Pubblicato il 28/10/2013 21:45:26
Quest'oggi incontriamo Maurizio Gemelli, Segretario Territoriale FIBA/CISL di Milano Metropoli e Responsabile FIBA/CISL nel Gruppo Deutsche Bank. Con lui vogliamo approfondire le ragioni del prossimo sciopero nazionale dei bancari, indetto da tutte le Organizzazioni Sindacali per il prossimo 31 ottobre 2013.
D.: Maurizio, dopo anni di pax sindacale tra banchieri e bancari, il prossimo 31 ottobre è stato indetto da tutte le sigle sindacali dei bancari uno sciopero generale. Ci puoi brevemente spiegare i motivi della rottura di questa pax e le ragioni dello sciopero? R.: Le ragioni dello sciopero generale sono da ricercare tutte nella decisione di ABI di disdettare il Contratto Nazionale di categoria (addirittura dieci mesi prima della sua scadenza) e, ancor più grave, di non riconoscere più l’ultrattività del vigente Contratto fino al suo rinnovo. In pratica, se passasse l’impostazione di ABI, la categoria al 1 luglio 2014 rischierebbe di trovarsi senza il suo Contratto Collettivo. Prendendo spunto dalla tua definizione di “pax”, possiamo dire che ABI ha deciso di buttare all’aria un periodo di concertazione durato quasi un quindicennio.
D.: Ancora oggi è opinione abbastanza corrente che la categoria dei bancari goda di privilegi "esagerati" e "non totalmente meritati" rispetto alla situazione attuale del mercato del lavoro. La stessa ABI lamenta negli incontri con le sigle sindacali che il personale delle banche è poco incline al cambiamento, culturalmente inadeguato ad affrontare le sfide del futuro perché troppo anziano. Che opinione ha il sindacato in merito? R.: Evidentemente la nostra opinione è diametralmente opposta. E non certo per spirito di parte ma per una evidente somma di considerazioni. Con le riorganizzazioni dell’ultimo quindicennio la categoria si è profondamente rinnovata con l’ingresso di colleghi giovani, decisamente aperti alle novità e pronti a mettersi in gioco. E posso senz’altro confermare che questa capacità di essere pronti al cambiamento e al nuovo modo di fare banca è comune anche ai colleghi meno giovani che hanno dimostrato e dimostrano tutti i giorni di sapersi confrontare con i cambiamenti. Semmai il problema anagrafico mi pare sussista nei vertici delle Banche che contano esponenti non certo giovani…anzi. Quanto al fatto che i bancari siano una categoria di privilegiati, beh…evidentemente si tratta di una convinzione basata su una analisi vecchia almeno venti anni. Dal 1991 la nostra categoria è soggetta all’applicazione della Legge sui licenziamenti collettivi che fanno apparire decisamente “giurassici” i tempi del cosiddetto “posto in banca sicuro come in cassaforte”. E anche le cifre che appaiono sui media sulle retribuzioni medie del settore appaiono quantomeno “omissive” sul fatto che le somme che si leggono includono le retribuzioni degli altri Dirigenti che, come noto, percepiscono emolumenti stratosferici.
D.: Nonostante la notizia della disdetta del contratto di categoria da parte dell'ABI sia stata data da tutti gli organi di informazione, si ha l'impressione che pochi abbiano ancora colto come la soluzione di questa vertenza avrà ripercussioni vitali sul futuro che la nostra economia, la nostra crescita del PIL potrà avere o non avere nei prossimi mesi. Perchè è importante comprendere che dalla soluzione che daremo a questa questione, dipenderà in parte il benessere futuro dei lavoratori italiani, delle famiglie italiane? R.: Sono d’accordo su quanto dici in merito al fatto che non si colga a sufficienza l’impatto di questa situazione. Mi pare che non venga adeguatamente messo in rilievo (parlo dei media) il pesante impatto che le scelte delle Banche e, in questo caso, di ABI scaricano sul Paese. Basti guardare quanto incidono sulla nostra economia i mancati aiuti agli investimenti produttivi e alle aziende da parte del sistema creditizio che, anche dopo l’inizio della crisi, continua a percorrere un modello che privilegia l’aspetto squisitamente finanziario (e a volte speculativo) a discapito di un modello “retail” che, soprattutto in Italia, rappresenta la base per qualsiasi ipotesi di sviluppo.
D.: In questi anni di crisi economica le banche sono state messe sotto accusa da più parti. Alcuni pensano che sia stato troppo oneroso per la collettività salvare le banche in crisi e che si doveva lasciar fare al mercato. Altri invece ritengono che il sistema economico non avrebbe retto al fallimento delle banche e che queste andavano salvate ad ogni costo. Come giudica il sindacato quello che è stato fatto in questi anni rispetto al salvataggio delle banche e come si immagina la banca tra dieci / quindici anni? R.: L’intervento pubblico per il salvataggio delle banche (intervento registrato pressoché in tutto il mondo) credo sia stato certamente oneroso ma in un certo senso inevitabile. La profonda connessione che lega il sistema creditizio al tessuto produttivo è innegabile e pertanto sarebbe stato disastroso “girare la faccia dall’altra parte”. Detto questo, come Sindacato siamo profondamente contrari ad aiuti che rischiano di perpetuare un modo di fare banca che non sostiene il Paese e il suo sviluppo. Per questo noi sosteniamo un progetto che rimetta al centro il ruolo propulsivo delle Banche come elemento di sviluppo economico del Paese e del territorio. Noi immaginiamo un modello di Banca che coniughi l’attenzione all’innovazione e alle tecnologie “on line” con un confermato radicamento sul territorio a sostegno dell’economia e dello sviluppo. Non si può immaginare una banca che non faccia quello che è per definizione il “suo mestiere” e cioè raccogliere risparmio ed erogare credito.
D.: Un'ultima battuta finale sulla disdetta del contratto da parte dell'ABI: in epoca di larghe intese (politiche - Governo Letta insegna) come giudichi questa linea di rottura portata avanti dai banchieri che interrompe una lunga serie di anni dove la concertazione sindacato - ABI aveva prodotto concreti risultati per esempio nella gestione degli esuberi senza gravare sulla collettività (leggi cassa integrazione)? R.: Come dicevo prima, ABI ha scelto di gettare alle ortiche una esperienza di confronto, anche duro, ma sempre ispirato alla ricerca di soluzioni condivise. E questo vale ancora di più dal punto di vista delle garanzie occupazionali e della gestione degli eventuali esuberi. Il nostro Fondo di Solidarietà è stato in questo senso “centrale” nel governo delle tensioni occupazionali.
D.: Sei fiducioso per il futuro? R.: Non posso non esserlo. Anche in questo momento di crisi e di difficoltà non vedo altra soluzione se non quella di andare tutti nella stessa direzione per uscire da questa situazione tutti rafforzati. Le banche devono riprendere a crescere e a fare credito, il Paese deve finalmente imboccare la strada della ripresa e i lavoratori devono essere parte centrale di questo progetto. Il Sindacato ci crede e la sfida che avanziamo alle banche è di crederci insieme, senza strappi o scelte di contrapposizione. Lo sciopero del 31 sta a significare proprio questo: la risposta conflittuale a chi questo conflitto lo vuole (Abi). Ma dopo il 31 ci aspettiamo che le banche cambino registro!
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