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al testo di Paolo Mazzocchini
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In questa stiva ombrosa, allagata di sola luce artificiale il comandante raccatta le sparse esche di una esoterica mensa, carezza con prudenza la barra del timone della nave che attracca piano al molo del tempo usato. In quello lento e astratto della navigazione si è faticato intanto a trattenere il fiato, ad osservare terre dal largo, noi stessi da lontano, a dirimere il monte dal piano, dal cielo il mare, le luci delle case dagli occhi delle stelle. Poco e non poco. Adesso però un selvatico tramestio di piedi, oltre gli oblò, precipita esultando per la magica scaletta sul pontile. La scuola è finita. Sull’arenile spensierato evade finalmente la vita, il presente, l’ubriaca giovinezza dell’estate.
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