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Ogni lettore, quando legge, legge se stesso. L'opera dello scrittore è soltanto una specie di strumento ottico che egli offre al lettore per permettergli di discernere quello che, senza libro, non avrebbe forse visto in se stesso. (da "Il tempo ritrovato" - Marcel Proust)

Poesia della settimana

Questa poesia è proposta dal 25/11/2012 12:00:00
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Contro la violenza sulle donne #controviolenzadonne

di Sette poeti

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Giornata internazionale contro la violenza sulle donne (25 novembre 2012)

La voce di sette poeti…

 

*

 

Gabriella Maleti

 

DONNE

 

Un’esca facile:

innumerevoli donne messe a morte,

imbracate, annegate, bruciate,

abbandonate nei più marci terreni.

 

E non finisce.

 

Donne ormai lontane dai

rosati infanti che furono,

che sono quelle ombre d’uomo

temute, impronunciabili.

 

*

 

Mariella Bettarini

(inedito)

 

LA VIOLENZA CONTRO LE DONNE

(acrostico)

 

Leviamoci dalla testa l’idea che

(Ahinoi) la violenza contro le donne sia finita…

 

Veniamo contraddette ogni giorno dalla (non certo

Inusuale) violenza di pensieri – parole – atti –

Omissioni da far rabbrividire chi pensava

(Lungi-mirante?) che il novello millennio potesse offrire

Elementi di nuova (?) “civiltà” – d’un altro comportarsi

Nei confronti di giovani (e men giovani) donne col proprio

Zelo di mogli – di compagne – di figliole – di madri

Adesso speravamo libere e fiere nella propria

 

Capacità di fare scelte doverose – dignitosi distinguo – di

Operare nel meglio d’una matura libertà

Nata da sofferenze secolari – dalla

Tribolata millenaria condizione di schiave – sottomesse – silenziate –

Ruinose vittime di uccisioni – di stupri – di violenze

Orrende onnipotenti contro corpi ed anime – intelligenze e

 

Lucide visioni d’una vita “altra” – altrimenti vissuta

E davvero vivibile. E allora –

 

Donne – che fare? che pensare?

O – dove – dubitose – raccogliere senza troppo timore le limpide

Nostre menti – i corpi – le speranze – le parole – le età che

(Nolenti o volenti) ci accompagnano?

E intanto – nella formulazione di risposte possibili: Viva – viva le donne!

 

*

 

Annamaria Ferramosca

da Curve di livello, Marsilio, collana Elleffe, 2006

 

JASMINE

 

Le lunghe gambe lucide

- fenocristalli sull’asfalto - offerte

ai bordi della pineta

gli occhi - gelsomini del Niger -

guardano visi termici

senza riconoscerli

S’accosta all’auto un idolo

ancheggiante animale captivo

 

Bocca mani automatiche muovono

un turgore segreto di maledizioni:

i fianchi braccati di femmina corrosi

corroderanno, corrotti

corromperanno

 

Jasmine intatta nel suo grumo

al centro il mistero sbarrato

fuori il maschio sazio

celebrato il rito di vuotare il vuoto

bianco delirio sulla pelle, anonimo

pure il biglietto sprezzante

morso di pane da spedire in Africa

 

L’occhio- memoria di Jasmine da terra

s’inchioda in alto, sulla

chioma del pino, i rami divenuti

ventagli di palma

 

*

 

Tiziana Colusso

(inedito)

 

BATTAGLIE INDECIFRABILI COME LITURGIE

 

Come un pugile di battaglie indecifrabili come liturgie, ho incassato sfregi, lividure, echi di parole scheggiate incistate nel labirinto dell’udito, legamenti distorti che mandano malfermo il passo. Ho conservato il tesoro testardo di denti bianchi e minuscoli, da bambina, che esibisco come una collana di luce.

 

*

 

Antonio Spagnuolo

(inedito)

 

PER LA DONNA – (non violenza)

 

Vengono alcuni giorni in cui parole

sono grumi di lacrime, di lutto,

s’illividisce il cielo perché spezza

ogni dolcezza il segno di violenza,

che brucia contro il ventre.

La casa era tutta tua, è tutta tua ancora,

anche nella tua assenza inaspettata,

ed io disperdo le mie mani

tra i ninnoli che non hanno più valore.

Timidamente il polso, per quelle aritmie

che hanno sospeso a tratti il mio affanno,

quelle aritmie improvvise che hanno atterrito

tutta la poesia della nostra vita,

scardina il pianto di promesse

e sventure,

tra lamento e disperati agganci.

Forse l’orizzonte offre la stella mattutina

dai falsi contorni per ricattare la carne,

modulando le ore che lasciammo

per approdi del flauto,

o a raccattare le più che povere stagioni

tremando per le mani indispettite.

Nessuna epifania conosce il gioco

inciso nella tua verginità.

