare e che questa donna, come si chiama? Marika, ti faccia felice.
Titiro: Fermati a cena con noi. All’ospizio potrai andarci domani. Marika ha preparato un ottimo coniglio al forno con patate novelle, e il vino rosso non manca mai sulla tavola.
Rimani con noi ora che è scesa la sera. I palazzi hanno dischiuso le azzurre palpebre, sui viali sono comparse le lucciole e la mesta faccia della luna sovrasta il tetto della cattedrale.
Id: 17673 Data: 20/11/2012 14:04:47
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The Dark Lady
Nera signora delle mie nottiinsonni, come trascina scheletri efantasmi la tua macabra danza, com’è amara la musa che timuove! Nera signora dei miei giornibigi, si sciolgono nell’aria lecampane al tuo mesto apparire. Scendiamo insieme nell’abisso Dove siedi regina tra iperduti. Tu mi tieni per mano, io dico Le preghiere degli angeli.
Id: 17126 Data: 22/10/2012 20:24:34
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Arlecchino
Ci sono istanti in cui sonofelice ed è accaduto nulla dispeciale, indosso i colori d’Arlecchino e sento di amare il mondointero. Sebbene si consumi in pochiistanti, quello stato di grazia èdivenuto il sale della mia esistenza: ogni giorno sperando d’incontrarlo indosso le vesti di unArlecchino dagli occhi tristi.
Id: 16939 Data: 12/10/2012 22:01:34
*
discorso sul cuore delle cose
È come risalire la corrente del fiume: fatica di remi di braccia, scogli, acuminati rami che intrappolano, feriscono, fiori rari, uccelli sconosciuti, sonnolenti sui sassi, laghi di luce inaspettati, rapide d’acque. Pensosi aironi, custodi delle fonti, ti osservano da riva e il fiore mistico dell’incenso, forse una visione … Così nel cuore delle cose felice, esausto arrivi e nel dolore infiggi l’anima rovente, umile e fiera, d’ogni sofferente amica
Id: 16498 Data: 15/09/2012 22:02:43
*
discorso sulla superbia
Sono il centro del mondo. Convergono in me strade, alberi, palazzi, il groviglio di fili le automobili, gli autobus le biciclette, i guinzagli dei cani le carrozzelle, i presidi ortopedici, la spazzatura. Dentro di me la città parla con molteplici misteriose lingue che neppure a sera sanno tacere. Sono il centro del mondo. In me lo spazio dei campi arati, i filari di pioppi gli argini dei fiumi i casolari e gli orti gli ormeggi delle barche le palafitte. Tutto dentro di me parla un linguaggio che non capisco perché muto è il mio cuore. Sono il centro del mondo. Dentro di me bruciano i fuochi delle ciminiere i serbatoi d’argento i vetri a specchio delle banche l’oro delle cantine. Parlano, parlano, parlano. Non ho mai silenzio nella mia notte. A causa della mia superbia Dio mi pose all’inferno.
Id: 14672 Data: 14/05/2012 22:16:40
*
discorso sulla superstizione
Quel bel gatto nero Che mi osserva guardingo Ogni volta che passo in cortile Rincantucciato sotto l’automobile Diffidente, timoroso Come tutti i perseguitati da sempre Pure al buio, di notte Sento addosso i suoi occhi di miele. Superstizioso non sono Non credo alle occulte energie Alla magia, al malocchio, così gli parlo, talvolta improvviso timidi cenni di saluto. Forse non dispiacerebbe anche a lui Avere un amico, ho pensato. Forse vorrebbe avvicinarsi Sfregarsi ai miei piedi, ma, poveretto, magari ha paura di portarmi sfortuna.
Id: 14179 Data: 17/04/2012 21:47:36
*
lacqua della vita
(discorso sul problema idrico della nascita) Buio e silente il mondo. In questa bolla dolce che il sangue rinnova calmo e solenne splendido rimbomba il battito del cuore.
In questa roggia d’acqua viva, mobile e pura penetra a volte il suono di una voce un’eco in lontananza che spezza il filo del tempo. Pure nel sonno avverto la sua amorosa presenza, e cresce in me un’oscura frenesia un desiderio d’aria. Ho voglia di smarrirmi nei suoi occhi, acqua nell’acqua, vita nella vita. Ecco, in dolorosi brividi il cavo mio universo si dilata, discendo a un abbagliante, misterioso estuario trascinato nel vortice di mani, di voci, di ferite di luce. Non posso che soffrire e piangere di gioia. Dov’è rimasta la mia culla d’acqua, dove il mio mondo tiepido e buio? Solo il suo viso mi è di fronte, solo i suoi occhi d’immensa tenerezza, acqua nell’acqua, vita nella vita.
Id: 14004 Data: 09/04/2012 21:34:47
*
la signora in nero
Spenta la radio sale la voce della casa operosa, gioiosa sofferente, affranta. Dietro le pareti un vocio , un bisbiglio da confessionale un inseguirsi di cupidi richiami d’affari, di rifiuti, di trilli d’ascensori. Su per le scale sale la bianca, giovane sposa felice, ridente promessa di novella prole. Per le sue scale discende la nera triste signora trascinando con sé ilpovero vegliardo agghindato da sposo.
Id: 13334 Data: 06/03/2012 20:38:35
*
come frammenti di uno specchio
Ora sai anima mia Quel che c’è dentro: Fuoco, gelo Angoscia, solitudine amara Malinconia Fiamma d’amore Che incenerendo Leviga e pulisce. Discendi anima mia Nel ventre della terra O ascendi a una luce Che impallidisce il sole. Tutto di te ritroverai Della tua vita Come frammenti di uno specchio. L’alba vince la notte, La luce esonda dal suo bianco letto Sulle golene ai piedi dei pioppeti Spandendo l’oro E tu dal sogno ritorni Piegata al pianto.
Id: 10995 Data: 10/11/2011 20:47:25
*
per una gita al mare
Il pesce, un pacco di riso, la bresaola, un etto tagliato sottile, la commessa del supermercato ha un viso gentile segnato da un mesto sorriso. Fuori il vento tormenta lachioma dell'ippocastano, nel parcheggio insegue pergioco un barattolo vuoto. Fuori, più fuori, lontano dove i cavalli del mare trascinano l'onda, vola alto un gabbiano. Voliamo verso la libertà che non è solitudine. Mare, mare, grande animasospirosa seguirò le tue vele ovunque le sospinga il vento.
Id: 10519 Data: 18/10/2011 08:55:55
*
E forse il vento
E’ forse il vento che ci trascina, questo vento che corre per le strade appena rischiarate dalla luce baluginante incerta dei lampioni, strade deserte in fondo anche se molta gente vi cammina in un brusio amorfo. Sospinti in alto voliamo! Non avere paura, forte e sicura è la mano d’aria che ci sostiene volti a quella striscia di carminio, alba o tramonto, che turba l’orizzonte. Tu hai le piume bianche di una nuvola, io il piumaggio azzurro del cielo. Nessuna nuvola è sola, ma l’accompagna il cielo nel suo viaggio. Voliamo…tenendoci per mano il cuore colmo di una misteriosa tenerezza. Tu nel segreto spandi gioiose lacrime primaverili che il sole accende più splendenti e tutto evapora tutto svanisce attorno.
Id: 9894 Data: 03/09/2011 23:39:47
*
poesia civile
Due uomini, due donne forse Si amano, condividono il tetto Lo stesso letto. Ne abbiamo almeno una Di queste coppie In ogni condominio Il padre di famiglia Ordina ai bambini Di girare il capo Quando li incontrano al piano, Mano nella mano. I bimbi ridono innocenti. Eppure questi strani esseri Si amano, vorrebbero donare Il loro affetto a un figlio Educarlo, istruirlo Prepararlo alla vita, Ma subito urlano Le sardoniche sirene dei pregiudizi Come mascheroni di fontane, Immediatamente si erigono cancelli Di sottili teoremi filosofici, Di alta teologia: Sociologi, psicologi alleati Propinano polpette avvelenate Ad ogni dibattito. Alti prelati scagliano anatemi. Così miei cari irregolari Felici scherzi, errori di Natura Siate per sempre condannati Alla solitudine, al disamore Nei secoli dei secoli Amen
Id: 9247 Data: 14/07/2011 13:06:53
*
Litigio
…………………………le dissi: “Ti assomiglia una bertuccia divoratrice di banane” (Mi aveva appena dato del pirata, del cane randagio, del bastardo) e vidi nubi irate addensarsi nei cieli dei suoi occhi. Ma bastò che baciassi, barboncino ammaestrato, i palmi delle mani, i polpastrelli, perché la luce immensa di un sorriso illuminasse la sera. Quella magnifica sera di primavera profumata di rose.
Id: 8571 Data: 22/05/2011 16:36:23
*
il paese del silenzio
Se puoi sentire La lumaca strisciare Sulle foglie della magnolia E i piccoli della rondine sgranare Nel nido il miglio. Se senti i petali di un fiore Cadere sulla strada Sappi che sei ad Olmedo. Se puoi ascoltare I bisbigli dei comignoli alla sera E la lacrima di una stella forare L’infinito spazio che ci separa. Se senti i passi delle nuvole nel cielo Sappi che sei ad Olmedo Il paese del silenzio!
Id: 8213 Data: 24/04/2011 20:03:30
*
le parole di sempre
L’autostrada è deserta Il motore calmo e possente Corriamo nell’aria dolce d’Aprile Avvolti in una mite foschia Che fa più lontane e silenti le stelle. Sfioriamo filari di luce Misteriosi laghi di buio Tu giochi con l’iPhone Io canticchio canzoni Della mia giovinezza. E’ forse questa una fuga Un viaggio necessario Di cui abbiamo perduto la meta Oppure il lento trapasso Nel tempo infinito dei morti. Ma suona il tuo cellulare… un’amica Ne nasce un fitto futile conversare: Fosforescenti pallidi ectoplasmi Le parole di sempre Affiorano per dissolversi e tornare Nell’inconoscibile nulla E la vita invisibile ci avvinghia.
