Pubblicato il 02/07/2010 12:00:00
E’ un’operazione intellettuale molto raffinata quella tessuta da Roberto Mosi nel suo ultimo libro “Luoghi del mito”, i cui testi, insieme alla bella nota introduttiva dello stesso autore, costituiscono una sorta di difesa del mito come tòpos che, dopo millenni, rischia di naufragare nel flusso onnivoro della superficialità culturale ormai dominante. E’ anche oltremodo interessante come l’autore si ponga l’obiettivo di prolungarne l’efficacia al di là della cristallizzazione che su esso incombe, sfaccettandone l’applicabilità e suggestione creativa con l’accogliere altri modi ed atteggiamenti del sentire popolare: è il caso del “mito” di Vasco Rossi; o, sia pure in chiave negativa, dei boss della Camorra. Per lo più il mito classico viene sottoposto ad un’operazione di contaminazione attraverso l’ambientazione moderna di situazioni e figure topiche come emblemi immutabili della storia singola e collettiva. Sono, a mio parere, i momenti più alti di questa poesia, come in “Orfeo” e“Saffo”, giusto per fare qualche esempio, in cui il mito, nella prima, di Orfeo ed Euridice, conduttori di treni nella metropolitana di Firenze ( Cerbero è il treno), diventa occasione di denuncia dei mali della società contemporanea e simbolo di una nuova speranza. Nella seconda, invece, dove troviamo citazioni da Saffo, Alceo, Proust, la figura mitica della poetessa di Lesbo assume le sembianze di una ragazza d’oggi che scrive “in vernice spray sul muro// davanti alla scuola”: “Lasciateci amare come vogliamo”. Non mancano neppure le rivisitazioni ironiche e perfino mordaci di personaggi e dei come “Ulisse” ed “Ermes”, il primo trasformato in un viaggiatore alle prese con ritardi e ripetuti approdi serali nella sua dimora dove solo il cane Arturo saluta/ il ritorno, la coda ritta, mentre Penelope già “dorme stizzita”; il secondo nella stessa immensa rete telematica, che immette “dai calzari alati” una caterva di messaggi a favore (o a danno?) dei milioni di frequentatori di blog. Questo libro che compone, con gli altri che l’hanno preceduto, una sorta di quintetto poetico sul percorso del poeta all’interno dei luoghi (siano essi intesi come spazi geografici, mentali, interiori, onirici, culturali), sembra, pur nella sua specificità, contenerli tutti, aggiungendo nuove tappe, nuove occasioni di conoscenza, nuove mappature culturali e, allo tesso tempo, creando una circolarità di motivi ed umori, che sono le spie di un progetto consapevole di scrittura.
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