Le pagine che compongono questo libro sono generalmente contenute ne La parte di Guermantes II, ma vengono qua riproposte come parte indipendente per ricordare ai lettori di come Proust le estrapolò dal manoscritto per farle pubblicare dalla rivista Les œuvres livres. Operazione pubblicitaria per destare l’attenzione dei lettori durante il lento procedere della stesura della Recherche, e che in parte serviva per far soffrire l’editore Gallimard che attendeva il manoscritto per la pubblicazione, ma doveva ancora scontare la pena per l’iniziale rifiuto.
Scrive Daria Galateria nella prefazione, citando Debenedetti: La ricerca del tempo perduto è l’immensa istruttoria di un geloso, l’implacabile interrogatorio che Proust con l’ossessiva ostinazione della mania gelosa, rivolge alla sfuggente vita. Ed in effetti la gelosia vena tutto l’arco della Recherche: dapprima verso la madre che si intrattiene in giardino e trascura l’ansioso figlioletto, poi tocca a Swann nei confronti di Odette, si sposta di una generazione e colpisce il narratore invaghitosi di Gilberte Swann e così via tra sofferenze e sospetti, inganni svelati od immaginati. Summa dell’arte del geloso, e dei suoi trucchetti e sotterfugi è La Prigioniera, in cui il Narratore alimenta il suo amore proprio della sofferenza causatagli dalla gelosia e dal distacco, sino a considerare finito il suo amore nei momenti in cui Albertine è più disponibile e sincera.
In questo frammento assistiamo al passaggio del testimone tra Swann, malato e che sa di poter vivere ancora per poco, ed il giovane narratore, specchio dell’ambizioso Charles, uno dei pochi non aristocratici ad avere le porte del Fauburg e dei suoi salotti più prestigiosi sempre spalancate, così come fu per il giovane Proust, accolto dovunque per il suo acume e la sua intelligenza vista la mancanza di sangue blu nelle sue giovani vene. Durante uno sfarzoso ricevimento dalla principessa di Guermantes, Swann confessa la sua gelosia al Narratore, il quale se ne dichiara immune, salvo poi scoprirsi completamente geloso al termine della serata stessa, momento in cui la gelosia si manifesterà modificando tutta una serie di ricordi, tingendoli del suo triste tono e dando origine ad un meccanismo tipicamente proustiano. Nel corso del ricevimento della principessa di Guermantes vediamo apparire quasi tutti i personaggi che nella Recherche fanno parte della Parigi che conta, tutte le altezze, le ambasciatrici e le duchesse con mariti, figli e fidanzati al seguito, ad affollare i salotti di quello che sembra quasi un museo, più che una abitazione. Ma la storia dei Guermantes, si sa, è antichissima e le loro magioni rispecchiano la loro gloria. Gloria che ai giorni del narratore appare effimera, perché se da un lato gli aristocratici brillano per lignaggio e posizione, il narratore, osservandoli, ne mette in luce tutta la bassezza. Questa è una delle parti in cui i più, soprattutto ad una prima superficiale lettura, evocano il Proust mondano, quello che appariva a tanti (sempre meno, per fortuna) come un “cronista mondano”, capace di raccontare degli sfarzosi salotti in cui passava, oziando, le sue giornate, e completamente scollegato dalla realtà. Invece, è proprio in queste pagine che Proust sfodera la sua sagacia e la sua profonda onestà intellettuale e di giudizio. Il suo sguardo e la sua penna non si fanno abbindolare dai blasoni o dalle toilettes mozzafiato, ma riesce a vedere lo strato sottostante, quello dell’ipocrisia e della bassezza intellettuale. I nobili danno giudizi arzigogolati, ma sbagliano le parole e hanno idee comuni, conformiste, i gusti sono dozzinali e gli errori di valutazione, spesso, marchiani. L’affaire Dreyfuss, sta passando e tutti si scoprono improvvisamente dreyfusardi, ma se ne vergognano, perché incapaci di ammettere che la loro opinione può essere sbagliata e accomunabile a quella del “popolo”. E così la serata ruota come una sfarzosa giostra, fra sorrisi di circostanza, espressioni dettate dall’educazione o dalla voglia di apparire. Ognuno fa del suo meglio per conquistare chi desidera, tenere alla larga chi sembra inaccettabile, fra lazzi e baciamano, distrazioni volute e attenzioni non richieste, in quella grande scena corale che costituisce una delle colonne dell’intera Recherche. Scena che avrà il suo parallelo nel bal de tête del “Tempo ritrovato”, in cui per alcuni il mondo pare essersi fossilizzato, ma in realtà è irrimediabilmente perduto, e anche in questo caso, lo sguardo del Narratore è quello che coglie la sottile differenza fra quello che appare e quel che in realtà è. Queste pagine oltre i contenuti di rilievo, mostra l’aspetto più “simpatico” di Proust, molti passi fanno sorridere, l’ironia permea molti dei passaggi e dei dialoghi, l’ironia come arma contro l’ipocrisia. Nelle 165 pagine di questo frammento compaiono anche due dei personaggi misteriosi che costellano la Recherche, le due signore armate di alpenstocks che tanto hanno fatto discutere i critici proustiani e che forse sono una specie di ricordo fossile di quando Parigi era una piccola città circondata di colline.
Al di là di queste divagazioni, il frammento in questione riesce, in poche pagine, a fare un riassunto di svariati argomenti presenti nell’opera completa, ritorna l’amore di Swann per Odette, riappare la Balbec delle fanciulle in fiore, pronta per il prossimo soggiorno del Narratore, assistiamo ai maneggi di Charlus per coltivare e al contempo celare le sue inclinazioni, dando, anche a chi non è un lettore di Proust, l’immediata sensazione dell’atmosfera che permea l’intera Recherche, inutile dire che per un lettore di Proust queste pagine non bastano, sono solo uno stuzzichino.