Pubblicato il 30/03/2012 18:02:15
Fine marzo, un sole che scalda e inganna. Ho da poco smesso di far lezione: giovani pigri, filosofiche tirate, appelli lontani,
e che bello ora, qui, musica del silenzio sotto e qualche timida rima senza screzio s’insinua tra le grinze arrossate del vivere
con giusta rabbia, poiché can che abbaia… Studio il mondo attorno, un’ombra di noia vela stanchezza morale e che importa dire
per adesso, se non trovo peana d’impegno civile: affonda lo stivale, lento inesorabile vile…
Non sono mai vissuto con senso di patria, sangue e suolo, lingue dei padri io che crocido tra domestiche mura una koinè di pianura,
una broda di novarese ed altro volgare eloquio. Mi sento umano spurio e di confine estremo, il diletto del precario stare, in limine conviene,
poi l’attesa…Fuori è bello, luce del balcone dove i butti del glicine avvinto alla ringhiera ottengono il mio spirito indagatore.
Ho figli da crescere! Rinnova la nenia del dovere dopo l’audace singulto della poetica franchigia.
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