In un tardo pomeriggio di sole tiepido, mi trattengo volentieri al parco seguendo mio nipote di sei anni.
Lui è completamente immerso in una delle sue storie fantastiche. La sua biciclettina è una cavalcatura e sta combattendo almeno una decina di draghi che ci attaccano di sorpresa; mi sta aprendo la strada per tornare al castello.
-Tu eri la principessa e io ti portavo al castello sana e salva.
Io ho ancora addosso qualche residuo di guerriglia urbana della settimana lavorativa e rivedo subito il mio personaggio.
- In realtà, messere, quand'ero giovane ho ammazzato certi draghi che neanche potete immaginare, ma ora sono vecchierella e ahimè ci vedo poco, vi sarò quindi grata se vorrete aiutarmi a raggiungere il castello sana e salva.
- Va bene.
Mi sento molto vicina a questo nipote che non dispone di un precoce "fisicaccio", non ama lo sport in modo particolare e possiede una manualità fine assai sviluppata. Ha una spettacolare serie di piccoli attrezzi che conserva ordinatamente riposti all'interno di diverse scatole; sa sempre dove trovare ogni cosa.
Mia sorella, sua madre, si è adoperata per coltivare la fantasia di questo suo figlio così esile, così strano e così tremendamente... assennato. In una certa misura c'è riuscita, a parte il fatto che ogni tanto il bambino esce repentinamente dalla parte e riflette seriamente su quello che gli si sta dicendo.
Comunque, per il momento c'è da sistemare la faccenda che il piccolo fatica a distinguere la destra dalla sinistra sicché, già che ci sono, mi rendo utile:
- Là, messere, a destra, un drago enorme! Alla vostra sinistra cavaliere! Prestate attenzione!
A un certo punto la cavalcatura si azzoppa e ci ritroviamo al margine del sentiero con la necessità di stringere i bulloni; lui senza la sua attrezzatura, io senza i miei occhiali.
Siamo alla ricerca di soluzioni praticabili, quando ci passano accanto due persone anziane che accompagnano, tenendolo per mano, un uomo sulla quarantina. L'anziano osservando il destriero steso su un fianco si rivolge al piccolo cavaliere: "Stagh atent cunt'i manin, té sé féma". [Stai attento alle manine, ti fai male].
Il mio arguto nipote mi guarda e per un attimo pare prendere in considerazione l'idea di rientrare al castello portando a mano la cavalcatura. Poi un'occhiatina al sole già basso all'orizzonte gli fa scartare l'ipotesi di mettere fine alla sua favolosa impresa e ricomincia ad armeggiare con rinnovato vigore.
L'altro bambino, quello nel corpo da uomo insieme ai due anziani, ha lo sguardo perso tra gli alberi e si dondola, seguendo le foglie che un refolo di vento a tratti sposta, facendo filtrare i raggi di un sole morbido. Sorride quando sente i raggi sul viso. Mio nipote si avvicina e guarda nella stessa direzione dell'uomo-bimbo cercando di capire l'origine di tanta felicità. Non vedendo nulla, mi si rivolge con uno sguardo tra l'affranto e il trasognato: "Beato lui, chissà cosa sta vedendo nella sua storia, invece noi … guarda che disastro!".
La madre dell'uomo-bimbo muove verso di me accompagnandolo con dolcezza, chiaramente sollevata: "Mi scusi, tante volte le persone non capiscono … “.
Sono infastidita, mi mette in imbarazzo sentir parlare delle persone presenti come se non lo fossero; probabilmente l'uomo-bimbo non lo è davvero.
A sbloccare la situazione, stagliata all’orizzonte, una figura di donna in bicicletta con la folta chioma illuminata dall'ultimissimo raggio di sole che, evidentemente, si è trattenuto ad aspettarla.
- Mamma!
- Ciao ometto, ti ho cercato per tutto il parco... cosa è capitato al tuo cavallo?
L'uomo-bimbo in un attimo si rianima, esce da non so quale realtà parallela e si dirige verso mia sorella, mentre l'anziana signora rimane inebetita.
- Ciao... - lui -
- Ciao... - lei -
L'uomo-bimbo s'inchina un pochino in avanti e sembra voler tendere la mano, ma quando mia sorella porge la propria, lui la prende e simula un delicato baciamano senza però sfiorarla con la bocca. Io non posso credere, per un lungo istante sembriamo tutti fuori dal tempo e dallo spazio, poi mia sorella si riprende sorride e ringrazia. Anche mio nipote si riprende e sottovoce, come a simulare una confidenza, si rivolge all'uomo-bimbo:
- Sì però guarda che questa qui è la mia di principessa.
L'anziano padre non regge la tensione e molto educatamente, ma anche un po' troppo velocemente, saluta e si allontana con la propria famiglia.
Tornando verso casa con il piccolo destriero azzoppato in spalla, mi sento un po' frastornata. Mio nipote, con in mano i suoi bulloni, prima di imboccare il ponte sull'autostrada si volta e getta un ultimo sguardo al paese delle fiabe.
A metà del ponte è mia sorella a rompere un silenzio quasi magico.
- Cosa vi è successo?
- Niente - io -
- Niente - lui -
La fine del ponte coincide con il ritorno alla realtà, bisogna prestare attenzione alle auto e il rumore, che all'interno del parco giungeva ovattato, qui ferisce le orecchie riportando tutto alla normalità.
Nei vuoti di rumore tra un’auto e l'altra mi rivolgo a mia sorella.
- Sai... sento che mi sta salendo uno dei miei "domandoni".
- Quali? Una di quelle perle di saggezza che capite solo tu e mio figlio?
- Sì proprio una di quelle.
- Vai! Spara! Ti ascolto.
- Chi l'ha detto che la fantasia alberga solo nella mente degli artisti?
- Gli artisti stessi?
- Sai cosa diventa la fantasia in una mente ordinata?
- Eh? ... Non ho sentito, ordinaria?
- No, ordinata, riflessiva.
- Che cosa diventa?
- Diventa comprensione.
- Ecco mamma, mettitela in tasca.
- Che cosa?
- La perla.
- Voi due mi fate paura.
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