Pubblicato il 07/02/2012 10:44:49
IL SENSO DELLA VITA Sia la versione cristiana che quella laica, indicano la vita come un dono. Le definizioni che ne sono venute fuori non sono altro che spiegazioni filosofiche, o anche personali, di questa parola. Quando in una famiglia arriva un bambino, si parla subito di dono. Quando ci viene donato qualcosa, un oggetto qualsiasi, anche di poco conto, ne gioiamo perché lo consideriamo un dono. Solo quando motivi non dipendenti dalla nostra volontà ci spingono a disfarcene, lo facciamo con un certo dispiacere. Oltre a sembrare un rifiuto, una offesa, quasi un atto di violenza verso chi ce lo ha donato, annulliamo un qualcosa di materiale, sia pure senz’anima, dalla nostra visuale quotidiana. Ma ritorniamo alla parola vita. Talvolta ci sono delle azioni esterne alla nostra volontà che modificano o pongono termine alla nostra esistenza. Un incidente automobilistico, ad esempio, come qualsiasi altro incidente, domestico, sul lavoro, sulle strisce pedonali, può modificare o addirittura annullare la nostra vita. Naturalmente anche un tredici al Totocalcio può modificare la nostra esistenza umana: in positivo, è ovvio. Giocarsi la vita alla roulette russa o alla folle corsa su auto di grossa cilindrata è un altro esempio di non capire appieno il senso della vita come dono, disprezzarla a tal punto da porla addirittura in gioco. Oggi i giovani chiamano questo fenomeno “ricerca di adrenalina”. Si pone in gioco la propria esistenza terrena ( e quella divina, per i credenti) per una cosiddetta “bravata”. Gare serali e notturne a chi ingurgita la maggiore quantità di alcolici, corse su moto di grossa cilindrata comperate da genitori compiacenti ed ignoranti, gare in auto in stato di ebbrezza, per non parlare poi delle sostanze stupefacenti. In giro ce ne sono una infinità: basta scegliere tra i tanti mercanti di morte che commercializzano prodotti che sovente hanno sul fisico e sulla psiche degli effetti devastanti. Lo sballo è di moda…Ma quale moda? Quella di andarsene all’altro mondo prima dell’età media prevista? Ora bisognerebbe aprire una breve parentesi sugli “istituti educativi”. Gli istituti educativi dei giovani sono tre: la famiglia, la scuola, le istituzioni. Quando anche uno solo di questi tre componenti la formazione del giovane viene meno, anche con direttive distorte o comunque sbagliate, si può causare il fallimento di tutta la formazione del giovane. Anni addietro, un mio amico, anche con un certo livello culturale, discutendo di problemi familiari, mi notificò che il figlio non doveva preoccuparsi per il futuro, perché a diciotto anni già aveva un libretto in banca con due miliardi( delle vecchie lire, s’intende). Questa, notificai all’amico, non era una motivazione positiva, ma assolutamente negativa. Il nobile rampollo, secondo lui, aveva le spalle coperte. Bello esempio!!! E la motivazione al lavoro, ad una vita sana nel contesto sociale nel quale viveva? E lo sprono al lavoro, alla professione o ad una qualsiasi attività lavorativa comune a tutti i giovani. Calzolai o ricchi industriali. Artigiani o liberi professionisti. La vita deve stare in equilibrio. Un giusto equilibrio tra il lavoro ed il divertimento, tra l’occupazione ed il relax. Tra l’amore puro e la gioia del sesso. Mi piace paragonare, a questo punto, la vita ad una orchestra. Disposizione degli strumenti, apertura degli spartiti sul leggìo, l’attesa del via dalla bacchetta del direttore e poi il concerto. Il concerto della vita normale, fatta per ricevere applausi e se arriva qualche fischio dalla platea significa che qualche nota non è andata come doveva andare. Una vita senza senso non è una vita normale. Alcuni psicologi o educatori li chiamano “Valori”. Ma, accanto ai valori parlerei anche di equilibri. Se uno non sa dominare i propri istinti, specialmente quelli negativi, si pone al livello animalesco. Questo avviene anche quando non si sanno dominare i propri istinti positivi, specialmente artistici, con risultati che talvolta sono catastrofici. Ci sta un vecchio detto napoletano che così recita: “ Se po’ campà senza sapè pecchè, ma nun se po’ campà senza sapè pe’ cchi!!!” Si può vivere senza sapere perché, ma non si può vivere senza sapere per chi. In questo ciclo il protagonista è stato prima figlio, poi padre, ed infine nonno. Ora a questo punto al lettore la domanda sorge spontanea: perché? Per chi? Per chi mi legge. Anche se ho la pretesa di evidenziare cose già note, trite e ritrite da altri autori. Solo una differenza: le mie note non sono il frutto di impolverati libri, ma provengono tutte dal grande libro della vita. Felice vita a tutti. Ai giovani in particolare modo! Catello Nastro
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