Pubblicato il 04/09/2015 23:49:58
E' uscito nell’ultimo mese di agosto per la casa editrice Edizioni Ares, tradotto da Flora Crescini, il nuovo lavoro del filosofo francese Fabrice Hadjadj dal titolo: "Ma che cos'è una famiglia? con sottotitolo – seguito da La trascendenza nelle mutande & altri discorsi ultra - sessisti".
L'opera non tratta esclusivamente di famiglia, di fatto è una raccolta di quattro interventi scritti dall'autore tra il 2013 e il 2014 con temi prettamente filosofici: le domande inevase che la vita contemporanea ancora oggi pone e le risposte che il cristianesimo ha la "presunzione" di poter fornire alle donne e agli uomini contemporanei.
Hadjadj, per chi non lo conoscesse, è sicuramente una delle menti più brillanti del cattolicesimo francese. Nato nel 1971, di origini ebree, convertito al cattolicesimo, i suoi scritti sono la manifestazione vivente della Gloria di Cristo che affascina le persone dalla gioventù movimentata nello spirito, alla sant'Agostino per intenderci. In sintonia con altre personalità convertite al cattolicesimo, come il Cardinale Newman o il Cardinal Lustiger, ma non consacrato alla vita religiosa bensì felicemente sposato e padre di sei figli, come descrive nella prefazione del libro, le opere di Hadjadj comunicano all'uomo contemporaneo la Bellezza che lo ha folgorato da giovane e la potenza sconvolgente del messaggio di Cristo, valido anche nel 2015!
In particolare quest'ultima fatica esce in un periodo storico che vede proprio la famiglia, potremmo dire la "Sacra Famiglia" sul banco degli imputati ad opera del pensiero dominante…
Come c'era da aspettarsi, Hadjadj nel suo saggio rovescia l’idea tutto sommato negativa che oggi si ha riguardo la famiglia, riportando il significato della parola all'essenziale. L’inizio destabilizza: "La famiglia è sempre l'amore del vecchio coglione e del giovane idiota ed è questo che la rende così ammirevole, è questo che la rende scuola di carità. La carità è l'amore soprannaturale del prossimo, quello che non abbiamo scelto e che, di primo acchito, ci è antipatico. Ora, i primi prossimi che non abbiamo scelto e che spesso ci sono insopportabili sono i nostri congiunti, dati per vie naturali". I nostri figli.
Il linguaggio è diretto, il significato chiaro. Ognuno di noi proviene da una famiglia, la famiglia è il punto di partenza di ognuno di noi nella storia, quindi essa è un fondamento. Ma se è un fondamento, se viene prima, non si può fondare la famiglia. Essa è già data prima di noi.
Ma che cos'è la famiglia? Molti insistono su tre punti che ritengono fondanti la famiglia, costitutivi della famiglia: l'amore. La famiglia è il luogo dell'amore, dei genitori verso il figlio. Secondo: la famiglia è il luogo della prima educazione. Il bambino nasce in una famiglia a partire da un progetto parentale responsabile. E terzo, la famiglia è il luogo del rispetto delle libertà.
Ma attenzione, ecco il pensiero di Hadjadj in proposito: "Ecco dunque la conseguenza ineluttabile: pretendendo di fondare la famiglia perfetta sull'amore, l'educazione e la libertà, quel che si fonda, in verità, non è la perfezione della famiglia, bensì l'eccellenza dell'orfanotrofio. E' fuori dubbio: in un eccellente orfanotrofio, si amano i bambini, li si educa, si rispetta la loro persona. In qualche modo si è nella pienezza del progetto parentale, perché prendersi cura dei bambini è il progetto costitutivo di una simile impresa".
In sostanza spiega Hadjadj, "…considerare la famiglia solo a partire dall'amore, dall'educazione e dalla libertà, fondarla sul bene del figlio in quanto individuo e non in quanto figlio e sui doveri dei genitori, in quanto educatori e non in quanto genitori, è proporre una famiglia già de-familiarizzata".
E quindi "…occorre riconoscere dal punto di vista dell'esistenza concreta, che è la famiglia a fondare l'amore, l'educazione e la libertà" e non viceversa.
Da questo inizio il filosofo prosegue la sua analisi sino a toccare il vertice del significato della parola famiglia, che possiamo definire come "…lo zoccolo carnale dell'apertura alla trascendenza...E' il luogo del dono e della ricezione incalcolabile di una vita che si dispiega con noi ma anche nostro malgrado e ci spinge sempre più avanti nel mistero dell'esistere".
Certamente non siamo abituati oggi a leggere parole come queste riguardo alla famiglia.
Non è la difesa di una vecchia istituzione un po’ fuori moda quella del filosofo, piuttosto una riflessione personale che si spinge in luoghi una volta di comune sentire (la coscienza), ma oggi totalmente oscurati da una nebbia tecnologica.
La tecnologia infatti non sempre aiuta la famiglia, il tablet ha sostituito la tavola attorno alla quale la famiglia si riunisce per il pranzo insieme (sempre più raro) o per la cena.
Ancora il francese: "Con il tablet, la funzione ha la meglio sul dono e la trasmissione tra le generazioni è interrotta. E' l'ultimo grido che deve prevalere. La tecnologia si sostituisce al genealogico. In questa situazione, l'adolescente diventa il capofamiglia. La sua abilità di cavarsela con i software diventa più decisiva dell'esperienza degli anziani - non designando più questo termine qualcosa di venerabile, ma soltanto di vetusto, di superato, da rottamare".
Non andiamo oltre. Chiudiamo la recensione consigliando la lettura di quest’opera, forse non alla portata di tutti per la difficoltà di comprensione di alcuni concetti filosofici che non si leggono tutti i giorni su Facebook, ma che apre la mente a nuove (o forse vecchie) riflessioni.
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