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Ogni lettore, quando legge, legge se stesso. L'opera dello scrittore è soltanto una specie di strumento ottico che egli offre al lettore per permettergli di discernere quello che, senza libro, non avrebbe forse visto in se stesso. (da "Il tempo ritrovato" - Marcel Proust)

Stare alla finestra

di Silvio Mancinelli
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Pubblicato il 05/12/2007

Cos’è l’amore? E’ una domanda un po’ idiota, ma che tutti, ad un certo punto della loro

misera esistenza, si fanno.Fin dall’antichità questo folle sentimento è stato fatto oggetto

di numerose tragedie, trattati, canzoni, studi psicologici;in televisione appaiono sempre

più spesso, i famosi esperti dell’amore, per non parlare di quante persone, ormai allo

strenuo delle forze, si rivolgono ai maghi.
Manuel anche si è chiesto qual è la natura dell’amore e di quali elementi è costituito.La

sua idea è che si può arrivare ad una definizione di amore solo dopo aver vissuto numerose

esperienze,attraverso un processo induttivo.
Manuel è figlio unico e la sua compagna di gioventù è stata la televisione;la sua

educazione deriva, non solo da ciò che i suoi genitori dicevano, ma anche dai messaggi e

gli slogan che il Manuel bambino apprendeva dal tubo catodico.La televisione gli diceva

come e cosa mangiare, come dormire, cosa dire, come vestire e come far l’amore , anche se,

per quest’ultimo affare, quel fanciullo doveva ancora aspettare, ma intanto imparava da

quel signore della televisione, come usare il preservativo, qual è la posizione ideale ma

soprattutto come far godere la donna.
I filmacci americani anni ottanta, quelli che parlavano di spiagge,di associazioni

universitarie, interpretati da attori che negli anni novantaa erano considerati

attori”impegnati” contenevano un vademecum importante da questo punto di vista; l’idea era

quella di godere il più possibile come il marchese de Sade, come i personaggi di

Miller.Vedeva il petto delle sue amiche crescrere sempre di più e i suoi ormoni,soprattutto

nell’ora di educazione fisica, impazzivano.Il suo sguardo fissava i seni di Mary,la più

prorompente della classe, e ,mentre lei correva, la sua testa andava su e giù per seguire i

movimenti di quelle dune fissate sul petto dell’ amica e giorno dopo giorno, scopriva una

nuova sensazione:il desiderio di vederla nuda, di toccare le sue sinuosità.
Manuel,per attenuare quegli istinti animali,andava molto spesso al cinema con un suo amico:

Morgan.La cosa bella di quella coppia è che si completavano in quanto erano ai poli

opposti: Morgan era uomo della sinistra giovanile, assiduo bevitorre, sostenitore della

legalizzazione della droga leggera; Manuel era considerato un po’ troppo serio per la sua

età: non beveva e non fumava.
Morgan passò alla storia come l’unica persona che riuscì a far ubriacare Manuel, impresa

difficile come far recitare un’Ave Maria ad un talebano.Il fattaccio si compì a Capodanno.
Il ragazzo ha sempre sofferto di quasi disturbo mentale: quando c’è un giorno di festa lui

diventa triste ed infelice; forse fu questo che lo portò a proferire queste parole: ”

Morgan, stasera sei il mio mentore, a tavola mettiti vicino a me e rendimi felice”.Quel

“rendimi felice” stava a significare che doveva essere spronato dall’amico a bere bevande a

lui non troppo familiari.A Morgan non sembrava vero; molte volte aveva provato a portate

l’amico sulla cattiva strada, soprattutto per scioglierlo un po’, poiché Manuel era sempre

timido, ma non riuscì mai in quella impresa; quindi, senza chiedere nulla, si sedette

vicino a lui e gli riempì il bicchiere ogni volta che Manuel lo svuotava; in questo modo,

in un lasso di tempo di due ore, il novizio bevitore entrò, almeno per una sera, nel tunnel

dell’alcool.Alla fine della serata collassò. Il giorno dopo non riusciva a ricordare nulla,

ma dalle testimonianze potè ricostruire la serata: nel momento più allegro, Manuel ballò

sui tavoli e diede fastidio a tutte le donne presenti, soprattutto con abbracci molto

stretti, baci appassionati ed alcune volte con battute non sempre felici che avevano tutto

uno sfondo sessuale.Prima di collassare,riuscì anche ad imbrattare la casa della ragazza

con il suo vomito, lasciando tracce di ciò che aveva mangiato dalla sala da pranzo fino al

bagno.
Morgan era iscritto all’Università e, come Manuel, aveva deciso di rimanere ad Arcadia, la

loro città natale.
Questa graziosa città, nata dalle ceneri di un centro abitato medioevale, con un passato

storico di cui essere fieri ma di cui si è perso il significato nel corso degli anni.Le

uniche testimonianze sono date da alcuni studiosi, che non vogliono affrontare la realtà di

una zona che non ha più niente a che fare con lo splendore tramandatoci dagli antichi

scrittori.Il presente si basa soprattutto su una depressione economica che farà diventare

quella terra, l’Albania d’Italia.
Manuel, ad Arcadia era nato e vissuto e lì si erano verificati tutti gli eventi che avevano

condizionato la sua vita; quindi faceva fatica a pensare ad un futuro prossimo lontano da

quella città: non riusciva a pensare ad un futuro senza la propria famiglia e i suoi

amici.Questi ultimi avevano un’idea dell’amore che Manuel fece sua:l’amore non

esiste,esiste il sesso e più se ne fa e meglio è.
Manuel comunque chiedeva sempre un consiglio a Morgan anche su questo argomento: ”Senti, ma

tu credi che così bisogna tratterle le ragazze?come sacchetti usa e getta?Ogni mezzo è

buono per una sana scopata?Come se fosse un machiavellico gioco?Io non ho avuto alcun

rapporto fin d’ora, al contrario tuo, quindi suppongo che tu possa dirmi qualosa in più”.
“guarda, io non posso dirti come comportarti con il gentil sesso, ma io cerco di non farmi

coinvolgere mai nelle storie ,perché la verità è che il sesso debole siamo noi.Gli uomini

sono bravi solo a parole, ma nei fatti sono le donne che comandano, che ci fanno soffrire e

che fanno il bello e il cattivo tempo.Io cerco di usarle solo ai fini sessuali anche perché

non ho ancora trovato la donna che mi faccia girare la testa”.
Era una serata umida e fredda e quindi non era possibile continuare quella interessante

conversazione; anche i cani che giravano la città sentivano freddo e Manuel, vedendoli,

sperava di non diventare mai,un giorno così:in giro da solo, nell’oscurità della

notte;sperava di poter almeno condividere la solitudine con qualcuno.
Già dalla nascita il nostro protagonista aveva fornito prova di quelle che erano le sue

peculiarità: era un bambino silenzioso, timido e calmo.Essenso figlio unico i suoi genitori

riversarono su di lui tutte le attenzioni possibili e immaginabili, rendendolo un moccioso

alquanto viziato.Una volta divenuto più grande Manuel maturò anche dal punto intellettuale

ed ogni giorno che passava ringraziava Dio di avergli fatto la grazia di avere ricevuto due

genitori di quella qualità; nonostante i problemi economici,mamma e papà facevano i salti

mortali per assicurare al loro figlio tutto quelllo che erano in grado di offrirgli.Il loro

amore però non era rappresentato solo da regali materiali, ma Manuel apprezzava anche il

fatto che i suoi genitori si emozionavano, si commuovevano senza nascondere nulla al loro

figlio.Fino ad un certo punto quell’amore gli sembrava potesse bastare ma non sarebbe stato

così tra un po’.
Manuel non era il ragazzo migliore del mondo giacché la miopia, le allergie, la calvizia

incalzante, la smemoratezza lo resero un giovane insicuro e timido.I suoi difetti lo

facevano apparire davanti agli altri come un debole ed anche le donne non lo trattavano

granché bene; tutto questo faceva del nostro amico l’uomo più infelice di questa

terra:provava a reagire ma non ne aveva la forza.Sognava di diventare, un giorno, un uomo

potente con i soldi,tanti soldi con i quali, non solo avrebbe aiutato i suoi genitori verso

i quali era devoto,ma avrebbe potuto anche vendicarsi con chi lo prendeva in giro per la

perdita dei capelli, per la pesante miopia che lo affliggeva, per essere ancora vergine,

per non riusci mai, se non per grazia di Dio,ad eseguire due palleggi di fila col pallone

da calcio.
Nella sua mente, Manuel era anche un grande amatore: s’immaginava come un moderno casanova

che, con un solo gesto, con un’unca parola sussurata riusciva ad ammaliare ogni donna.
Questo succedeva solo nei suoi sogni perché la realtà era composta di molti rospi da

ingoiare: era una pecorella senza gregge, un Dante senza il suo Vate.
Il sabato sera cominciava ade essere non giorno di svago, ma un brutto momento passato non

con una ragazza ma con i suoi amici di sempre a parlare di calcio: Morgan, Mark, Andrea,

Alex.Queste discussioni erano aperte a tutti, anzi era il modo migliore per conoscere

qualcuno naturalmente solo di sesso maschile!Intervenivano il gestore del pub dove di

solito si riunivano, l’ubricone di turno: insomma gente di tutte le età.
Non era mai riusciuto a corteggiare una ragazza e, le poche volte che si esponeva ,si

sentiva rispondere com’era bella la loro amicizia e che una relazione più stretta sarebbe

stata deleteria.
Questo discorsetto Manuel l’ha sempre odiato poiché rappresentava la massima ipocrisia

femmile: non è bello avere una persona accanto che, oltre che amante, ti è pure amico?che

cos’è un amante?un soggetto muto?che respira?

