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Gli Insetti

di Giuseppe lonatro
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Pubblicato il 25/02/2012 20:32:33

Leo uscì dall’appartamento, alla solita ora, in una grigia mattina di una Palermo autunnale.

Guardò compiaciuto le sue scarpe lucidissime e, nell’abbassare lo sguardo, si accorse di un piccolo insetto fermo sul pavimento.  Si spostò allora di un passo per poterlo schiacciare più comodamente e ruotò con forza la punta del piede sul pavimento, in modo da essere certo del risultato. Si pulì la suola sullo zerbino e, soddisfatto, si avviò verso il portone del palazzo. In effetti, Leo provava un sottile piacere nello schiacciare ogni insetto che gli capitava a tiro se poi quest’atto era accompagnato dallo scricchiolio della corazza oppure lasciava una piccola macchia di liquidi organici sulla superficie, allora ricavava una soddisfazione ancora più grande. Sin da bambino aveva questa passione. Ad esempio gli era sempre piaciuto strappare le ali alle mosche, cercando di non danneggiarle troppo durante l’operazione. Restava lì, fermo, ad osservarle camminare; sovente le stuzzicava con una matita, facendo seguire loro un percorso che aveva in precedenza preparato. Oppure staccava alcune delle zampe di certi grossi ragni che scovava dopo faticose ricerche, divertendosi, poi, nel vedere la loro andatura sbilenca.

 Con un distratto cenno del capo rispose al saluto del portinaio e si tuffò in mezzo al caos della città. Per Leo quella era una giornata come tante altre e, lungo la strada che l’avrebbe condotto in ufficio, ripensò a tutto quello che avrebbe dovuto fare durante la giornata.        Oltre ad una serie di telefonate di lavoro, doveva ricordarsi di passare in tintoria a ritirare degli abiti. Per sicurezza estrasse il portafoglio dalla tasca dei pantaloni e cercò lo scontrino che gli avevano rilasciato. Sorrise compiaciuto della propria memoria nel leggere sul biglietto “data di consegna: venerdì 27 novembre”. Mentre lo riponeva con cura al suo posto scese dal marciapiede e iniziò ad attraversare la strada. Fu questione di un attimo un’auto che svoltava a destra non poté evitarlo, nonostante procedesse lentamente. Si sentì un tonfo sordo ed Leo si ritrovò qualche metro più in là, a terra. Restò per un istante stordito, poi provò a muovere le gambe e le braccia. Si rese conto che funzionavano perfettamente, ma preferì rimanere immobile. Quando s’accorse di avere un po’ di persone attorno iniziò a gemere, tenendo gli occhi semichiusi. Gemiti che aumentarono d’intensità quando vide farsi largo tra la gente una donna pallidissima che mormorava: <<Non l’ho visto… è sceso d'improvviso dal marciapiede...qualcuno chiami un'ambulanza>>. A quelle parole Leo si sollevò un po', si appoggiò ai gomiti e borbottò che non voleva assolutamente.

La gente che si era radunata, a quel punto, siccome non c’era più nulla da vedere, si disperse velocemente e, accanto all’uomo seduto ancora a terra, rimase solamente la donna che l’aveva investito. Questa continuava a fissarlo, quasi incredula di quanto era successo.

<<Non l’ho visto, Dio mio, proprio non l’ho visto scendere dal marciapiede>>.

<<Ci mancherebbe che mavesse visto e investito apposta! Ma si rende conto della fesseria che ha detto?!>>, la redarguì acidamente, <<E, ora, la smetta di piagnucolare e mi dia una mano ad alzarmi...>>

Una volta in piedi la fissò severamente: << grazie a lei sarei potuto morire, lo sa vero?!>>.

La donna, ancora stordita dallo spavento, rimase silenziosa sotto  il peso di quelle parole e abbassò lo sguardo. << ora come la mettiamo? Capirà che in queste condizioni per un po' di tempo non potrò fare nessun tipo di sforzo. Sarà già un miracolo sarà già un miracolo se riuscirò andare a lavorare in ufficio>>.

