Sazia del suo lucido alfabeto
dorme
l’erba che non abbiamo calpestato.
Solo la pancia dei quadrupedi
riconosce i morbidi sentieri
che conducono alla sorgente.
Noi di quelli ci siamo nutriti
ma col fumo volava via
rinnegata la loro sapienza.
Il trono pertanto è solo
un sedile in una sala d’attesa
messo lì per non stancarci.
I suicidi ci implorano
intanto di non piangere.
Sembra dicano: Non c’è nulla
che abbia a che fare col male.
Guardate, siamo solo uccelli
che spiccano un facile volo
da un davanzale.
Fino al giorno che sentiremo
su per le scale concitata levarsi
la lingua straniera incalzante
di chi è venuto a deportarci.
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