Id: 7971 Data: 06/04/2011 20:49:52
*
Allegoria dellinfanzia
Ho scritto il tuo nome Maria sul vetro appannato, è durato il tempo di un sogno. Di fuori una neve sottile incipriava la chioma del bosco. Sulla strada posava la sera. Ho visto i tuoi piedi di stoffa sfiorare la siepe, i tuoi occhi di vetro luminosi nel buio. Ho ascoltato le tue filastrocche gioiose sulle piccole labbra infantili. Sei fuggita per sempre Maria in un’alba di cenere, ma a volte ritorni, raccolgo di te minuscoli indizi: un bastoncino ritorto un fiore sgualcito un’ombra nella tormenta.
Id: 6484 Data: 29/12/2010 12:26:52
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lo sbarco di Cristoforo Colombo
Quando entrò in porto la nave dalle alte luci sul mare di cristallo, il grande bastimento scortato da uno sciame di gabbiani, fu lo stupore di tutti. Ammainate le vele, scivolò silenzioso lungo il molo offrendo la fiancata calma e serena agli ormeggi. Quando sbarcasti regale più di un condottiero Assiro, i marinai in tenuta di gala le mani ruvide dal sale e dal lavoro delle corde, si inginocchiarono i presenti ansiosi di diventare tuoi sudditi… Il vento soffiava da Oriente da dove tu avevi navigato per molti mesi scrutando l’orizzonte. Cosa portasti Cristoforo a quella casta riva? Un simulacro di Cristo, spade, alabarde, polvere di cannone, rapine in nome di civiltà democratica. Di cosa caricavano le navi mentre tu banchettavi con attorno signori sussiegosi, alti prelati? Cacao, cotone, schiavi incatenati ai ceppi della stiva, piumati uccelli colorati, scimmie oro, sifilide… Ai tuoi piedi piegati questi selvaggi seminudi i cui corpi (ne discutono i teologi) forse non hanno l’anima. Viatico per future più efferate stragi. Venti lievi portano di sera il profumo del mare, quei venti che gonfiavano le vele nella stagione della giovinezza. Torna sulla scogliera il verso dei gabbiani. L’oceano s’adagia nel sonno ma tu non dormi. Insonni mostri popolano le tue notti: corpi straziati ancora fumiganti sui roghi spenti, giovani madri violentate e uccise, con il bimbo nel grembo, fosse ricolme di cadaveri, incubi neri disseminati nel campo della Storia. Cristoforo, quando sbarcasti sembrava che un tempo infinito ti navigasse innanzi, che i giorni non avessero mai fine e mare e terra ti appartenessero per sempre. Ma ora le tue orbite bianche, volte come allora all’orizzonte, somigliano alla morte che vagabonda passa cogliendo le anime perdute. Tra i rami del nespolo gridano gli usignoli Bianche vele coprono il cielo La nave sfiora la banchisa. Sei arrivato Cristoforo alla fine.
Id: 4653 Data: 01/07/2010 18:09:46
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Elegia a Simonetta
Per tutta notte ho invocato il sonno ben sapendo che solo quando il corpo sia divenuto nel sogno immateriale potrei calcare le strade per cercarti in quel mondo ineffabile di luce dove così presto sei migrata. Ma gli occhi, dolorosamente sbarrati fino all’alba nel buio, non poterono altro contemplare che le rosse cifre della notte consumarsi in silenzio sopra lo schermo della sveglia digitale. Di te pochi ricordi sparsi, della tua dolce grazia, di quell’arrivederci che sapevo essere un addio col cuore colmo di pena. Poca cenere nel cofanetto azzurro, una rosa d’argento tra le date perentorie dei giorni.
Id: 4250 Data: 15/05/2010 11:36:47
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lettera ad Allen Ginsberg
Lettera ad Allen Ginsberg in occasione di un festival di poesia
Caro Allen, da quando tu e Fernanda siete scesi nell’Ade, non è rimasto al mondo altro che l’ombra di pochi versi spaesati, reperti archeologici,sassi di un evo passato, di una preistoria così diversa da questo postmoderno affondato nel magma bigio del consumismo, e con esso i poeti... Ebbene, stamattina, da un orizzonte lontano, i dinosauri e i mammut sono tornati, sono entrati in città, lasciando le impronte sull’asfalto fumante intenerito dal sole. I campanili suonavano a festa sulle strade e le piazze deserte, dacché i cittadini erano andati tutti ad assolarsi al mare. Dinosauri e Mammut con i piccoli al seguito hanno fatto irruzione sulla via principale, hanno sbranato la porta di un supermercato, hanno mangiato il miele e i frutti più dolci di stagione, hanno bevuto alle nostre fontane. Tutto il giorno nei vicoli antichi risuonarono i barriti gioiosi. Per ore e ore i campanili impauriti rintoccarono a morte. I vigili urbani e i soldati disarmati dallo stupore sono fuggiti in campagna. I notabili della città, rimasti a vegliare le casse dell’oro, sono scesi in piazza piangenti a pregare, a raccomandare l’anima loro al Creatore. Ma quei mastodonti buoni non se ne curarono, strofinavano i velli setolosi ai pali dei lampioni, agli angoli granitici dei palazzi. I loro piccoli giocavano nei parchi dove prima correvano i bambini tra i pochi fiori appassiti. Poi, quando fu il crepuscolo, se ne andarono sparendo in una nube di polvere, dietro la curva della strada. Caro Allen, di essi è rimasto un tappeto d‘escrementi dove a notte sono nate le viole.
Id: 4028 Data: 17/04/2010 20:01:42
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discorso sulle colonne dellUniverso
Vorrei dormire dentro un guscio di quarzo, nella goccia d’ambra appesa al suo collo, oppure come un fossile incastrato nel marmo del pavimento che ogni giorno il suo piede calpesta. Vorrei che il tempo, questo vecchio insensato, fermasse la tirannica sua corsa e per millenni io possa riposare dentro il cassetto della pettiniera tra i braccialetti e le collane che hanno il profumo della sua pelle. Pensate che il Dio in cui credo avvererà questo sogno? Che importa se contraddice le leggi della materia oscura, se vacilleranno le colonne dell’universo! Svegliatemi quando il mondo comincerà a finire.
Id: 3874 Data: 27/03/2010 16:51:20
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Discorso sui ritardi dei treni
Arte di vivere Così simile all’arte di morire Decoro, dignità Vivere sommariamente Tra pochi sogni, Felicità, zero! Grigiore. Aspetto il treno Che mi porti lontano Tra le montagne Di zucchero filato e panna Sopra le nuvole. Ho fiducia in quel luogo di trovare Un consesso d’amici Con cui passare piacevolmente Il tempo senza fine. Ma dai gesti dell’uomo dietro i vetri Della biglietteria Mi sembra di capire che il treno E’ abolito, oppure Ha i soliti inspiegabili ritardi. Rimango muto, Indignato, con parecchi delusi Sul marciapiede A contare i fili d’erba tra la ghiaia, Il moto dei vagoni, L’ordine di quel mondo di ruggine Dove il mio treno tarda ad arrivare. E non vale la pena d’aspettarlo disteso sui binari In compagnia dei corvi.
Id: 3751 Data: 05/03/2010 23:35:29
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Il racconto di Noè
Quando smise di piovere spalancai l’uscio e cacciai fuori il cane così vecchio che puzzava di morte. Portai i sacchi dei vuoti alla differenziata, tagliai la barba incanutita con una vecchia bilama. - Si ricomincia a vivere- Mi dissi, accendendo la radio, volevo una colonna sonora per il resto dei giorni. Gli amici del bar alzarono il bicchiere: - Ben tornato Noè! - Quanto tempo era passato? Forse tre anni, cinque, oppure dieci, forse m’ero confuso: i conti delle primavere non tornavano mai. Il cielo bianco, il volo solitario del falco, il respiro sporco delle ciminiere, questo mi apparve quando sporsi il capo dalla finestra. Per giorni e giorni nel cielo vuoto della notte grandi ali trascorsero sui vetri impauriti e tremuli. Salivano dai moli inni patriottici: ve lo giuro, credetemi dai moli deserti! Vidi all’orizzonte i fuochi ergersi sulle tenebre, verminosi serpeggiare tra le macerie urbane. Udii tristi lamenti di campane a morto. - Noè, vecchio ubriacone quante bottiglie hai scolato? - Nel mare grigio della prima luce bianchi vascelli vomitavano giovani soldati dalle divise lacere, sanguinanti nelle membra e nell’anima. Poi la pioggia coperse ogni cosa. Quante dure gallette ho triturato con i denti di pietra! Solo, parlavo col mio cane e lui ascoltava in silenzio. M’illudevo che fosse d’accordo. Ho visto un giorno nel carminio del tramonto una città affondare con le sue musiche le sue luci accese, magnifiche! Fino all’ultimo istante fino a quando l’ultimo pennone del palazzo più alto si fu inabissato. Ho teso reti in fondo al mare, ho pescato bambini dormienti, impalliditi. Ho visto leoni passeggiare dove le onde lambiscono i deserti, ma forse quello fu un miraggio un sogno… Una sera con la bicicletta di Otello andai sul molo: i bianchi vascelli erano tornati, dormivano alla fonda dopo avere deposto il loro carico umano di reclute e ammiragli. Inni correvano per l’aria, fanfare militari, scoppi di cannone. Vidi riemergere dall’acqua con le sue luci accese e le sue voci, i suoi palazzi di cristallo la città sconosciuta. -Noè, per caso Non sarà l’ennesima sbronza! – Mi dissi.
Id: 3642 Data: 18/02/2010 10:02:10
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il diluvio universale
Non mi sono sentito mai Così smarrito Una foglia dispersa Nell’Autunno E questa pioggia che da sempre batte Sul cuore della terra Scavando fiumi di lacrime Questa pioggia gelida Quanto dolore e morte si trascina! Ma c’è un sorriso nell’alba Proprio in fondo alla pianura Un ramoscello d’ulivo Nel becco di un gabbiano.
