(a tutti i fratelli arabi morti nella lotta per la libertà e per coloro che ancora stanno lottando)
Bastano quattro fotografie
sul quotidiano della domenica
in una corsia di ospedale
alle sette del mattino
per allargare la misura
di un dolore che anche questa notte
ha devastato il corpo di chi
ha qui - almeno - la fortuna
di un'assistenza.
Il volume di questa stanza
si espande nel silenzio del mattino.
Il tiglio che si vede dalla finestra
e profuma le lunghe ore di degenza
scompare, appaiono terre libiche
dove un uomo fugge a piedi
inseguito e investito da un Land Cruiser
schiacciato nel deserto come un animale -
che pure fa dolore -
le ossa rotte, l'agonia.
A Ben Jawad ci sono due uomini,
uno è ferito e disteso sull'asfalto
l'altro è armato e dice:
"Inneggia a Gheddafi!"
Quello invece inneggia ad Allah
e trova la morte - assassinato
da tre colpi di kalashnikov.
(Mi esplode il cuore per la commozione
verso quei martiri della fede e della libertà.)
"Chiama due o tre uomini
per portare via questo cane" -
dice il killer ai suoi complici.
[ Roma, Ospedale Sandro Pertini, 12 giugno 2011 ]