Quello che provo per te
seduta sul picco che contraria
altezze incoronate…
altezze blasonate a trovare una via di scampo
facendosi elette di una accattivante leggenda…
Per te ho trascurato l’estate.
Sono arrivato a credere il mare
l’illusione di un adolescente perverso,
le sue calde correnti lascive
narranti la perdizione
vincente dei disperati
un inganno cantante
il preludio di un oscuro trapasso.
Per te il gelo acerbo
di una fallita primavera –
quello che a metà mattina
percorre i corridoi di un ospedale
e va a posarsi sulle ginocchia di un condannato,
fardello di esplicate sentenze ieratiche –
è divenuto un refolo
innocuo per lo starnuto
di un cucciolo dormiente.
Parte dal centro delle viscere
e va a coagularsi
a qualche metro da me
quella cosa
pendolo palpitante-battito-profumo-
sapore-consapevolezza-cecità corposa-
morte sensuale-assenso diniego in sé -
di ogni cosa
a levitare
corolla di una rosa
nocciolo pervadente
inattingibile perché
se ne è pregno il mondo
altro non mi è dovuto…
Ma io non avevo desiderato
un’altra cosa
desiderando te.
Mai avrei immaginato incontrando te
che tu fossi solo colei
su cui si sarebbe schiantata
la conseguenza di sé.
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