Manuel ebbe la sua prima ragazza quando lui frequentava il quarto ginnasio e lei era più

piccola di un anno.In quel periodo il giovane in questione preferiva ancora la sala giochi

alle ragazze ma lei voleva conoscerlo a tutti i costi; per eliminare le pressioni da più

parti accettò di mettersi con Giuliana(così si chiamava) senza averci mai parlato prima.
Poste queste premesse la relazione non poteva durare molto ed infatti non durò: finì per

mano di lei che si era stufata di stare con uno che non parlava.Quando un’amica di lei gli

disse della decisione presa da Giuliana lui non si scompose più di tanto,anzi, si levò un

peso dallo stomaco.Manuel però pensava sempre a Giuliana soprattutto alle notizie che gli

arrivavano: si diceva di lei che aveva il cuore in frantumi che non voleva più uscire di

casa;sembra che lei si fosse innamorata di lui.
Cosa volesse dire innamorarsi lo capì solo più tardi.
Nella sua mente permane tutt’ora il ricordo della gita di terza media:era seduto

nell’autobus e tutto ad un tratto fu catturato da una visione celestiale.Un angelosotto

forma di una ragazza entrò e si mise seduto alla poltrona davanti a quella di Manuel.
Aveva i capelli castani, due smeraldi incastonati in un viso che presentava due dolci

fossette sulle guance.Classici furono le conseguenze che quella visione comportò sul corpo

di Manuel:fiato corto,il cuore raddoppiava i suoi battiti e gli era difficile riuscire a

far uscire dalla sua bocca una frase compiuta.Lei, agli occhi di lui, era perfetta e questa

sua perfezione gli impedì di cercare anche un banale approccio.La cosa buffa è che al liceo

classico se la ritrovò compagna di classee questa per Manuel, più che una cosa

entusiasmante era una catastrofe: stava seduta nella stessa fila e lui dalle otto e trenta

di mattina fino all’una ed un quarto, facendo una breve pausa per la ricreazione, la

scrutava millimetro per millimetro, sapeva anche quali vestiti avesse a casa ed imparò

anche a riconoscere i tipi di profumo usati; la contemplava come fosse una divinità ma la

sua timidezza lo frenava ed oltre ad un semplice saluto non riusciva ad andare avanti.Nella

sua testa vi erano tante parole che avrebbe voluto dirle, molte frasi ammucchiate da

sussurarle nel momento giusto, frasi che avevano un suo contenuto di coerenza sebbene

l’amore per definizione è illogico ed irrazionale: in qei pensieri il soggetto principale

era lei, Carmen, la sua venere.
Passavano i giorni le settimane i mesi ed ogni giorno il rituale religioso si ripeteva e

più tempo passava e più si convinceva che quella ragazza doveva essere sua e più il tempo

scorreva e più riusciva ad accumulare la forza ed il coraggio per parlarci

seriamente.Manuel si convinse che quella situazione che gli provocava un senso di

infelicità e depressione non poteva continuare.Fu un momento fulmineo:si trovava con gli

amici all’interno della sala giochi e appena la vide da sola pensò”ora o mia più”.Andò

verso Carmen e la salutò e lei sorrise mostrando anche dei denti perfetti:davanti a quella

bellezza luio stava per svenire non riusciva a rendersi conto di quello che stava

facendo.Dalla sua bocca doveva uscire un verso di una canzone a luio molto caro e che

diceva sempre ogni volta che pensava a lei, ma al suo “Cia o Manuel cosa c’è?Ti vedo come

….smarrito.Dimmi”.
“Carmen…senti….dunque”l’incertezza era palpabile”Guarda sono impacciato…voglio dirti solo

una cosa….Ti voglio bene e sarei felice di essere il tuo ragazzo”.Nonostante il vociare

all’interno della sala Manuel non riusciva a sentire nulla, solo un lungo silenzio, prima

di sentire la decisione, si sentiva come in gioco a premi prima di sentire se la sua

risposta era giusta.
Ormai Manuel conosceva bene i tratti del viso Di Carmen e quella smorfia captata non era un

buon segno ed infatti la sua risposta fu un secco no denso di dispiacere ed imbarazzo.
Senza dire nulla Manuel si girò dall’altra parte e tornò dai suoi amici.
Quando ad una persona vengono demolit le sue illusioni, perde gran parte di sé:la sua

esistenza gli sembra vuota , non si riesce a trovare uno scpo per andare avanti.Nei giorni

seguenti rimuginava su ciò che vaveva combinatoe nella sua mente vi erano sempre le stesse

domande:”Ho sbagliato tutto.L’approccio non era buono, ho fatto la figura dell’imbecille.Se

potessi modoficherei il mio viso e riparterei da zero,ma in questo modo sarebbe come

arrendermi a quello che non sono non sentirmi libero.Avevo il diritto di fare quello che ho

fatto ma non sono riuscito a dilre cosa sento.Ora il problema è che non so come comportarmi

in classe”.
La sua vita era distrutta ed anche i genitori lo vedevano diverso dal solito: taciturno,

non rideva come sempre.
Manuel pensava di essere già al punto peggiore della sua misera vita ma forse quello era

solo l’inizio.
Carmen dopo pochi giorni si mise con Tito, non una persona qualunque ma proprio Tito!Questi

era un ragazzo che abitava vicino Manuel in una via adiacente dalla sua per la

precisione.Ogni anno si organizzavano partite di calcio tra i rappresentanti delle due vie

ma più che partite, erano veri e propri scontri ,che in alcuni casi degeneravano in

rissa.Tra i più rissosi c’era questo ragazzo biondo col nasone, che di nome faceva Tito:era

lui che per primo accendeva la miccia, era lui che per primo insultava , era lui che il

primo si nascondeva dietro i compagni al momento di picchiare.
Pensate come poteva sentirsi il nostro amico quando seppe della notizia: l’amore della sua

vita insieme alla persona che incarnava di più l’odio; ogni volta che usci da casa per una

passeggiata se li ritrovava davanti agli occhi come se lo facessero apposta: per il corso,

in chiesa e naturalmente nella sala giochi principale della città dove Manuel assistette ad

una scena tremenda; mentre stava giocando al Tetris sentì una voce conosciuta che usciva da

dietro un videogioco:”Non hai mai baciato nessuno?”.
“No…”, disse lei.” Non ti preoccupare amore, ci sono io…Sarà bello…”.
Manuel sentì tutto il discorso e, mosso dalla curiosità, si sporse per avere conferma di

quello che il cuore suo gli sussurrava: vide Carmen avvinghiata a lui e rimase come

pietrificato tanto che perse anche al Tetris dove stava sfiorando il suo record

personale.Successe, anzi, che appena Carmen staccò le labbra da quelle di Tito incontrò lo

sguardo di Manuel; in quello sguardo che, nonostante le luci basse del locale, per Manuel

brillava di luce propria, il nostro amico lesse un senso di dispiacere.Lui non riuscì a

rimanere un attimo di più in quel posto soffocante e, dopo avere passeggiato un po’,

ritornò a casa, mentre la luna rischiarava il buio nero della notte e la città si preparava

al dolce riposo.
Manuel era deluso, amareggiato, con un senso di vuoto che lo circondava;Carmen era

felice,lo si vedeva anche in classe dove non poteva contenere la sua contentezza anche in

presenza di Manuel il quale, naturalmente non gradiva;lei era diventata una delle ragazze

più in vista della scuola, sia grazie alla sua bellezza sia perché stava insieme ad un

ragazzo che, in quella misera scuola, adorato da tutte per le sue doti amatorie e da tutti

perché rappresentava una figura carismatica all’interno della struttura scolastica.
Manuel cercava in tutti in modi di dimenticare quella ragazzaa , ma non riusciva ad

odiarla:lui l’amava profondamente come non aveva mai amato e come non avrebbe potuto amare

nessun ‘altra donna; nella sua testa,quando andava a letto, quando andava al bagno, quando

si lavava, quando studiava, quando andava a giocare a calcio un’unica e sola domanda

rimbombava al ritmo ossessionante della musica tecno:”Che cosa aveva quel personaggio che

lui non aveva?Tito , dal punto di vista estetico non era un granché; il suo naso

prorompente, i suo capelli biondo platino la sua pelle martoriata dai brufoli, non lo

facevano apparire un modello.Tito sapeva però parlare alle donne, sapeva cosa dire loro,

quali corde toccare…la sua arma per conquistare le ragazze era, quindi,il linguaggio.
Manuel, da uomo pratico qual era, non possedeva quell’arte oratoria al contrario di quel

ragazzo che aveva gli atteggiamenti e le movenze di un serpente ma ,sotto sotto, era un

verme;lui era uno sciupa femmine che considerava le donne come le lenti a contatto usa e

getta: doveva solo capire se la ragazza poteva durare un giorno, una settimana o un mese;

questa era la sua unica preoccupazione.
Con la sua espressione, con un proprio sussurro riusciva ad eliminare le difese delle sue

vittime e quindi poteva colpire come fanno i cobra.Tutte le ragazze consideravano Carmen

una vincente, per Manuel lei era solo una vittima, una delle tante.
Carmen non era perfetta, aveva i suoi difetti anche se Manuel non riusciva proprio a

vederli: nella realtà quella dolce ragazza era soprattutto ingenua e superficiale ed i suoi

giudizi e il suo modo di comportarsi si basavano essenzialmente sull’apparenza e non sulla

realtà delle cose.Tito con lei ebbe vita facile, sapeva come trattarla e conosceva il modo

di approfittare di lei.
Il ragazzo triste, così era chiamato Manuel in quei giorni, sapeva che sarebbe arrivato il

momento in cui Tito avrebbe spezzato il cuore della sua amata e quindi promise a se stesso

che l’avrebbe aspettata;intanto avrebbe pensato a curare il proprio fisico e la mente per

essere preparato a quel giorno.
I giorni e i mesi passavano molto velocemente e il ragazzo triste si dimostrò un perfetto

studente modello, districandosi in maniera egregia, tra compiti in classe ed

interrogazioni;scelse di andare in palestra per rinforzare il fisico, eliminare quel grasso

superfluo ed acquisire anche un po’ di sicurezza; cominciava ad interessarsi a cose a cui

prima non dava il minimo peso come la politica o l’arte.Carmen stava ancora con Tito ma lui

soffriva sempre meno una volta che scoprì che c’è una vita anche senza la sua Carmen; aveva

deciso di non soffrire più per una donna,l’amore doveva scordarsi di lui; piano, piano, da

passionale qual era si trasformò si trasformò in sorta di pezzo di ghiaccio, nulla avrebbe

potuto scalfirlo , nessuno avrebbe potuto sconvolgere , di nuovo, la propria esiestenza.La

sua condotta divenne atarassica.
Tra i nuovi interessi, un posto importante era dato alla musica sia consumatore, sia come

musicista, in particolare era interessato alla batteria; a 17 anni formò il primo gruppo

che prendeva il nome dal cartone animato di “Kiss me Licia”.
La scelta di essere un batterista non fu una scelta a caso: il percussionista, di solito,