In tutto quel tempo Leo non aveva mai distolto gli occhi dalla donna. Al termine della sua analisi la classificò un essere insignificante, così come si poteva dedurre dal suo aspetto. Bassa, rotondetta, con capelli sottilissimi color castano che scendevano ad incorniciare un volto che, ad essere buoni, si poteva definire anonimo. Gli abiti che indossava erano informi, le scarpe, a tacco basso, neppure particolarmente lucide.

<< allora che è...sta zitta?! >>.

Leo si stava intimamente divertendo davanti al silenzio imbarazzato con cui la donna lo ascoltava. Non aveva a la minima intenzione di aiutarla, anzi le piaceva studiarne le reazioni, come il pallore innaturale el viso e il tremolio costante del labbro inferiore.

Si augurò che non si mettesse a piangere, una manifestazione femminile che lo irritava.

<< se vuole la posso aiutare, mi dica solo in che modo e all'uscita del lavoro, provvederò per quanto mi sarà possibile...>>. Finalmente la donna si era decisa a parlare. L'aveva fatto usando un tono abbastanza basso e tenendo lo sguardo rivolto verso terra.

Leo fu sorpreso, non aveva previsto una simile offerta. Aveva pensato che il suo divertimento sarebbe finito di lì a poco, invece quella donna gli dava la possibilità di prolungarlo ancora. Nellla sua mente balenarono tutta una serie di faccende e di commissioni che avrebbe potuto affidarle. Con aria di sufficienza le diede il suo indirizzo e lo scontrino della tintoria: << sarei dovuto andare io, ma in queste condizioni, come può ben capire, sono impossibilitato >>, aggiunse che l'avrebbe aspettata verso le sei di quella sera e la congedò non senza aver preso nota dei suoi dati. Attese che la donna si fosse allontanata con l'auto per proseguire a passo spedito verso l'ufficio. Quello stupido incidente l'avrebbe fatto arrivare in ritardo, pensò, però, forse, ci avrebbe ricavato qualcosa.

Alla sera accolse la donna mostrando un'aria sofferente. Si lasciò cadere pesantemente sulla poltrona lasciandola in piedi, vicino alla porta d'ingresso.

<< come sta? >> disse la donna.

<< sto malissimo >> aggiunse Leo laconico, << come se fossi stato investito da un auto...>>.

La donna arrossi violentemente. Consegnò il pacco con gli abiti ritirati in tintoria e disse: << mi dica cosa posso fare per lei. Vuole che telefoni al mio dottore? >>.

<< ho già telefonato al mio e mi ha detto di evitare di fare qualsiasi sforzo almeno per un mese >>.

<< si, certo. Vedrà che con un po' di riposo starà meglio >> disse la donna poggiando lo sguardo per terra.

<< il fatto è che io di sabato sono abituato a fare le pulizie generali dellappartamento...>>.

La donna annuì e si offrì di venire l'indomani. Leo viveva sol una scelta fatta di propostito sin da quando era giovane. Non si era mai pentito del fatto di non essersi mai sposato, sebbene gli pesassero i lavori domestici. Talvolta pagava una donna ad ore, ma, invariabilmente, rimpiangeva i soldi spesi. Un po perchénon amava spendere e un po perché non era mai soddisfatto dei lavori eseguiti. Daltronde una volta che si era provato a lamentarsi come risposta ricevette: <<Se non le vado bene ne cerchi unaltra>>. Cosa che aveva fatto, ma i risultati non erano cambiati.
Certo, rifletteva, che il vivere solo aveva i suoi vantaggi, per
ò, ora che si avvicinava ai cinquantanni, iniziava a intravedere i lati buoni che un matrimonio fatto in modo accorto gli avrebbe potuto procurare.

Pensieri fatti seduto sulla rossa poltrona preferita mentre quella donna - Lara, le aveva detto di chiamarsi - stava sfaccendando in cucina. La sera precedente aveva cucinato senza preoccuparsi, come solitamente faceva, di sporcare il minor numero possibile di pentole. Ora quella donna le stava lavando e lui non doveva neppure  pagarla.

