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Alessio Romano

Argomento: Intervista

Testo proposto da LaRecherche.it

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Pubblicato il 12/01/2009 21:46:54

Alessio Romano è nato a Firenze ventitré anni fa. Vive da sempre nella culla della Lingua Italiana ma è “contaminato” dalle origini sicule paterne. Oltre che il sapore di Trinacria sicuramente il padre, pittore ed illustratore, gli ha trasmesso l’amore per l’arte che, per il figlio, trova la sua massima espressione nella parola. Alessio non scrive, è poeta. Dai suoi componimenti si evince una precoce scelta di campo, di certo non scevra di tormenti e rinunce.
Vive come un poeta maledetto, immerso nelle sue letture e nell’ascolto della musica. Scrive e legge ininterrottamente.
Il suo motto è: "Finché avrete qualcosa da dire non avrete paura di parlare". Il suo pseudonimo, che non sempre usa, Alicante, è stato scelto per la sonorità e per il rimando ad una poesia di Prevert.

DOMANDA.
Queste notizie sulla tua persona sono tratte da tue biografie. Ora vorremmo che ci dicessi “in diretta” chi è Alessio Romano?

RISPOSTA.
Alessio Romano è un poeta che vorrebbe dare tutta la sua vita per la poesia.

DOMANDA.
Quando hai cominciato a scrivere e cosa ti ha “spinto”?

RISPOSTA.
Quando ero solo un bambino, rammento che circa in terza elementare ci fecero studiare un poeta, forse Carducci, forse Foscolo, forse Pascoli: non rammento. Ma avvenne in un pomeriggio autunnale, forse invernale, in cui dovevo studiare quella poesia a memoria, che dopo averla letta mi sono detto: “Io voglio essere poeta”. Quando qualcuno mi domandava cosa avrei voluto fare da grande, generalmente rispondevo: <<Il cantante, o il mago>>, e a diciassette anni, dopo aver vissuto quegli ultimi due anni (16-17) fumando canne e facendo uso di altre sostanze stupefacenti, mi sono chiuso in casa cessando recisamente di frequentare tutte le mie amicizie men che una. E’ di quei giorni il ricordo, quei giorni in cui mia madre o era fuori per le vacanze o per lavoro, in cui trascorrevo quei lunghi pomeriggi invernali in casa con la stufa accesa, solo con il mio gatto sulle gambe, seduto sul mio letto, con un quaderno e una penna in mano, dell’avvicinamento supremo all’arte. Ricordo che mi specchiavo nei miei versi e la mia mente ancora tersa, avvertiva la mia piccolezza in tutta la sua essenza. A scrivere mi spinse l’ispirazione, l’ispirazione: colei che fa di un uomo un poeta, e di un poeta un uomo. Mi spinse quindi l’amore per la vita.

DOMANDA.
Cominciamo dalla domanda più ovvia: come mai un ragazzo di ventitré anni ha scelto di scrivere utilizzando lemmi antichi e schemi metrici che spaziano da un poetare del ‘300 italiano sino al '800 del Leopardi?

RISPOSTA.
Credo che nessuno si scelga il proprio abito, ma credo che un abito sia destinato a ciascuna persona. Posso però certamente dire che il mio amore per la lingua italiana nelle sue fondamenta sia il motivo unico che mi porti a manifestarmi arcaicamente. Un uomo quando è ispirato e da sfogo alla sua ispirazione non si chiede mai il motivo di quel che fa: sa a prescindere che quello che fa è buono.

DOMANDA.
Non pensi che questa scelta sia un po’ “elitaria” che, in qualche modo, escluda dal tuo potenziale pubblico quanti non abbiano familiarità con un linguaggio aulico o che amino uno stile asciutto e contemporaneo, meno strutturato ma più immediato?

RISPOSTA.
Penso che se una cosa è bella è bella, e l’importante è essere sinceri. C’è anche bisogno, talvolta, di un ritorno al passato!.

DOMANDA.
Solo su “La Recherche” hai pubblicato più di sessanta poesie, nove brani in prosa ed una recensione, in un periodo di soli quattro mesi. Una produzione copiosa alla quale vanno aggiunte le liriche e le prose pubblicate nel tuo primo libro “O Verdone”.
Come ti è possibile tenere questo ritmo?

RISPOSTA.
Tutto merito dell’ispirazione. Ciò che scrivo è molto di più rispetto a quanto io pubblichi su “La Recherche”.