sta nascosto dietro al cantante, al bassista, ai chitarristi, al massimo è il tasterista

che lo affianca; le luci del palco sono poi indirizzati verso sempre la figura carismatica

del gruppo per cui si crea l’effetto in base al quale il batterista non vede il pubblico ed

il pubblico non vede lui.
In città vi era un solo negozio che vendeva strumenti che, di nome faceva Marco e di

cognome…non si è mai saputo!la sua vita era coperta dal mistero, ma si vociferava,

nell’ambiente musicale, che la sua esistenza sia stata costellata da molti episodi: era un

ex sessantottino, inoltre si sosteneva che fosse stato per lungo tempo un drogato e che,

dall’oblio, riuscì a strapparlo solo un suo presunto socio di cui non si è mai saputo

nulla.
Quest’uomo aveva essenzialmente due caratteristiche: la prima era la parlantina senza

fine;una volta entrati nel suo negozio era difficile uscire per un’ora decente poiché

l’uomo aveva una capacità oratoria fuori dal comune; riusciva a portare un discorso dove

voleva lui partendo da premesse impensabili.
Manuel conserva ancora il ricordo del primo incontro:”Scusi, mi può dare un paio di

bacchette nuove?”.
Marco trovava tutti i modi per rinvangare la propria vita passata poiché ormai non viveva

più nel presente, confinato dalla mattina alla sera il quel negozietto, per paura di

cominciare a farsi nuovamente, e, quindi per fuggire la realtà, faceva rivivere nella testa

i ricordi di gioventù.
“Mi ricordo quando, da ragazzo, prendevo due pentole e ci suonavo su”, queste furono le

prime parole che uscirono dalla faccia scavata di Marco,”Ma cosa volevi?”.
“Guarda, mi servono solo un paio di bacchette e vado via”.
“Ho capito…due bacchette…ma hai visto che chitarre ci sono qui?Hai visto questa

Gibson?Quest’altra è la stessa che usa Petrucci, il chitarrista di quel gruppo…come si

chiama?Ah, i Dream Theater!Fumi?”.
Manuel cominciava a dare segni di impazienza:”Non fumo!Ho bisogno solo di un paio di misere

bacchette, magari anche economiche, se vuoi faccio da me:dimmi dove sono, le scelgo, vedo

il prezzo e te le pago”.
Marco disse: ”Bè se volevi le bacchette stanno lì al primo scaffale a destra, ma, senti,

conosci un bravo bassista?”.
Il discorso durò a lungo,spaziando dalla musica alla politica contemporanea,essendo un

membro del famoso popolo di Seattle: Manuel entrò nel negozio verso le dieci e trenta e ne

uscì verso le dodici.
La seconda caratteristica di quel commerciante, che , in parte compensava quella perdita di

tempo, era il suo meraviglioso senso per gli affari.A Marco,i soldi non interessavano e

molto spesso le cose le vendeva senza farsi pagare tutto il prezzo per intero ed, infatti,

poteva vantare molti crediti nei confronti della maggior parte di Arcadia.In altri casi

consigliava uno strumento con prezzo inferiore rispetto a quello scelto dal cliente.Di

tutto ciò la moglie di Marco non poteva essere contenta ed è per questo motivo che era

sempre più presente al negozio, ed era lei quella predisposta a trattare il prezzo degli

strumenti; a causa di quest’attitudine, Marco era considerato un allocco prossimo al

fallimento, ma Manuel lo considerava un amante della musica fine a se stessa che cercava di

creare un qualcosa di nuovo ad Arcadia, di far nascere stimoli nuovi avvicinando i giovani

alla musica, attraverso qualunque mezzo, anche rimettendoci in fatto di soldi.
Il nostro ragazzo triste era coinvolto in maniera totale nella musica, anzi cominciò ad

avere le prime esperienze in radio come conduttore,ma non trascurava per nulla lo studio;

tutti lo vedvano più sereno, i suoi compagni prima di tutti gli altri: per loro, Manuel

aveva dimenticato Carmen, ma non era così.
Lui l’amava ancora, ma non sentiva più il bisogno fisico di averla accanto; nei momenti poi

di sconforto, quando la fissava all’interno della classe e poteva pensare solo a ciò che

aveva passato, bastava che chiudesse gli occhi;nel buio della sua mente poteva

immaginarsela accanto a lui e prenderla ogni qual volta lo desiderasse: questo gli bastava,

almeno per il momento.
Già da un po’ di tempo Manuel andava in palestra ed i risultati si vedevano: i bicipiti

erano scolpiti, gli addominali cominciavano a vedersi, la ciccia cominciava a scomparire;

il sudore versato a litri servì, tanto che una ragazza del liceo volle conoscerlo; queta

poteva essere una buon’occasione per dimenticare la sua prima delusione e far vedere che

anche lui con le donne ci sapeva fare.
“Ti osservavo da tanto tempo, ma non ho avuto mai il piacere di parlare con te; mi vergogno

molto sai…”.
Lui non poteva immaginare che quella ragazza,stesse parlando proprio con lui; non era

neanche brutta!Manuel si accorse immediatamente dell’imbarazzo provato da lei ed allora la

rincuorò:”Non c’è bisogno che ti agiti tanto…cominciamo dalle cose principali…il tuo

nome!”.
“Cristina”, rispose lei.
“Cristina? Uhm, mi piace!”, naturalmente lo disse per farla stare a suo agio e continuò,

“Devo assicurarti del fatto che sono piacevolmente contento di conoscerti anche se mi

sembra strano, non molte donne fanno la coda per conoscermi!”.
Lei allora si dichiarò:”Tu non mi hai mai notata, ma io sono amica di Manuela, usciamo

sempre insieme; la prima volta di ho visto quando siamo andati tutti al cinema a vedere –il

silenzio degli innocenti- e tu stavi vicino a me e non fu per caso.Guarda, io sono molto

timida….”.
Manuel non riusciva a parlare, era come pietrificato; non si capacitava del fatto che anche

lui poteva piacere; si trovava anche in difficoltà anche perché non si ricordava di quella

ragazza poiché, quando andarono al cinema lui aveva in mente solamente Carmen e non

riusciva a scorgere oltre il suo naso che non è neanche tanto grande.
Posto il silenzio di Manuel, Cristina riprese il suo dicorso:”…Comunque…volevo dirti che…”.
“Volevi dirmi che…?”, pendeva dalle sue labbra.
“Ti vedo sempre scontroso ma non sei così, secondo me, sei molto dolce; lo sanno tutti qua

a scuola quello che ti è successo e forse è per questo che non sprizzi felicità da tutti i

pori, ma quella sera, al cinema e poi al –McDonald- sorridevi, eri divertente, mi hai fatto

divertire…insomma mi sono girato un film nella mente dove io e te…mi piaci”, lo disse senza

guardarlo negli occhi.Cristina continuò affermando che doveva dirglielo e che lui poteva

prendere qualunque decisione.
Manuel rimase colpito da quelle dichiarazioni e decise di uscirci insieme.
Si frequentarono.Parlavano molto e di tutto: Manuel ascoltava con attenzione le esperienze

passate di lei e lui le confidava le proprie incertezze.
L’occasione per mettersi insieme ufficialmente si presentò da lì a pochi giorni: una festa

di diciotto anni, l’ennesima poteva dare la svolta alla situazione che si era creata.
Quando Cristina accettò l’invito, Manuel già pregustava in silenzio come poteva svolgersi

la serata: bisognava festeggiare il compleanno dell’amico, divertirsi e ballare con

Cristina, riaccompagnarla a casa e baciarla; tutto questo, nella più gran semplicità,

poiché lui già si considerava il suo ragazzo e non doveva aver paura a baciarla.
Manuel e Cristina fissarono l’appuntamento direttamente all’interno del locale dove si

sarebbe svolta la festa.
Manuel si era fatto la doccia, si era improfumato, si era vestito bene contrariamente a

quanto faceva poiché lui era solito vestirsi sempre con gli stessi indumenti fino a che,

naturalmente, questi non si sporcavano; era arrivato al locale anche molto presto ed,

infatti, fino a quel momento, c’era solo il festeggiato, alcuni parenti e gli amici di

scuola più stretti: tutto questo per Cristina.
Passava il tempo, gli invitati cominciarono ad affollare il locale, la musica pompava

l’ultimo successo discografico; sembrava una festa ben riuscita; Manuel era impaziente di

vedere Cristina, ma non la trovava ed intanto, per passare il tempo, faceva finta di

parlare con la gente, mentre l’occhio cercava di individuare la ragazza; per il nervoso,

dovuto un po’ all’incontro ed un po’ al fatto che il suo angioleto non si vedeva, il

ragazzo triste si fermava ogni dieci minuti al bancone per mangiare una pizzetta o bere una

Coca.
Dov’era finita?Era quasi il momento della torta e Manuel diventava sempre più agitato:

”Dove sta Cristina?E’ impossibile che si sia dimentica della festa…Ah!Ecco Manuela.Adesso

chiedo a lei”.
Manuela rispose che erano venute insieme, ma subito dopo, si erano separate: dunque lei non

sapeva o faceva finta di non sapere.
Era arrivata l’ora della torta e Manuel era ancora nervoso e per trovare Cristina si mise

al centro del locale senza farsi notare, ruotando di tercentosessanta gradi.Il locale non

era tanto grande e dispersivo e dal centro poteva individuarla facilmente sempre che la

ragazza ci fosse.
Era l’ora della torta e, come in un rituale, si spensero di colpo le luci e si passò da una

canzone molto ritmata ad un’altra molto dolce; si accese un faretto( il famoso occhio di

bue!) e il fascio di luce venne indirizzato verso il festeggiato; dall’entrata principale

comparve la mamma con la torta con candeline annesse; il papà cominciò a fare le foto,

costringendo chiunque a mettersi in posa; tutti i ragazzi si avvicinarono presso il banco

della torta tranne due personaggi avvinghiati un torbido bacio passionale sulle

poltroncine.
Manuel, che era trasformato in falco per adoperare la sua vista, ebbe la visione di quei

due e pensò:”Non ci posso credere: Cristina!”.Era lei quella seduta sul divanetto e stava

parlando con un tizio che frequentava,anch’egli, il liceo classico; questo tipo, il cui

nome era Nicola, veniva spesso nominato dalla ragazza nei discorsi che faceva con il

ragazzo triste; Cristina lo dipingeva come una persona dolce che, però, gli aveva spezzato

il cuore,ma che piano piano stava dimenticando, anche grazie alla maestria di Manuel che,

si immedesimava in Cristina in quanto, quella vicenda, assomigliava alla sua storia con

