Pubblicato il 07/06/2024 09:12:46
Vogliamo segnalare con piacere ma soprattutto con l'amore che si deve a un'amica e a un autrice cara alcuni inediti della mai troppo rimpianta Nina Maroccolo, scrittrice, cantante, performer a tutto tondo toscana (ma da anni operante a Roma) scomparsa prematuramente lo scorso anno. E' possibile leggerli infatti sull'ultimo numero de "L'age d'or" rivista online diretta da Marco Palladini a cui va il nostro grazie per l'attenzione e la cura mai banale delle sue scelte. Sono tre pezzi in cui la scrittura visionaria, ipnotica e seducente viene a rivelarsi all'interno di un dettato in cui l'affondo tra le pieghe e le piaghe del dolore e delle aspirazioni umane sono sempre all'insegna di un percorso di nudità e spoliazione verso quella creaturale cosmicità d'origine del cui divenire la sua parola s'è fatta verso. Un percorso come detto fatto in sinestesia d'accenti (a proposito del quale basti ricordare La rivoluzione degli eucalipti, opera somma da cui è stata ricavata nel 2021 una preziosa mostra della Galleria Comunale d'Arte Moderna di Roma) che il primo dei tre testi qui presentati, "Il cavaliere azzurro" (il movimento artistico d’avanguardia Der Blaue Reiter fondato a Monaco nel 1911), ben sintetizza. A conclusione, e a partire da questo verso: "Il suono è un'avventura adolescente narrata per commuovere/ l'azzurro". Questo breve, incisivo, evocante testo la ingloba, la ricorda tutta, soprattutto in chi avendo avuto l'opportunità di conoscerla e frequentarla intimamente (come lo stesso Palladini per esempio) sa perfettamente. Ogni manifestazione artistica nella Maroccolo, nel costume sapientemente e asceticamente riportato nel rigore e nel cammino di un monaco che si sa e si cerca nel trasfigurarsi misericordioso degli elementi di una terra amata, sofferta e richiamata in tutto il suo incandescente stupore (e mai nel vezzo fine a se stesso come di tanta espressione di questo millennio all'inizio). E nel fuoco allora per quel che nel passaggio della carne è dato, un passaggio profondamente e teneramente umano, e perciò nello strazio, anche, per quanto proprio d'umano- sovente troppo, sovente sempre- affilato nella perpetuazione degli sfregi. "Dove l'erba è premurosa" però, nell'indicazione della direzione, come puro spirito varcando il ponte (con lei e con Campana come da rimemorazione), nel lavacro prima però non necessario ma in sé benigno, in sé vivo nella detersione delle/dalle ferite. L'arte allora come fuoriuscita dell'anima dal bozzolo, finalmente "farfalle giammai effimere". Come non effimero nel secondo testo (corredo alla prima pubblicazione avente al centro la figura di Anna Franck) l'amore, di compagni, di uomini e donne nella tensione di se stessi, dove la vita e la morte (che è di ogni giorno) chiamano insieme a dirsi. Ecco qui Peter il gemellino d'anima della Franck, nel bozzolo di cui sopra, nel pensarsi e nel cercarsi di un maschile e un femminile di un Dio che in loro si risolve nella casa celeste della grande anima che subito li ha se il pensiero di Dio in loro è già Dio, nell'elevato discendere negli inferi poi di quel secolo breve. Dio allora consorte l'uno dell'altro, l'uno nell'altro consorte nel rovescio di un Dio che in loro si salva. Ed infine "L'antilope", "parabola sapienziale, simbolica e allusiva, facente parte di un massiccio, strepitoso incunabolo tuttora rimasto inedito"così come presentato da Plinio Perilli nella cura dei tre testi e nella forma degli jàtaka, parabole sapienziali che "chiedono agli animali qui evocati di antropomorfizzare a perfezione i vizi e i caratteri degli uomini" (ancora Perilli). Non abbiamo altro da aggiungere se non invitare alla lettura e all'approfondimento della scrittura e dell'opera di una donna che ancora molto avrebbe avuto da chiedersi e dirci. Ciao Ninetta.
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