La malinconia degli agrumi
sepolta nel cupo giardino d'inverno
spande la pena del suo acre lamento,
soffre sospesa un esoterico decreto.
Stilla il loro succo e umettano lento
il suo segreto le labbra secche della morte.
Sedulo un merlo fanatico le fa corte
che a zampe pari fiero s’approssima
al cospetto delle tre carte della sorte.
Non sarà un caso
che un sentore di carnevale
preceda il tripudio del Natale.
E’ il giorno più breve dell’anno
e non varrà in tale deserto
la pompa boriosa degli sbandieratori
a inorgoglire la larva del mondo
che solo può il vanto del serto
acrimonioso di queste ore d’accidia.
Dio aspetta il fasto d’un nuovo nome
vittorioso ma il poeta non è un teologo,
e il suo è un impero realistico e vanitoso.
E’ lo zodiaco più ermetico del cerchio,
ghiaccio che prese fatidico forma
nel rapprendersi in un teschio
che ride agli anni che verranno,
al trionfo penoso degli imperterriti
scavatori di polvere provvisoria
presa per ori ed è qui tutta la gloria
di questo intridersi vano di giorni
che fasciano anime di vento,
disfarsi stento di fiati anonimi
alle pretese della memoria.
Braccia che levano al cielo
neonati i frutti marci
che compongono la storia.
(riproposta)
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