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al testo proposto da Franco Bonvini
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Uno, in piedi, conta gli spiccioli sul palmo l'altro mette il portafoglio nero nella tasca di dietro dei pantaloni da lavoro.
Una sarchia la terra magra di un orto in salita la vestaglia a fiori tenui la sottoveste che si vede quando si piega.
Uno impugna la motosega e sa di segatura e stelle.
Uno rompe l'aria con il suo grido perché un tronco gli ha schiacciato il braccio ha fatto crack come un grosso ramo quando si è spezzato e io c'ero, ero piccolino.
Uno cade dalla bicicletta legata e quando si alza ha la manica della giacca strappata e prova a rincorrerci.
Uno manda via i bambini e le cornacchie con il fucile caricato a sale.
Uno pieno di muscoli e macchie sulla canottiera Isolina portami un caffé, dice.
Uno bussa la mattina di Natale con una scatola di scarpe sottobraccio aprite, aprite. È arrivato lo zio, è arrivato zitto zitto dalla Francia, dice, schiamazzando.
Una esce di casa coprendosi un occhio con il palmo mentre con l'occhio scoperto piange.
Una ride e ha una grande finestra sui denti davanti anche l'altra ride, ma non ha né finestre né denti davanti.
Una scrive su un involto da salumiere sono stufa di stare nel mondo di qua, vado in quello di là.
Uno prepara un cartello da mettere sulla sua catasta nel bosco non toccarli fatica a farli, c'è scritto in vernice rossa.
Uno prepara una saponetta al tritolo da mettere sotto la catasta e il cartello di prima ma io non l'ho visto.
Una dà un calcio a un gatto e perde la pantofola nel farlo.
Una perde la testa quando viene la sera dopo una bottiglia di Vov.
Una ha la gobba grande e trova sempre le monete per strada.
Uno è stato trovato una notte freddissima d'inverno le scarpe nella neve i disegni della neve sul suo petto.
Uno dice qui la notte viene con le montagne all'improvviso ma d'inverno è bello quando si confondono l'alto con il basso, il bianco con il blu.
Uno con parole proprie mette su lì per lì uno sciopero destinato alla disfatta voi dicete sempre di livorare ma non dicete mai di venir a tirar paga ingegnere, ha detto. Ed è già il ricordo di un ricordare.
Uno legge Topolino gli piacciono i film di Tarzan e Stanlio e Ollio e si è fatto in casa una canoa troppo grande che non passa per la porta.
Uno l'ho ricordato adesso adesso in questo fioco di luce premuta dal buio ma non ricordo che faccia abbia.
Uno mi dice a questo punto bisogna mettere la parola amen perché questa sarebbe una preghiera, come l'hai fatta tu.
E io dico che mi piace la parola amen perché sa di preghiera e di pioggia dentro la terra e di pietà dentro il silenzio ma io non la metterei la parola amen perché non ho nessuna pietà di voi perché ho soltanto i miei occhi nei vostri e l'allegria dei vinti e una tristezza grande. da "mandate a dire all' imperatore"
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