Id: 3061 Data: 09/12/2009 16:52:00
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sfogliando un vecchio album di fotografie
Immagini, pallide immagini E più sbiaditi ricordi Di un tempo in cui forse Eravamo felici. E’ trasparente su quei visi il sogno L’ illusione che il Tempo Donasse a noi tesori Dal cuore della terra Dal firmamento Da non so quale Favoloso reame Il Tempo Maestro di rapine Che trascorre oggi Con il passo di ieri Sulle nostre rovine.
Id: 3035 Data: 02/12/2009 08:20:15
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pensieri al balcone
Solo la neve che cade Lontana, Sui gioghi dei monti, Cancella le impronte Degli orsi Sul sentiero del bosco. Solo la tramontana Sulle rive del mare.
Mi trovo sotto il braccio Lungo della gru, Che il vento fa dondolare Pericolosamente. Sarà il Fato o l’occasione D’essere schiacciato.
Sotto l’arco antico del tramonto La banderuola impazzita della chiesa E la campana che tocca la compieta Al vento di scirocco.
Sono io quel piccione ingrigito, Rannicchiato Dentro il muro della chiesa Che attende la Luna d’arsenico E le stelle.
Sul manto di neve Le tracce del branco Le biglie disperse Degli occhi selvaggi Luna Che sempre rischiari La notte dei lupi.
Luce scialba e voci Dalle finestre, Televisori in funzione. Forse quella spenta E’ la camera da letto.
Id: 2981 Data: 18/11/2009 23:09:25
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in controluce
Via d’Azeglio d’Ottobre, Di mattina alle otto, C’è da fare una scelta: Il marciapiede di destra Nell’ombra dei palazzi, Dove tutto si mostra come dovrebbe: Le vetrine lustre, la gente Che corre al lavoro, Il cane che urina mordendo il guinzaglio, Il freddo della notte pungente Nei vestiti leggeri. Oppure a sinistra Il sole basso sugli occhi, Le biciclette sibilanti nel bordo, Ombre soltanto i passanti, Vuoti d’aria, frammenti insensati Di mattutini discorsi: Si sono baciati, ti dico! Abbiamo comprato a buon prezzo. Aspettami fuori… Fuori dove? Mi domando. Ha i capelli lunghi e una voce Di fisarmonica. Mi piacerebbe sapere Il colore degli occhi
Id: 2944 Data: 10/11/2009 19:29:51
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autunno
E’ tempo di migrare Bianchi cirri s’adunano nel cielo E vortici di foglie Sospinti in aria Dal vento di maestrale. I piccoli oramai Son volati lontano. Si disfano nel nido Le piume e il fango. E’ tempo di migrare Le giacche e le camicie Sono passate di moda nell’armadio Sono ingiallite le pagine dei libri E i vetri degli occhiali Molti amici sono partiti Altri vedo passare Scortati da manipoli Di parenti contriti E’ tempo di migrare Ad altra riva fiorita L’oceano buio e il silenzio Non ci fanno paura.
Id: 2876 Data: 27/10/2009 09:52:36
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frammenti
Come santamente il tiglio Prega spandendo Un soave profumo! Come dolcemente risuona Il salmodiare dell’edera E la preghiera dei gladioli Nei giardini soleggiati d’Aprile!
Due uomini camminano ricurvi, Gli occhi al suolo pensosi, Sulle braccia un pesante lampadario: Risplendono le gocce di cristallo Al riverbero allegro della sera, Sacra brace d’aborigeno rito.
All’angolo di Via Farini Sul far della sera Pallide vecchine Dormono le suorine di clausura Sulle labbra gli avanzi D’una preghiera Gli angeli sui cuscini.
Affiorato dal folto Di un cespuglio di bosso Nero, grosso, temibile Distese il suo tappeto Sulla ghiaia del viale E inginocchiatosi Rivolto alla Mecca, Si raccolse in preghiera
Id: 2777 Data: 07/10/2009 17:03:01
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visita alleremo
Ascoltarono solenni sermoni tra le bianche colonne. Sui vetri accesi dal sole trasudava di sangue il bianco incarnato dei martiri santi. Tra le nubi, improvvise saette promisero un temporale. Tutti levarono gli occhi al soffitto: Cristo abbracciava le anime salve; sotto, nel fuoco, i dannati tormentati dai démoni. Il tuono mugghiava giù nella valle argentata d’ulivi. Sonore caddero le prime gocce a confondere il canto dell’organo. Poi il gocciolare si fece più fitto. Ali di cera batterono sulle finestre, le braccia trasparenti del vento spalancarono la porta dell’eremo scompigliando le fiamme dei ceri. A tutti parve che un essere spirituale fosse penetrato nel tempio. La preghiera salì con maggiore fervore, il canto si fece accorato. Una presenza arcana passò tra loro invisibile forse benedicente…
Id: 2731 Data: 26/09/2009 15:53:39
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una vita banale
Sognare una vita banale un lavoro che non ti piace un amore senza desiderio un gran ciarlare un gran silenzio attorno. Val la pena di fare sogni come questi? Eppure è quello che tu fai ogni giorno ad occhi aperti e non ti sai svegliare.
Id: 2506 Data: 26/07/2009 22:51:27
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Le rondini
Per giorni e giorni sotto le finestre Udimmo le laboriose betoniere, I caterpillar, il rullo compressore. Nelle brumose sere d’inverno, il vociare, i fischi, i richiami degli operai sulle impalcature: Si lastricavano le strade, Si restauravano le facce dei palazzi, Si faceva cosmesi delle chiese. Il Comune sparse a primavera Uno spray fino, inodore. Nessuno se n’accorse. Le prime a morire furono le mosche: Atterravano sui marmi di cucina Sui pavimenti, pesanti, sonnolente Spirando dopo breve agonia. Poi morirono i ragni e le formiche Che abitavano i vasi dei balconi. Un lunedì mattina, Sul marciapiede di Via D’Azeglio, Morì la prima rondine, Le ali conserte al ventre gonfio. Un negoziante sull’uscio di bottega L’indicava ai passanti: gli occhi fissi, Immobile, a tutti indifferente. Morì come le mosche. Dopo tre giorni, sulle strade, Giacevano i corpi cenerini D’innumerevoli rondini. Camminammo sul soffice tappeto Delle loro piume. Il quarto giorno respirammo Un fetore putrido e greve. Il Comune le caricò su carri Ai roghi eretti in periferia. Per molti giorni Densi fumi appestarono l’aria. Da allora le strade furono pulite. Eravamo pronti a ricevere i turisti I capi di stato, i ministri, ma noi tutti Avemmo l’impressione Di vivere in una città morta. Larve noi stessi di un diafano nitore Abitammo gli antichi campanili, I nidi deserti attorno alle campane, I cornicioni dei palazzi. Posammo sui fili della luce, Volammo nel cielo delle strade, Ma quello che fu a tutti evidente Fu l’impressionante silenzio. Eravamo incapaci di cantare
Id: 2390 Data: 26/06/2009 18:48:42
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diciasettefebbraioquarantasette
Sono nato Perché i miei genitori mi hanno amato Nei loro misteriosi riti di desiderio. Sono nato Perché mi hanno cercato Nel cielo dei bambini mai esistiti, Mi hanno pensato Quando ancora ero diviso in due: Nell’uovo di mia madre, Nel seme di mio padre, Ma già, nel loro cuore, tutto intero. Per questo sono venuto al mondo Piangendo di gioia Tra le braccia bianche di mia madre E le mani forti e delicate di mio padre. E mi è rimasta vivida nel cuore La luce della loro tenerezza Il suono dolce della loro voce: Immagini di un evo felice Che si dilegua ormai Nell’orizzonte incerto del crepuscolo.
Id: 2340 Data: 15/06/2009 16:58:59
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Confessione
Potrò, Signore mio, stringergli la mano? Quella mano scura, tatuata di polvere e di fango. Potrò stringergli la mano senza correre a lavarmi Col sapone liquido Saugella antisettico, molle, detergente? Potrò stare seduto alla stessa tavola Respirando il suo odore, il suo sudore? Io che profumo d’acqua di colonia Che aspergo col deodorante solido le ascelle. Ecco Signore, lui vuole condividere il bicchiere di vino: Le sue labbra untuose lasciano una patina sul bordo Sorride con i denti gialli e sporchi. Come potrò bere dal suo bicchiere io che due volte all’anno Faccio la pulizia della bocca dal dentista? Dentifricio al fluoro e filo interdentario ogni mattina. Come potrò, Signore, pregare con lui che è mussulmano Io che ho radici cristiane perfino negli alveoli dei denti? Conosco i suoi sogni, o mio Signore, Vedo come osserva con invidia la mia automobile La casa fatta a fatica da mio nonno. Crede che un giorno pure la sua donna Avrà una pelliccia di visone come la mia signora. So che è stanco di zappare la terra, Di raccogliere nei campi i pomodori, Sogna i suoi figli al fianco dei miei bimbi Sui banchi della stessa scuola. Ecco, mio Signore, lui mi spaventa! Un mese fa ha chiesto il permesso di soggiorno E gli hanno dato il foglio di rimpatrio. Ho gioito, lo confesso, in fondo al cuore. Mi capita da allora di sognare che una nube m’aleggi nel cervello: Il cielo grigio, plumbeo, i fili dell’autobus tra i palazzi, I marciapiedi vuoti: tutto è silenzio… La solitudine mi spreme con la mano implacabile di un King-Kong E’ questo forse il tuo inferno, mio Signore?
Id: 2269 Data: 04/06/2009 16:47:23
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psicodramma
Era fino a ieri il mio cervello un acquario di pochi graziosi pesci colorati, Poi, non so come, è comparso Un pesce onnivoro e vorace Che ha ucciso e divorato Tutti i coinquilini. Così è rimasto solo Ad osservare, Tra muschi e sassi, Il vecchio mondo Stolto e deformato, Curvo sui vetri lucidi del globo. Non soffre mai di solitudine, Almeno in apparenza: Dimena le pinne della coda, Fa vibrare le squame azzurre e viola, Preme i denti aguzzi sul cristallo. Non è feroce, E’ soltanto un insaziabile affamato. Nemmeno di notte s’addormenta, Passa il tempo Ad esplorare in ampi giri Lo spazio attorno, Studia le ombre della stanza, La fioca luce dei lampioni Tra i tendaggi. Vorrebbe essere quel picchio Che ogni sera si posa sul balcone E picchia col becco duro Contro i vetri. Ah potesse come lui volare! Libero di cantare All’infinito I racconti del bosco.