Ti lascerò distribuire il sangue

rifiutando pensieri,

doglianze del tuo piccolo ventre,

ormai più avvezzo allo scherno che ai riflessi.

Anche il trillo del vuoto è un’illusione

di altri tempi e guizzi, ultima frattura

a scaglie di ripetizioni,

belva semiaperta a mutamenti,

rincorre lampeggi segregati nell’agguato.

Il mio strappo ha l’intreccio

delle tinte roventi, delle attese,

ed ecco che le arterie inceppano

disperate filiere

secondo impasti che fan conto del sempre,

nel crepitio dei fiotti d’ombra,

ed insistono gli abbracci per fondere il cerchio,

là dove ancora sembra intatta

la punta del pensiero,

dove era scritto che la carne in discesa

maliziosamente rimetteva il verso giusto

condividendo il medesimo guizzo

delle incisioni.

Scontro per le inflessioni della voce

e nel piegarti ogni infame figura tinge il rosso.

 

*

 

Gian Piero Stefanoni

(inedito)

 

NELLO SGUARDO

   è già la violenza

 

                                                            alle mie nipotine,

                                                            alle mie piccole donne

 

 

“Dallo sguardo ho imparato

che le regole non sono le stesse;

subito, insieme alla paura e alla colpa

per ciò che è possibile e non è possibile fare

per noi a cui proprio a partire da questo

è chiesto di più nel silenzio e nella repulsa.

 

Con quello sguardo anch’io ho imparato

a trattarmi- ed è questa, la seconda offesa

la più dura, la più duratura-  ad entrare

e ad uscire nell’imposizione di un mondo

che misura ancora per fiocchi, la cui impotenza

conta, si struttura però sulla forza

che solo il nostro trasporto sa dare”.

 

Questo ieri mia moglie mi ha detto

a proposito di questa poesia.

 

E so che è vero, che da qui ha inizio

il cammino inverso che può farci padroni

quando i conti non tornano- e che ci pungola

se dell’amore vediamo il recinto

nel consumo di una confuso possesso.

 

Maschera- o menzogna del ruolo,

che forse sopravvive un po’ in tutti gli uomini.

 

 

E scudo- dietro cui più d’uno

è pronto a colpire quando del femminile

l’immagine poi non risponde.

 

Così, penso che una vera risposta

da qui deve partire: dallo sguardo

che piuttosto a sé l’uomo deve volgere

nella comprensione di ciò che in lui accade,

e che lo afferma nell’incontro e nel desiderio;

nel mattone che lo può costruire

o costringere in quella chiusa

da cui indietro-e questo piangiamo-

non da solo spesso non torna.

 

Ma credo anche che insieme

il percorso si compie, che al riconoscimento

e al rispetto adesso soprattutto sono le donne

a potere educare, nella dignità e nell’amore

per naturale cura e costanza.

 

Le nuove madri finalmente rompendo

quel silenzio che da adulto

il proprio figlio può armare.

  

*

 

Sophia de Mello Breyner Andresen

da Dual, Editorial Caminho

Traduzione inedita di Roberto Maggiani

 

CATARINA EUFÉMIA

 

O primeiro tema da reflexão grega é a justiça

E eu penso nesse instante em que ficaste exposta

Estavas grávida porém não recuaste

Porque a tua lição é esta: fazer frente

 

Pois não deste homem por ti

E não ficaste em casa a cozinhar intrigas

Segundo o antiquíssimo método oblíquo das mulheres

Nem usaste de manobra ou de calúnia

E não serviste apenas para chorar os mortos

 

Tinha chegado o tempo

Em que era preciso que alguém não recuasse

E a terra bebeu um sangue duas vezes puro

 

Porque eras a mulher e não somente a fêmea

Eras a inocência frontal que não recua

Antígona poisou a sua mão sobre o teu ombro no instante em que morreste

E a busca da justiça continua

 

 

CATARINA EUFÉMIA

 

Il primo tema della riflessione greca è la giustizia

Ed io penso a quell’istante in cui restasti esposta

Eri gravida tuttavia non arretrasti

Perché la tua lezione è questa: fronteggiare

 

Ebbene non mandasti un uomo in tua vece

E non restasti in casa a cucinare intrighi

Secondo l’antichissimo metodo obliquo delle donne

Né usasti manovra o calunnia

E non servisti solo per piangere i morti

 

Era arrivato il tempo

In cui era necessario che qualcuno non arretrasse

E la terra bevve un sangue due volte puro

 

Perché eri la donna e non soltanto la femmina

Eri l’innocenza frontale che mai arretra

Antigone posò la sua mano sulla tua spalla nell’istante in cui moristi

E la ricerca della giustizia continua

 

*

 

[ LaRecherche.it ringrazia gli autori ]

 

 

 

 

 

 

 


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