È nata nel 1942 a Firenze, dove vive e lavora. Collabora a giornali e riviste, partecipando al dibattito sui rapporti tra cultura e società, dalla fine degli anni sessanta. Nel 1973 ha fondato e diretto il quadrimestrale di poesia Salvo imprevisti che dal 1993 ha preso il nome di L’area di Broca. Suoi testi sono tradotti in varie lingue. Per Mariella Bettarini, la poesia, ma anche la saggistica, come la narrativa e gli interventi di carattere civile, sociale e politico, costituiscono un impegno morale inderogabile, nel solco della lezione gramsciana prima e pasoliniana poi dell’ “intellettuale organico”.
Dal sito personale
www.mariellabettarini.it riportiamo ciò che di sé stessa racconta:
Vivo e lavoro a Firenze (dove fino al ’92 ho insegnato nelle scuole elementari), città dove sono nata il 31 gennaio 1942. Dopo una parentesi torinese negli anni dell’infanzia e un doloroso soggiorno di tredici anni a Roma, e dopo corroboranti esperienze nella mia città natale (la città di La Pira e di don Milani, di padre Balducci e dell’Isolotto: le mie radici), nel 1973, in un postsessantotto colmo di disperate speranze, con alcuni amici scrittori diedi vita a “Salvo imprevisti”, quadrimestrale autogestito e autofinanziato sempre, e che ha sempre pubblicato fascicoli monografici dedicati a temi come “Cultura e meridione”, “Donne e cultura”, “Dopo il sessantotto”, Pasolini, “Poesia e inconscio”, “I bambini/la poesia”, “Poesia e teatro”, “Poesia e follia”, “Del tradurre”, ecc: Ho, infatti, sempre sentito strettissimamente connessa la mia ricerca etico-estetica con il rovello, la ricerca, l’esperienza etico-culturale di altre persone (prima che poeti/scrittori), in una comunitaria, non competitiva passione insieme letteraria e sociale.
Dal 1992 “Salvo imprevisti” si chiama “L’area di Broca”, semestrale che privilegia temi scientifico/conoscitivi, oltre che letterari. Intanto, dal 1961 scrivevo molto, soprattutto poesia (ma anche prosa creativa e critica: recensioni prefazioni, brevi saggi), leggevo moltissimo, traducevo la Weil, partecipavo attivamente, su fogli e riviste, al dibattito in corso sui sempre difficili rapporti tra letteratura e società. Da allora ad oggi ho pubblicato ventisei titoli di poesia, sette tra libri e plaquettes di narrativa,due di saggistica (sulla condizione della donna e la sessualità nel 1978 e nell’80 una serie di interviste a 33 poeti di varie generazioni); ho partecipato a dibattiti, letture pubbliche, convegni, ecc. Poiché credo nella cooperazione culturale (e amo profondamente la scrittura degli altri), sono sempre stata contraria ai premi letterari.
Così, dal 1984, in questa linea di intensa partecipazione e collaborazione, assieme a Gabriella Maleti (che ne è stata l’ideatrice) curo la piccola Editrice Gazebo, che ha collane di scrittura creativa e critica. Nel 1996, con i genitori di Alice Sturiale, ho curato Il libro di Alice (ripubblicato da Rizzoli nel 1997). Oggi continuo a lavorare molto, ad amare la parola: scritta, letta, orale, creativa, saggistica, epistolare. La parola/segno. La parola/bi-sogno. La parola/intenzione di dialogo, affinità, amore.
Così come amo da sempre l’archeologia, l’arte, la botanica, l’astronomia, la fotografia, il cinema e la matrice poliedrica di tutto questo: la misteriosa/”naturale” natura: dall’infinitamente grande e lontano, interstellare, invisibile, all’infinitamente piccolo e prossimo (anch’esso talora invisibile). Parola che si fa carne. Carne (minerale, vegetale, animale) che si fa parola. Misteriosamente. A specchio.