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Biografia di Salvatore Solinas

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Noi parliamo perchè le cose ci parlano. M. Dufrenne

Sono nato il 17 Febbraio, all’una di notte di un lunedì. Così cominciai la settimana. I miei genitori furono contenti: un maschio dopo tre femmine. Ero di carattere timido e ombroso, balbuziente e mancino. Mancino sono rimasto almeno in quei gesti che compivo in assenza dei genitori, come lanciare le pietre che era il mezzo di difesa preferito, essendo io piccolo ed esile di costituzione.
A 12 anni cominciai a scrivere versi imitando i poeti che trovavo negli armadi zeppi di libri di mio padre: Cardarelli, Saba, Pascoli…credo che volessi capire a cosa serviva scrivere poesie. Al liceo leggevo i simbolisti francesi. Amai Garcia Lorca e Majakovskij. Le due poesiole che intitolano la raccolta “Morte di un poeta” sono ispirate alla loro tragica fine. Dopo il liceo Classico mi sarei iscritto all’università in una facoltà umanistica, se i voti dei miei compiti in classe d’Italiano non fossero stati quasi sempre abbondantemente sotto lo zero a causa di una completa sordità alle doppie. Mi iscrissi dunque a Medicina seguendo una certa consuetudine familiare. Vivo a Parma dove “tengo famiglia” e faccio il medico di professione. Alla Medicina per parecchi anni ho dedicato ogni mio interesse, fino a quando non lessi nel "Corriere della sera" un articoletto che raccontava di una navicella spaziale inviata a fotografare la cometa di Halley. Non so come, m’immedesimai in quel piccolo robot al punto che nelle notti di guardia in ospedale scrissi un poema in endecassilabi sciolti, l’unica mia pubblicazione cartacea. Un amico psichiatra mi disse che bisognava essere matti a leggere Giotto. Questo è il nome della navicella spaziale ed il titolo del poema. Ripresi così a scrivere in versi e in prosa. Le mie pubblicazioni sono tutte sulla Recherche che reputo una istituzione benefica. Mi considero un barbone letterario, un madonnaro, di quelli che dipingono sui marciapiedi immagini sacre, offerte agli occhi distratti dei passanti, presto cancellate dalla pioggia.
 

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7 :: Luciano Rossi - 10/05/2021 22:22:00
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Caro Salvatore,
appena entrato in questo ambiente, giusto oggi pomeriggio, ho deciso di guardarmi attorno per vedere come si fa una biografia. Lunga, corta, parlare di questo o di quello? La prima che leggo è la tua. Con sorpresa scopro che sei di Parma come me. Bene, ti seguirò con piacere. Intanto mi complimento per il tuo percorso di vita e la tua nobile professione.
Un caro saluto.
Luciano Rossi

6 :: Arcangelo Galante - 27/12/2017 13:53:00
[ leggi altri commenti di Arcangelo Galante » ]

Gentile Salvatore, un mero piacere, resta la tua presenza, in questo bel sito de La Recherche. Lieto soggiorno e buona navigazione letteraria. Entusiasmanti auguri di buone feste!

5 :: Narda Fattori - 23/07/2013 09:35:00
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E’ una poesia struggente sui sogni e sulle illusioni infantili: tutto sembra essere a portata di mano, si può aspettare, rispettare quel momento perfetto. Poi ci si accorge che si è atteso per troppo tempo, che sono svanite le illusioni. Solo il ricordo resta, mesto come un rimpianto.
E’ una poesia molto narrata, qua e là si affaccia un’immagine lirica; il linguaggio è quotidiano per fare della poesia una condivisione.

4 :: Laura Niolu - 10/09/2012 13:47:00
[ leggi altri commenti di Laura Niolu » ]

Che bella biografia, credo proprio che devo riscrivere la mia
che in confronto alla tua impallidisce! Complimenti Salvatore! Un bacio dalla tua collega algherese.

3 :: Marisa Solinas - 26/08/2011 14:04:00
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Bravo, fratellone mio, bravo, bravo!

2 :: Lorenza Giordana Tanzi - 27/01/2011 18:59:00
[ leggi altri commenti di Lorenza Giordana Tanzi » ]

Carissimo Salvatore, ho letto tutte le tue poesie e mi hanno particolarmente estasiata, ma soprattutto mi hanno fatto percepire sensazioni e immagini di una elevata sensibilità degna di un’artista. Grazie per le belle parole sulla mia poesia, mi hai fatto sentire leggera proprio come un battito d’ali...

1 :: Loredana Savelli - 26/01/2011 16:58:00
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Veramente pregnante il pensiero riportato come biglietto da visita. L’idea che il linguaggio poetico sia un’apertura incondizionata all’altro, alla natura, alle cose e successivamente un dialogo con essi è non solo suggestiva ma addirittura rivoluzionaria. Complimenti Salvatore.