Forse è solo una coincidenza, ma il fatto che, nei primi anni '50, Alberto Moravia (1907-1990) avesse curato una nuova edizione delle opere di Guy de Maupassant (1850-1893) (1), potrebbe servirci da guida per un’analisi del racconto di Maupassant “Due amici”. Tuttavia, qualcuno potrebbe chiedere: “Che cosa ha a che fare Moravia con i ‘Due amici’ di Maupassant?”. Moravia tutto sommato c’entra, nel senso che egli scrisse un libro per il quale è diventato famoso a livello internazionale, vale a dire “Gli Indifferenti” [1929]. Se c'è una parola chiave per comprendere il significato di “Due amici”, questa è, a nostro parere, l’ “indifferenza”. La trama del racconto di Maupassant è abbastanza semplice: una bella mattina soleggiata Monsieur Morissot [“orologiaio di professione e fannullone per vocazione”] incontra in una strada di Parigi Monsieur Sauvage [ “un compagno di pesca”], mentre la guerra contro i Prussiani infuriava (1870) e il cibo scarseggiava in città. Prima i due amici si recarono all’osteria a bere un bicchiere e poi decisero di andare a pescare, nonostante i Prussiani fossero alle porte di Parigi e il rischio di essere uccisi o gravemente feriti fosse piuttosto alto. In un primo momento, le cose andarono bene. I due vecchi amici attraversarono la città, discutendo sulle brutture della guerra. Poi, improvvisamente, dietro di loro sbucò una pattuglia prussiana, che li catturò e li portò davanti al comandante.
Egli li guardò, e cominciò ragionevolmente a pensare che quei due uomini anziani, per rientrare a Parigi, dovevano pure conoscere la parola d’ordine. Naturalmente, l'ufficiale prussiano era un uomo troppo scaltro per non sapere che egli si trovava di fronte solo a due vecchi incauti. Tuttavia, egli li spaventò a morte, perché voleva che gli rivelassero la parola d’ordine, fondamentale per penetrare indisturbato dentro le linee francesi. L'ufficiale prussiano urlò loro in faccia che li avrebbe fucilati all’istante, perché, nonostante il loro aspetto innocuo, li riteneva spie dei Francesi. I due amici rimasero ammutoliti dal terrore, mentre mille pensieri attraversavano la loro mente. Il comandante prussiano, in un primo momento, ordinò loro di rivelargli la parola d’ordine [ “Ditemi la parola d’ordine e vi lascio andare”]. Poi, astutamente, chiese loro di pensare alle famiglie [ “Pensate che in cinque minuti sarete in fondo a quello specchio d’acqua. In cinque minuti! Avrete pure famiglia, suppongo”]. Infine, di fronte al persistente silenzio dei due uomini, cercò di persuaderli con le lusinghe: “Allora si alzò rapidamente, si avvicinò ai due Francesi, prese Morissot per il braccio, lo portò a qualche distanza e disse a bassa voce: ‘Svelto! La parola d’ordine! Il tuo amico non saprà nulla. Fingerò di lasciar perdere’”. Di fronte al silenzio di Morissot ["Morissot rispose: “Non conosco nessuna parola d’ordine"], l'ufficiale prussiano decise di passare a metodi più duri: diede loro un minuto per rivelargli la parola d’ordine, scaduto il quale li avrebbe fatti fucilare: “Vi lascio un minuto, disse l'ufficiale; non un secondo di più”. Trascorso il minuto, "Fuoco!", ordinò l’ufficiale prussiano. Ed entrambi caddero a terra mortalmente feriti.
Possiamo dire che Maupassant fu capace di esaltare in modo efficace le figure dei due vecchi amici, che, anche se letteralmente terrorizzati e tremanti, sacrificarono la loro vita avendo cura di non per compromettere la sicurezza del loro Paese rivelando la parola d’ordine. En passant, mi sembra che l’episodio ricordi molto “La Grande Guerra”, con Sordi e Gassman che, alla fine, preferiscono la fucilazione piuttosto che il tradimento. Al di là di ogni retorica, non c’è dubbio che queste due figure di vecchi suscitano ammirazione, anche perché non erano soldati, ma due semplici e pacifici cittadini. Un'analisi più approfondita richiede al contrario l'ufficiale prussiano, che, a nostro parere, racchiude in sé tutte le caratteristiche essenziali dell’ "uomo in guerra." Questo ufficiale rimarrà per sempre negli annali della storia come un classico esempio di come la guerra può trasformare gli uomini. Infatti, “l'uomo in guerra” diventa insensibile e “indifferente” di fronte morte, e, nel racconto, il simbolo di questa insensibilità e "indifferenza" è costituito dalla “pipa” del comandante. L'immagine dell'ufficiale prussiano, che tranquillamente fuma la pipa, come se fosse andato ad una battuta di caccia invece di aver comandato un plotone d'esecuzione, è l'ultima sequenza del racconto di Maupassant. L’ “indifferenza” rispetto a ciò che era accaduto un po’ prima è variamente sottolineata dalle parole e dall’atteggiamento dell'ufficiale prussiano: ''Wilhelm!' Un soldato arrivò svelto, e il comandante, mostrando al soldato i pesci dei due uomini fucilati, disse : 'Friggi questi pesci insieme, mentre sono ancora vivi; saranno un piatto gustoso.' Poi riprese la sua pipa". M. Hurcomb, diversi anni fa, sottolineò la "deformazione e la “robotizzazione dell'uomo in guerra”, che diventa un “animale illogico”, nonché un “essere mostruoso” (2). Sull'ultima scena del racconto, J. Lechte si soffermò in particolare sul concetto di “indifferenza”: “Il lettore rimane estremamente colpito dal forte contrasto tra il finale e gli eventi immediatamente precedenti. Il finale [...] costituisce la chiave per comprendere la forza emotiva del racconto, provocata dall’ insensibile ‘indifferenza’ dell'ufficiale prussiano” (3). Certo è che, se Moravia accettò di curare un’edizione dei racconti di Maupassant, fu “anche” perché, tutto sommato, egli sentiva lo scrittore francese molto “prossimo” alla sua visione del mondo e della vita.
Enzo Sardellaro
Note
1) Maupassant, Guy, “Boule de suif e altri racconti”. A cura di Alberto Moravia. Trad. Renato Fabietti, Milano, Ed. Cooperativa libro popolare, 1951.
2) M. Hurcombe, “Novelists in conflict. Ideology and the absurd in the French Combat Novel of the Great War”, New York, 2004, p. 60.
3) J. Lechte, “Fifty Key Contemporary Thinkers”: from Structuralism to Postmodernity”, 1994, p. 135.
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