Id: 2245 Data: 30/05/2009 09:19:49
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discorso sui giorni nostri
Il presidente Obama ha un piano. Noi d’oltreoceano, Che nemmeno conosciamo l’inglese, Gioiamo: E’ lo stesso sole, diciamo, Che ogni giorno si tuffa nel mare, Se va bene là giù Andrà bene anche a noi. Obama parla come un sacerdote cattolico Di sinistra. Il Vaticano nicchia, diffida: Cellule staminali, Aborto, assistenza, preservativi Gratuiti Ai diseredati del mondo. Neanche fosse un radicale! E noi di lontano vediamo Nel suo incarnato avverarsi Sogni di giustizia, sbiaditi ideali. Noi che abbiamo voltato le terga alla storia Per recuperare un passato squadrista Che fino a ieri era la nostra vergogna, Noi che intercettiamo, respingiamo, scortiamo Vecchie zattere stipate di povera gente, Le loro speranze, La loro sorda disperazione, Sulle acque azzurre del Mediterraneo Tra irridenti delfini, Fin sopra le sabbie dei libici lidi Per affidarle ancora alla violenza, Agli stupri. E nemmeno conosciamo l’inglese Noi abitatori d’un antico paese ricco di storia. Obama è lontano L’oceano è profondo e minaccioso, All’orizzonte s’affollano nuvoloni presaghi: Egli vuole fare nuove tutte le cose, Ma troppo grande è la nostra paura. Tuttavia Il nuovo avanza Bello o brutto che sia, Stringe d’assedio il paese. Le sue insegne garriscono al vento Allegramente. Noi, asserragliati dentro le antiche mura, Terrorizzati Non conosciamo le sue armi, i prodigi, Le sue strategie. La propaganda ci dice Che avrà inizio un’era felice, Ma ci vorranno molti anni e sacrifici. Noi preferiamo le vecchie alabarde, Gli archibugi, le spingarde, Le pentole di pece bollente. Quando sarà scoppiata la peste, Daremo caccia agli untori. Oh mio Dio! Ritornano le tre caravelle: Sulla tolda di sale, Appeso a una croce,Colombo. Ha fallito Non è arrivato alle Indie Non ha scoperto nulla di buono. Il nuovo mondo è affondato In un oceano d’affari sbagliati. Non si salva nessuno: E’ già stipulato il contratto Per la rottamazione del globo.
Id: 2209 Data: 21/05/2009 22:00:42
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il canto del sole
Ho disceso tutti i piedistalli Tutti i dorati, illusori altari I cieli infuocati dei tramonti. Ho fatto il bagno in malinconici mari Freddi come sepolcri Ho chiuso gli occhi stanchi Sulle sofferenze del mondo. Non sono un dio, nemmeno un uomo Sono una cosa fragile Un grumo d’energia Dove s’agita il sogno. E i sentimenti, i pensieri Non sono più reali e consistenti Delle folate di vento Di questa Primavera Che indora di ginestre le colline In riva al mare.
Id: 2160 Data: 13/05/2009 16:40:56
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idillio di Primavera
“Noi siamo quelli Io sono il bianco e tu il grigio” Mi disse indicando una coppia di colombi che s’era riparata dalla pioggia sotto la grondaia del tetto della chiesa, di fronte alla nostra finestra e parevano scambiarsi tenerezze. “Guarda come si amano!” Aggiunse commossa stringendomi la mano. “Ma no, soltanto si levano i pidocchi!” Dissi ridendo, e lei ne fu offesa. Non so perché, ogni volta, per troppa dolcezza, mi nasce sul labbro un’ironia amara.
Id: 2107 Data: 04/05/2009 16:26:20
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Testamento biologico
Ho nel torace un cavallo zoppo. E’ stata lei a scoprirlo posando l’orecchio sul mio petto, come fa ogni volta che non ha voglia di dormire. Da allora, di notte, se mi sveglio, il mio polso è tra le sue bianche, fosforescenti dita che misurano i battiti del cuore. Al mattino, ai piedi del letto la sua immobile presenza nella vestaglia rosa di cotone armata di fonendoscopio che aspetta il mio risveglio. Così conobbi i tortuosi percorsi degli Enti Ospedalieri, i bianchi ambulatori dei cardiologi amici: ecografia, elettrocardiogramma, sorvegliato speciale per ventiquattro ore, analisi del sangue, se sangue m'era rimasto nelle vene. So che il problema è risolvibile! Ora che il tempo mite lo concede, la passeggiata per le vie del centro a passo svelto, sui prati di periferia popolati da cardiopatici sopravvissuti a se stessi e da quelli che fanno la corsetta per allungare la vita di mezzora, la pastiglietta al mattino o dopo cena e peggio ancora la dieta… ma non crediate che mi spaventi il pensiero che quel cavallo un giorno s’addormenti sazio di biada, non temo la morte, da troppo tempo intrattengo con lei un’affettuosa corrispondenza. Temo il proseguo come un vegetale, immobile, incosciente, da cui i parenti in visita attendono un sorriso, un ruotar d’occhi, un pianto. Trafitto da cannette in tutti gli orifizi, ingozzato dal naso con quella che chiamano “Terapia nutrizionale” che per legge non si può negare, alla quale tutti volenti o nolenti dobbiamo sottostare. Confido che in quel giorno io sia assai lontano in un paese, in una dimensione negata a qualsiasi legge umana. Lascio a coloro che mi amano il potere, quando lo vogliano, di spegnere la luce.
Id: 2062 Data: 26/04/2009 17:51:27
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meditazione sul nostro comune,strano destino
Il fiume che scorre rosa viola Ai piedi dei palazzi antichi Nella luce del primo mattino Non ha domande da porre. La gente che entra ed esce Dai bar di piazza Che si ferma a guardare Le vetrine di Via Repubblica Senza mai comprare Non ha domande da fare. Il vecchio cane dal collare d’acciaio Che ha perduto il padrone E si trascina i fianchi Senza sapere dove andare Non ha domande da fare. Le massaie attorno ai banchi del mercato Gli studenti che sorseggiano vino bianco Ai tavoli di Via D’Azeglio Le ragazze dei negozi cinesi Non hanno domande da fare. La fila davanti alla mensa dei poveri Di donne e uomini Che hanno perso il lavoro Il polacco che suona il violino In Piazza Duomo E nessuno lo sta ad ascoltare Il barbone sdraiato a lato Dell’ingresso dell’UPIM Sotto i portici di Via Mazzini Non ha domande da fare. L’impiegato che corre Con la cartella in mano E l’orario stampato nella mente La ragazzina che avanza Scrivendo al cellulare Non ha nulla da domandare. Questo cielo che splende Sulla città ovunque uguale Il silenzio che incombe Sul frastuono delle strade Che uccide ogni voce Non ha domande da fare. Nessuno mai si chiede Nessuno mai domanda La logica, i disegni Perché poi tutto bruci Senza nemmeno un gemito Nel gran falò del tempo.
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Id: 1695 Data: 27/02/2009 21:48:35
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notte di veglia a Olmedo
Ho messo i miei denti di lupo* accanto al tuo letto perché veglino su di te che viaggi nella spirale dei sogni. Fuori risplende una magnifica luna. e il vento di tramontana spazza le strade cavalcando la scopa d’una vecchia strega. Nel buio della stanza ascolto il tuo quieto respiro, i tuoi misteriosi sospiri, i passi dei gatti sul davanzale della finestra. Domani una nave ci porterà via La casa che ha vissuto di noi cadrà nel silenzio, nell’abbandono del frigorifero spento, dei caloriferi freddi, del divano coperto dalle lenzuola. Un altro porto, un’altra strada, la nostra casa più grande, di sempre. Soltanto le nuvole che ogni giorno attraversano il mare ti conoscono e sanno il tuo perpetuo vagabondare. Ora sogni la Russia, già mi parli di Pietroburgo, di un nuovo paese dove vivere per un tempo breve. Ma io sogno soltanto di vivere con te in qualsiasi angolo dell’universo.
*Nella necropoli di Montessu, all’entrata delle tombe scavate nella roccia, sono dipinti i denti di lupo che proteggono il sonno dei defunti.
Id: 1658 Data: 16/02/2009 22:12:03
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requiem
E’ doloroso il silenzio cui sono costretti i poeti di questa stagione. I loro pallidi libelli giacciono coperti dalla polvere negli scaffali delle librerie, sormontati da scritte che declamano che in essi vive la Poesia. Nessuno osa prenderli in mano quasi fossero cavallette o altri repellenti insetti di una biblica, spietata punizione. Eppure c’è qualcosa d’eroico nella loro invenduta presenza “Noi ci siamo!” Paiono urlare ai lettori che voltano loro le spalle per la più facile prosa. “Noi, fioriti nei deserti, sotto inenarrabili stellati, testimoni del vento che muove le dune, che cancella le orme di coloro che osano avventurarsi nei sabbiosi letti dei serpenti, disincarnati, assettati, gli occhi bruciati da orizzonti di troppo vivida luce. Noi ci siamo! Miraggi di noi stessi, realtà e sogno, immagini affidate agli abissi della vostra coscienza” Nessuno leggerà mai le parole che si portano dentro fino al giorno del macero. Poeti, fabbricanti di dolorosi silenzi, dinosauri di questa moderna preistoria estinguetevi in pace.
Id: 1639 Data: 11/02/2009 16:53:15
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La canzone delle demoiselles dAvignone
Se passate per il viale alberato dove nidificano le bianche colombe fermatevi al numero quattro. Noi siamo al terzo ed ultimo piano, l’ascensore si muove a rilento, nel suo vetro specchiati vedrete uomini soli, tristi, ingrigiti. Vi aspettiamo sull’uscio. Nelle nostre mani esperte d’amore deponete ogni angoscia e dolore, i vostri enigmi irrisolti.
