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Poesia della settimana

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La carne degli angeli

di Katia Colica

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La vigilia 

Al centro del tavolo c’è un piatto d’argento 
una bottiglia di grappa, un orecchino di perle.
Il mio sposo, se lo sarà, ha steso anche un fiore
accanto al mazzo di soldi appoggiato dal padre.

Del sangue di vergine, se ancora ne avessi,
lo onorerebbe, ma è scivolato in silenzio:
l'ho perduto bambina dentro una favola buia
l'ho perduto di sera come un ciglio tra il fieno. 

Forse, la prima notte nuziale, non mi caccerà 
perché sono bella; forse - pensa amore - 
lo sarò per sempre, senza i nastri ai capelli
o il blu delle more sulle labbra spaccate.

E dal giorno dopo, ferma al semaforo,
mendicherò dai gagè indulgenza e monete
da affidare alla scatola di scarpe da sposa
una per volta, per non sbagliare a contare.

Poi sciacquerò dal viso la fuliggine dei gas 
pizzicherò le guance, scioglierò questa treccia 
e mentre lascerò che il vento mi pettini
tornerò al campo sosta dentro un gioco di lampi.

Allora le nuvole benediranno i miei passi 
con una pioggia stentata, come le sue carezze:
metà battesimo, metà penitenza
in un sacramento inventato per me.


*


Canto del bambino in guerra (o del cielo sconfitto)

La fiaba dei bambini perduti nel bosco è passata dalla mia capanna:
l’orco era un ribelle in divisa, la selva era la mia tribù in fiamme.
Mi hanno scelto e li ho seguiti dimostrando di non saper scappare;
esiste un istinto per tornare, ma dipende dove.

Non so dire i numeri, né i miei anni, né se sono mai sopravvissuto
se sono morto mille volte o se aspetto di guardarmi inghiottire
dentro lo specchio di altri due occhi gonfi di latte e polvere da sparo.

Dicono che io sia un bambino, ma sto nell’angolo più buio del mondo:
forse nemmeno Dio saprebbe trovarmi senza almeno ubriacarsi.
Ora hanno paura di me, sono scolpito nel marmo freddo come le statue
il dolore si confonde con l’anfetamina, l’unico chiarore è il bianco dei miei denti
ma, al posto dell’acqua del rubinetto, le lacrime mi lavano la faccia.

Ho mutilato mani, braccia, giorni, ricordi da non ricucire 
il battito del vostro cuore mi è rimbalzato sui proiettili 
suonando la musica sacra degli angeli monchi.

Di notte dormo coi topi che mi cullano con le nenie delle madri perdute 
i morti mi vengono a trovare negli incubi, in fila, come scarafaggi
e io li copro sotto la mia coperta di iuta e crine di capra;
e io li vesto con la mia dolcezza di soldatino stanco.

Qualcuno racconta che esiste un posto dove i bambini hanno sogni veri
e pistole di plastica, e cani al guinzaglio che ti seguono
senza chiedere null’altro che carezze soffiate, o un fischio al posto del nome.

Allora io, ogni tanto, mi fingo di crederci; e trattengo il fiato. 
Ma lo sa bene pure il cielo caliginoso, in questa boscaglia,
che anch’esso ha perduto la sua guerra di colori contro di me. 


*


Baracca 11 (o Canto di Sergio De Simone)

Oggi mia madre mi aspetta, e io saprò esserci. 
Non avrò paura di cercarla dietro il filo spinato
in mezzo alle pozzanghere di fango e piscio
tra le ossa parlanti al campo di lavoro
e non le preferirò questa baracca stantia
o lo spavento di muovermi, la paralisi,
l'incredulità bambina che ci immobilizza. 
Sarò quello che, invece, indosserà il cappotto di crine
e scarpe senza lacci ai piedi; le calze, invece,
quelle no, quelle le ho perdute sul treno assieme a Dio.
E quando la vedrò metterò le mani in tasca
coprendo il mio tatuaggio per non farle altro male. 
Appena la vedrò - da lontano - mi toccherò il cuore
ché le punte di questa stella sul petto buchino solo me.
E, infine, le dirò di questo istante eterno, infinito,
in cui ho fatto un passo avanti per averla.
Ho fatto un passo avanti per riaverla.

 

 

Poesie seconde classificate alla seconda edizione (2016) del Premio Letterario Nazionale indetto da LaRecherche.it: Il Giardino di Babuk - Proust en Italie

www.larecherche.it/premio.asp ]

 


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