Tanto è stato già scritto, romanzato, reso in video sull’argomento camorra. Come si fa dunque oggi a proporre ancora in lettura un romanzo come Era tuo padre, che sembra attingere perfino nel lessico di base all’inconografia verbale di Gomorra e che indugia a raccontarci una storia di caduta e riscatto, come tante di quelle che affollano la cronaca nera da anni? Si può fare e l’operazione si riempie di senso se il libro viene proposto a lettori giovani associando alla verosimiglianza di una narrazione cruda e vitale, la sofferenza di una vicenda biografica, quella dell’autore, che in qualche modo assume il valore esemplare della testimonianza. Alessandro Gallo cambia giovanissimo la sua vita, lasciando Napoli e dedicandosi presto a lavorare in Emilia Romagna, nel campo dell’educazione alla legalità con progetti di teatro civile. Questa scelta rappresenta per lui, in qualche modo, la strada trasformativa essenziale. Secondo Baliani, il punto della letteratura è proprio la metamorfosi perché scrivere deve essere un atto dirompente, violento, se serve, paragonabile ad una bomba messa sotto la sedia del potere. Se quest’ultimo, poi, è un potere criminale, la bomba deve deflagrare in maniera ancora più forte e la scrittura deve servire a dar voce al candore, allo sgomento infantile, alla tensione adolescenziale verso una lotta che aspira a cambiare il mondo. Nel romanzo di Gallo, edito da Rizzoli, l’autore ci propone di dar voce a questa tensione. Il romanzo è ambientato inizialmente in una Napoli popolare, intrisa di camorra, ma poi lo scenario non cambia troppo quando l’azione si sposta nella Bologna universitaria o nella Londra cosmopolita. La trama è organizzata intorno al tema della repentinità delle scelte: un delinquente di rango, una donna che sceglie rapidamente di sposarlo, tre figli, un destino che viene definito in modo profondamente diverso nel giro di pochissimi anni, quelli che dovrebbero essere i più puri e spensierati. Delinquere è semplice se non esiti troppo, dice nel testo Gaetano, giovane affiliato al clan, rivolgendosi a Camilla, figlia minore del boss che lei stessa finirà col ripudiare, destrutturando dalle fondamenta l’archetipo del padre padrone inesorabilmente vincente. Gallo sembra sottintendere in tutto il libro un’idea di fondo: la strada della legalità è lunga, per certi aspetti tormentata, ma anche se ti mette alla prova ogni giorno si rivela l’unica percorribile; perché – per dirla con Don Peppe Diana – non c’è bisogno di essere eroi, basta il coraggio di avere paura, fare delle scelte e denunciare.