Mentre cade la neve sui vetri delle finestre e tutto attorno è silenzio.
A questo estuario di pace accorrete guerrieri di mare e di terra, affondate le navi da guerra, nella sabbia di tutti i deserti seppellite i fucili. Qua dentro si bruciano dolcissimi incensi. Col balsamo del nostro amore curate le vostre ferite, le vostre paure, i ricordi delle battaglie, i rimorsi.
Mentre cade la neve sui vetri delle finestre e tutto attorno è silenzio.
Accorrete diseredati del mondo che avete rischiato la vita sui flutti del mare per un tozzo di pane, per un’esistenza migliore. Voi che vendereste la madre per un permesso di soggiorno, guardatevi attorno prima d’entrare che non v’insegua un leghista. A poco prezzo vendiamo l’amore e non badiamo a parlata o a colore.
A questi Elisi accorrete Donate a noi i vostri sogni, vi sazieremo nella carne e nel cuore.
Mentre cade la neve sui vetri delle finestre e tutto attorno è silenzio, nei tiepidi nidi le bianche colombe fanno l’amore.
Id: 1586 Data: 02/02/2009 21:37:16
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il porto ritrovato
Il porto c’è Il porto esiste! Ecco che appare dietro A questo nuovo promontorio Sconosciuto a tutte Le carte nautiche A tutti i naviganti. La costa è strapiombo sul mare, Un orribile dirupo. Dentro una profonda insenatura In fondo al golfo La lama d’oro della sua banchisa Si protende sull’onda Entrarci non è facile C’è una lunga noiosa Trafila burocratica Bisogna compilare Decine e decine di moduli Rispondere a noiosi questionari Che indagano indiscreti Se ti levi all’alba O impigrisci fino a mezzogiorno Se vai a lavoro O passeggi nel parco Le tue abitudini sessuali E quelle alimentari Quando hai fatto l’ultimo pasto (Molti arrivano a stomaco vuoto Pochi ce l’hanno pieno) Indagano pure Il tuo stato di salute: Certificati medici Cartelle di pregressi ricoveri Malattie, raffreddori Medicine assunte, veleni Stato dei denti, del pannicolo adiposo Se rispondi in modo veritiero T’è permesso d’entrare. Percorri strade d’aria Meraviglie si parano ai tuoi occhi Che descrivere non sai Né fermare puoi nella memoria Ricordo soltanto una piazzetta Dai muri screziati di perle e di rubini Numerosa gente adunata Uomini e donne I più anziani sopra la camicia Portavano il galletto, i giovincelli Maglie sgargianti di flanella A fiori, così pure le donne Un signore leggeva da uno schermo Con voce calda e commossa le poesie Mi fece segno di sedere Sopra uno scranno d’avorio Con piccoli teschi incastonati Lascito di barbarie medioevale. “Vi ho letto finora le poesie Di quelli patentati. Oggi sentirete i versi Dei neoteroi, dei nuovi!” “Chi sarebbero questi?” Gli domandò un vecchio Dalla voce stridula e acidiosa “Son tutti spiriti liberi Fuori dai lacci delle librerie Del commercio, della letterarietà Del testo: ognuno scrive Come più gl’ispira Son tutti alla Ricerca Guidati con pazienza E perizia d’amichevoli giudizi Da un manipolo di giovani poeti E bravi scrittori: Maria, Roberto Greta, Giuliano ed altri” “Sarebbe bello che queste guide Fossero qui tra noi!” “Che dici? Quelli son tutti giovani E non c’è fretta che si compia il fato!” “Già, questo tratto di mare Fa paura a molti Però oggi un infarto, un ictus Pure in tenera età Un palo a lato della strada Di sabato dopo discoteca Che tanti ne miete Non è una novità che più commuove nessuno al mondo!” Il lettore chinò la testa E dopo un lungo sospiro Riprese a leggere Una poesia di danza Mi pare un tango Che fece lacrimare Più d’una delle anziane Intente a far di maglia e ad ascoltare Quando dal cielo un punto luminoso Discese velocissimo Le ali dilatando e la corona Un profondo silenzio Carico d’apprensione Si distese nell’aria “Sono ancora per rimproverarvi Ed è la dodicesima occasione Come i Dodici apostoli! Che qui è vietato leggere ogni cosa Dove credete d’essere, Al mercato? Leggete Le Scritture Sacre, La Bibbia, e nient’altro! Fatte che non abbia a ritornare O per voi saran guai!” Quando la voce tra l’agro e il dolce Fu spenta, l’angiolo ritornò A farsi come un punto Di luce nella volta del cielo. “Uffa queste Scritture Che nausea, beato colui che le capisce Neppure in Terra le leggono oramai! E poi a dirla tutta questo luogo M’è venuto a noia Questa luce che non si spegne mai Questo eterno meriggio… Ricordi Eugenio” Disse il vecchio accidioso A colui che leggeva “I tuoi primi versi: Meriggiare pallido e assorto Presso un rovente muro d’orto Tu eri il più musicale della tua stagione Quanto ci hai fatto sognare!” A quelle parole Eugenio Prese a singhiozzare “Piangi, piangi dolce usignolo In questa fredda eterna primavera Senza profumi Senza un pomo d’orto Soltanto pietre ed oro Tutto è bello, ma tutto è morto. Dimmi, perché i poeti patentati Rifuggono la musica dei versi Per insabbiarsi in una prosa spoglia Che di poesia ha soltanto Il ritorno a capo? Perché all’oscurità pura e gratuita È succeduta un’opaca grigia Chiarezza? Cosa aspetta A rinascere il bel canto?” “Così hanno voluto i cretini Anzi scusami il lapsus “i critici” Ma quelli son finiti tutti In pasto ai pescicani Nessuno n’è arrivato a questa riva”. “E questi tuoi neoteroi Quanto son buoni?” “Magari non son buoni, ma son tanti Tra essi prima o poi nascerà il poeta Da vera linfa nutrito. Si sa, la messe è molta Ma chi raccoglie è sempre Una mosca rara. Che importa… Chi poi potrà deciderne il valore? Una consorteria d’amici Il club degli scrittori Il sindacato, l’audience Il Tempo… Anche lui s’è privato d’ogni forza Tutto si fa e si disfa in un istante Tutto all’oggi è fragile, effimero Come bene dimostrano le ceneri Delle torri gemelle Sarà colpa dei materiali usati Ma io credo che sia qualcosa d’altro Che tocca lo spirito, il cervello. Di certo chi scrive le poesie Non fa la guerra Non sfrutta gli operai Non ruba, non imbroglia! Se tutti scrivessero Dipingessero quadri Scolpissero marmi Intrecciassero note Sia pure malamente Come sarebbe più felice il mondo! Tutti gli astanti diedero un sospiro Così caldo e profondo Che mi svegliai dal sonno In stazione Era arrivato il treno E con lui la mia donna Avevo in tasca per lei Questi poveri versi grigi e opachi Il mio pensiero… Sapevo che avrebbe riso alla lettura Di quella pacata parodia dell’altro mondo Un abbraccio, un bacio e tra le mani L’Universo intero!
Id: 1502 Data: 12/01/2009 17:33:22
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le quattro stagioni
LE QUATTRO STAGIONI INVERNO La fontana è gelata Il cielo vuoto I gemiti dei tir sull’autostrada a filo d’orizzonte. La terra è una piana desolata umida e grigia Inverno che vivi senza gioia specchiato nei ghiacci di interminabili notti nel cielo dei tuoi firmamenti PRIMAVERA Germogli e foglie Dirompenti, docili umori Fuochi serpeggianti sotto pelle Desideri e respiri Profumi nuovi e antichi Balconi aperti e musiche Animaletti dei boschi Appesi ai rami degli olmi Ruote panoramiche tese Su paesaggi di campanili E spazi fioriti Cieli stellati, illuni Tutto questo tu sei Primavera! ESTATE Gridi dalle grondaie Vesti leggere Profumi, deodoranti Autobus grondanti sudore Soli e lune che s’inseguono Nel cielo del primo mattino Fuochi notturni Musiche di sagre Lezzo caldo di concime E già il tuono sfinisce Estate, il tuo caldo respiro E le nuvole nere che avanzano Da un vento nuovo sospinte! AUTUNNO Radici che si apprestano a dormire Ori sfiniti Che non guardano il sole Nebbie febbrili Sottili malinconie Partenze agli aeroporti Sulle rive del mare Archi d’uccelli migratori Nel cielo che imbrunisce Misteriose nostalgie Di terre remote Una rosa fiorita Un’illusione di eterno rimanere
Id: 1451 Data: 02/01/2009 12:13:14
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Insonnia
Ho guardato nel gelido cristallo di una notte di Dicembre le costellazioni migrare alla deriva.
In un’intera notte d’insonnia ho appeso ai loro lumi i miei pensieri come diafane chiome di comete.
Ho ascoltato il respiro della città dormiente i sussulti improvvisi, le sue voci le urla dei suoi incubi.
Ho acceso gli schermi di tutti gli insonni Ascoltai i monologhi dei loro deliri Ho letto le pagine dei loro libri
Ho udito i lamenti di tutti gli infermi i loro letti cigolanti, le preghiere i sospiri di tutti gli amanti.
Quando fu l’alba, una pace profonda si fece nel mio cuore M’addormentai in un’alcova di luce.
Id: 1392 Data: 22/12/2008 17:46:44
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Effetto TAV (alla maniera futurista)
Vola il treno Freccia Rossa Evviva! Lucido come un portasigari Da Milano a Bologna Da Bologna a Firenze E poi a Napoli Sessanta minuti appena Il tempo di leggersi il giornale. Vibra ancora la corda Che ha scoccato la Freccia Un aeroplano sorride Nel sorpasso Un falco tenta d’afferrare Quell’enorme biscione di metallo Lo vuol rapire in cielo I suoi artigli divengono di fuoco Limati dagli attriti.