Carmen.
Si può intuire facilmente lo stato d’animo di Manuel: era rimasto di sasso a quella

visione; fu svegliato dal flash della macchinetta fotografica che l’acceccò per alcuni

secondi; ripresosi non sapeva come reagire: doveva fare una scenata per salvare

l’onore?Molti ragazzi sapevano che Manuel e Cristina si frequentavano, compreso il

festeggiato,il quale aveva invitato Cristina, per lui perfetta sconosciuta, appositamente

su richiesta di Manuel, suo caro amico.
Il ragazzo triste era amareggiato, senza saliva ed impotente alla reazione.Il festeggiato

si avvicinò e lo scosse: ”Manuel!Manuel!”.Vedendo la mancata reazione, prese, con le mani,

il viso del ragazzo e parlò guardandolo negli occhi: “Ho visto anchio, ma te l’avevo

ricordato che era una stronza.La gente così è meglio lasciarla stare.Vieni con me”.
Lo abbracciò, ma Manuel, senza proferire alcuna parola, lo respinse e se ne andò;un’ altra

illusione distrutta:doveva essere una festa con lieto fine ed invece sembrava essere

all’interno di quegli sceneggiati italiani dove c’è sempre la sorpresa (negativa).
Questa volta era stato proprio umiliato: perché quella cattiveria, e, soprattutto, perché

la sfortuna si era mossa contro di lui?Manuel non sapeva darsi una risposta: aveva sempre

pensato che la vita se la prende prima o poi con chi ha fatto qualcosa di cattivo e di

malvagio.Lui si era seduto e rifletteva sulla sua vita: aveva compiuto un’azione

malvagia?Aveva fatto soffrire qualcuno?La sua unica colpa era quella di aver amato ragazze

che non lo hanno corrisposto e,quindi, era in credito con la fortuna e con la vita, non il

contrario!Decise di non rimanere inerte al destino: bisognava reagire, aggredire la vita;

come era la frase?Homo faber suae fortunae?Una cosa del genere…forse…
Andò a casa ma non dormì per niente, doveva pensare a come reagire a ciò che gli era

successo.
Il giorno dopo telefonò a Cristina e fissò un appuntamento.
“E’ stato un errore; non so come giustificarmi però possiamo rimanere amici”.Cristina

parlava con voce candida, come se non fosse successo nulla; Manuel rimase sconcertato da

tale ingenuità.
“Amici?Ma come si fa a dire una scemata del genere?Ti avrei glorificato per tutto l’anno,

avevo trovato in te una ragazza speciale.Sei venuta tu, da me, non il contrario;ero venuto

qua per offenderti, per oltraggiarti, ma cosa ne guadagnerei?Assolutamente nulla , anzi

andrei nella parte del torto”.
In un gesto d’impeto prese Cristina e la tenne forte.La guardò negli occhi in tal modo da

farle vedere come poteva essere grande l’odio che ora lui provava,; un sentimento così non

era mai stato domiciliato pressomil cuore del ragazzo che ora piangeva: una lacrima piano,

piano era nata dai suoi occhi verdi e stava scendendo lungo le guance lasciando dietro di

sé una scia umida.
Cristina in attimo riuscì a carpire questo misto d’odio e disperazione che per colpa sua

albergava il cuore e l’anima dell’ormai ex spasimante, e si ritrasse dalla morsa di

Manuel.Lei capì di aver fatto un gesto malvagio: colpire un ragazzo così dolce e sensibile;

solo ora si rendeva conto delle conseguenze della sua azione e per questo motivo non

riusciva a proferire parola.
Anche Manuel non parlò, bastava la sua espressione e la consapevolezza che la sua immagine

di disperato sarebbe rimasta impressa nella mente della ragazza; ormai era tempo di andare

e di lasciarsela dietro le spalle: prese il motorino, lo accese e partì e ,mentre

percorreva la strada diede uno sguardo ,per l’ultima volta,a quella ragazza che aveva

rappresentato un qualcosa per lui che non sapeva spiegare,un qualcosa di bello e sereno, e

che ora,si era trasformato in elemento negativo;in quel momento desiderava solamente che

Cristina rimanesse sempre così: seduta su una panchina senza nessuno che la consolasse fino

alla fine dei suoi giorni.

Era finito il liceo;l’esame di maturità arrivò come se lo aspettava: una semplice

formalità.Tutti i suoi amici si erano rinatanati a casa per studiare o far finta di

studiare per preparare chissà che monumentale esame finale; solo Manuel rimase impassibile

:usciva come sempre, andava a giocare a pallone come sempre, andava al cinema come sempre.
Davanti alla commissione si presentò nel miglior modo possibile: ben vestito, sorriso

stampato sul suo viso, con un buon profumo ed una discreta parlantina.
L’unico fuori programma fu la lacerazione del pantalone mentre accavalla le gambe, durante

l’interrogazione su ovidio nasone.Avrebbe voluto discutere sul fatto che la professoressa

d’italiano giudicò il suo tema insufficiente e fuori traccia; avrebbe voluto risponderle

che il suo era uno scritto di protesta contro prove che contiene tracce assurde,

anacronistiche e ipocrite, senza nessun riguardo alla realtà che ci circonda; ma cosa

avrebbe ottenuto?Assolutamente niente.Non poteva ottenere nulla da una generazione di

professori che viveva fuori dal tempo,che dei temi sapeva solamente individuare e contare

gli errori da segnare con il blu ed il rosso.Pochi erano gli insegnanti che andavano

rispettati e tra questi non c’era quella professoressa.Fece, dunque, buon viso a cattivo

gioco, liquidando il guidizio della donna con un sorriso ed un:”Va bene così!”.
Naturalmente Manuel non era tipo da inseguire voti stratosferici ed, infatti, non volle

neache andare a vedere i voti finali, anzi partì subito per il mare.
La scelta di partire subito era data dal fatto che non voleva vedere alcuni studenti con i

loro genitori sindacare su il voto finale,ammettendo che il proprio figliolo non poteva

stare allo stesso livello, di altri.Manuel fu contento nel costatare che, per quanto lo

riguardava, i suoi genitori erano contenti del quarantasei preso dal figlio e con

un:”Bravo”,chiusero la vicenda.
Il mare gli servì soprattutto per pensare a tutto ciò che gli era successo nel corso di

quegli anni: Carmen, Cristina, i suoi amici, nel bene o nel male,rappresentavano pezzi di

un mosaico della sua misera vita e quindi non si potevano dimenticare, ma ora c’era da

voltar pagina e pensare ai prossimi quattro o cinque anni all’università.
Doveva capire che il periodo del liceo clasico era finito ormai e tutto questo lo rendeva

infelice.Non poteva scordare quegli episodi che erano acaduti all’interno di quel piccolo

edificio situato nella piazza principale della sua città.
Quella scuola aveva subito negli ultimi anni due autogestioni, un numero indeterminato di

scioperi con motivi diversissimi:dalla lotta contro la riforma, alla solidarietà ai

metamelccanici in sciopero e chi ne ha più ne metta.
Quell’ edificio poteva rappresentare l’archetipo della scuola del centro sud: mura

fatiscenti, strumenti tecnologici ridotti all’osso e comunque sorpassati ed un lassismo di

buona parte dei professori che, secondo Manuel, in qualche modo poteva essere giustificato:

quei poveracci devono ripetere per trent’anni sempre le stesso cose a persone che non

volgiono star a sentirli; se questa non è una punizione, allora come deve essere

chiamata?In questo modo si allontanano da quello che è lo scopo della scuola: non insegnare

come si traduce una stupida frase di Senena o di Cicerone ma la scuola ha il compito di

diventare una palestra di vita , dar agli studenti la possibilità di acquisire i mezzi

necessari per realizzarsi e far loro scoprire le loro vere attitudini.
Manuel ricorda , con affetto, una delle sue ultime interrogazioni con la professoressa di

chimica.Lei gli chiese, dopo l’ennesima mancata risposta sull’ossidoriduzione :”Cesaretti,

che vuoi far da grande?Che facoltà sceglierai?”.
“Veramente professoressa non lo so, ancora non ho le idee tanto chiare”.
La professoressa tolse lo sguardo dal libro di chimica, levò gli occhiali da presbite che

portava e gli lanciò un’espressione dal tono alquanto inqwuisitorio e proferì codeste

parole: “Secondo me, tu puoi fare solo legge perché a te non tiene di fare niente,

quest’interrogazione n’è la prova!”.
Manuel non sapeva se la scelta fu dettata da aattitudini personali oppure da ciò che le

disse quella professoressa, ma fu così che si iscrisse alla facoltà di giurisprudenza di

Teramo, ma non volle sentir parlare di frequentare le lezioni.Aveva l’intezione di rimanere

a casa; i genitori acconsentirono e così cominciò il sodalizio con Morgan.
Uscire però la mattina, con il suo cane, e, non rivedere più i personaggi della scuola e

gli amici più stretti, era difficile da digerire e per sentir un po’ di calore umano, si

fermava a parlare con i bidelli della scuola che aveva frequentato, rivangando i vecchi

tempi.

