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Referendum costituzionale: le ragioni del No

Argomento: Politica

di Lorenzo Roberto Quaglia
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Pubblicato il 07/08/2016 22:29:49

L'appuntamento referendario si avvicina e in queste sere estive vogliamo riprendere le riflessioni sul futuro assetto istituzionale del nostro Paese per aiutarci ad arrivare a quella ragionevole certezza che ci permetterà di esprimere un voto consapevole al momento opportuno.

Analizziamo in questo primo post le ragioni del No al Referendum e nel post successivo quelle del Si.

Dichiariamo subito che non vogliamo inserirci nel coro di coloro che decidono di votare No per far cadere il Governo Renzi. Non ci sembra corretto unire le sorti di un Governo a quelle del futuro istituzionale dell'Italia. Troppo importante il secondo rispetto al primo.

Entriamo nel merito della riforma proposta: appare evidente come per certi aspetti si sia persa l'occasione di realizzare un taglio netto con il passato. Mantenere un Senato non elettivo di 100 membri che avranno un doppio incarico (i 100 senatori saranno contemporaneamente membri di Consigli regionali o Sindaci di grandi città) e per di più con funzioni e compiti ridotti risulterà inutile e costoso.

Inoltre politicamente il nuovo senato non avrà voce in capitolo se non nei seguenti casi, come recita il riscritto articolo 55 della Costituzione:

“Il Senato della Repubblica rappresenta le istituzioni territoriali ed esercita funzioni di raccordo tra lo Stato e gli altri enti costitutivi della Repubblica. Concorre all'esercizio della funzione legislativa nei casi e secondo le modalità stabiliti dalla Costituzione, nonché all'esercizio delle funzioni di raccordo tra lo Stato, gli altri enti costitutivi della Repubblica e l'Unione europea. Partecipa alle decisioni dirette alla formazione e all'attuazione degli atti normativi e delle politiche dell'Unione europea. Valuta le politiche pubbliche e l'attività delle pubbliche amministrazioni e verifica l'impatto delle politiche dell'Unione europea sui territori. Concorre ad esprimere pareri sulle nomine di competenza del Governo nei casi previsti dalla legge e a verificare l'attuazione delle leggi dello Stato”.

A questo punto forse si poteva puntare direttamente al monocameralismo.

Il Governo è l'istituzione che più aumenterebbe la propria sfera di influenza nella vita politica, a scapito di un Parlamento dimezzato. Tecnicamente vi sono diverse innovazioni nella riforma proposta che permetterebbero all'esecutivo di dare corso a iniziative legislative prioritariamente, limitando i tempi entro cui il Parlamento verrebbe chiamato ad occuparsi della materia. Un po’ come accade già oggi con l'utilizzo della decretazione d'urgenza.

Se a questo limite temporale cui i parlamentari si dovranno attenere, si aggiunge il fatto che la nuova legge elettorale ormai in vigore (che però non è inserita nel pacchetto delle riforme costituzionali) di fatto consegna nelle mani dei partiti la possibilità di scelta della stragrande maggioranza dei deputati, il pericolo di avere un Parlamento fotocopia del Governo e pronto a ratificarne l'operato e non Organo Costituzionale autonomo esercitante in primis la funzione di Legislatore, è reale.

Tutto ciò porterebbe ad un calo dello spazio della vita democratica del Paese danneggiando di fatto l'intera comunità.

Ulteriore aspetto negativo di questa riforma: l'abolizione delle Province. Non convince perché di fatto non raggiunge lo scopo di ridurre le spese di gestione amministrativa dello Stato che saranno sostenute dagli Enti che si dovranno far carico delle competenze delle ex Province.

Vengono anche introdotte alcune modifiche nel meccanismo di elezione del Presidente della Repubblica e di nomina dei giudici della Corte costituzionale. La riforma contempla inoltre l'abolizione del Consiglio nazionale dell'economia e del lavoro (CNEL) e la soppressione dell'elenco delle materie di legislazione concorrente fra Stato e Regioni; sono previste anche modifiche in tema di referendum popolari.

Non si pretende qui di analizzare nel profondo le norme modificate, ma nel complesso le ragioni del No emergono chiaramente dall'analisi eseguita.

Infine, si può anche obiettare che una riforma di tal portata si sarebbe dovuta approvare con una più larga maggioranza politica in Parlamento, cercando di coinvolgere anche l'opposizione che invece risulta schierata decisamente contro la riforma del sistema.

A questo punto per i sostenitori del No appare chiaro che le modifiche che ci vengono proposte non risolveranno i problemi dell'Italia di oggi e forse anzi li peggioreranno e pertanto sono da respingere in toto.

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