Tu non esisti, segni non lasci.
Fosse un rametto spezzato, lieve
un'impronta di piede scalzo
su una spiaggia di bianca pomice,
un alito che possa un po’ appannare
lo specchietto d'un portacipria.
La tua è l'eleganza sobria
del niente paludato in noia,
l'autosufficienza della deficienza
invulnerabile, della bellezza che ha
preferito al fascino l'animale,
il dubbio pelvico tra il diaframma
e la mitica, labirintica spirale;
all'essere qualcuna tra le tante
l'acclamata tua inapparenza
su uno schermo maxigigante.
Tua madre ti iscriverà al concorso
di miss Italia che già hai vinto
standotene sdraiata e tuo padre
ne sarà geloso, ti farà una scenata.
Ma il tuo ganzo invece orgoglioso,
griffato cretino da un piercing
e un orecchino, rilascerà interviste
sui tuoi gusti molto originali e la tele
e i giornali, la spazzatura calandrata
delle riviste si coloreranno della patina
sottile di chi sarà premiata perché
non esiste.
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