 Al terzo sabato Leo decise che valeva la pena di approfondire la conoscenza con quella donna, anche perché non avrebbe potuto continuare ancora per molto tempo con la storia dellfinvalidità. Così quando si presentò al mattino le disse: <<Se cucina qualcosa potrebbe fermarsi a cena. Mi farebbe piacere>>.
  La donna sorrise e gli parve grata dellfinvito. Leo vide con piacere che si dava da fare più del solito. Lui, invece, rimase pensieroso per lfintera giornata: si chiedeva se stava prendendo la decisione giusta. Lara non gli piaceva; questo era assodato, ma, gli era sembrata gentile, disponibile, sottomessa e lui stava apprezzando la comodità dfavere una donna in casa. Alla fine prevalse su tutto il pensiero gSto invecchiando è bene che pensi al mio futuroh.

 Con un sospiro, come se stesse andando al patibolo, si sedette a tavola per la cena. E durante la cena le rivolse tutte le domande che si era preparato, in rapida sequenza.
gÈ sposata?h (No, non sono sposata: ho dovuto accudire i miei anziani genitori). “È fidanzata?” (No, nessun fidanzato). gVive sola?h (Sì, i miei genitori sono morti e non ho fratelli). “Quanti anni ha?” (Ne ho appena compiuti cinquantuno). gGuadagna bene con il suo lavoro?h (Sì, abbastanza). “Grossi problemi di salute?”  (no, grazie a Dio non ne ho).

Soddisfatto delle risposte Leo riprese a mangiare in silenzio, limitandosi a banali osservazioni sul cibo che stavano consumando. Quando Lara gli servì il caffè aveva preso la sua decisione: l'avrebbe sposata. Provò così a sorridere e a dirle:<< che ne dici di vederci domani per una passeggiata al parco e darci del tu? Ormai è da un po' che ci frequentiamo...>>. Lara non si mostrò stupita, ne diede segno di particolare emozione. Prese la tazzina vuota e nel portarla in cucina disse semplicemente: << a che ora la passo a prendere? Scusa, volevo dire... a che ora passo a prenderti? >>.

Durante la passeggiata si scambiarono pochissime frasi, tutte inerenti al paesaggio e al tempo. Ad un certo punto, mentre camminavano, Leo la prese sottobraccio. La donna, quietamente, adattò il suo passo a quello del compagno e proseguirono in silenzio.

Dopo tre mesi di regolari incontri (al sabato a casa di lui, la domenica in giro per la città) Leo le propose di sposarlo. Glielo disse mentre si trovavano seduti su una panchina al parco, in una gelida domenica invernale. Lara acconsentì tenendo lo sguardo fisso a terra e Leo non potè cogliere illampo di soddisfazione che le aveva attraversato lo sguardo.

La cerimonia si svolse un sabato mattino, presso la casa comunale, davanti un delegato del sindaco. Per testimoni due impiegati della stessa struttura. A vederli nessuno avrebbe mai immaginato che fossero due novelli sposi. Quella sera per festeggiare, Leo portò Lara a cena in un ristorante sottolineando l'eccezionalità dell'evento. Rincasarono molto presto. Lara si diresse verso la camera da letto, mentre Leo si attardò nel soggiorno.

Non era propriamente preoccupato, fino a quel giorno aveva soddisfatto i suoi bisogni di uomo frequentando una volta al mese donne a pagamento, ma il pensiero di Lara che lo attendeva nell'altra stanza lo metteva un po' in apprensione. Non aveva la più pallida idea se lei avesse avuto delle esperienze in precedenza. Nel periodo di g fidanzamento g non erano andati oltre a qualche bacio e, onestamente, non gli era neppure passato per la testa di discutere di questo problema. Scrollò le spalle e si decise ad entrare nella camera. Sulla porta si fermò, impietrito.
Lara era seduta sul letto, nuda, con la schiena appoggiata al cuscino, le gambe dischiuse. La tenue luce dellfabat-jour le illuminava i grossi seni e il ventre. Il viso, le braccia e le gambe erano al buio. Leo ebbe lfimpressione dfavere di fronte un volto enorme, sogghignante: i due capezzoli sembravano un paio di occhi strabici, seminascosti da pesanti palpebre cadenti e la macchia scura tra le gambe, messa in risalto dal biancore del ventre, una famelica bocca spalancata.

