Il luogo è silenzioso.
Un lembo di sabbia tra le rocce aguzze
e il mare risplendente.
Sparita la chiassosa
brigata dei bagnanti, siamo soli,
il sole sulla pelle ha la dolcezza
di mani, è il sole
di una stagione fuori calendario.
L’isola emerge dalle acque del mare
- un sesso di donna prominente
folto boschetto di pini bassi e mirto
intorno a una radura
di terra rossa che le onde lambiscono
(spalancato
sotto il sole
in attesa)
E io racconto
di un’isola lontana nel Pacifico
che forse non esiste, dove i maschi
sposano la terra e le danno
in pegno il proprio seme
per una nuova fioritura.
Parlo. Tra frase e frase c’è il silenzio
assordante del tempo, il frinire
di cicale morenti, la risacca,
un vento tra le rocce.
Di tutti gli esseri viventi
non vediamo che pesci nuovi nati, trasparenti
come acqua, un colibrì, una
libellula. Mi sfiora il braccio una farfalla,
scompare tra gli arbusti.
L’isola sporge dalle acque del mare
- totem, divinità -
contro l’azzurro immobile, in attesa.
Il vento strappa musiche
alle foglie dell’agave.
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