DOMANDA.
Il tuo è uno scrivere e pubblicare estemporaneo o “lavori” le tue opere? Ritieni sia importante un lavoro di editing? Sugli scritti meno recenti operi un restyling o li pubblichi nella loro versione primitiva?

RISPOSTA.
Ho conosciuto poco tempo fa un ragazzo di nome Claudio Tedesco, questo ragazzo ha solo due anni più di me e dimostra pienamente la sua bravura come compositore, pianista. Parlando con lui mi ha detto: <<Io non sono un compositore come pensi tu e tanti altri, io improvviso>>: E’ così che ho pensato a me e a tutte le poesie del libro “O Verdone!”, scaturite tempestivamente, senza elaborare in modo costruttivo e ben evidente la loro struttura. L’idea sboccia poco prima nella mente, parte dell’idea è da noi ignorata, parte è nota, poi dobbiamo esprimerla tramite i noti mezzi di comunicazione. Ultimamente mi succede che vengo preso da ispirazione, affiorano nella mente i versi iniziali e quelli finali (qualche volta anche tutta la poesia) e poi mi metto a scriverla e assume una forma, in definitiva, completamente diversa a ciò che mi aspettavo.
Però le poesie che sono contenute nel libro “O Verdone!” le ho corrette più o meno tutte secondo mia predilezione, nella metrica, e continuo a correggerle anche dopo averle pubblicate in un libro. Correggerle mi piace, e sono sorpreso da questo perché un tempo, poco dopo averle scritte, non avrei osato toccarle (ritoccarle) per niente al mondo.

DOMANDA.
Tuo padre è pittore ed illustratore. Per la copertina del tuo primo libro hai scelto un suo autoritratto giovanile.
Quanto, il fatto di essere figlio di un artista, ha influenzato ed influenza la scelta di diventare poeta? Quanto i temi cari a tuo padre riecheggiano nei tuoi scritti?

RISPOSTA.
Il fatto di essere figlio di un artista non ha condizionato tanto il mio mestiere di poeta, quanto la mia vita spirituale, trovandomi coinvolto nella marea dell’arte con più suggestione, sballottato da più passioni, da più sentimenti quali insoddisfazione, gloria ecc.
I temi di mio padre non riecheggiano nei miei scritti, sono pienamente convinto che un artista è preso dalle medesime cose da cui è preso un altro: la morte, l’amore, la voluttà, la natura, la beltà…: pensiamoci, non sono forse temi comuni in tutti i più grandi artisti?.

DOMANDA.
“Or che di beltà mia ho molto perso,
mi guardo addietro e veggio nuvoloni
trasmutar i volti o ripien coglioni,
già che vanno in ciel candido e terso.”
Nelle tue poesie, spesso, ci sono rimandi a bellezza, purezza e bontà perse. Sembra che tu attribuisca a questa perdita di “verginità” una influenza negativa sulla tua crescita come poeta. Cosa intendi realmente? Perché ricorrono tanto i temi della vecchiaia precoce, della corruzione, della morte?

RISPOSTA.
Avete preso in esempio dei versi da me scritti che sino ad ora non so se ritenere validi o pessimi, a differenza di molti altri. Comunque, in questi esprimo realmente i miei sentimenti. Parlando con Claudio, l’altro giorno, siamo convenuti entrambi che <<è la purezza a dare l’arte>>, che <<senza purezza, l’arte non esisterebbe>>. Ritengo che un poeta scriva quello che è, ed io mi ritengo una persona in parte corrotta, per questo sono anche una persona molto infelice.

DOMANDA.
Quali sono i tuoi progetti futuri?

RISPOSTA.
Il mio unico progetto futuro è quello di migliorarmi e di migliorare perciò la mia poesia.

DOMANDA.
Vuoi dire qualcosa agli scrittori e ai lettori de “La Recherche”?

RISPOSTA.
Agli scrittori di La Recherche non posso dare consigli: loro sanno bene come andare avanti.
Ma ne approfitto per porgere tutti loro un caro saluto e un in bocca al lupo!.
In quanto ai lettori, spero che non rimangano delusi dalle opere degli autori. “La Recherche” è un sito interessante e sinceramente non ne conosco uno che lo eguagli. E’ serio ed offre varie possibilità.


(Intervista a cura di Maria Musik)


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