Pubblicato il 19/06/2017 12:15:22
Antigone e sua madre Giocasta. sono personaggi della tragedia greca. Antigone era figlia dell'inconsapevole rapporto incestuoso tra Edipo, re di Tebe e Giocasta, sua madre. La storia di Antigone inizia quando Edipo va in esilio. Infatti quando Edipo si rese conto del misfatto che aveva compiuto e cioè di avere ucciso il padre e avere sposato la madre Giocasta, si accecò e, scacciato da Tebe, peregrinò per tutta l'Attica accompagnato dalle figlie Antigone e Ismene. Quando giunse presso il bosco sacro alle Eumenidi, nel quale era vietato l'ingresso ai profani, egli decise di entrarvi e perciò le Eumenidi stesse, irate, fecero strazio del suo corpo. Antigone, diventata nel frattempo una fortissima ed indomabile guerriera, a questo punto decise di ritornare a Tebe, ove era appena iniziata la guerra dei Sette contro la città, causata da discordie fra i suoi fratelli che vicendevolmente si erano uccisi. Quando vi giunse Creonte, il nuovo re di Tebe, fratello di Giocasta, emanò un bando che proibì la sepoltura di Polinice, uno dei due fratelli di Antigone, lasciando il suo corpo giacente in pasto ai cani. Antigone, disobbedendo agli ordini di Creonte, seppellì degnamente suo fratello Polinice - traditore della patria. Antigone, scoperta, viene condannata dal re a vivere il resto dei suoi giorni imprigionata in una grotta. In seguito alle profezie dell'indovino Tiresia e alle suppliche del coro, Creonte decide infine di liberarla, ma troppo tardi, perché Antigone nel frattempo si è suicidata impiccandosi e seguendo così la stessa sorte di sua madre.. DIALOGO DI GIOCASTA ED ANTIGONE I GIOCASTA Mi chiami a te, da questa cella umida e buia, per esserti a fianco, almeno una volta, nel momento supremo, nella decisione finale su ciò che sia giusto e più lieve. Mi invochi, stavolta, con un cuore che trasuda d’affetto ed io, trasparente e incorporea, lasciando gli oscuri paesaggi, vengo da te senza nessuna esitazione. Antigone, figlia bella e tenace, tu vuoi sapere, da chi ha già preceduto il tuo passo, se attendere inerte che si compia una sorte, o anticipare la mano di chi deve dar corso ad una ingiusta condanna. Ma questo non è il solo motivo del dolce richiamo, quello che, pur senza ammetterlo, tu vuoi da me sono le motivazioni nascoste e le ragioni più chiare di un rapporto mancato. Ora ti posso spiegare, mi posso spiegare, la lontananza voluta e la distanza istintiva che mi scioglieva da te oltre la spiegazione, più semplice, della invalicabile differenza degli anni. Una voce interiore, forse figlia della vergogna, alzava un muro fra noi e disgregava i fili di un affetto che non poteva essere solo materno. Adesso lo sai anche tu e con un piccolo sforzo puoi anche capire, giustificare, una madre che non doveva esserlo nei tuoi confronti. Ti ho lasciata da sola a crescere ma questo era scritto da chi ha generato la nostra vicenda e, forse, era giusto per non peggiorare quello che era già scellerato. La mia lontananza ti ha cresciuto forte e determinata, io ti ho dato soltanto la mia bellezza, per quanto potevo per quanto era lecito fare. Poi la tua vita indipendente, sciolta da ogni legame, ti ha visto possente ed eroica ma indifferente al dolore, bella e armoniosa ma gelida nel profondo degli occhi. Ti ho ritrovata soltanto, quando scrutando dal buio, ho percepito il tuo cambiamento che accompagnava per mano quell’uomo, cieco e ormai vecchio che, padre nonno e fratello, ha risvegliato la tua umanità. Quell’uomo al quale un doppio legame, regalo del dio più perverso, mi ha avvinto ed al quale, insieme, ho donato l’affetto dovuto e quello negato. Il tuo percorso ti rende completa, adesso, purtroppo alla fine dei giorni, ed anche invincibile perché, anche in futuro, nessun giudice potrà mai condannare Antigone per aver infranto le leggi più ingiuste. Allora decidi da sola la sorte, segui il tuo istinto, le tue convinzioni sapendo che ogni morte, comunque pervenga, è sempre la stessa, e che io, che ti ho dato due volte la vita, attendo il tuo arrivo, da questa parte del mondo, per ricominciare. DIALOGO DI GIOCASTA ED ANTIGONE II ANTIGONE Il buio, umido e silenzioso, di una stanza imprigionata nel nulla è rischiarato, improvvisamente, da una luce tenue ed azzurra, da una fiammella ondeggiante dalla figura nota e desiderata. Giungi a me, richiamata da un grido finale, attraverso un percorso vietato, agli altri sbarrato, madre lontana nella vita e nella morte quasi dimenticata ma, in questo momento, presente. Tu che hai già percorso il cammino dammi la luce, rivelami cosa si sente alla fine di tutte le cose perché io, Antigone, possa decidere quello che sia, per me, più sopportabile. Attendere il giorno che viene e la mano assassina, a questo già preparata, o togliere la soddisfazione e l’ironico riso di chi comanda e dispone la morte più ingiusta, anticipando gli eventi. Arrivo ai consuntivi finali senza sapere le cose più vere che legano una madre a sua figlia, senza capire i motivi che ti hanno tenuta lontana, in un distacco affettivo che ha segnato, in modo indelebile, l’indole e la mia sorte. Tu, che mi hai generato due volte, due volte mi hai abbandonata, ma la vergogna, in cui ti sei ritorta nell’animo, non basta a giustificare l’assenza. Questi occhi di ghiaccio e la freddezza del cuore sono le sole cose che hai costruito in un germoglio in sviluppo, nel tenero ramo che esplora, in primavera, la vitalità potenziale. La forza mi viene da questo, da tutte le volte che ho dovuto affrontare gli eventi da sola, senza il conforto e la vicinanza di una mano affettuosa di un seno materno. Ho vinto molte battaglie dimenticando che cosa sia la pietà, ho avuto schiere di pretendenti stregati e conquistati dalle fattezze, ma solo davanti alla figura di un vecchio, cieco e insicuro, tuo figlio e marito, ho recuperato la strada. Ed il cammino era quello di non accettare ingiustizie o disumane imposizioni nemmeno quando un corpo fraterno, inanimato, dovesse restare senza la sua sepoltura. Condannami, giudice, ma la condanna sarà la tua eterna maledizione, la macchia indelebile che per i secoli, ancora a venire, agiterà i tuoi sogni più inquieti. Ma ora sei qui, madre incorporea, e dimmi che cosa sia giusto in questo momento, dammi la mano, la spalla, il tuo cuore, a lungo cercato, per rendere lieve il ricongiungermi a te. Ma anche se so che tu affiderai la mia scelta a me stessa, voglio soltanto che tu sia con me, nel momento fatale, per potermi riprendere e recuperare, in un attimo solo, la vita passata, la storia che tu mi hai concesso soltanto alla fine.
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