Il fatto di non frequentare l’università, d’altro canto, dava la possibilità al nostro

amico d’avere assoluta libertà in tema di viaggi; i suoi amici ed ex-compagni di scuola

erano sparsi per tutta l’Italia, quindi lui aveva a disposizione stanze singole o doppie

nelle maggiori città italiane, dalla Capitale, a Pavia passando da Bologna; il viaggio più

lungo lo intraprese per raggiungere un suo amico a Torino, città a cui lui era legato non

solo perché lì era presente la sede della Juve, ma soprattutto perché in quella metropoli

cominciava, suo padre, a lavorare presso la F.I.A.T..
Manuel, nonostante avesse questa libertà, riconoscuitagli anche dalle più autorevoli

autorità (i suoi amati genitori), era restio a spostarsi giacchè, la pigrizia,

rappresentava una delle caratteristiche inalienabili dell’essere persona; per trovare

la”forza” per muoversi doveva individuare un motivo cocreto: viaggiare senza finalità non

gli era mai piaciuto.Questo motivo, di solito, era rappresentato dalla possibilità di

vedere gruppi musicali,soprattutto stranieri.
Tra i concerti a cui ha assisitito, Manuel non ne potrà mai dimenticare uno in

particolare:quello dei Pearl Jam a Roma il dodici Novembre 1996; aveva sempre sognato di

stare davanti il palco sotto Eddie Vedder che cantava “Alive”.La possibilità di poter

andare a vedere il concerto a Roma, era anche una scusa per vedere come le sa passava

Carmen, che frequentava la facoltà di guirisprudenza della Sapienza.
Il viaggio fu turtuoso poiché il nostro povero ragazzo perse la concidenza del treno nel

quale lo aspettava Samuele, colui il quale era considerato una sorta di idolo in quanto

rappresentava tutto ciò che Manuel non era: era il suo amico più trasgressivo, quello che

sperimenta le cose prima degli altri all’interno del gruppo; loro due si proteggevano a

vicenda: l’uno metteva in gioco la sua fama di bravo ragazzo per difendere l’altro, mentre

quest’ultimo dava la possibilità a Manuel di far qualcosa che lui ,da solo, non avrebbe mai

avuto il coraggio di provare: si può dire che erano in simbiosi.
Si trovarono direttamente a Roma presso la fermata Policlinico della metropolitana e

,subito dopo, si recarono al Palaeur per cercare di trovare due biglietti per il concerto.
Manuel era a dir poco elettrizzato: all’interno del palazzetto, migliaia di persone si

accalcavano alla ricerca del posto migliore, tutti in possesso di zaini, maglietta del

gruppo ed alcuni con un po’ d’erba nascosta.
Era il primo concerto per Manuel, il primo di lunga serie e gli faceva un certo effetto nel

vedere e sentire persone di qualunque età, di diversa estrazione sociale parlare la stessa

lingua in altre parole quella della musica.Lo stesso concetto di musica per lui era un

mistero: lì sopra il palco c’erano quattro persone che nella vita potevano essere anche gli

sfortunati di turno, ma che, una volta imbracciato uno strumento, erano considerati, in

quel preciso momento degli dei.Forse il cantante era un drogato, magari il chitarrista

picchiava la moglie, cose che nella vita di tutti i giorni avrebbero portato quelle persone

al pubblico ludibrio,ma in quel momento semplicemente non importava.
Dopo il concerto, uscirono dal palazzetto dello sport, sudati e mezzi sordi a causa del

volume delle casse altissimo perciò la seconda regola che Manuel trasse da quell’esperienza

è che il fischio all’orecchio dopo il concerto, quel fastidioso suono, sarebbe stato un

comune denominatore anche per i prossimi.Una volta preso l’autobus, si recarono presso casa

di Carmen che, in gesto di bontà, aveva deciso di ospitarli per la notte.Carmen aveva preso

in affito un appartamento in piazza Bologna insieme ad altre due ragazze di Arcadia che

Manuel e Samuele conoscevano proprio bene. Viola e Rosa.
Quando Viola aprì l’uscio della porta si ritrovò di fronte due ragazzi che sembravano

essere partiti per il fronte:in particolore si presentavano sudaticci e con le magliette

allargate sull’orlo della lacerazione.
Manuel non vedeva Carmen da molto tempo, ma lei divenava sempre più bella.
Viola e Rosa andarono a dormire che era notte fonda o mattina presto;Samuele entrò nel

bagno per togliersi il sudore sputato dal suo corpo durante il concerto.Carmen e Manuel

rimasero in cucina e dopo aver parlato del più e del meno lei gli sparò una notizia che lui

non si sarebbe mai aspettato:”Lo sai che non sono più fidanzata?”;.
“Ma con che cazzo di coraggio mi dici queste cose?”,pensò il nostro amico, il quale non

fece trasparire nulla dalla sua espressione, un po’ come quei giocatori di poker che

puntano una somma sontaziosa senza aver nulla in mano.
Lei continuò:”Ho capito che Tito era sono un collezionista di ragazze, non aveva più senso

rimanere con lui, anzi devo dire che sono stata ingenua a mettermi con lui, ma che ci vuoi

fare…può succedere!”.
“Solo adesso te n’accorgi, brutta cretina?”, anche questo Manuel lo pensò solo.
Mentre Carmen faceva il caffè, chiese a Manuel come andava l’Università.
“Sai, lo studio va da sé, dopo i prinmi tempi ho preso il cammio giusto; non voglio dire

che sia facile, accidenti! Facciamo una facoltà dove si deve pensare poco, si deve solo

ricorda questo o quell’articolo”.
Carmen gli diede la tazzina col caffè non zuccherato, come lo preferiva lui, e di questo

particolare Manuel si accorse;mentre lui beveva quel caffè nero e bollente lei gli fece una

proposta”senit, dato che ci vediamo poco e ci sentiamo ancor più raramente, ci vogliamo

scambiare gli orologi?”.
“Vuole scambiare gli orologi lei!Avrà un significato simbolico tutto ciò?Con il mio

orologio vuole un pezzo di me?Carmen basta che tu sia esplicita ed io mi gettrò ai tuoi

piedi, ma ora niente più giochi!Devo fare il duro, mi sono ripromesso di non cadere in

questi tranelli”.
Manuel non si fece intenerire, e con la sua risposta si manifestò un po’ acidino:” Sai, il

mio orologio costa un po’!”.
Dopo quella risposta calò in quella stanza, che a dir il vero era un po’ trascurata, come ,

tra l’altro è ogni stanza in mano a giovani universitari, il silenzio che fu rotto

dall’entrata di Samuele che con due delle sue battute alquanto sciocche riavvivarono la

serata o la mattinata, dipende dai punti di vista; poco dopo si misero a dormire.
L’indomani ripartirono e Manuel tornò nella sua città e alla monotonia che sgorgova da ogni

dove come le cascate del Niagara.
L’unica cosa che lo spingeva ad uscire ad Arcadia era il sapere che, se non c’era nessuno

in giro, poteva sbattere presso la bottega di un suo amico: Carlo aveva un negozio d’intimo

per donne; vedere quei perizomini, quei tanga, per Manuel era un divertimento , soprattutto

quando, con la sua immaginazione alquanto distorta, abbinava un tanga a ragazze che

entravano nel negozio e che al posto del sedere si portavano un rimorchio dietro!Con Carlo

il rapporto era speciale: lui era più grande di Manuel, era un ragazzo che con le donne ci

sapeva fare e ad aveva un’esperienza incredibile; si può anche dire che il nostro

protagonista lo venerava; i loro discorsi erano molto sinceri eil fatto di poter criticare

l’amico per un suo brutto vestito, per un comportamento non molto educato o conveniente in

una data situazione non era un ‘offesa, ma un modo per poter migliorare l’altro, e, di

solito, alla fine si arrivava ad una conclusione comune.Forse era sul terreno della cultura

calciofila che tra i due vi era una certa distanza, o meglio ancora, un abisso, a causa

della faziosità radicata nei personaggi: Carlo era milanista, un tifoso che aveva fatto suo

il credo berlusconiano della grandezza nel pallone; l’apoteosi del Milan sacchiano, e della

cultura del lavoro e dell’attacco, come miglior difesa, rendevano i discorsi di questo

commerciante privi di senso: solo il Milan faceva la cosa giusta e chi non era milanista

poteva considerarsi un eretico del pallone; quando parlava del Milan, Carlo usava sempre il

termine: “ Noi qui e noi là!Noi siamo andati a giocare al San Paolo, abbiamo faticato, ma

poi abbiamo vinto meritatamente”.Era come se facesse parte della squadra, parlava dei

giocatori chiamandoli per nome; Carlo rispettava Manuel come persona e gli riconosceva

anche molte doti, ma quando parlava di calcio apostrofava quel blasfemo juventino di Manuel

con questa frase: “Incompetente!ma che ne sai tu di calcio!”, zittendo sul nascere ogni

discorso che avrebbe portato ad una rissa verbale tra i due.
Il suo negozio, che si trovava al centro di Arcadia era, comunque, il posto di ritrovo di

chi non aveva nulla da fare, oppure di chi usciva per il Corso e, dopo una breve

passeggiata, non incontrando nessuno con cui discorrere, oppure nessuno con cui andare a

prendere un aperitivo, andava a da Carlo, magari a commentare il fisico della ragazza

appena entrata nel negozio o l’ultimo video passato sulla commerciabilissima Mtv o a

prendere in giro il giovincello che era deciso a comprare, per la prima volta, alla sua

ragazza un qualcosa di intimo.Carlo si inquietava con questa tipologia di clienti, i quali

entrano a comprare, ma non sanno né cosa, né, tantomeno la taglia.Con i più reticenti a

divulgare informazioni sul fisico della ragazza, Carlo non aveva un bell’atteggiamento

propositivo, quindi quando per esempio chiedeva la taglia del reggiseno e, a tale domanda,

non c’era risposta, lui apertamente diceva: “Ha le tette grosse o piccole?”.
Manuel gli parlò del concerto, con invidia mal celata dell’amico, e della strana

conversazione che ebbe con Carmen.
Carlo disse la sua: “Secondo me, la storia dell’orologio eraa solo un pretesto; dovevi

andar più in profondità, vedere dove lei voleva andar a parare.Lasciamo dire però, che solo

tu potevi uscirtene con una frase idiota come quella!E poi, scusami, tu vuoi lei?Allora

cosa te ne importa dell’orologio?Poteva essere un mezzo per arrivare a qualcosa che va

oltre l’aspetto mareriale”.
“ Bè, Carmen è una ragazza un po’ ingenua, magari le sue intenzioni erano quelle che

apparivano a me cioè un semplice scambio di orologi; ora, comunque, quello che è fatto è

fatto e se anche ti dicessi che avevo capito che forse lei voleva da me qualcosa in più di

un semplice orologio, allora ti posso anche aggiungere che avrei avuto paura di dirle sì;

non vorrei ripiombare in un’altra delusione, oppure in un’altra figuraccia con lei, avendo

frainteso le sue purissime intenzioni”.
L’amico commerciante chiuse il discorso: “Caro il mio Manuel, se vuoi far parte del club

degli ignavi fai pure; hai fatto il liceo, te lo ricordi dove li aveva posizionati, quelli

lì, Dante?Vai a rileggerti l’Inferno, vai…In cosa posso esserle d’aiuto?”.Entrò un cliente

