Quanto tempo! Se il tempo…
In fondo a quale viale
pavesato di luce
ancora esisti Gilberte?
Come acqua sorgiva
le ore, i giorni
scivolano tra le dita
di questa mano memoria
che il tempo afferra
e perde e forse arriva
a ritrovare: un segno
un suono, un sapore
una traccia lasciata
sulla carta intonsa.
Per una magia della mente
esisti Gilberte.
Io sono ancora
sulla piana gelata,
tra i cavalli di legno
e il prato bianco, languente
ad aspettarti.
Ecco, lontano,
il tuo pennacchio azzurro,
mia ballerina,
apri le braccia e scivoli
sul ghiaccio,
quasi volessi abbracciarmi.
E poi l’indifferenza
La sofferenza…
Volevo confessarti il mio amore:
mancò il coraggio, forse l’occasione.
Tu passasti la palla,
le tue amiche gridarono in coro
Ed io stentai a riconoscere
la fanciulla che abitava i miei pensieri,
invano cercai di trattenere
i suoi occhi, il suo viso,
le sue forme
perché potessi goderli
dopo, in tua assenza.
Quanto tempo! Se pure il tempo…
La nera trama desolata dei viali,
l’aria sospesa ai rami
il mio cuore sospeso
ti aspetta.
Quel nome gridato dalle voci brevi
“Gilberte” e pare che altri
nel tuo mondo viva
che non conosco,
mondo favoloso immagino.
Forse non sei più tu,
forse un’altra bambina
intenta agli stessi giochi.
Vorrei parlarti ora,
dire il mio sentimento,
e tu non verrai,
non ti dispiace
di mai più vedermi.
Ho le gambe di gesso
come le statue del parco
su cui posano i piccioni
e un pianto senza lacrime si posa
con ali notturne sui miei occhi.
Buio, buio del tempo,
specchio di stagno che macera ogni cosa.
Rimani Gilberte
nel solo spazio che c’è concesso:
noi due sul viale,
la nostra infanzia divorata
dalla stessa febbre di crescere,
di essere, di sfiorire.
[ Pubblicata in Salon Proust, LaRecherche.it, 2013 ]