Pubblicato il 21/04/2013 14:05:27
A circa due mesi dalle elezioni politiche, i segnali di cambiamento politico – istituzionale richiesti dal popolo italiano con l’esito delle votazioni sono sotto gli occhi di tutti . Non abbiamo ancora un nuovo Governo che incominci ad affrontare la grave situazione economica e sociale che stiamo attraversando, ma in compenso abbiamo un nuovo Presidente della Repubblica: Giorgio Napolitano, chiamato per la prima volta nella storia repubblicana a rimanere sul Colle per (teoricamente) quattordici anni. Quando scadrà il suo secondo mandato, il Presidente compirà novantaquattro anni. Se ben ricordo, neanche i Segretari del Plenum del Soviet Supremo dell’ormai misconosciuta Unione Sovietica restarono in carica sino a questa età.
Intendiamoci, tanto di cappello al Presidente Napolitano.
La sua elezione è stata perfettamente legittima, costituzionalmente ineccepibile e chi grida al golpe anche questa volta ha perso un’occasione per pensare prima di parlare.
Il problema è politico e riguarda tutte le forze presenti in Parlamento.
Per i Democratici l’elezione di Napolitano certifica in diretta TV la divisione ormai insanabile tra le componenti che hanno creato il PD. Bersani ha le sue colpe (e infatti si è dimesso) ma tutti i capi bastone che hanno agito nell’ombra (dall’Italia, dall’Africa o dalla Cina) portano seco la medesima responsabilità che dice una cosa sola nei fatti: i problemi degli italiani vengono dopo l’egemonia del proprio gruppo all’interno del partito. Vedremo al prossimo congresso se la base ridarà la fiducia a questi Lazzaro oppure deciderà di voltare pagina definitivamente.
Il M5S in questi due mesi non ha ottenuto nulla rispetto a ciò cui poteva aspirare in base ai voti ricevuti dagli elettori. Grillo è un grande uomo di spettacolo e infatti in tutte le piazze dove ha portato il suo tour ha fatto il pieno, ma, come politico, di strada deve ancora compierne parecchia. Quando una forza politica siede in parlamento, per ottenere un risultato favorevole alla propria parte deve per forza cercare un accordo con le parti politiche più vicine alla propria, altrimenti i casi sono due: o non si ottiene nulla (e allora non si capisce perché si è deciso di sedere in parlamento) oppure non siamo in democrazia.
Berlusconi e il PDL in apparenza sono quelli che hanno ottenuto una vittoria in questa fase, avendo da sempre optato per una scelta di grandi intese, di santa alleanza per il bene del Paese con la creazione di un governo trasversale politico al posto di quello tecnico guidato da Monti. Ma ora che questa soluzione si avvicina con l’elezione di Napolitano, Berlusconi sa benissimo che se si andasse subito a votare il PDL molto probabilmente avrebbe la maggioranza nel Paese (anche per l’auto distruzione del PD) e la tentazione di sfilarsi da questo governo di larghe intese è fortissima. Vedremo nei prossimi giorni quale strada il PDL deciderà di percorrere.
Scelta Civica con il professor Monti si appresta a vivere un ritorno di fiamma insperato. Un governo di larghe intese vedrebbe sicuramente i moschettieri del Presidente in prima fila e magari il senatore Mario Monti (ora politico a pieno titolo in quanto a capo di un partito democraticamente eletto) potrebbe essere chiamato a far parte di un governo politico di unità nazionale, cosa impossibile sino a ieri.
E gli italiani? A noi popolo italiano non ci rimane altro, a questo punto, che rivolgerci al nostro Presidente democraticamente eletto dai parlamentari e chiedergli una sola cosa: imponga, Signor Presidente a questi pseudo leader politici di mettersi subito d’accordo per costituire un Governo. Affronti, questo Governo, subito senza indugi la situazione economica e dica alle istituzioni europee competenti che la gestione della crisi come fatta sino ad ora non va bene perché soffoca la crescita. Dia, questo Governo, agli italiani una nuova legge elettorale permettendo all’elettore la scelta del proprio rappresentante in parlamento.
E dopo, Signor Presidente, verificato che questi due compiti siano stati eseguiti, sciolga le Camere e ci rimandi a votare.
Grazie Signor Presidente.
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