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O lasciate lasciate che io sia
una cosa di nessuno
per queste vecchie strade
in cui la sera affonda -

O lasciate lasciate ch'io mi perda
ombra nell'ombra -
gli occhi
due coppe alzate
verso l'ultima luce -

E non chiedetemi - non chiedetemi
quello che voglio
e quello che sono
se per me nella folla è il vuoto
e nel vuoto l'arcana folla
dei miei fantasmi -
e non cercate - non cercate
quello ch'io cerco
se l'estremo pallore del cielo
m'illumina la porta di una chiesa
e mi sospinge a entrare -
Non domandatemi se prego
e chi prego
e perché prego -

Io entro soltanto
per avere un po' di tregua
e una panca e il silenzio
in cui parlino le cose sorelle -
Poi ch'io sono una cosa -
una cosa di nessuno
che va per le vecchie vie del suo mondo -
gli occhi
due coppe alzate
verso l'ultima luce -

Milano, 18 ottobre 1930

 cosimina - 13/12/2010 10:11:00 [ leggi altri commenti di cosimina » ]

Si davvero bella questa poesia. La dolcezza delle parole che cercano l’amore ma anche cercano la solitudine intesa come modo per ritrovarsi.
Il non voler essere studiata o analizzata ma solo compresa...

...m’illumina la porta di una chiesa
e mi sospinge a entrare -
Non domandatemi se prego
e chi prego
e perché prego -

Io entro soltanto
per avere un po’ di tregua
e una panca e il silenzio...

 Loredana Savelli - 13/12/2010 08:25:00 [ leggi altri commenti di Loredana Savelli » ]

Bellissima davvero.

 Franca Alaimo - 12/12/2010 22:45:00 [ leggi altri commenti di Franca Alaimo » ]

Leggere una poesia di Antonia Pozzi ricorda sempre il triste destino che segnò la sua esistenza. Sempre c’è nelle sue poesie una voglia di perdersi altrove, di confondersi, di morire. Esagerata fame di vita che per eccesso si ripiega su stessa non trovando il luogo, lo stare, l’amore. Poesia delicata e tremante. Bella come tutte le altre che ho letto proprio l’estate scorsa. Un grazie a Cosimina che ha proposto questo testo di Antonia.

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