Verbali affreschi
Ciò che non è rigorosamente determinabile mi pare poetico oggetto di “Note visive e di vento”, coinvolgente raccolta di Giovanni Infelíse nel cui àmbito la presa d’atto dell’umana incertezza esistenziale riesce a farsi intensa scrittura capace di affidarsi con fiducia al lettore.
Linguaggio e vita nella loro inestricabile, spesso problematica, connessione inducono il poeta a proporre vivide sequenze quali
“Fermo è il dondolio, il male di un’invisibile
lotta tra la distanza e la sempre prossima parola”
e
“a una ricerca d’armonia che abbia
in sé il mare, il ritratto che non invecchia
di una fragile eternità, di un pensiero”.
Una sorprendente, insopprimibile, propensione al dire creativo incontra e supera ostacoli nel raggiungimento di comunicativa “armonia”?
Senza dubbio.
Tratti di momentanea tregua possono considerarsi descrittive cadenze, come
“vista da lontano l’acqua da sempre
testimonia la riva, il bosco di faggi
che oscilla e si raccoglie sotto il cielo”,
tratti che con la loro precisa valenza paesaggistica paiono promuovere un’interruzione dell’inquietudine.
Pausa di breve durata, poiché presto riemerge
“l’ansia di vivere nella speranza che nulla
sia accaduto […]”.
Siamo al cospetto, qui, d’intensi toni drammatici: “ansia” e “speranza che nulla sia accaduto” attraversano un’intera umana vita che pare sospesa in dimensioni spazio-temporali in cui lo stesso presente vacilla.
C’è scampo?
Forse “l’istante di un dialogo infinito” (pag. 26) può esserlo?
Occorre, credo, evitare la ricerca di definitive risposte: i verbali affreschi di Giovanni sono veri e propri poetici inviti, incessanti correnti di versi che non possono non indurre a riflettere con assiduo impegno su come collocarci nel mondo, ossia su ciò che siamo e su ciò che potremmo anche divenire.
Insomma, quell’esistenziale incertezza di cui parlavo all’inizio si mostra sotto l’aspetto di un esserci per dire:
“tra i pochi calpestii rimasti nei vicoli
dove dispute e amori le insidie sfidano
ancora e rinnovano i canti, ognuno
col suo peso e col suo dolore
o una nota, un segno, una parola”.
Una consapevole accettazione può attenuare il dramma?
“Note visive e di vento”, con il suo fitto susseguirsi di composte, eppure indocili, pronunce, mostra, in maniera evidente, come la lingua poetica possa essere arricchente stimolo a non cadere vittime di banali trame: “una nota, un segno, una parola” ci salveranno?
C’è da augurarselo, davvero.