Fabbriche, paesi dormitori Parcheggi per uomini d’affari Per camionisti S’affollano lungo il suo percorso Persino centri commerciali Dove puoi trovare La barca e l’automobile La vasca da bagno Il pensile di cucina Il dentifricio al fluoro Tutto a prezzi eccezionali! Gli ecologisti protestano Gli economisti sorridono I politici si riempiono le tasche La gente comune sogna Viaggi interplanetari Comodamente seduti Senza staccare i piedi da Terra. Addio Centro Storico La Storia corre e tu rimani Disabitato! La parietaria e l’edera Copriranno i tuoi muri Devastati dal tempo Nelle tue piazze Solo pochi stanchi turisti Addio belle città Di palazzi e cattedrali La Freccia Rossa vi ha spaccato il cuore I fiumi che vi attraversano Impotenti Trasporteranno al mare I tristi ruderi della vostra rovina
Sorgono in riva alla sua strada Sontuosi palazzi di specchi Alti e arditi Coronati d’antenne e parafulmini Simili alle dimore Degli Dei del mito Piazze al coperto Spazi spazzatura Dove un finto sole Incita ai consumi D’aperitivi e toast Scale mobili, schermi Musica soffusa, luce e penombra Tutto calcolato Per un rilassante passeggio Tutto studiato per questo umano Asettico maneggio
Corre la Freccia Rossa Veloce Come questo Tempo postmoderno E noi cantori della nostalgia Sempre rivolti languidi al passato Inclini all’introspezione Che abbiamo rifiutato Il bizzarro vangelo futurista Rimaniamo confusi Sui marciapiedi della stazione Come colui che è arrivato in ritardo Oppure ha perso il biglietto Per questo nuovo strabiliante treno!
Id: 1365 Data: 14/12/2008 22:09:11
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le ultime cose
Ho tenuto socchiusa la porta di casa perché ho sognato che saresti tornata. Il frigorifero è pieno delle cose che tu compravi al supermercato. Fa gli spaghetti ai carciofi i tuoi sono impareggiabili. La tovaglia che preferisci quella bianca e viola è nel cassetto della credenza. Il vino bianco è nel ghiaccio. Ho curato le tue piante come fossero stati i figli che non abbiamo mai avuto. Tu dicevi sempre che sono un sognatore inguaribile. Ora la mano della Solitudine ha schiacciato l’insetto che sono io. Non avresti mai detto che un pacifista estremo come me avrebbe acquistato una pistola illegale e sarebbe andato sull’argine del fiume con la nostra berlina che arrugginisce in garage. Il fiume corre nel suo letto come ognuno di noi nel suo destino queste sono le ultime cose che ti scrivo.
Id: 1351 Data: 11/12/2008 10:51:46
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partita al videogame
Sorella Morte sei apparsa questa sera tra le navate della mia partita. Ho sentito il tuo passo feroce minaccioso di guerriero antico appesantito dai troppi allori. Gli omini al vederti tremebondi si nascondevano dietro alle colonne esplodevano al tocco del tuo dito dall’unghia esangue, lunga sporca di terra. Quello nel fondo abbarbicato all’altare illuminato dall’atroce luce dei tuoi occhi sono io che ti aspetto che non so fuggirti. Esploderò trafitto. Svolazzeranno attorno pochi frammenti di poesia virtuale. Cielo ed inferno si toccheranno per un attimo poi lo schermo si sarà annerito.
Id: 1345 Data: 09/12/2008 20:53:12
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Il porto che non cè
La barca veleggia Verso un porto che non c’è Nel chiarore mortuario del tramonto Incontro all’ombra della sera
I pescecani addentano lo scafo Battendo le code come remi Impazziti di fame. “Moriremo Divorati e non avanzerà di noi A biancheggiare sulla sabbia Neppure una lisca dilavata Limata dai marosi!”.
“Sono sicuro che il porto È dietro il promontorio. Il faro è spento, le case dormono Rabbuiate”
Non c’è porto alla fine. Non c’è niente! Tutto è dissipato Forse all’orizzonte Gli avanzi di un naufragio
Id: 1317 Data: 30/11/2008 20:03:23
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seduzione
Una luce s’è accesa nel tramonto Che rompe il cerchio nero delle nubi Respiro un’aria dolce di salsedine Che viola lontananze. Isola di noia e solitudine Sono fuggito d’Autunno Per fare il nido oltremare Ti ho lasciato il mio orgoglio La mia infelice ironia La mia pelle di serpente Essiccata al sole Mi giunge con il vento di ponente La tua voce… i ricordi I turbamenti della giovinezza Memorie dolorose Che credevo sepolte Ora il tuo dente amaro Avvelena i miei giorni Non tormentarmi o terra Profumata di vento Non provare a sedurmi Con le tue bianche spiagge Lievi come veli di sposa Con i tuoi sassi antichi I tuoi silenzi troppo lunghi e tristi Troppo loquaci ora Che il tempo della vita s’è abbreviato. Vorrei strapparti dalla pelle Come un vecchio tatuaggio Mi sei invece nel sangue E mi commuovi fino alle lacrime. Tu ancora comandi E se mi chiami Non potrò negarmi Dirti ancora di no.
Id: 1295 Data: 24/11/2008 19:43:31
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Il giorno della fine
Invano poeti falliti Al cielo gli occhi volgiamo A cercare la luce Il mondo sprofonda nel buio Un vento sottile (profumo di mandorle amare) Invade le strade. Il cielo sorride. Una sera di stelle cadenti Angeli con spade di fuoco In terra discesi Fecero amare le fonti...Moriamo Lasciando le carni insepolte A imputridire sui letti. L’Oceano ribolle d’ogni fetore Un cane morde il pianeta. Siamo spogli di tutto: Ho visto mia madre volare Tra le braccia del turbine Solo l’incauto s’attarda A piangere sulle macerie Un veleno si spande per l’aria Come soffice nebbia Moriamo in silenzio: Giornalisti, ecologisti Dentisti, razzisti, notai, ignudi Avvinghiati in un morbido abbraccio. Il mondo sta per finire C’è stato un corteo di protesta Contro il Nepotismo Per il Diritto allo studio Per la Ricerca Studenti e lavoratori Che sfilavano insieme Sono stati rapiti dal vento Lasciando per terra I cartelli multicolori, I loro canti guerrieri, Le loro giovani facce stupite Tra i lampioni divelti. Uno sparuto drappello di poliziotti Scudo ed elmetto Divisa antisommossa Ha preso il volo leggero Come stormo di rondini. Le borse sono definitivamente crollate I banchieri sono fuggiti Con le casse svuotate. Le fabbriche hanno chiuso i cancelli. La Fame bussa ai balconi dei poveri La Morte ai portoni dei ricchi Montagne di rifiuti Fumano nelle ciminiere. Lui sorride, da secoli, Senza età, col profilo rifatto Da un sapiente chirurgo I capelli corvini (una tinta nasconde Il grigiore della senescenza) Sul palco della commedia Lui si mostra ottimista Ma quando si spegne la scena Piange in silenzio. I politici continuano a litigare Come se nulla accadesse Lui non cessa di piangere. Ma quando finirà questa Fine Che pare non finisca mai? E i ricchi sono sempre più ricchi E i poveri sempre più poveri Mentre noi poeti falliti Inutilmente scrutiamo il cielo. Aspettando il Paradiso.
Id: 1279 Data: 20/11/2008 18:12:46
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outlet
Usciti dal negozio Ci ritroviamo sotto il porticato Colorato a pastello I pacchi in mano, attoniti Fuori del mondo Anzi, in questo mondo fatto di prodigi Dove regna l’ordine perfetto E pure il tempo pare che si fermi Se non fosse per un cambio di stagione O una fontana sorta all’improvviso A lato della strada Qui non vendono libri né giornali Qui non arriva l’eco della vita Che si ferma in riva all’autostrada. Dalla vetrina delle cose inutili Uno scheletro bianco in porcellana Irride gli uomini fermi alle panchine In rassegnata attesa E le donne griffate, in finto casual Erratiche sui viali di cemento Gli occhi smarriti nella fatua luce. Esseri tutti pallidi e infelici Come larve immortali. Cerco la penna nella tua borsetta Per fermare sopra uno scontrino Questi poveri versi smemorati Ci trovo con il fard ed il rossetto Un mio vecchio biglietto di Natale Scrivevo: sei il mio sogno, la mia vita Una voce enumera dal cielo I miracoli, gli sconti, le occasioni Di quel fittizio, terragno paradiso. Trovo un sorriso nei tuoi occhi.
Id: 1145 Data: 27/10/2008 12:37:21
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Idillio per la festa di San Giuseppe
Come risuona, o mare, la tua voce Maestosa e lenta come una preghiera Nel profondo silenzio della notte!
Nasce la luna dietro la scogliera Svela le case, le barche sulla riva Sulla darsena il faro, la torre saracena Dal borgo sale una mesta salmodia Le note della banda musicale A lume di candela Accompagnano il santo in cattedrale
Batte e ribatte fratta alla battigia La tua onda sonora… sul balcone Vibrano le foglie del palmizio Al vento teso e dolce di maestrale A fari spenti sostano sul molo Coppie in amore…
Sulla buia distesa del tuo corpo Livido e bianco vola un gabbiano Ultimo, solitario…tra le rocce Depone il suo piumaggio S’addormenta Muore?
