Pubblicato il 20/01/2015 22:51:40
I tragici fatti di Parigi hanno posto con urgenza il tema del rapporto tra il nostro mondo e il mondo islamico, chiaramente quello "moderato", sino ad ora forse considerato da noi occidentali un mondo di serie B.
L'islam è una religione seguita da miliardi di persone, ma dal punto di vista strategico non condiziona, non coinvolge i popoli degli attuali Paesi leader: Stati Uniti, Cina, Russia, India. Non per questo il popolo dell'Islam va sottovalutato perché forse, ad oggi, sono i musulmani le persone più religiose al mondo, nel senso che riconoscono la propria vita come dipendente da un Dio unico creatore, dal quale discendono le leggi, i precetti, i comandamenti che permettono all'uomo di vivere la propria vita in sintonia con il Padre celeste, prosperando sulla terra.
Ma questo senso religioso islamico cosa significa per noi, uomini occidentali? E' evidente che il popolo dell'islam ci richiama a quello che per noi ha importanza, rappresenta il nostro sistema valoriale, la nostra visione della vita. Ma è in grado l'uomo occidentale del XXI secolo di tenere testa alla sfida lanciatagli dall'uomo islamico?
Dopo la cristianizzazione dell'Europa, le crociate, le guerre di religione, la presa del potere nel pensiero dominante della Ragione a scapito della Religione, l'affermarsi del positivismo, dello scientismo, dopo la nascita e la morte dei diversi totalitarismi, cosa è rimasto dell'uomo occidentale? A quali Valori, Idee, Pensieri può aggrapparsi per dialogare con l'uomo islamico? Su quale Dio può contare per giustificare, far valere e difendere il proprio mondo?
La sensazione è che pochi lo sappiano.
Il rischio allora è che a prevalere nel dibattito religioso, culturale e quindi alla fine politico, sia l'uomo musulmano.
La realtà che stanno vivendo le nostre città è ben visibile agli occhi di tutti: sempre più famiglie di religione musulmana, con molti figli, che vivono e crescono pacificamente, mantenendo la loro fede e le loro usanze. I figli di questi emigrati nascono cittadini italiani, francesi, tedeschi, cittadini europei, ma rimangono musulmani.
Allora è evidente che tra dieci, venti anni, si porrà un problema forte di convivenza nelle nostre strade, nelle nostre città. Questa parte di popolazione di religione islamica ma di nazionalità europea che abiterà nei nostri Paesi legittimamente vorrà poter esercitare il diritto a svolgere la propria pratica religiosa. E noi uomini occidentali, saremo chiamati, quotidianamente, a scontrarci con una visione della vita diversa dalla nostra, in alcuni casi opposta.
L'integrazione va bene, ma presuppone che colui che integra conosca bene il soggetto da accogliere e ad oggi il mondo islamico non è conosciuto dai cittadini europei. Secondo, presuppone che l'integrato abbia desiderio di farsi integrare, cosa al momento distante nei fatti.
Se non ritorniamo alle nostre origini, al significato, al perché noi siamo, ci sentiamo diversi dagli uomini musulmani, rischiamo di perdere in un futuro ormai prossimo, molto più della nostra identità, della nostra storia, della nostra cultura, rischiamo di perdere la nostra stessa libertà.
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