<< ti stavo aspettando Leo >>. Ebbe l'impressione che il tono di voce fosse diverso dal solito, quasi contenesse una nota di rimprovero. Lara continuò a fissarlo in un modo impudico mentre si spogliava; nel frattempo scivolò sulla schiena in modo da sdraiarsi completamente, allargando ancora di più le gambe. Non appena Leo si fu steso sopra di lei sentì le mani di Lara trafficare con il suo membro e, una volta raggiunta l'erezione, con decisione spingerlo dentro al suo sesso, già aperto.

Provò la strana sensazione di essere risucchiato in una voragine calda e umida, dotata di vita propria. Sentiva il sesso della donna pulsare, quasi lo volesse trattenere a forza dentro di sé. Sensazione acuita dalla morsa che la donna faceva, cingendogli la schiena con le gambe, in modo che gli erano permessi pochi movimenti. Quando Lara si accorse che Leo aveva raggiunto lforgasmo e il suo membro aveva perso parecchio della consistenza iniziale, abbassò le gambe liberandolo dalla morsa e si divincolò in modo tale da farlo fuoriuscire.

Si girò su di un fianco e borbottò un gbuona notteh prima di addormentarsi.

Leo, quella notte, invece, faticò a prendere sonno. Non aveva una conoscenza approfondita delle donne, ma quel comportamento lfaveva lasciato esterrefatto. Era convinto dfaver a che fare con una donna piena di timori e di ritrosie, invece Lara sfera esattamente comportata come quelle prostitute che, con una certa regolarità, frequentava. Gli venne da pensare che, a letto, tutte le donne fossero uguali. E con quel pensiero consolatorio si addormentò.
I cambiamenti, all
finizio, furono graduali, ma costanti. Sovente Leo ebbe di che lamentarsi: la polvere faceva permanente mostra di sé sui mobili, la cena veniva preparata allfultimo istante e servita con malagrazia e la biancheria sporca era più di quella pulita. Una volta, erano passati sei mesi dal matrimonio, si lamentò con Leo della situazione che, a suo parere, stava diventando insostenibile. Ciò provocò una reazione che lo lasciò allibito. La donna, infatti, per la prima volta, si mise ad urlare usando epiteti irripetibili, tanto che Leo si affrettò a chiudere le finestre e le porte per timore che i vicini potessero sentire. Sottolineò più volte che lei gnon era la serva di nessunoh e che glui aveva fatto male i contih. Aggiunse pure che gse a te non sta bene hai solo da andarteneh. Fino a quel momento Lara aveva sempre reagito, al più, con una scrollata di spalle e un gsì, sì domani provvederòh, anche se poi non provvedeva per niente.

Leo si rese conto dfaver commesso un grave errore di valutazione e di essersi fatto ingannare dalle apparenze.

Gli sembrò che tutti fossero a conoscenza della situazione in cui si era venuto a trovare per via della sua dabbenaggine e che i saluti  dei vicini di casa e anche quelli del portinaio contenessero un malcelato tono di compatimento.

Però lfaveva sposata e Lara era evidentemente soddisfatta della situazione. Anzi si comportava come fosse, da sempre, la padrona di casa. Ne aveva preso possesso trasformandola secondo le sue esigenze, tanto che Leo faticava a riconoscerla come propria.
Fu quando Lea, appoggiata davanti alla finestra spalancata, senza alcun motivo, gli disse: <<Non so perché ho sposato un uomo come te, più inutile di un qualsiasi schifoso stupido insetto...>> che il volto di Leo, da molto tempo spento, sfilluminò. Comfera possibile che non ci avesse pensato prima? Lara era lfinsetto, non certo lui! Anzi era uno di quegli insetti velenosi, molto pericolosi per gli uomini. Così la spinse con decisione fuori dalla finestra aperta afferrandola per le gambe, senza dire nulla. La guardò a volare, proprio come un insetto impazzito. Poi scese di corsa sulla strada e ruotò con forza  la punta del piede sulla sua testa. Solo per essere certo del risultato. Nessuno aveva visto nulla.-


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