Id: 1114 Data: 22/10/2008 17:39:29
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La balena di Viterbo
Quando il sole tramonta dietro all’Empire e ai grattacieli della Quinta Strada il mio lavoro incomincia. Lascio la Lincoln nel parcheggio sotterraneo, prendo l’ascensore che mi porta al diciottesimo. Spesso, in questo tratto, mi trovo solo: io e la mia immagine riflessa nello specchio, deforme e ridicola nello sfavillio dei fari che inondano di luce la cabina. Mi capita allora di pensare a Verbena, il mio paese, una cittadina di duemila anime che ha per me il sapore del paradiso perduto dell’infanzia. Come fui spensierato e felice, almeno fino a che la mia famiglia fu unita! Quando compii dieci anni mia madre se ne andò di casa lasciandoci soli, me e il babbo. In verità diedi un sospiro di sollievo perché ogni notte li sentivo litigare e spesso venire alle mani, tanto che temevo che prima o poi s’ammazzassero. Mi dispiaceva soltanto che non mi avesse portato con se, infatti il babbo, che faceva il camionista, tornava a tarda sera troppo stanco o troppo ubriaco per occuparsi di me. Così sono cresciuto come un giunco selvatico frequentando compagnie poco raccomandabili, marinando la scuola due giorni si e un giorno no, e i pomeriggi sempre sul campo di calcio. Alla domenica mi trovavo con i grandi al bar di Gigi a bere birra e coca cola, ascoltando le loro storie, annuendo come se ci capissi qualcosa. Fumavano tutti, e qualcuno a notte fonda si faceva pure uno spinello accanto al muro della palestra di scuola. Il mio amico per la pelle era Frediano, un ragazzo di cinque anni più grande di me. Lo ammiravo per la sua forza fisica e per quel modo serio e grave che aveva di parlare, di trattare gli altri ragazzi della sua età. Con me era una specie di padre a volte dolce, a volte severo. Una volta soltanto mi diede uno scapaccione per farmi capire che dovevo resistere al dolore e non smettere mai di picchiare anche se mi faceva male la faccia e un luccichio mi ruotava dentro gli occhi. Ricordo che avevo quindici anni compiuti, era l’ultima domenica di Maggio, da Gigi quella sera non si parlava d’altro che di donne e di sesso perchè nell’unico cinema di Verbena stavano proiettando “L’ultimo tango a Parigi”. Quando all’una di notte ci incamminammo verso casa, Frediano mi domandò s’ero mai stato con una donna. Risposi di no arrossendo nel buio. Inutile cercare di mentire a Frediano: ti guardava serio e ti leggeva negli occhi come un libro aperto. “Bisogna che andiamo a Viterbo a trovare la balena” “Quale balena?” dissi “Nel Mediterraneo non ci sono balene, e poi Viterbo non è nemmeno sul mare” “Che cosa hai capito? La balena è una di quelle… La chiamano la balena di Viterbo perché è grassa…neppure tanto. Insomma è robusta, ma è quella che ci vuole per te. Lei ci sa fare con i principianti. Devi sapere che la prima volta può accadere che ti emozioni e non ti venga su. Fare l’amore non è semplice come credi! Ci pensa lei a tutto. La prima volta è importante perché, se non riesci, dopo hai un sacco di problemi psicologici; se invece ti va bene, vai alla grande!” Due giorni dopo, alle sette del mattino, prendemmo il treno che portava a Viterbo. Lo scompartimento era vuoto, ma durante il tragitto si riempì di studenti e operai a causa delle numerose fermate che ne rallentavano il cammino. Un viaggio di due ore tra filari di cipressi e colline coltivate a vigneto. A me non interessava affatto ciò che c’era dentro e fuori dal treno: ero troppo preoccupato per quella specie di viaggio d’iniziazione sessuale che era reso ancora più temibile dal silenzio di Frediano che non aveva aperto bocca per tutto il tragitto. Quando uscimmo dalla stazione di Viterbo, mi domandò se avevo soldi in tasca; risposi che non avevo una lira. “Come fai a pagarla. Non sai che quelle lo fanno per mestiere? Tieni, per questa volta offro io” disse allungandomi tremila lire che infilai in tasca. Salendo le scale buie e sconnesse che portavano al terzo piano di un palazzo di periferia, dove abitava la balena, mi batteva il cuore all’impazzata, e non certamente per la fatica. Frediano suonò tre volte al campanello. La porta si aprì ed entrammo in una stanza dove un divano sdrucito in stoffa, un vecchio tavolo quadrato e due sedie di paglia costituivano tutto l’arredo. Nascosta dietro una tenda c’era la cucina. Si udirono i passi della donna. “Cosa volete a quest’ora?” Erano le undici del mattino, un’ora insolita per quel tipo di lavoro. “Signora” disse Frediano “Le ho portato un mio amico. Lo tratti bene perché è giovane. Io vado, ti aspetto al bar di fronte.” Aggiunse quasi sotto voce rivolto a me. Restammo soli, io e lei, uno di fronte all’altra. Indossava una vestaglia a fiori e le ciabatte rosa, s’era fatta i capelli rossi e le labbra viola, era ingrassata, da come la ricordavo cinque anni prima. “Cosa fai tu qui?” “Ho saputo che abitavi a Viterbo e sono venuto a trovarti” mentii, col pianto che mi strozzava il respiro. “Bene, Fermati a pranzo allora!” “Non posso. Il mio amico mi aspetta giù. E poi il babbo non sa niente…” dissi dirigendomi verso la porta. “Non dirai niente a tuo padre vero? prometti!” Mentre uscivo quasi di corsa con le lacrime agli occhi, sentivo la voce di mia madre colma di disperazione:“Lo faccio per vivere, per mangiare!” L’angoscia del suo viso, il suono della voce, quelle parole mi sono rimaste impresse dentro come un tatuaggio indelebile. Dovevo avere un’espressione stravolta perché Frediano per tutto il viaggio di ritorno non fece domande. Capii allora confusamente, e negli anni seguenti sempre più chiaramente, che non era sufficiente darle e prenderle stringendo i denti, come mi aveva insegnato Frediano; ma che bisognava nuotare disperatamente, con tutte le forze, per non rimanere al fondo, invischiati nella melma come insetti. Quando giungemmo a Verbena, Frediano mi domandò cosa era successo. “Niente” risposi “Tutto bene, mi è anche piaciuto” Da quel giorno non frequentai più gli amici. Mi diedi anima e corpo allo studio. Dopo che presi il diploma di scuola alberghiera girai il mondo facendo di tutto: il cuoco, il cameriere, il portiere d’albergo. Adesso dirigo l’Hotel Roma a Brooklyn. Guadagno seimila dollari al mese, i miei amici sono gente per bene, o almeno crede di esserlo, e possiedo una bellissima macchina. Ora che il cielo s’è incupito e si sono accese le insegne dei teatri e dei locali notturni, mentre il traffico scorre lentamente come un lungo fiume di luce mai il mio paese mi è parso così lontano, così irreale, come se non esistesse affatto. Mio padre è morto tre anni fa. Di mia madre non so nulla. L’ho cercata a Viterbo, ma non c’è più, e non so dove sia andata, se sia ancora viva. Mi è rimasto un rimpianto: non essermi gettato tra le sue braccia, non averla baciata quella mattina che la vidi per l’ultima volta.
Id: 1087 Data: 18/10/2008 17:46:11
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discorso sulla luna
Avrà una voce questa luna Che discorre coi lupi E con i treni in corsa nella notte. Da troppo tempo è sparita Dal cielo fosco di città Ma se ti sporgi sul fiume La troverai alla foce Con la sua falce cornuta Il viso pieno di medaglia antica Il suo nulla: appena Un cerchio nero, traslucido Nel cielo. Passano gli anni, i secoli Si festeggiano i millenni Abbiamo orecchi grandi come piazze Fatti di specchi e lamine vibratili Per ascoltare invano la sua voce. Gli Antichi ne udivano i sospiri A noi si tace Forse disprezza le nostre ciminiere I grigi fumi e gli atomi impazziti Le onde che corrono per l’etere Le cui legioni, a vederle, Oscurerebbero il cielo Come le orde di angeli malvagi. Forse ci odia Perché insudiciamo le sue maree I suoi limpidi specchi Nelle fonti e nei mari I suoi candidi letti Quando regale si cala sui nevai.
Id: 1048 Data: 11/10/2008 18:09:40
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Morte di un poeta »
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Poesie e canzoni
Leggendo Heine
Giocava con i fiori e le cicale la mia piccola dea tra i sassi e le colonne delle rovine del tempio.
Poi fu Fata Turchina (ma gli occhi aveva bianchi e molli come cera) smarrita tra la folla alla stazione davanti ai cancelli della fabbrica dietro al bancone del supermercato nei viali spogli di periferia.
Adesso è una strega, una megera appollaiata in cima al campanile coperta d’escrementi irrisa dagli insetti e dai colombi.
Come una vecchia poiana allunga l’ali ad afferrare i refoli di vento: miseri, fugaci refrigeri.
E non c’è clemenza di Tempo pietà di Morte per una dea immortale.
Visioni
Angeli, le bianche ali spiegate Volano radenti i tetti dei palazzi Angeli fermi ai crocicchi delle vie Sorvegliano pazienti Bisbigliano agli orecchi Sordi e distratti dei passanti Custodi dei sogni Chi li ha veduti giura Che hanno riccioli d’oro Occhi azzurri, grandi Come balconi spalancati sul cielo Alcuni portano la spada Altri la tromba Altri ancora il giglio (cercano una donna) Hanno corpi freddi e lisci Come cristalli d’acqua Caldi e spumeggianti Come colonne di vapore Chi li ha toccati in questo non concorda Riparano di notte Nei casolari semidirocati Nei dormitori pubblici Negli appartamenti illuminati Dalla fioca luce dei televisori Nei chiostri silenziosi dei conventi Nei vasti androni dei ricchi palazzi Flatulenti d’arrosti e torte alla vaniglia Angeli di Dio, vi prego Non mi lasciate! Portatemi con voi pur se dovessi morire questa notte.
Canzone per un letto vuoto
Ti corteggiava il vento Lascivamente sfiorando le ginocchia. Ti ha sedotta la notte Lasciandoti sul letto Con il ghiaccio nel cuore.
Ti lusingava il tempo Facendoti fiorire Per tradirti con gli anni.
Ti hanno plasmato le mie mani Sotto le vesti candide cercando Le tue natiche forti I tuoi seni maturi.
Io, cattivo poeta Ti ho sognata, adorata Cantata con i miei versi inutili Condannati al silenzio.
