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Ad occhi aperti

di Nadia Mozflower
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Pubblicato il 16/06/2011 14:53:24

Avevo finalmente deciso cosa fare. Avrei cercato il modo di eliminarla una volte e per tutte. Non c’era più niente che poteva farmi ritornare indietro, neanche i ricordi più belli. Dovevo agire in ogni caso. Dovevo farlo per me e per tutti coloro che non capivano il senso di ciò che mi legava a lei. Negli occhi dei miei amici scorgevo più di quanto riuscivano a dirmi e molto più di quanto volevano persuadermi. Il loro affetto col tempo aveva perso il colore e il calore di quelle memorabili giornate, quando la mia esistenza brillava costantemente di speranze.
Se non l’avessi fatto, non avrei più vissuto come prima. Lo sentivo fino alle viscere che ogni cosa sarebbe cambiata per sempre, se avessi scelto di togliermela di mezzo. L’amavo sì, come si ama qualcuno di cui non se ne può fare a meno. Però, il mio amore si confondeva con l’odio. Tutti e due i sentimenti si fondevano diventando una cosa sola. E pure ancora non hanno trovato la definizione per questo unico e impossibile sentimento così sublimato ed eccessivo. Forse non ci sarà mai una parola che conterrà queste due cose talmente cruciali e determinanti nell’animo di un essere umano.
Non sarebbe stato difficile trovare la maniera per annientarla per sempre. Come una malattia dovevo sconfiggerla e debellarla. Era il mio cancro. Sì, avevo un cancro all’anima.
Incontrai, colei che volevo che non esistesse più sulla faccia di questa terra, poco dopo l’adolescenza. Fu fatale e me ne innamorai subito. Mi colpì la sua radiosità, la sua forza, la sua bellezza imperfetta. Trovavo in lei quel che negli anni precedenti non avevo mai trovato nelle vite degli altri. Sembrava come se la conoscessi sin dall’infanzia. Era la visione di un sogno diventato realtà. Non avevo gelosia per lei. Per me poteva contagiare chiunque con la sua luce. Apparteneva a me e a tutti quelli che ne assaporavano solo con lo sguardo il suo succoso e nutriente nettare.
Può un amore così forte tramutarsi in qualcosa di negativo e sbagliato? Forse perché l’avevo persa già da tempo. Mi aveva tradito con le sue paure e i suoi timori. Sì, aveva tradito le mie aspettative e quello che avevo sperato per il futuro. Io e lei non potevamo separarci come è di consueto per altri. Il nostro destino era scritto fin dal principio, quando mi colpì con i suoi raggi di sole. Era tutto il mio mondo. Non poteva andarsene senza dirmelo, non ancora. Dovevo essere io a fermarla.

Avevo un lavoro che poteva assicurarmi una cifra ragguardevole per ingaggiare un sicario che avrebbe portato a termine quello che non avrei mai fatto io. Non potevo ucciderla con le mie mani, non ne ero capace. Sarebbe stato un atto vigliacco e, allo stesso tempo, coraggioso. Nessuno poteva immaginarsi che l’avrei fatto io come un disperato qualunque. Non volevo la pietà di nessuno.
In fondo l’amavo ancora, forse era quello che mi tormentava di più. Non l’avrei mai più rivista. Ma vederla ancora significava soffrire e patire di un amore ormai giunto all’estrema unzione. Potevo rischiare di bruciare in questo inferno fino agli ultimi giorni che mi restavano? No, dovevo farlo per me e per lei. Dopo aver pensato fino a scoppiare di pensieri senza senso, avevo trovato la conferma a quel che stavo per fare. Non avevo mai pensato mai così lucidamente. Era quello che più sentivo.

Trascorse un pò di tempo e arrivò il fatidico giorno. L’uomo che ingaggiai era di poche parole e mi disse soltanto che era insolita questa mia commissione. Io dentro di me mi chiedevo che differenza c’era dagli omicidi che aveva compiuto prima. Doveva semplicemente premere il grilletto e sparare ad una persona qualunque.

Gli attimi eterni passavano e raggelavano tutto il mio corpo. Aveva sparato bene il colpo. Aveva colpito dritto dritto al cuore. Lei, la mia vita mi stava abbandonando una volta e per sempre.
Finalmente i giorni precedenti si sarebbero cancellati e anche quelli futuri. Ogni mio pensiero non sarebbe più tornato. Ogni cosa non si sarebbe più ripetuta.
Non avrei più rivisto questo mondo che tanto avevo amato. Ma ancora il mio amore per lei mi accecava come un innamorato possessivo e furibondo. Non mi accorsi nonostante tutto che l’amore riusciva a pulsare più del mio corpo in fin di vita. Ad occhi aperti vedevo il suo volto chiaramente e sentivo che l’avrei incontrata di nuovo. Magari in un posto dove l’avrei amata realmente.

6 aprile 2005

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