Nel momento in cui la poesia si interroga sulla sua destinalità di superficie e pertanto della sua pragmatica, intesa alla sua paventata crisi editoriale, ma anche più in profondità in relazione al suo disagio onto-assiologico - nella fattispecie siamo pervasi da una movimentazione nel mondo poetico a far sì che il canone si stringa sempre più attorno a stilemi, linguaggi e quant’altro, che viaggiano nel contesto di un minimalismo sempre più auspicato, a prevalenza empirico-sensistica, - la poesia di Domenico Pisana va in qualche modo controcorrente aspirando alla concretezza del valore della spiritualità.
Per il fatto che, a partire da una poliedricità di fondo nutrita di studi filosofici e teologico-morali, oltre che letterari, il poeta siciliano, molto attivo anche in campo letterario sia nella sua Modica sia nella rete e sui social, nonché docente di religione nei licei, coagula nel suo dettato una tradizione, che affonda le radici in una poetica caratterizzata da un afflato antropologico, che si interroga filosoficamente e che cerca di dare una svolta all’attuale impasse a rischio di nichilismo con una ricerca di senso, che si staglia in un orizzonte tipico della tradizione culturale ebraico-cristiana.
Difatti Tra naufragio e speranza ha una sorta di afflato poetico, o per meglio dire poematico, che ripristina con forza e con determinazione il linguaggio della Bibbia, da una parte simbolico, proprio dell’Antico Testamento, e d’altra parte a mo’ di parabola, propria del Vangelo, per quanto dalla lettura del poema si abbia l’impressione di una poematicità molto più aderente al primo, dacché si sente una stretta vicinanza ai Salmi come al Cantico dei cantici e come ad altri libri veterotestamentari. Ma vi è di più, dal momento che la poesia di Pisana attinge a piene mani a una tradizione filosofica, che parte da lontano dalla cultura classica per passare, - attraverso Nietzsche e Heidegger, ma non disdegnando anche Bloch, Adorno, Horkheimer e altri, - a coagularsi intorno alla tradizione esistenzialista e personalista a partire da Kierkegaard. E proprio a quest’ultimo si rifà Pisana. La malattia mortale della disperazione che ha portato al naufragio nel mare procelloso della Ragione, che ha imbastardito sia il senso sia il significato attraverso falsi valori propinati da un illuminismo assolutizzato, potrà essere ed è sanata soltanto con la speranza che unicamente apporta senso tramite l’amore e redime dall’insignificanza del nulla che porta al naufragio dell’uomo tramite la speranza.
La ricerca di senso è quindi anche un tacito rifiuto dell’hegelismo e della Ragione illuminista, con la ripresa, mutatis mutandis, delle tematiche leopardiane de La Ginestra.
Mentre Leopardi chiama col suo pensiero poetante alla comunione di tutti gli esseri umani ad affrontare la natura matrigna, Pisana chiama le singole persone a redimersi e a salvarsi dal naufragio nichilista del non-senso dell’attuale civiltà attraverso le virtù dell’amore e della speranza.
E il dolore e l’angoscia, che pure ci sono, si combattono con la fede e col ritorno al coraggio di credere, come implica la speranza di potersi affrancare dallo spaesamento del nulla per potersi librare e liberare nel mistero dell’essere.
E i poeti, a cui appartiene Pisana, per dirla con Montale, sono quella “rara sottospecie di uomini che tengono gli occhi aperti” e sono “nocchieri per i naufraghi del nostro tempo” per approdare dalla notte attraverso l’aurora al porto fidato di una speranza se non altro sognata di una Luce destinata a prevalere sul buio.