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Ogni lettore, quando legge, legge se stesso. L'opera dello scrittore è soltanto una specie di strumento ottico che egli offre al lettore per permettergli di discernere quello che, senza libro, non avrebbe forse visto in se stesso. (da "Il tempo ritrovato" - Marcel Proust)

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Silvia Morotti

Argomento: Intervista

Testo proposto da LaRecherche.it

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Pubblicato il 31/05/2015 12:00:00

 

Continuiamo con la pubblicazione delle interviste ai primi tre autori classificati di entrambe le Sezioni (Poesia e Narrativa) del Premio letterario “Il Giardino di Babuk – Proust en Italie”, I edizione 2015, allo scopo di farli conoscere, come persone e come autori, un poco oltre i loro testi che è possibile leggere qui: www.ebook-larecherche.it/ebook.asp?Id=180

 

L’autrice qui intervistata è Silvia Morotti, terza classificata nella Sezione A (Poesia) con le poesie raggruppate nel titolo: L'Arpa di Abele

 

Le interviste sono a cura della Redazione de LaRecherche.it e seguiranno cadenza settimanale secondo il seguente calendario di pubblicazione: Gianfranco Martana (pubblicato il 26/04/2015: leggi), Nicola Romano (03/05/2015: leggi), Mikol Fazio (10/05/2015: leggi), Emilio Capaccio (17/05/2015: leggi), Giulia Tubili (24/05/2015: leggi), Silvia Morotti (31/05/2015)

 

*

 

Chi sei? Come ti presenteresti a chi non ti conosce?

 

Non saprei come rispondere... mi presenterei semplicemente con il mio nome e cognome.

 

 

Quali sono gli autori e i testi sui quali ti sei formato e ti formi, e che hanno influenzato e influenzano la tua scrittura?

 

Mi sono laureata su Corazzini e, dopo la laurea, ho discusso una tesi di dottorato sulla teatralizzazione del discorso lirico nella poesia del primo Novecento, dedicandomi soprattutto a Gozzano. Non so quanto i miei studi mi abbiano influenzato. A volte si è influenzati da autori che crediamo di non amare.

 

 

Quale utilità e quale ruolo ha lo scrittore nella società attuale?

 

È difficile definire il concetto di “utile” ed anche l’idea di un “ruolo” dello scrittore non può essere chiara. Sono domande alle quali, credo, i contemporanei non possono dare risposta.

 

 

Come hai iniziato a scrivere e perché? Ci tratteggi la tua storia di scrittore? Gli incontri importanti, le tue pubblicazioni.

 

La lettura e la scrittura sono sempre stati per me un luogo protetto. Mi piace leggere e scrivere, come piace a tanti. Ho incontrato due persone a cui devo moltissimo: Elena Salibra, studiosa di letteratura italiana e poetessa, che mi ha seguito per la tesi di laurea e per il dottorato; Roberto Amato, che ho conosciuto dopo aver recensito il libro con cui ha vinto il Premio Viareggio, Le cucine celesti. Ho collaborato con la rivista  “Soglie” con recensioni e saggi; saltuariamente, con altre riviste letterarie; per la Bonanno ho pubblicato una monografia su Gozzano; sto lavorando a un saggio per la Prufrok su Corazzini e Soffici (pubblicazione/premio per il concorso “In realtà, la poesia”); ho pubblicato con Lampi di Stampa, per la collana di poesia diretta da Valentino Ronchi, I fuochi di Sant’Ermete; sulla rivista “Poesia” sono usciti inediti dal libro Il sarto in certi romanzi, che sarà pubblicato a settembre dalla Perrone editore.

 

 

Come avviene per te il processo creativo?

 

Scrivere per me, che sono quasi atea, è una specie di preghiera.

 

 

Quali sono gli obiettivi che ti prefiggi con la tua scrittura?

 

Come dicevo, scrivere, per me, è come pregare: l’obiettivo di una preghiera è parlare con Dio; io non credo (almeno, non sempre); la scrittura, per me, è una preghiera senza oggetto, un modo per uscire da sé e tentare di ritrovarsi.

 

 

Che cos’ha di caratteristico la tua scrittura, rispetto a quella dei tuoi contemporanei?

 

Non lo so. Restando sul piano della forma, tra i contemporanei italiani, prediligo quelli che, come direbbe Montale, non rinunciano al canto. Mi piacerebbe che la mia scrittura non fosse priva di musicalità.

 

 

Si dice che ogni scrittore abbia le sue “ossessioni”, temi intorno ai quali scriverà per tutta la vita, quali sono le tue? Come si è evoluta la tua scrittura dalle tue prime pubblicazioni?

 

I temi della mia scrittura sono abbastanza comuni:  l’amore (per i vivi e per i morti), la ricerca di Dio, la difficoltà di riconoscersi “unici e interi” (Yeats). Con il passare del tempo sono divenuta, spero, meno ermetica.

 

 

Quale rapporto hai con la poesia e quale con la narrativa? Hai scritto sia in versi sia in prosa (racconti o romanzi)? Se la risposta è no, pensi che, un giorno, ti accosterai all'altro genere letterario?

