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Cinque maledetti anni

di Giuseppe lonatro
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Pubblicato il 02/03/2012 19:19:00

                       CINQUE MALEDETTI ANNI

 

 

Solo in quel momento si ricordò che erano passati ormai cinque annidall’ultima volta che le parlò.

Dall’ultima volta che aveva osservato il viso liscio e fresco che  ha, da così vicino.

Non la ricordava così era una donna, adesso. E qualsiasi cosa l’avesseaccompagnata fin lì, l’aveva fatto o, giovani senza lui.

Pensò a quando, giovani adolescenti si giuravano amore eterno tra millebigliettini colorati, affrescati da dolci poesie e premiati da piccoli baciinconsueti.

Pensò alla prima volta che si baciarono, lassù sul belvedere di TerminiImerese, alle lacrime, ai sorrisi, alle lunghe telefonate, all’ “attacca primatu!”, al “ notte “, al “ sogni d’oro “. E gli si strinse il cuore. <<nonsuccederà niente in un minuto, no?>> disse lui.

Nel dirlo aveva stentato un attimo che gli venne in mente che leiodiava le determinazioni del tempo.

<< è come ingabbiarsi da soli >> diceva.

<< non lo so, è tardi sai e domani…>> mentre freneticavaguardava quell’orologio color argento che aveva al polso.

<< non ci vorrà molto >>, la interruppe lui con a voceseria. << il tempo cambia Luca, le cose purtroppo cambiano, non losapevi? >>.

Non aveva poi bisogno di molto tempo per spiegarle una cosa cheall’epoca del “ cartellino rosso “ non ebbe il tempo di dirle, che dopotutto…

Dovette aspettare a lungo.

Cinque maledetti anni, prima che il caso, o il fato se preferite,decidesse di proporgli l’occasione per farlo, ora. << non puoi pretendereche il mondo a te rimanga come lo ricordi, esso scorre, corre, cambia >>.

<< sei felice? >>, disse lui.

<< si >>, rispose lei. Sorridendo e accigliando lo sguardocome chi ti rammenta che in fondo no, non è il caso di fare battute.

<< sul serio? >> insistette lui << felice?! >>

<< si >> disse lei, questa volta con lo sguardo serio malieve.

<< Perché, tu no? >> -...gioca ancora in difesa, alcune cosenon cambiano...dopotutto.
<< Si, prospetticamente >> avrebbe voluto rispondere.... Ché seanalizzo ora la mia vita sto bene, sono felice, ma se dovessi allargare la miavalutazione mettendo alcuni “se...” e alcuni “ma...” allora forse...ma forse uncazzo, sarebbe stato sempre uguale.
<> rispose mentre immobile la osservava nelle cure che lei dedicava alsuo orologino. -...tic..lascia stare, Luca...tac..
Aveva delle mani bellissime, mani da musicista. Avrebbe voluto dirglielo, ma lospazio che c’era in quell’abitacolo era già cosi poco che non lo volleingombrare ulteriormente con dell’inutile, estremo, sentimentalismo.-...violini.
Senza sapere come o perché si ritrovò a ricordare il profumo della sua pelle inestate, la delicatezza dei suoi capelli, il tono della sua voce. -...stupidiviolini
Eppure ciò che desiderava dirle,ciò che sentiva, non era qualcosa di vago, daicontorni luminescenti come i ricordi che lo affogavano,era qualcosa di moltodefinito, con un nome, un senso. Era qualcosa che aveva attraversato i mesi.Gli anni. Cinque stramaledetti anni.

