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Ah, la guerra! E’ quanto di più barbarico si può ideare

Argomento: Letteratura

di Sergio Chiarotto
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Pubblicato il 08/02/2015 10:25:45

Ah, la guerra è ben diversa dalle imprese cavalleresche che si leggono nei libri e nei racconti dei moderni gazzettieri! La guerra è sopruso ridotto a diritto; è il trapasso e la distruzione di ogni proprietà; è il soffocamento di ogni compassione; è quanto di più barbaro si può ideare! Solo un incosciente può gridare ' Viva la guerra'” ( 7 novembre 1917)

Così scrive nel suo diario don Eugenio Bertolissi, parroco di Morsano ( un piccolo paese nella pianura immediatamente a ovest del fiume Tagliamento) che racconta l' anno di invasione e occupazione austroungarica dopo la disfatta di Caporetto.

Il documento originale manoscritto è conservato nell'archivio diocesano di Pordenone.

La guerra è vista con gli occhi e con le sofferenze concrete delle persone rimaste in paese; le autorità locali, i possidenti, i professionisti erano fuggiti; il parroco era rimasto con i contadini, con coloro che non avevano mezzi e risorse per cercare altrove una casa, un sostentamento.

Ieri sera una pattuglia a baionetta innestata faceva uscire dalle loro case S. Francesco, S. Silvestro, P. Pietro e V. Giordano e li relegava in una stanza dove passarono tutta la notte piantonati da una sentinella. Nel frattempo venivano saccheggiate le loro abitazioni”. ( 7 novembre 1917)

La giornata si inizia con una delle solite disgrazie: il fanciullo N. Angelo , uscito di casa raccoglie lungo un fosso un petardo; ad un tratto l'ordigno esplode mandando letteralmente a pezzi quel povero corpicino. Povere vittime innocenti di una guerra fatale.” ( 9 novembre 1917)

Le vittime sono persone individuate con nome e cognome, i drammi soni personali, la causa generale però è la guerra.

La consapevolezza della situazione globale e della vastità della tragedia emerge dal colloquio del nostro parroco con il cappellano militare delle truppe austriache. ( 7 novembre )

Il discorso si svolge in toni amichevoli usando la lingua latina.

Noi siamo un popolo civile e religioso e quindi da noi non avete nulla da temere” afferma il prete austriaco.

Gli risponde don Eugenio: “ Il mondo però non la pensa così; i vostri alleati nel Belgio non si sono comportati bene...”

Replica il cappellano: “ Tacciamo su tutte le nequizie commesse sistematicamente dai Russi e specialmente dai Cosacchi in Galizia dove tutto venne messo a ferro e fuoco, violate le donne, uccisi i borghesi; dove da tre anni la nostra popolazione è senza casa, senza cibo, senza indumenti. Vastissime zone della Galizia sono rase al suolo.”

Nella Canonica di Morsano trovano eco le tragedie globali della guerra e arrivano direttamente le immagini e le voci dei drammi personali delle persone di quella comunità.

Il colloquio fra i due sacerdoti in cui non sono stati mascherati i contrapposti punti di vista si conclude tuttavia con un saluto e un appello che in quel contesto suona eccezionale:

Sumus confrates” ( Siamo fratelli!).

In quel piccolo angolo di mondo, in un momento particolare delle vicende militari c'è lo specchio e la coscienza della immane tragedia generale .

Il suicidio dell'Europa”, così è stata definita la prima guerra mondiale.

Esasperazioni nazionalistiche, contrastanti interessi economici, ricerca di influenza su aree vaste, ambizioni personalistiche di re, imperatori, capi di stato avevano creato nei primi anni del Novecento un clima di tensioni, una attesa di conflitto; ma costruendo alleanze , cercando mediazioni e compensazioni si era riusciti a conservare un seppure precario equilibrio.

Poi , quasi improvvisamente, tutto è precipitato verso l'abisso della guerra.

Una guerra nuova: una lunga inimmaginabile durata, la vita e i combattimenti nelle trincee , l'uso di nuove tecnologie chimiche e meccaniche, il coinvolgimento di masse immense di uomini, infine e soprattutto una strage devastante: 16 milioni di morti.

Non fu l'ultima delle guerre, anzi proprio dalle conseguenze del conflitto, dalle contraddizioni e dalle ambiguità dei trattati di pace nacquero i germi che favorirono l'esplodere della seconda guerra mondiale.

A cento anni di distanza siamo sicuri di avere appreso la lezione?

 


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