e, quindi, quel discorso cadde nel vuoto.
Forse ad Arcadia i mesi terribili potevano considerarsi i mesi invernali.Ci si può

immaginare una piccola cittadina col suo centro storico medioevale vuoto, con i negozianti

intenti nella loro attività più importante, cioè il fumare nell’attesa di un cliente, e con

un clima rigido a causa delle maestose montagne che circondano tale ridente, si far per

dire per un giovane pieno di ambizioni e voglia di vivere, cittadina.Quando la neve copriva

la montagne, comunque, la città diveniva meta obbligata dei turisti; di solito di gente

romana o napoletana che disponeva di una seconda casa in montagna; quei soggeti erano

riconoscibili non solo dalla parlatama anche dal fatto che ostentavano la loro ricchezza in

mezzo alla gente del posto, ma soprattutto perché andavano in giro per negozi calzando

scarponi da montagna per la neve, che in città non arrivava mai, e tute per la neve

coloratissime; Manuel era dell’idea che quei colori sgargianti servivano per individuare

nel centro storico di Arcadia la comitiva scesa dalle montagne e dispersasi nelle

stradine.Nonostante la città era pine di questi signori e signorotti, lui si sentiva solo:

cosa serve una marea di gente se non puoi scambiare una parola con nessuno di loro?Manuel

si rifugiava nella palestra per dare un senso almeno estetico alla propria misera vita,

oppure presso l’amatissimo cinema dove però i film arrivavano sempre molto più tardi

rispetto alla pubblicazione; lui, peraltro, per la sua abnegazione nel frequentare quella

sala, ebbe un riconoscimento, non formale ma solo di fatto, di un posto nella sala

cinematografica tutto per lui, con tanto di nome scritto a penna sulla schienale.Quella

poltroncina lo faceva sentire un giovane importante e questa onorificenza rendeva, lo stare

seduti su quella sedia, meno scomodo.
La cosa positiva di tutto ciò, se ne rese conto solo in un secondo tempo, dando un occhiata

al suo libretto universitario, era il fatto che non avendo nessuna distrazione, tranne, in

maniera estemporanea, le proposte geniali di Morgan, riusciva a studiare perfettamente; non

trovava più difficoltà nello studio della legge, come all’inzio, ma, anzi, gli esami

venivano superati con una certa facilità.Manuel era compiaciuto di ciò, forse si rendeva

conto che qualche pregio o attitudine ce l’aveva, forse bastava credere un po’ in sé

stessi.
In quei giorni di pura noia telefonò la solita Carmen: “Ehi Manuel, come va?”.
La voce di Carmen era incondibile: “Ehi ciao…Come mai sei qui?”.
“Ti ho sorpreso?In effetti sono dovuta tornare da Roma per sbrigare alcune faccende, ma

nulla di preoccupante.Sapevo di trovarti…ormai sei diventato il mio punto di riferimento ad

Arcadia”.Manuel non era affatto dispiaciuto da tale affermazione, anzi…
Lei fece una proposta: “Andiamo al cinema stasera?C’è un bel che mi va di andar a vedere;

vuoi farmi compagnia?”.La sua voce era quella di sempre, allegra, serena, vitale, la sua

voglia di muoversi era contagiosa, e tale contagio Manuel lo subì attraverso il telefono.
Manuel si fece venir a prendere da lei in macchina; non è molto signorile questa cosa, o

da”cavalieri” come si usa dire comunemente, ma egli odiava guidare la macchina, preferiva

stare al fianco dell’autista o, meglio ancora, nei posti di dietro; si potrebbe pensare che

tale attitudine era una conseguenza al fatto che, nel cervello di Manuel, è nascosto il

ricordo recondito di suo padre, il quale portava il figlio in macchina per farlo

addormentare, quando lui faceva i capricci.L’appuntamento era alle 21,30, sotto casa, ma

Manuel conosceva bene le abitudini di Carmen e quindi si fece trovar pronto solo alle

21,45.
Al cinema egli si sedette sulla poltroncina personalizzata.In quella sala si materializzò

un’atmosfera alquanto strana.La coppia di amici andò a vedere uno di quei filmoni

strappalacrime dove l’amore vince su tutto.Lei è alcostista?Perderà questo vizio.Lui si

drogava e picchiava i figli?Per l’amore verso la sua famiglia, dopo numerose sofferenze,

tutto si sistemerà e vivranno felici e contenti come nei finali dei fumetti su Topolino,

dove anche perde è contento, sempre!
Chi va a vedere questi film?Le donne emotive, con i fazzoletti in mano, accompagnati da

uomini corrotti, forse, da una notte di sesso o chissà da cosa, soprattutto se si tratta

della domenica sera, quando c’è in televisione il posticipo della partita.Manuel non fece

difficoltà a scegliere, non perché a chidergli di andar a vedere quel film fu Carmen, ma

perché in posticipo non giocava la Juventus: passano gli anni, passano le donne, le gioie e

i dolori, ma la Juve è una fede e, come tale, sta al di sopra di qualunque essere umano.
È un momento importante, per un uomo, acconsentire ad andare al cinema e soffrire sia per

il film sia per le scomode poltrone; negare ad una donna tale uscita potrebbe significare

mettere in dubbio la loro unione sentimentale: dalla mancata vsione del film, si può

passare alla rivisitazione di episodi passati sui quali lei aveva soprasseduto fino a quel

momento, ma che avrebbe tirato fuori nei momenti più propizi come strumento di

ricatto.L’episodio finali di questi discorsi possone essere affermazioni del tipo: “Allora

non mi ami più!”, oppure: “ Ormai non mi capisci più”.Magari da questi scerzi si finisce la

coppia si lascia!
Era prevedibile che a Manuel quel film non piacesse, ma cose gli importava se a suo fianco

aveva il suo amore?Quella ragazza che, appena vide entrare sull’autobus nella gita della

terza media, sapeva che gli avrebbe sconvolto la vita?
In quella sala le coppiette, di solito poste negli angoli più bui della sala, si baciavano,

si dicevano cose graziose all’orecchio dell’altra e facevano sorrisini che più intimi di

così nono si può; gli unici intenti a guardare il film erano proprio Manuel e

Carmen.Chiaramente né al cinema né dopo la visione del film successe qualcosa, ma lei

disse, prima che Manuel potesse scendere dalla macchina per raggiungere la porta della

propria casa: “Ho deciso che per gli esami studio qui.Ci sentiamo?”.
Lui annuì con il capo.
Lei non aveva finito e continuò: “Stiamo facendo lo stesso esame, magari possiamo darci una

ripassatina insieme; che libro usi?Io il testo di Temistocle Martines”.
Manuel disse che anche lui stava studiando su quel testo, ma non era una coincidenza, come

molto potrebbero pensare, in quanto sapeva che quel testo era uno dei più utilizzati nelle

varie facoltà italiane di giurisprudenza.
Un bacio sulla guancia e Manuel scese dalla macchina.
Nei giorni seguenti studiarono insieme, si telefonarono, scherzarono su quando Manuel senza

giri di parole, le chiese di essere sua.
Questo bel quadretto durò il tempo di un fiammifero acceso giacchè lei ripartì, oltretutto

senza avvertire, per Roma; fu un periodo lundo nel quale non si videro, né sentirono.
Quando Manuel si sveglia la mattina gli viene sempre in mente una scena di un’opera di

Eduardo Dè Filippo, quando lui viene svegliato la mattina.Non ricorda bene ciò che disse,

ma il senso era che uno non fa in tempo a chiudere gli occhi che subito li deve riaprire;

pensò lui che sebbene quella fosse una battuta, un fondo di verità c’era:perché la cosa più

bella del mondo, il dormire, non può essere sentita dall’uomo?La persona non ha la

consapevolezza che ha dormito, il fatto viene dedotto solo guardando la sveglia sul

comodino; solo da lì l’individuo può accorgersi quanto ha dormito, inoltre può dedurre se

ha dormito bene o male, facendo il calcolo matematico delle ore.
Perché non possiamo accorgersi di questo piacere simultaneamente nel momento in cui il

piacere è in essere, mentre lo stress e il dolore non porta alle stesse conseguenze?Tutto

questo per dire che il nostro amico, ogni giorno, sente la sveglia per alzarsi alle otto di

mattina , fare colazione e poi cominciare a studiare.
Che strana cosa è il diritto!Manuel aveva passato senza difficolta, i primi tredici esami;

tutti, naturalmente,avevano un punto in comune, cioè, spiegavano le regole di quel settore

del diritto specifico.Il nostro studente ne trovava altri di fili conduttori nelle varie

materie: il fatto che tutti davano per scontato l’uguaglianza del soggetto davanti alla

legge, la giustezza della pena, il fatto che tutti devono contribuire per lo Stato con i

propri mezzi ed in maniera progressiva, secondo le norme tributarie.Tutto ciò era e

continua ad essere giusto in linea di massima, ma nessuno di quei testi diceva:

