Sono nata nel 1972 a Monteroni, in provincia di Lecce. A 16 anni ho scoperto Proust, che è stato ed è un riferimento costante nella mia vita. Mi sono laureata nel 2002 in Lettere con una tesi sui Riflessi del pensiero di Leibniz nella Recherche. Ho fatto il Dottorato in Letterature Comparate a Siena, incominciando in quel periodo anche a penetrare nel mondo di Maurice Maeterlinck, filosofo "dilettante" e "popolare" che a mio parere vale molto più di tanti "professionisti"... Il suo discorso consolatorio sulla fatalità e il destino, sulla ragione, sul mondo animale e vegetale, mi accompagna tuttora nella redazione di un libro sui rapporti fra Proust e Maeterlinck. Dal 2010 svolgo un post-dottorato all'Università di Bologna, e in questa veste mi occupo anche dell'aggiornamento dei testi del Centro Studi sulla Letteratura Belga di Lingua Francese, di cui consiglio a tutti il sito.
La mia vita è stata anche, e molto dolorosamente segnata dalla malattia: nel 2009 sono stata operata per un tumore, dal quale sono fortunatamente guarita, e dal 2004 è costante il confronto con la depressione, che si è naturalmente accentuata dopo il 2009. Se decido di rendere pubbliche cose tanto private, dolorose e sconcertanti come le malattie è soprattutto perché hanno interferito non poco sul mio lavoro. Solo adesso, nel 2014, dopo cinque anni dall'operazione che mi cambiò la vita, riesco a dare un senso alla malattia che ha inaugurato una nuova tappa nella mia esistenza. Questo desiderio di dare un nome alla perdita (fortunatamente nel mio caso riparabile), mi accompagna e ispira il mio attuale progetto di lavoro: sulle rappresentazioni proustiane della Grande Guerra. Per me la malattia ha significato il senso del limite: lo scoprire di non poter più fare certe cose, ad esempio (non posso cercare un lavoro all'estero, perché ho bisogno di farmaci e continui controlli) ha significato una perdita ma anche la conquista di nuovi spazi interiori, il desiderio di dedicarsi alla letteratura e alla filosofia anche fuori da spazi istituzionali, dove le possibilità di lavoro si sono sempre più dolorosamente ristrette secondo logiche di "crisi".