A te
La poesia è una “traduzione dal silenzio”.
Charles Simic
Prendo i vostri versi come ostie
-amici- da silenzio a silenzio
passando per un lento scioglimento
di parole fra lingua e palato
con le dita e le orecchie tese
ad ascoltare impalpabili suoni
che ci guardano come stagliati
sulla pagina bianca
Abitare i vostri paesaggi – amici –
è il terzo occhio che si apre
goccia rubata al miele della mente
Italia
Come un fungo in pellicciotto maculato
davo la mano all’albero grande
tronco scuro nascosta la chioma
oltre la rigida falda del cappello
Padre trapiantato in una piazza
conchiglia con la fontana rotonda
tra cedri del Libano e abeti
la tua terra è rameggio di castagni
scabra tenacia degli uliveti
oscillanti ceste nei tramonti
colmi di succhi e aromi
Incisa nella somiglianza e ombra divisa
la tua terra è insuperata distanza
che la memoria vorrebbe riunire
cucendo quest’ Italia con toppe d’Arlecchino
che forse solo il mare saprà raccontare
con le mille voci dello spaesamento
e le montagne stregate pregate
come paradisi mai scalati
A Maria
“Benedico tutto il mondo”
con ultime parole di papessa
dalla terra ti eri sollevata
e a chi ti consolava
di essere ancora nel tuo letto
“moriamo allora”
abbandonandoti di nuovo in quell’altrove
già diventato luogo familiare
Cerchiamo parole ultime
per risarcire i saluti mancati
l’andarsene improvviso dei nostri cari
forse per esercizio a morire