“Attenzione, nella realtà non è proprio così!”.
Lui si chiedeva il perché del condono fiscale.Perché chi dovrebbe pagare di più, poi alla

fine, paga di meno?Perché viene sempre graziato?Perché se un’imputato famoso, se viene

condannato,va pure in televisione per dire che i giudici contro di lui hanno sbagliato e

magari, guadagna di più rispetto a prima?Perché il cittadino comune, se viene addidato come

colpevole, ma poi viene riconosciuto dagli stessi giudici innocente, non se ne parla e,

magari, diventa più povero, rispetto a prima perché fottendosi, tutta la società, del

principio di innocenza, è ormai screditato?
In effetti l’unica risposta che si ruisciva a dare è che le caste ci sono state, ci sono

tutt’ora, ci saranno sempre!Bah!Le libertà, i diritti, sono tutte cose che noi, gente

comune dobbiamo sudarci sul campo, c’è invece chi ha un incremento ingiustificato di

diritto; Manuel, poi, mal sopportava, quei soggetti, soprattutto attori e cantanti, che si

vedevano sui palchi delle grandi platee a blaterare sulla libertà, sulle manovre del nostro

governo contro i lavoratori, contro i magistrati, contro l’Europa, contro tutti!Questo tipo

di qualunquismo scellerato, senza un fine vero, se non il sentir parlar di sé, poi comporta

un influenza sui giovani che stanno di fronte a quei sedicenti leaders carismatici; Manuel

non voleva che tutti quei giovani la pensassero come lui, ma che almeno la propria idea

politica passasse attraverso esperienze proprie di interesse nei confronti della materia, e

non per sentito dire!Perché nessuno di quei cantanti, attori, calciatori, non cacciano la

moneta e sostengono un barbone?Un bambino russo?Una ricerca sul cancro?Cosa fanno questi

soggetti?Mettono la loro faccia e dicono a noi di fare uno sforzo nei confronti dei più

deboli.Bah, bah e ancora bah!
All’ennesimo perché, Manuel chiuse il libro e, giacchè la giornata lo permetteva, decise di

andar a farsi una passeggiata per rischiararsi le sue idee.
La zone nella quale abitava il nostro futuro avvocato non era molto vicina al centro della

città, ma, nonostante questo, era un quartiere trafficato per la vicinanza con la stazione;

la sua casa si trovava in un ibrido tra un quartiere residenziale e ambiente agricolo.
Quando voleva farsi una passeggiata, Manuel preferiva sempre andar verso la zona rurale,

dove la mattina la foschia ricopriva ancora i terreni dei contadini, senza dar la

possibilità di distinguere le varie coltivazioni, la foschia, alla fin fine, è come la

vita: non puoi veder cosa ti attende, puoi essere cauto nei movimenti che fai, ma non si

può prevedere le consuguenze delle tue azioni.Quel giorno, però, la foschia, non si trovava

davanti a sé, non copriva le coltivazioni, ma si trovava dentro di sé, nella sua testa.
Qualche tempo fa, si sarebbe chiesto: “Cosa mi riserva il destino?Che mi devo aspettare

dalla vita?Io cosa voglio che la vita mi offra?”.Sapeva che non erano queste le domande

giuste da porsi, piuttosto bisognava chiedersi: “Cosa voglio fare?Come voglio rendermi

utile alla società?”
Le persone tendono sempre ad aspettare che gli eventi si facciano da soli.Egli, invece,

aveva la consapevolezza che se voleva cambiar qualcosa, doveva esser lui stesso a far

scatenare gli eventi e a dominarli.
In questo contesto rivalutò l’unico gesto di coraggio della sua vita, fatto, ormai chissà

quanti anni prima, nei confronti di Carmen.
La foschia si stava diradando; manuel, forse, ci vedeva più chiaro,e, in questo caso, gli

occhiali da vista non c’entravano.Ritornò a casa, e dopo essere andato al bagno, giacchè il

movimento gli stimolava l’apparato digerenre, ri rinchiuse nella camera.
Quelle quattro mura erano da considerarsi la sua vita; magari le sue idee politiche erano

per una società più giusta, ma nel suo spazio esiguo, egli non si faceva mancare nulla:la

televisione, le stereo dei suoi genitori, il telefono sul comodino, la batteria blu.A

Manuel piaceva arricchire le mura con le foto dei suoi amici, col biglietto di un concerto

mitico, oppure con cimeli particolari presi in qualunque posto andasse.
In questa collezione di cose, che la mamma aveva etichettato come roba da buttare, non

potevano mancare i calendari famossisimi con le tette al vento: quello era l’anno della

Ferilli e della Marcuzzi; Manuel non se la sentiva di poter scegliere tra una mora e una

bionda: si prese tutte e due!Quando uno può!
Col passare del tempo e, quindi, maturando, anche la sua libreria divenne più

competitiva.Fino a poco tempo addietro, leggeva Topolino, ma un giorno decise di comprarsi

un libro serio, per passare così nel cerchio degli adulti.Ricorda con piacere il primo

libro letto: il viaggio allucinante di Asimov, rappresentava un capolavoro per lui.Quel

modo minuzioso di mostrare le varie operazioni con termini tecnici,ma in maniera anche

chiara, per un neofita, era un talento enorme.Era convinto che erano questi i libri che un

giovane studente dovrebbe leggere a scuola.Tutti si sarebbero interessati di più.
Da Asimov, passò a Miller e suoi racconti erotici, a D’Annunzio.Ormai ci aveva preso gusto!
La vita, come tutti sanno, è bella perché, nel bene o nel male, non è mai monotona, regala

sempre quella sorpresa che attende tutti dietro l’angolo, appena svostato, della nostra

esistenza, che, seppur effimera nella lunghezza, comparandola a quella che è la storia

dell’umanità, è sempre emozionante.Tutti abbiamo bisogno di una dose di emozioni: si può,

infatti, definire l’uomo, come drogato da emozioni e, essere in crisi, di astinenza, ci fa

sentire vuoti e senza valore.
“ Buonasera vorrei un Fiore”.
“Quale tipo di Fiore?”.
“Uno qualsiasi, mi basta che sia profumato e vivace”.
“Vivace?”, chiese la fioraia, “non avevo mai sentito parlar di un fiore come vivace!E’ per

un’occasione particolare?No? Allore le do questo qui”.
Manuel lo prese in mano e lo annusò; non chiese quale poteva essere il nome del fiore

perché non voleva apparire come un ignorante (per queste cose era fissato!), ma i colori

accesi lo avevano conquistato.La fioraia chiese gentilmente: “Vuole scrivere un biglietto

d’auguri? Qui n’abbiamo di tutti i tipi e per ogni occasione: eleganti, semplici, colorati

o tutti bianchi, col fiocchetto o senza.”.
Manuel era seccato dalla invadente gentilezza della fioraia e, quindi, troncò subito il

discorso, prima che la commerciante, potesse entrar nei particolari: “Questo bel fiore, con

questi petali così colorati, con questo prfumo inebriante dal far ubriacare un astemio è

per me!Il biglietto non mi serve, a meno che io non voglia farmi gli auguri per qualche

evento che riguardi la mia vita, ma ora in questo momento, che io sappia, nessun

appuntamento mi coinvolge, né un compleanno, né il mio onomastico di cui ignoro anche il

giorno!Quindi, senza patemi d’animo, non si prodighi nel cercare un biglietto carino;

magari, però lei sa qualcosa di me che io non so!”.Manuel, la mattina, non è mai gentile,

ed è per questo che, il più delle volte, non proferisce parola; questa volta, però, la

fioraia aveva esagerato.
Quest’ultima aveva l’abitudine di farsi gli affari degli altri, facendoli poi conoscere

agli altri.Questa corpulenta signora chiedeva, sempre, i particolari di una storia,

rispondendo, a chi criticava, tale atteggiamento che, questo, era l’unico modo per fare

ottime composizioni; sapere il perché di un mazzo di fiori era importante, spesso ripeteva

che i fiori sono parole aggiunte a quelle dell’alfabeto, con cui si possono dire che le

parole stesse non possono descrivere.La sua era una semplice indagine psicologica sul

cliente per far rendere al meglio la sua attività.
Nonostante le dure parole di Manuel, la signora, armata di forbici, appese ad un cinturone

legato alla sua immensa vita,dopo un primo gesto di nervosismo, non si tirò indetro e

continuò a fare domande personali, come fosse una mitraglia a caricamento automatico.”E’

sicuramente una lei…è un fiore particolare quello che lei ha scelto…ne deduco che è anche

una giornata particolare quella di oggi vero?”.
“Se ci tiene molto a saperlo le posso solo dire che si tratta di un mio ricordo, ma se ha

finito, adesso, vorrei prendere il fiore, pagarlo e andar via.Grazie!”.
In effetti quel fiore rappresentava un ricordo, un frammento di vita; si tratta di

istantanee che sepolte nel nostro cervello riaffiorano grazie ad una causa scatenante quale

un profumo, un suono, un luogo; in molti film, si vedono psichiatri che attuano tale

principio, ossia il ricordo legato ad un elemento sensoriale, volontariamente; il fiore

serviva a Manuel per far rivevere nella sua fervida mente, che rappresentava un po’ un

mondo a parte, il ricordo di una ragazza conosciuta qualche tempo fa.
Nonostante quella ragazza avesse un nome proprio, come del resto hanno tutti, tranne i

brasiliani, dei quali, Manuel, non capiva il funzionamento del soprannome e non capiva se

essi avessero un nome proprio, per il nostro amico, lei era un fiore, dal quale riprendeva

la fragilità da una parte ma l’eleganza dall’altra.
Lei era Fiore, il nome non aveva importanza.
Manuel ne era fortemente attratto, ma non voleva compiere il passo deciso; troppe le

scottatture prese in passato, troppe le sofferenze patite, per un ragazzo che poi tanto

forte non era, ma anzi, lamentava una certa debolezza caratteriale: il non essere compreso

nei suoi gesti, nel non trovare, tra la sua cerchia di amici ed oltre, una persona che

potesse comprenderlo.Quelle esperienze passate sottrassero dal suo essere persona,

quell’instintività e avventatezza nei confronti delle donne e lo resero più cauto

nell’affondare un approccio benchè minimo.Ormai egli tendeva a diventare un amico delle

ragazze più che un corteggiatore.
A chi gli faceva notare che diventare troppo amico di una donna avrebbe potuto pregiudicare

un rapporto intimo con la donna, in questo ci si riferiva al suo rapporto con Fiore, lui

rispondeva stizzito: “Posso aspettare anche tutta la vita, ma sono convinto che lei si

accorgerà di me.Voglio che sia lei ad avere quella sensazione che ti fa capire di essere

davanti al ragazzo giusto.Voglio che, quando lei si giri intorno per trovare un compagno,

il suo viso veda per prima me, e questo può succedere solo se io divento suo amico.Questa

ragazza è molto importante per me e non vorrei che diventi una nuova Carmen”.
Fiore era affezzionata a Manuel, timido, scontroso che rende la situazione più complicata

di quanto realmente sia.
La ragazza era diversa: più che preoccuparsi delle sue azioni e delle consuguenze, come

faceva Manuel, focalizzava la sua attenzione sui suoi desideri e sulle esigenze che la

riguardavano, senza pensare alle conseguenze; agiva per il presente e non per il futuro.
Fiore era ancora una liceale, poiché sebbene Manuel la reputava persona degnissima e

intelligente (forse era l’amore che gli offuscava gli occhi sulla verità), lei non si

concentrava molto sui libri.
Secondo Manuel, aveva un pessimo gusto per i ragazzi, ma questo da una persona

interessata.Si può dire, con certezza che, più l’aspetto fisico, ciò che lo attirava di lei

era, soprattutto, il fatto che era quello che Manuel non era e che avrebbe voluto essere.La