 

Sono del tutto incapace di scrivere racconti e romanzi. Anche quando scrivo in prosa, la mia scrittura ritorna sempre su stessa.

 

 

Quanto della tua terra di origine vive nella tua scrittura?

 

Sicuramente, la lingua parlata nella mia terra (la Versilia) condiziona i versi, che riprendono il fluire del racconto orale.

 

 

Qual è il rapporto tra immaginazione e realtà? Lo scrittore si trova a cavallo di due mondi?

 

Non credo che l’immaginazione sia un altro mondo: è un modo di essere di questo mondo.

 

 

Quali difficoltà hai incontrato nel pubblicare i tuoi testi?

 

Il primo libro, I fuochi di Sant’Ermete, è uscito con Lampi di Stampa, nella collana diretta da Valentino Ronchi. È stato importante far leggere il manoscritto a due poeti, Roberto Amato ed Elena Salibra. Ho ascoltato i loro consigli, prima di cercare un editore. Ho inviato libri a diversi editori non a pagamento, tra i quali Crocetti, che mi ha dato la possibilità di pubblicare alcuni inediti su “Poesia”, nella rubrica curata da Maria Grazia Calandrone. Grazie al concorso Walter Mauro, pubblicherò, con Perrone editore, il mio secondo libro, Il sarto in certi romanzi. Per l’editoria non a pagamento i tempi sono lunghi, ma ritengo che sia preferibile aspettare.

 

 

Chi sono i tuoi lettori? Che rapporto hai con loro?

 

Se penso a un lettore sconosciuto, provo stupore.

 

 

“Ogni lettore, quando legge, legge se stesso. L'opera dello scrittore è soltanto una specie di strumento ottico che egli offre al lettore per permettergli di discernere quello che, senza libro, non avrebbe forse visto in se stesso”. Che cosa pensi di questa frase di Marcel Proust, tratta da “Il tempo ritrovato”?

 

È vero, come vero anche ciò che Proust dice in Sodoma e Gomorra e che ci riporta alla domanda sul rapporto tra realtà e immaginazione: “la vera realtà non è tratta alla luce che dalla mente, è l’oggetto di un’operazione intellettuale, così che noi conosciamo veramente solo quanto siamo costretti a ricreare col pensiero quanto la vita di tutti i giorni ci nasconde”.

 

 

Hai mai fatto interventi critici, hai scritto recensioni di opere di altri autori? Quali sono gli indicatori che utilizzi nel valutare, se così ci è permesso dire, un testo? Quali sono, a tuo avviso, le caratteristiche di una buona scrittura?

 

Ho scritto diverse recensioni su poeti contemporanei. Una buona scrittura deve dare quell’impressione di bellezza di cui parla Borges, la bellezza che si sente prima ancora di pensare al significato.

 

 

In relazione alla tua scrittura, qual è la critica più bella che hai ricevuto?

 

La critica più bella che ho ricevuto è quella di Roberto Amato, quando ha paragonato I Fuochi di Sant’Ermete alla “pittura silenziosa degli amanuensi, agli spazi istoriati intorno alle maiuscole”.

 

 

A cosa stai lavorando? A quando la tua prossima pubblicazione?

 

La mia prossima pubblicazione sarà, come dicevo, Il sarto in certi romanzi: il titolo allude a I fantasmi del cappellaio di George Simenon. Nella raccolta, il sarto è un personaggio osservato dall’alto, da una finestra. Ad osservarlo è una donna, Anna, tesa ad interpretare la propria vita alla luce della mistica ebraica. I testi con cui ho partecipato al concorso de LaRecherche fanno parte del progetto di un altro libro, L’arpa di Abele, che riprende e sviluppa il personaggio del sarto.

 

 

Quali altre passioni coltivi, oltre la scrittura?

 

Fino a qualche anno fa, suonavo, da dilettante, il clarinetto.

 

 

Sei tra i vincitori del Premio “Il Giardino di Babuk – Proust en Italie”, perché hai partecipato? Che valore hanno per te i premi letterari? Che ruolo hanno nella comunità culturale italiana?

 

Ho partecipato attratta dall’impostazione del concorso e da Proust, che stavo rileggendo proprio in quel periodo. I premi letterari forse sono troppi numerosi. A me piace partecipare, per vedere se quello che scrivo può interessare. Trovo che siano utili i premi che propongono la pubblicazione, perché contrastano l’editoria a pagamento.

 

 

Hai qualcosa da dire agli autori che pubblicano i loro testi su LaRecherche.it? Che cosa pensi, più in generale, della libera scrittura in rete e dell’editoria elettronica?

 

Credo che LaRecherche.it si ponga come comunità di lettori e di critici e pertanto offra agli autori ciò di cui hanno bisogno. Nutrivo una forte diffidenza per la scrittura in rete e per l’editoria elettronica, ma comincio a capire che si tratta di un pregiudizio: i lettori di oggi sono chiaramente anche lettori in rete, quindi la scrittura in rete ha la sua ragione di essere.

 

 

Grazie Silvia.

 


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