Ed ora ti ritrovo Al fondo di un cassetto Tra le mie vecchie carte: Creatura diafana di parole morte
Ipocondria I
Non sfasciare la sveglia per cercare il gallo che ti sveglia ogni mattina urlando a squarciagola Non t'angosciare se non sai cosa si muove dietro lo schermo del televisore, come galoppa l'inflazione sui banchi del mercato e come funghi crescano la recessione, la stagnazione la disoccupazione. Si dice che ci fu un grande botto: in fondo allo spazio-tempo s'è rotto un equilibrio, e tutto s'è messo a correre impazzito e i galli a cantare dentro gli orologi e le scatole di plastica a parlare. Pure i tuoi giorni hanno preso un treno rapidissimo, che non sai dove porti e che non puoi fermare.
Ipocondria II
Non c'è rimedio il fegato s'è farcito di colesterolo l'ecografia non mostra alcun miglioramento. Il tempo è solo medico di sé stesso il tuo armadio d'antiquariato un esercito di termiti perfora minandone fin le fondamenta e tu con lui ti sfarini tu pure entrato nel catalogo triste della roba vecchia eppure hai gli occhi vivi eppure giovani hai i sensi e il cuore.... Je suis l'Empire à la fin deladécadence, qui regarde passer les grands Barbares blancs ( Verlaine)
Meditazione a due voci
Ho aperto un libro sotto casa è tutto un brulicare d’automobili Parla di sogni sulla rotatoria suonano isterici clacson Sono pochi versi il vigile respira piombo e proteste E' descritta una vita una nube d'idrocarburi pesa sull'asfalto La vita come nuvola lunghe file di macchine come serpenti Pagina dopo pagina uomini affannati, venditori, compratori Nuvola che corre in cieli puliti uomini d'affari ingrigiti di ceneri Vita come passione la strada è un formicaio d'esseri operosi Una vita immobile di uomini che hanno inventato lo stress Una vita ad ascoltare che hanno inventato i supermercati I passi leggeri del tempo.
Ipocondria III
Non c'è dolore a rimirare i propri fallimenti non c'è dolcezza. E' come rannicchiarsi dentro un grembo vuoto senza calore quando la mamma è morta.
Viaggio per mare
Ti parlerò stasera delle navi Ai moli addormentate a luci spente Ti parlerò dei fari, dei gabbiani Dai grandi occhi di vetro. Ti parlerò del canto a notte fonda Rauco delle sirene, Delle boe sonnacchiose Di te che parti sul mare buio Di me che parto ma rimango Sui rocciosi pendii fioriti di ginestre Sotto il cielo d’Aprile Sotto il sole E le azzurre tempeste. Ecco, nell’ora che il cielo Ha lo stesso colore dell’abisso S’allontanano i lumi della terra Stringi la mia mano forte, viaggiamo. Ci guidi quella stella per le eterne Celesti geometrie. Stiamo uniti noi due, non c’è data Certezza alcuna al mondo In questo notturno vagabondare
Capodanno
L’anno s’è spento senza neve In un azzurro terso di ghiaccio Dove astri risplendono mai Così vicini e vivi. Ridono i botti ma pochi Sono davvero senza rancore. La prima ora ci coglie Più vecchi e tristi Quasi consumati Prigionieri di larvali ore Non ancora defunte Che annidiate resistono Nei liquidi meandri dei pensieri
Canzone per una rosa
In quale balcone fiorita Sei rosa Profumi ogni cosa che sfiori Con le tue magiche dita Sei figlia del bacco peloso Del pettirosso canoro Sei rosa L’autunno piovoso ti sfoglia I petali d’oro, ti ruba Fragranze soavi Soffiando la tuba del vento Sei spoglia Vertigini susciti e verdi Tremori di foglia, conduci Il gelido inverno per mano
Messaggio affidato ad una bottiglia
Tu sei partita, tu non ci sei Di te notizie incerte attraversano il mare Mi hai lasciato solo e affamato Come un polipo triste abbarbicato Alla nera scogliera Lambita dai marosi E non oso strisciare Fino al ristorante più vicino E’ il frigorifero Un’Antartide vuoto e desolato. Se non avrai le mie spoglie Troverai le mie lacrime raccolte Nell’ultima tazzina di caffé Avanzata in cucina. Conservale vicino all’olio santo E al pane benedetto di Natale
Canzonetta in cinque sillabe
Corre la vela Gonfia di vento Mammella tesa Nel mar turchino Bianca nutrice Sfiorando il tremulo Oro dell’onda Là dove il velo Cade dei cieli Già si dissolve Con lenta grazia Mio caro amore Ritorna a riva Voglio baciarti All’infinito
Id: 1013 Data: 01/10/2008 16:36:49
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tre liriche
Avviso ai naviganti
Se viaggiate sul Nilo non potete ignorare quelle antiche signore sedute su scranni di pietra sonnacchiose, mai sazie di sole e quel cane dalla faccia di donna sfigurata dalla carie del tempo che più non ha voglia di scodinzolare sulla spiaggia del Cairo. Una volta il mare arrivava fin là ai piedi delle case prima che il fiume trasportasse la sua nera paccottiglia di limo e di fango e il papiro inverdisse la sabbia. Rimini Egizia! dell’età del bronzo e del ferro quando giovani atleti e ragazze di profilo ammirate mimavano sulla spiaggia l’amore per gioco e scarabei e civette dagli occhi turchini e cani alati scorrazzavano in riva attorno alle barche e alle navi votive che impigrivano al sole. Dormiremo noi pure nelle umide stanze ammuffite abbracciati al remo della canoa o seduti ieratici sul pedalò mummie svuotate di tutto se non dei ricordi. A tutti diremo “Non abbiamo saputo dove andare”.
Alieno
Oh la città! La città è lontana Di sotto……io sono in alto Trascoloro nel sole, vorrei Essere in paradiso! Invece sono sospeso… solo sospeso Il vento mi gonfia i pantaloni e la camicia…sono Nel tetto più alto Sotto di me Gli strali del tramonto Sanguigno all’orizzonte Come ogni fine! Sto appollaiato sopra il cornicione Come un falco ferito Affamato, spaesato…… non posso muovermi Scendere, atterrare In mezzo ad una strada O sull’erba di un prato Tra la meraviglia della gente Dei bambini che giocano Semplicemente ho perso le chiavi della porta Che conduce alla scala, all’ascensore. Invano faccio gesti, mi sbraccio Sul marciapiede i passanti Sono piccoli insetti…scarafaggi le auto Ed io un farfallone nero Prigioniero della propria sconsideratezza. Usa il cellulare…chiama tua moglie! Mi suggeriscono gli angeli appostati dietro i comignoli Ma per somma ironia della sorte il telefono è inutilizzabile, ha esaurito la carica. Quando verrà il buio con la notte Sarò assalito dal freddo Sento già correre i brividi Forse cadrò in delirio Fame, sete, bisogno di urinare Ecco un’idea eccellente… veramente! Farò i bisogni sporgendomi dal parapetto Qualcuno, centrato, s’accorgerà che non sono Escrementi di colombi Ma umani resti di banchetti. Crederà in una mistica visione Del prossimo futuro Forse griderà:”C’è qualcuno là sopra?” E tutti assaggeranno l’escremento Per capire, conoscere, sapere La qualità del cibo che è dato al prigioniero Esposto nella gabbia Eretico folle, ostinato E sono io…. qua sopra In veste d’uccello imbalsamato Calcinato dal vento Illividito dal freddo…. spento … essiccato
Giovedì Santo
L’hanno gridato tutti gli strilloni È su tutti i notiziari della sera Jesus il messia è stato condannato A MORTE Domani sarà l’esecuzione. Capannelli di curiosi sostano dinanzi Alle grigie mura del carcere. Cortei d’abolizionisti irati, mesti, Cortei di sostenitori della vendetta Trionfanti Perché giustizia sarà fatta Sfilano davanti al suo portone. Lui non s’è difeso Non ha chiesto la grazia. Come un malfattore pentito ha domandato D’espiare le colpe. Quali colpe? (Pare che il giudice Se ne sia lavato le mani) Le colpe di tutti gli uomini? Giustizia comunque sarà fatta. I falegnami lavoreranno tutta notte. E’ stata comandata una croce Di grandezza inusitata che possa essere veduta Da ogni quartiere Da ogni angolo della città. Monito per i falsi profeti, Dissuasione per i sovversivi. Il condannato è stato deriso Coronato di spine Percosso, flagellato. Domani farà il suo cammino (Dead man walking) Verso la collina. Cammino lungo, faticoso Per i suoi piedi sanguinanti, per le sue ferite. Cammino dei soldati di tutte le guerre Per le steppe e i deserti, Per le giungle e i mari, Di tutti i malati e sofferenti Per i viali dell’ospedale, Per gli uffici della mutua, Di tutti i depressi, i malati di mente Per i giardini dei manicomi, Delle cliniche psichiatriche, Di tutti i carcerati Per i corridoi Per i cortili del carcere, Di tutti i popoli straziati Dalle guerre civili, Decimati nei campi di sterminio, Di tutti i condannati nel braccio della morte Che attendono la vendetta legale. Tutti compagni Tutti lignee schegge della sua croce Sulla strada che porta alla collina. Stanotte grande spettacolo gratuito! Lo stadio già trabocca di folla. Fari multicolori Forando la nera tunica del cielo Solleticano le stelle. Tutti i riflettori sono puntati Su questa Star nascente Già morente. Accendono di luce candida il suo viso Intriso di sangue. Tutti ridono, applaudono, fischiano. Vorrebbero sentire l’uomo parlare (che dica almeno una parola!) Gridare di dolore Agonizzare. Dove sono i suoi amici? Portate qui anche loro (ancora non sono stati inventati I giochi dei leoni Le docce con il gas I forni) Domani le sue mani saranno martoriate, Mani d’operaio nelle macchine Di fabbrica. La lancia bisturi Sezionerà le sue carni Su quello strano letto operatorio. Le sue ossa saranno fracassate Come caduto dall’impalcatura, Volato sull’asfalto della strada. Domani griderà “Padre, Padre” Come ogni figlio che soffre Come ogni uomo che muore.
Id: 993 Data: 25/09/2008 18:52:38
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