considerava il suo complemento.
La religione insegna che dalla morte nasce la vita.
Pioveva forte quando Manuel ritornò a casa tutto bagnato.
Era uscito col motorino e, quando lasciò casa, accellerando, come fosse un pitola di

motociclismo, il sole era alto in cielo e splendeva in maniera rigorosa, come una palla

fiammeggiante; come nele più classiche giornate estive, vi è sempre in agguato il temporale

che non ti aspetti, quello che dura cinque minuti e butta litri su litri d’acqua.Tornato a

casa ricevette una telefonata.
Quella voce così formale, fredda che giungeva dall’altra parte del telefono, non prometteva

nulla di buono: “ Manuel, è successa una cosa spaventosa…Non ho capito bene…forse un

incidente…Tommy ha avuto un incidente…è morto!”.
A quella notizia così inaspettata, Manuel rimase, inizialmente immobile, ma poi si riuscì a

sedere sulla poltroncina vicino al telefono.Sentì un brivido che lo attraversò tutto, forse

era il brivido della morte.Rimase spaventato da tutto ciò.
Tommy non era proprio un suo amico, non poteva considerarsi uno che col neo defunto avesse

avuto chissà quale rapporto speciale. Dalla sua prima emozione, passò ad una situazione di

stallo nella quale lui non sapeva come comportarsi, non sentendo i suoi comportamenti

simili a quelli del gruppo dei suoi ex compagni di scuola.Sentiva un certo dolore per la

dipartita di Tommy, ma si abbandonò a scene di isterismo;nono modificò i suoi comportamenti

e suoi gesti nei confronti della vita come avveniva nei suoi amici; in questo senso si

sentiva in imbarazzo e si chiedeva, in cuor suo, se magari lui fosse un mostro, per non

sentir nulla di profondo dentro di sé, o fossero gli altri ad avere dei problemi.Si sentiva

in imbarazzo, per questa situazione.
Quel ragazzo, veniva dalla stessa sua scuola e non c’era nessuno che nell’edificio non lo

conosceva.Era il classico ragazzo popolare e che faceva parlar di sé, amava stare davanti a

tutti.
Morgan, Carmen, Mark e Viola, ed ancora altri compagni liceali, si riunirono a casa del

Sindaco.Quest’ultimo non era il vero sindaco, ma era il suo soprannome: era militante

politico, amante della politica, che di politica si sfama.Era triste fare una riunione di

ex compagni per una sutuzione non allegra, ma triste nella quale è difficile strappar un

sorriso per aver rivisto un amico!
“Sono venuto appena ho potuto…ero tutto bagnato…ditemi tutto”.
Il Sindaco, avendo la mamma che lavorava nell’ospedale della città, raccontò tutto quello

che si poteva sapere per una disgrazia che lasciava una famiglia senza un erede e preda di

un dolore che non può essere codificato da altri, fino a che non si perde una parte di sé,

come un figlio o un genitore: “Guarda, non si sa di preciso; dovranno fare l’autopsia, ma

sembra che Tommy sia stato sorpreso dal temporale con la moto; è scivolato sulla strada

bagnata ed ha sbattuto la testa.Non era ancora morto, quando arrivò all’ospedale; mia madre

mi ha detto che farfugliava parole come : mamma, mamma…è entrato in coma e poi è deceduto”.
“Ma il casco?Non lo portava?”, chiese Carmen che nonostante fosse scossa per l’accaduto,

era bella come in giorno di festa.
Manuel, invece, non era scosso, ma lucidamente si chiedeva il perché delle cose

accadute.Perché si è fatto morire un ragazzo di 24 anni?Quel Dio che governa le cose del

mondo perché non lo ha salvato?Tommy non era uno stinco di santo, ma non era un gran

peccatore, non doveva essere punito in tale maniera.Se muore un vecchio, pensava Manuel, si

trova la giustificazione: ha vissuto la sua vita ed ora è arrivato il suo momento.Non si

può capire,ivece, razionalmente, il perché della morte di un giovane come Tommy.Non basta

aggraparsi alla fede, che domande di questo tipo non se le fa: il tutto rientra nel disegno

del Grande Manovratore.Tra l’altro, la morte di Tommy fu veramente tragica poiché egli morì

senza aver detto un ultima parola ai genitori, oppure senza che i genitori potessero vedere

i suoi occhi pieni di quella vita che da lì a poco se ne sarebbe andata; non si è potuto

congedare da nessuno e in nessun modo.
Vedere quel corpo freddo dentro la bara, fu un episodio della vita della sua vita che

Manuel avrebbe voluto cancellare dalla memoria: in completo jeansato, freddo, ricordava una

statua di cera, una di quelle presenti a Londra; Manuel non aveva mai visto un morto,

neanche quando morì suo nonno si sentì di avvicinarsi alla casa del parente defunto; fu un

colpo allo stomaco.
La corona venne comprata dalla stessa fioraia dove Manuel aveva comprato quel meraviglioso

fiore alcuni giorni prima.
La fioraia, naturalmente, aveva già saputo della tragica notizia, giacchè Arcadia è una

città piccola, dove le notizie si diffondono come una macchia d’olio, soprattutto se si

tratta di notizie dolorose o di pettegolezzi su qualcuno.
In quei giorni Manuel, come del resto gli altri amici, non era molto allegro; lui infatti,

quando stava insieme ai suoi ex compagni di classe, riusciva sempre a sdrammatizzare, ogni

volta che ce ne fosse bisogno; quella volta non fu possibile.
Un salvagente, a fomr a di telefono, fu la sua salvezza; rispose la mamma: “Manuel!E’ una

ragazza!”
Lui rispose e capì chi vi era dall’altra parte del cavo.
“Come stai?Ho saputo della disgrazia.Ti ho anche telefonato prima e ieri ma non sono

riuscita mai a trovarti”.
“Sai, Fiore, Tommy non era propriamente un mio amico,anzi dopo un primo momento di

dispiacere e smarrimento, non sono tristissimo; oggi però l’ho visto dentro la bara, in

mezzo a tanti fiori, col suo giubbino preferito e colla foto di Bob Marley, il suo cantante

preferito; quel momento è stato veramente triste, soprattutto perché sei contagiato, per

osmosi, dal dolore degli altri e, quindi, anche se te sei forte, la tua fortezza è

destinata a cadere sotto il piante di un gruppo per u ragazzo che non si meritava queto

destino”.
La ragazza cercò di tirarlo su di morale: “ Senti io sono a piedi, perché non passi e

usciamo un po’?Così ti distrai, che ne dici?”.
Uscirono insieme e decisero di andar in qualche locale del centro: oramai si conoscevano da

un po’ di tempo, ma Manuel riflettè che, da quando si erano conosciuti, non erano mai

andati in un locale da soli, ma sempre in gruppo.
Seduti davanti a due birre si confidarono.
“Come è stato il funerale?”, chiese lei.
“si può dire che è stato bello, c’è stata una grande partecipazione spontanea della gente,

il prete poi mi è piaciuto perché ha fatto una bella orazione funebre…senti vorrei

chiederti una cosa che non posso più rimandare”.
Fiore aspettò che Manuel parlasse.
Manuel fece un respiro molto lungo per poter dire tutto senza doversi fermare: “ Tu sai

qual è la mia vita quotidiana: mi sveglio alle otto, studio, mangio, guardo la televisione,

ristudio e poi esco un po’.Questa è la mia vita monotona di tutti i giorni.All’interno di

questo schema ci sono stati delle variazioni, soprattutto a causa di ragazze che poi, alla

fine, mi hanno sempre fatto soffrire, facendo sì che mi chiudessi in me stesso”.
Lei non capiva ancora dove lui voleva andar a parare.
Manuel continuò senza fermarsi: “Dopo la morte di Tommy, mi sono chiesto se valeva la pena

veivere nel modo come vivo io.Un amico mi ha detto una volta che Dante mi avrebbe messo tra

gli ignavi, i peccatori più deprecabili.Tommy aveva la mia stessa età, ma lui ha vissuto

molto più di me; se ci fossi stato io al posto nessuno mi avrebbe ricordato come hanno

fatto con lui.Poi, però, ho incontrato te, l’unica persona che è riuscita a migliorarmi

sotto l’aspetto del carattere, l’unica che mi abbia fatto uscire dai miei schemi.In questo

momento, in questo preciso istante tu rappresenti ciò che c’è di meglio in questo

miserabile mondo.Viviamo in mondo cinico dove l’ambizione va per la maggiore e tutti

cercano di ambire a posti di comando a scapito dei più deboli.
Viviamo in un mondo dove non esiste più la comunicazione tra persone, non si parla per

paura di provare emozioni, si preferisce mandare un messaggino con telefonino, si ha paura

di esprimere di persona i propri sentimenti.Io posso ritenermi fortunato ad aver incontrato

te. Tu mi hai dato tanto senza chiedere qualcosa in cambio.Io voglio darti me stesso e il

mio amore ora, senza aspettarmi qualcosa in cambio; il mio amore per te è senza confini e

non ha bisogno di essere alimentato dal tuo.Tutto questo perché mi hai reso migliore”.
Lei rimase stupita da quell’inaspettato monologo detto tutto di un fiato.
Siccome Manuel vedeva che lei non parlava lui, per metterla aproprio agio, disse: “Guarda,

non c’è bisogno che tu mi dica di sì; il mio è sintimento che volevo manifestarti, ma non

ha bigno di essere ricambiato”.
“Sono rimasta colpita e sorpresa, mi hai emozionata…Posso dire che non aspettavo che

questo, non ho mai detto nulla su questo argomento perché non riuscivo a capire le tue

intenzioni…Ora penso si saperlo!”.
Manuel rimase un po’ confuso, perché Fiore non aveva usato quelle frasi di circostanza

che, da Carmen in poi, tutte le ragazze gli avevano ripetuto nel corso degli anni e, quindi

rimase spiazzato,ma si fece impavido: “Senti non sono pratico di queste cose, ma penso che

forse adesso un bacio serva per suggellare la nostra unione”.
E bacio fu!
Adesso era in grado di pronunciarsi su cosa è l’amore.Morgan aveva torto, aveva capito che

ci si può impegnare con una donna.Manuel lo aveva fatto, era riuscita a cogliere il Fiore

più bello tra i tanti coltivati.
Non aveva avuto il benchè minimo momento di ripensamento su di lei; certo bisogna aspettare

ma , con costanza, si può ottenere un po’ di felicità!

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