:: Pagina iniziale | Autenticati | Registrati | Tutti gli autori | Biografie | Ricerca | Altri siti ::  :: Chi siamo | Contatti ::
:: Poesia | Aforismi | Prosa/Narrativa | Pensieri | Articoli | Saggi | Eventi | Autori proposti | 4 mani  ::
:: Poesia della settimana | Recensioni | Interviste | Libri liberi [eBook] | I libri vagabondi [book crossing] ::  :: Commenti dei lettori ::
 

Ogni lettore, quando legge, legge se stesso. L'opera dello scrittore è soltanto una specie di strumento ottico che egli offre al lettore per permettergli di discernere quello che, senza libro, non avrebbe forse visto in se stesso. (da "Il tempo ritrovato" - Marcel Proust)

Poesia della settimana

Questa poesia è proposta dal 04/04/2011 12:00:00
Pagina aperta 2948 volte, esclusa la tua visita
Ultima visita il Wed Nov 20 17:30:00 UTC+0100 2024

Imperfetto modo indicativo... (inedito)

di Silvia Rosa (Biografia/notizie)

« indietro | versione per la stampa | invia ad un amico »
Invita un utente registrato a leggere la poesia della settimana »
# 5 commenti a questo testo: Leggi | Commenta questo testo »


IMPERFETTO MODO INDICATIVO D(ELL)’ESSERE [PAROLA]

 

 

era il nostro segreto
linguaggio -non era niente-
era quella parola che mi hai insegnato
e non pronunciavo -disubbidiente-
poi una volta, che non ti ricordi, certo,
ho detto, tenendola in bocca
come una caramella un boccone che scotta,
in fretta (ma sembrava l e n t a m e n t e)

era quella parola che ti ho insegnato
non ti ricordi ora, ma un tempo
la ripetevi sempre -un codice- (di voglie)
era la tua parola (come) -un ordine-
il filo di lettere intorno a un baco
che moriva (un istante) indossando
ali di virgole, cambiando rauco il verso
dell'orizzonte e ancora e stanco

era il nostro segreto
linguaggio che hai (ab)usato
in una piazza nel vuoto di voci -altre-
dove chiunque che parla, parla il nostro linguaggio
che non era segreto, era qualunque
una lingua che reciti quando ti serve,
quando non sapevi che fartene
del silenzio perfetto della mia pelle

era la tua parola una puttana
di quelle così tristi e vecchie e sfatte
che t'innamorano di compassione
era la mia parola un'occasione
di trasformarla in madre in casa
in un Amore che non snudi di racconto,
non era che d'inchiostro lieve un apostrofo -per te-
la pausa -per me- che accoglieva il mio vo(l)to

era il tuo nome teso increspato in un soffio
che ricadeva a metà, al vertice
di quel nostro discorso (se mi arrendevo
al sapore più dolce della tua grammatica)
era il mio nome per intero che non dicevi
che qualche volta e pareva la prima
che fosse detto, come l'avessi inventato tu
per il gusto di possederlo -uno fra tanti, troppi-

era il nostro segreto linguaggio, era quella parola,
era il tuo nome era il mio, era la nostra storia
una trama qualsiasi, che non era neppure
qualsiasi una bugia -non era niente-
era la tua solitudine al culmine in un grumo d'assenze
era il mio pianto sottile di primavera una pioggia
vergine che si espone alla faccia del sole e
attraversa muta l'eclisse di ogni abbandono

è l'alfabeto con cui dirmi daccapo -sola-, (ma) l i b e r a finalmente
[e se anche ti penso e ti voglio e ti cerco e non ti penso e non ti voglio e non -è NO-]



# 5 commenti a questo testo: Leggi | Commenta questo testo »