Pubblicato il 02/11/2011 13:58:11
Signor Peschechera Vincenzo
Ottanta autunni nuotano, signor Peschechera Vincenzo, nei riflessi caldi del tuo vino biondo, ottanta luminose scie.
Nel tuo vino si condensa l'asprigno delle rughe che il tempo, in silenzio, lentamente, ti ha tatuato sulla faccia. Ci sono i tuoi migliori anni di contadino. Il tuo vino è limpido.
Vedo la signora Rosa vacillare lungo le scale in compagnia della sua artrosi, le parla come si parla a un cucciolo insolente, minaccia di lasciarlo digiuno fuori dalla porta, ma poi con scarto repentino supplica di lasciarla stare, solo per poco, almeno per le scale. Questo vedo nel giallo obliquo del tuo vino.
Gli anni del sindacato. La sofferta gioia del partito. La tessera storica e i figli che non hanno l'epica nel sangue e trovano patetica la commozione e anche l'Internazionale. Nel tuo vino la parola compagno naviga asprigna, è sole che struscia la zolla della vigna, eco che ti accompagna e ti riscalda.
Signor Peschechera Vincenzo nel tuo vino risplende una dimessa morte. Le hai consegnato le mani rassegnate, le mani pazienti come la vigna che non sorride più.
Domina il vino un'allegria aspra, un sorriso sguincio perché bisogna saper sorridere alla morte, perché molte rinascite congiunge il vino.
E tu signor vino biondo che risplendi di ottanta luminosi autunni, delle sue rughe, della dentiera custodita nel cassetto con i ritagli, le fotografie, spediscigli un breve arrivederci.
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