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L’ultima parola non è la parola fine, ma la parola bene

Argomento: Esperienze di vita

di Lorenzo Roberto Quaglia
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Pubblicato il 02/01/2016 18:15:36

Il 31 dicembre 2015, poche ore prima della mezzanotte, il mio amico Ugo è salito al cielo. Era malato di SLA da sei anni e forse qualcuno di voi ha già letto i post che parlano di lui su questo blog. Ora, dopo aver partecipato al suo funerale questa mattina, in una chiesa strapiena di persone, non mi resta che ringraziare lui e Silvia, la moglie, per la testimonianza che ci hanno dato in questi anni. Sono stati sei anni di fatica, tantissima, per Silvia che non lo ha mai lasciato solo un giorno, e nel frattempo ha cresciuto i due figli che ora hanno sei e otto anni, ma anche per Ugo che, oltre a dover subire la malattia che avanzava a passi da gigante, vedeva passare davanti agli occhi la vita dei suoi cari senza poter fisicamente agire. Eppure dal rapporto tra marito e moglie, dove ad operare era l’essenziale e non altro, attraverso la fatica del quotidiano, giorno dopo giorno, sono germogliati un’infinità di relazioni, di situazioni, di incontri che hanno cambiato la vita stessa delle persone coinvolte. Era impossibile rimanere gli stessi dopo una visita a casa di Ugo e Silvia. A casa loro si stava bene, tutti stavano bene. Ci si sentiva meglio, si usciva cambiati. Si andava a casa loro con la scusa di salutare Ugo, ma in realtà era come si volesse vivere un poco vicino a quell’unione, si volesse contemplare l’unità presente tra un corpo immobile, Ugo e sua moglie Silvia. Unità che rimandava a qualcosa d’altro, ad una Presenza che la rendeva possibile, umanamente possibile. Come ha detto Don Giorgio nell’omelia, non siamo qui così in tanti per celebrare la fine di tutto questo, la fine di Ugo. Sarebbe assurdo fare una cerimonia se tutto finisse qui. Ugo ci ha testimoniato con il suo sacrificio cos’è l’essenziale della vita e sua moglie Silvia ci ha documentato con il suo sì - nella salute e nella malattia - ripetuto il giorno del matrimonio e ogni giorno della malattia di Ugo, il miracolo quotidiano che si compie con la Grazia di Cristo. Quello che Ugo ci ha lasciato, ci ha affidato, sono le persone e i momenti di rapporti vissuti insieme che ci hanno testimoniato l’esistenza di una Presenza che può dare una risposta di senso e verità anche al dolore più intenso, in apparenza più assurdo. Sta a noi fare memoria e rendere testimonianza di questo dono ricevuto. Come scrive Giovanna De Ponti Conti nella sua favola “Arco di Luce”: “l’ultima parola non è la parola fine, ma la parola bene”. Ugo e Silvia ci hanno aiutato a sperimentare un assaggio di quel bene. E per questo li ringraziamo.


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