Pubblicato il 16/10/2008 19:23:00
Gian Piero Stefanoni, nasce a Roma nel 1967, laureato in Lettere moderne ha già pubblicato, nel 1999, la raccolta “In suo corpo vivo”, Arlem, Roma. Suoi testi poetici sono stati pubblicati su varie riviste. Qualche giorno fa, in libreria, con gioia e stupore, tra gli scaffali risaltava il celeste di questo libro delle edizioni Gazebo. Trovarlo in libreria a Roma è cosa non banale visto che la casa editrice è di Firenze e, per quanto sia di notevole valore nel panorama della piccola editoria, non è normalmente distribuito, spettando così all’autore collocare i propri testi tra gli scaffali all’attenzione dei lettori più attenti. Il testo è comunque ordinabile direttamente alla casa editrice, il cui sito internet si trova indicato all’inizio di questa pagina.
Leggendo i primi versi di questa raccolta poetica si delinea l’idea di essere di fronte ad un poeta di notevole maturità formale. Si procede nella lettura soltanto mantenendo la concentrazione che si addice alla più complessa poetica. Le sue poesie non peccano certo di immediatezza e anzi sono molto elaborate e lavorate di cesello fin nei minimi particolari, nessuna parola è lasciata a se stessa, ma tutte incastonate le une nelle altre generano una vera e propria geografia di stile fatta di descrizioni attente di luoghi, di azioni, di finalità e motivi delle azioni. Cose e oggetti, nel mondo poetico di Stefanoni, sembrano assumere la loro realtà e verità dagli attributi che esse possiedono, dai quali sono scolpite e rese reali, non sembrano cioè avere una realtà oggettiva al di là del fenomeno, nel senso kantiano, che le manifesta: “Il colore placa la figura, / ne motiva il tratto, domina l’affanno. // Incalza, nel ritorno caldo del segno / e vaga, compiuto, mutato elemento. // Qui ha gioco la bellezza. / Diventa acqua, circolo, / corrente che all’occhio semina. // Come palla lanciata, come arancia, / passando, perché deve passare. / Con ali che sappiamo”. Vi è, in questa scrittura, un naturalismo singolare, insistente, il poeta ha cento occhi ed effettua attente panoramiche degli spazi che lo circondano: “[…] / Così noi variamo e gemiamo // l’uno all’altro lo stesso specchiare, reali sotto un cielo reale, / in accompagnamento a quel che pare un lamento // semplicemente solo un segnale, / un’attesa in sommovimento / dal cui dorso cade la pioggia”.
Citazioni poste all’inizio di alcune poesie esplicitano il percorso e i riferimenti dell’intera raccolta “Geografia del mattino - e altre poesie”, in particolare è rivelatrice una di esse composta da tre versi di Andrea Zanzotto: “Forse è tempo di metter gli occhiali / per diventar familiari / con le distanze e i puntigli del vetro”; ed è infatti molto puntigliosa la poetica di Stefanoni, rischiando, a tratti, di diventare didascalica, un po’ troppo scientifica, impregnandosi di un verismo che sacrifica, a mio avviso, in taluni passaggi, scioltezza e rilassatezza verbale, caratteristiche riconducibili ad una chiara scelta stilistica. E’ un libro maturo che può piacere o non piacere, ma, al di là del gusto personale, è sicuramente ottima poesia, in cui il rimando di assonanza tra le parole è ben calibrato e ne rende piacevole la lettura. Per l’accuratezza della scrittura consigliamo la lettura di questo libro a coloro i quali pensano che la poesia sia sentimentalismo ed estemporaneità.
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