Terremoto
Si frantumò il mio
abitare
senza che potessi lodare Dio.
Sparì il mio dove
ferendomi l’asfalto rappreso ai piedi
come crema di nocciole guasta.
Ma trovai un comò
che mi transennò la via.
L’aria dentro il cassetto
che mi regalasti
mi lasciò la vita.
Santi
Spie sante mi guardano,
sono a mangiare con Dio.
La loro aumentata vita mi tiene in vita e
un filo di raso mi lega i capelli fino alle nuvole blu
dove i nuovi vivi stanno.
Zoppicare
Una sua lietezza aveva la domenica
per il tiepido arieggiare anche dentro
il capo e il cuore. Zoppicante chiedeva uno sguardo.
Nel deserto intuiva di restare dove dal nulla il cibo viene.
Intuiva, e mentre ascoltava un cantare nuovo, il secco si mangiava
quel miraggio. “Schiena dritta, che bisogna vivere”, le dicevano
alcune donne. Fra poco è Natale.
Case
Non scelsi queste mura
e questa gente.
Nemmeno le tende pesanti alle finestre
la carta a rose enormi alle pareti.
Non scelsi i vicini
troppo vicini
e i lontani
lontani.
Né il cortile con troppi maschi
e il piano alto, troppo alto.
Scelsi invece le porte blu il cotone bianco
il lavello al sole.
Eppure nulla mi appartiene
e passo in perdurante veglia
perché domani nessuna tenda mi riparerà.
Onestà
Non c’è polvere che renda sibilo
il pensiero.
C’è un canale pulito tra la cavità del cuore
e l’albero laggiù.
[ Poesie tratte da Le stesse parole, LietoColle ]