Ormai faceva parte di lui, si era calcificato, fossilizzato. “unfardello di bottiglie rotte”, così lo chiamava, che gli tagliuzzavano lostomaco, all’inizio. Poi pian piano aveva imparato a conviverci, e ora nonfaceva più così male da impedirgli di vivere, ma era sempre lì. -...mandala aldiavolo Luca
Per cinque stramaledetti anni, capite, cinque strafottutissimi anni.
Si vergognava per gli errori commessi, per la enorme quantità di macerie ecocci che aveva lasciato dietro di sé. Per tutto ciò in lui, che l’avevacostretta a cacciarlo dalla sua vita.
Ciò che all’epoca del “cartellino rosso” non comprendeva, di cui neppure sirendeva conto(- Ché un uomo non rincorre una donna), dopo averla perduta s’erafatto chiarissimo.
Avrebbe voluto dirglielo. Chiederle di perdonarlo un‘ultima volta. Ma lei eracosì bella sotto la luce vibrante dei lampioni, il suo viso, nella penombradell’abitacolo aveva un qualcosa di eterno,che non ebbe la forza. -...vaffanculo!-
In cuor suo sapeva che, forse, non l’avrebbe più rivista,e che, dopo cinquefottuti anni, non contava più niente, e che avrebbe voluto ricordarla così, traluce ed ombra,per l’ultima volta forse,di fronte al suo cancello.
No, non era lui quello che scese dall’auto, era un altro, un tipo che non avevaavuto il coraggio di difendere i suoi sogni. Il vero LUca,le sue emozioni,erano ancora su quell’auto.
<> avrebbe detto << Avrei un milione di cose da dirti, ma non ciriesco, non stasera , non così...>> e si avviò con la sua camminatasghemba verso casa. Poi si voltò nuovamente
<< Ricordi,non sono mai stato molto bravo con i discorsi faccia a faccia>> - ché la sua fresca bellezza era disarmante.
E di nuovo le porse le spalle,verso il cancello.
<< Luca! >> urlò lei dall’auto << Sei uno stronzo! >>-...hai vinto vecchio
Lui si fermò, stupito e allo stesso tempo felice, si voltò verso dilei,sorrise, pensò sinceramente al fardello che si era portato dentro per tuttoquesto tempo, per cinque anni, come per incanto era sparito, via , lontano
Rivide ogni albero, ogni raggio di sole, rivide il suo motorino che tossivasulla salita di Via Candelai, rivide le scritte intagliate sulle panchine inlegno della piazza, rivide ogni tramonto, ogni silenzio che pian piano si eraprolungato fino a rendere certa l’assoluta lontananza.
Quello sarebbe stato il momento perfetto per dirle ciò che voleva, le parole,lentamente, ma con ordine, presero forma nella sua mente,stava per dirle chemai... che dopotutto... che non...
La sua bocca si dischiuse, ma non emise alcun suono.
In un istante vide il fardello posarsi ai suoi piedi, la enorme quantità dimacerie e cocci che aveva lasciato dietro di sé ricostruirsi,proprio lì,davanti a lei.
Capì, in cuor suo, che lei sapeva ciò che voleva dirle, conosceva bene ciò chesi era dovuto portare dentro per cinque fottuttissimi anni, dopotutto lei avevaemesso la sentenza, lei lo aveva condannato. Ma ormai, a che sarebbe servito, afar soffrire le persone che, in fin dei conti, entrambi amavano.
Capì, e gli tornò in mente una frase che in quei giorni in cui il cielo è rosae le nubi gocciolano buoni sentimenti, le aveva scritto sul diario, credol‘avesse sentita in un film, e che a lei piacque molto:
Un palazzo viene dato alle fiamme,
tutto quello che rimane è cenere.
Un tempo pensavo che questo valesse per tutte le cose:


Famiglia, Amici, Sentimenti.
Ora so che niente può separare due persone
fatte per stare insieme.
Se le persone che amiamo ci vengono portate via
perché continuino a vivere
dobbiamo continuare ad amarle.
I palazzi bruciano, le persone muoiono
ma il vero amore è per sempre!


Capì, e per la prima volta riuscì a sostenere lo sguardo dritto negli occhi dilei.
Capì che erano separati dalla distanza minima di un abbraccio impossibile.
Capì che era passato troppo tempo,capite, cinque maledetti anni.
Capì che molte cose erano cambiate.
Capì che forse non l’amava più, come lei non amava più lui. Ma capì anche chequalcosa di molto forte li legava e li avrebbe legati per il resto della lorovita.
Capì che i ricordi li avrebbero uniti, per sempre, ché anche se cancellaval’immagine di lei dalla sua mente, certamente non avrebbe potuto cancellare ilprofumo dell’erba tagliata in estate, o quella cicatrice che si era procuratoper salvare il gattino di lei che non voleva saperne di scendere daquell’albero in giardino, non avrebbe potuto cancellare l’arpeggio iniziale diCowgirl In The Sand di Neil Young o The River del grande Boss,né avrebbe potutocancellare il 1987, non avrebbe potuto........né avrebbe voluto.
Capì, e disse << Buonanotte >> mentre lei lo guardava cercando didissimulare quelle lacrime che gli attraversavano le gote.
Poi si voltò, camminò verso il cancello, aveva gli occhi lustri per via di quelvento sabbioso dell’estate, quello che viene dal deserto, mica piangeva ilnostro caro vecchio.


Tanto tempo,ormai,è passato da quella notte, qualcuno racconta che non sividero più, altri dicono invece che un giorno scapparono insieme lontano, non sisa dove.
Per quanto mi riguarda, le storie d’amore sono belle così: senza senso.


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